Domenica, 05 Maggio 2024

Editoriale: Claudio Abbado - di Francesco Brigo

Aggiunto il 20 Gennaio, 2014

Se ne è andato oggi, in punta di piedi, Claudio Abbado. Era questo il suo stile.
Sarebbe opportuno ripercorrere la sua lunga e brillante carriera, segnata da alcune tappe fondamentali, quali la direzione del Teatro alla Scala (dal 1968 al 1986), la collaborazione con i Wiener Philarmoniker, la successione a Karajan alla guida dei Berliner Philarmoniker (compagine orchestrale che Abbado diresse dal 1989 al 2002), analizzare criticamente l´ampio lascito discografico, valutarne l´impegno culturale e sociale.
Ma oggi è particolarmente difficile parlare di Claudio Abbado. Forse è troppo precoce valutare l´impatto della sua figura, della sua personalità, della sua interpretazione nella storia della musica.
In ambito operistico, Claudio Abbado ha contribuito a scrivere pagine fondamentali. Ha contribuito a creare un suono nuovo nelle opere di Rossini, in cui l´esprit de clarté cartesiano si fondeva con un´ebbrezza ritmica dalle figurazioni quasi astratte eppure irresistibilmente dionisiache. In collaborazione con Giorgio Strehler, Abbado ha contribuito alla riscoperta, alla riproposizione e alla diffusione di grandi capolavori del repertorio verdiano, lasciandoci delle interpretazioni di riferimento in Macbeth, Simon Boccanegra e Don Carlos (con Luca Ronconi). Ha realizzato un´incisione discografica di Carmen, in cui i colori della Spagna hanno la violenza del sangue di alcune opere di Schiele. Un Pelléas und Melisande in cui l´orchestra è una lama di luce. Un Boris Godunov intriso di melanconia struggente. Un Lohengrin in cui le brume del nord si dissolvono nella luminosità di un canto che ha il profumo della terra dove fioriscono i limoni. Un Fidelio, il testamento operistico di Claudio Abbado, che è l´esaltazione estrema della sua fiducia nell´umanità.
Ho avuto l´opportunità di ascoltarlo più volte dal vivo, prevalentemente in ambito sinfonico, ma anche in quello operistico (Così fan tutte e Fidelio). Conserverò il ricordo del suo gesto.Un gesto di una chiarezza esemplare, un gesto che si faceva significato. E conserverò il ricordo del “suo” suono. Il mistero di quel suono che, per magia, artificio o semplicemente tanto, tanto studio, riusciva miracolosamente nella quadratura del cerchio, riunendo l´analisi più minuziosa alla sintesi più completa. Quel suono racchiudeva in sé il calore e il calore di una musica che aveva il bagliore di cristallo di certe giornate autunnali, quando la pioggia è cessata, e tutto è come prima, eppure sembra di vedere tutto con occhi nuovi.
Se ne è andato in silenzio, Claudio Abbado. Da domani torneremo a discutere della sua arte, della sua tecnica, dei suoi dischi, del suo impegno politico e culturale.
Ma oggi restiamo in silenzio, immersi nel silenzio. Il silenzio che è fine, il silenzio che è inizio. Il silenzio da cui il suono nasce e in cui il suono muore. Il silenzio che è musica. Come quel silenzio carico di senso che Abbado sapeva far sprigionare in tutta la sua energia alla fine della nona sinfonia di Mahler. E nel silenzio, in quel silenzio, Claudio continuerà a dirigere.

Francesco Brigo (Dottor Malatesta)

Categoria: Editoriale

 

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