Venerdì, 29 Marzo 2024

Nuit resplendissante di Vesselina Kasarova

Aggiunto il 30 Aprile, 2008


Elenco delle tracce:

1. Meyerbeer, “Les Huguenots”: Non, vous n’avez jamais, je gage
2. Meyerbeer, “Le Prophète”: Donnez, donnez pour une pauvre âme
3. Gounod, “Sapho”: Ô ma lyre immortelle
4. Berlioz, “Les Troyens”: Adieu, fière cité
5. Thomas, “Mignon”: Connais-tu le pays
6. Gounod, “Roméo et Juliette”: Que fais-tu, blanche tourterelle
7. Gounod, “Cinq-Mars”: Nuit resplendissante
8. Saint-Saëns, “Samson et Dalila”: Amour, viens aider ma faiblesse
9. Massenet, “Le Cid”: Pleurez, pleurez mes yeux
10. Lalo, “Le roi d’Ys”: Lorsque je t’ai vu soudain reparaître


Münchner Rundfunkorchester
FRÉDÉRIC CHASLIN

Luogo e data di registrazione: Monaco, luglio 2001
Ed. discografica: RCA RED SEAL

Note tecniche sulla registrazione: ottima

Pregi: programma costruito con grande intelligenza, ottimo bilanciamento fra brani noti e poco conosciuti, bellissima interpretazione.

Difetti: nessuno in particolare, peccato per qualche taglio nei brani.

Valutazione finale: images/giudizi/eccezionale.png





Ha mirato alto, Vesselina Kasarova, nel proporsi con questo recital e ha in gran parte centrato il bersaglio. Il progetto è ambizioso: dieci brani disposti in ordine cronologico schizzano la storia dei cinquant’anni forse più fastosi della storia dell’opera francese, dal 1836 (“Les Huguenots”) al 1888 (“Le Roi d’Ys”). La selezione, originale e di alto profilo, evita i luoghi più comuni e, soprattutto, sprigiona una enorme forza evocativa. Se il disco si apre col delizioso “Rondeau composé pour Mademoiselle Alboni”, che Meyerbeer aggiunse al secondo atto di “Les Huguenots” per dare maggior rilievo alla parte del paggio Urbain, buona parte del programma successivo si dipana nel nome di Pauline Viardot, che fu la prima Fidès, la prima Sapho e, in una esecuzione privata del solo secondo atto, la prima Dalila.
È proprio quando affronta i brani che furono della grande figlia di Manoel Garcia che la Kasarova dà il meglio di sé. I mezzi sono doviziosi: il timbro, caratterizzato da un vibrato stretto di marca tipicamente slava, è personale e inconfondibile, un poco anodino nel registro acuto ma corposo e vellutato in quello medio-grave. In questo disco, la Kasarova è più controllata di quanto non sia di solito in teatro: le intemperanze che la portano spesso a caricare i gravi con effetti che possono sfiorare il grottesco sono qui del tutto assenti, e di conseguenza sono impercettibili le discontinuità fra i registri. Se nei piani in zona medio-acuta la voce tende ad assottigliarsi perdendo di appoggio, nelle espansioni del registro centrale ha una pienezza e uno sfarzo irresistibili, cui fa ottimo gioco una dizione certamente un poco enfatica nella sottolineatura delle consonanti e soprattutto delle esse ma perfettamente funzionale al carattere “pompier” di molti di questi brani. L’attacco del recitativo che precede “Amour, viens aider ma faiblesse”, dal secondo atto di “Samson et Dalila”, è sensazionale in questo senso, così come l’esecuzione dell’intera aria che segue, nella quale un canto sorvegliatissimo non impedisce alla cantante di abbandonarsi al fascino irresistibile della melodia. Splendida, una delle più belle che io conosca, è anche la celebre “Ô ma lyre immortelle” dal finale di “Sapho” di Gounod. In questa aria la Kasarova deve confrontarsi con testimonianze discografiche di valore assoluto, prime fra tutti, per restare in ambito recente, quelle di Marilyn Horne e di Shirley Verret. In tanto Olimpo essa non solo non sfigura ma raggiunge un piano di assoluta parità, sfoggiando un controllo totale dell’emissione, una dinamica estremamente varia e, soprattutto, quella capacità di confidare nella bellezza del proprio registro grave senza caricarlo, semplicemente carezzando i suoni, alla quale vorremmo si affidasse sempre. Vero tour de force del registro grave è il “Complainte de la mendiante” di Fidès dal quarto atto di “Le Prophète”, coi suoi celebri si sotto il rigo ribattuti. La Kasarova rispetta scrupolosamente il “sanglottant” prescritto da Meyerbeer e non cade nella tentazione di sparare cannonate. È anche abile nel diversificare leggermente la ripetizione della stessa figura alla fine dell’aria, prima di attaccare la cadenza alternativa che figura sullo spartito, nella quale la voce vien fatta dapprima salire al la acuto e poi scendere al do sotto il rigo. Peccato per il taglio di una decina di battute nella parte centrale dell’aria, che non crea alcun danno all’insieme ma che, francamente, non riesco a spiegarmi.
È più comprensibile ma più doloroso, invece, l’altro taglio inferto al rondò del paggio da “Les Huguenots”. Il brano richiederebbe anche l’intervento del coro e lo scorciamento in sede concertistica è quindi inevitabile. Peccato però, sia perché le battute eliminate sono ben più di dieci sia perché in questo modo il passaggio alla coda finale risulta poco equilibrato. Dell’aria scritta per Marietta Alboni conosco soltanto le precedenti registrazioni di Huguette Tourangeau nell’edizione completa di “Les Huguenots” diretta da Richard Bonynge e quella di Marilyn Horne in un disco Bongiovanni con la registrazione di un concerto con pianoforte al Teatro Regio di Parma. La Tourangeau, come sempre esecutrice elegantissima e intelligentissima interprete, piega in maniera per me irresistibile alle ragioni del belcanto lo strumento forse più ingrato dell’intera storia del disco. La Kasarova dispone di materiale vocale di qualità infinitamente superiore ed è altrettanto elegante, sciolta nelle agilità e abile nello scendere al grave senza forzature e, nella cadenza, di portare la voce dal sol sotto il rigo al si bemolle acuto.
Nel resto del programma la cantante si muove con scioltezza fra brani più e meno celebri. Non la trovo irresistibile nell’addio di Didon dal quinto atto di “Les Troyens”, dove la tessitura insiste troppo per lei nel registro acuto costringendola, nei piani, a quei suoni sbiancati e privi di appoggio che sono fra i suoi punti deboli. Molto meglio figura nel classicissimo “Connais-tu le pays” da “Mignon” e, soprattutto, nell’arietta di Stéfano dal terzo atto di “Roméo et Juliette” cantata con brio e agilità nettissime, ottimi acuti a piena voce e un trillo decisamente buono. Nella grande aria di Chimène dal terzo atto di “Le Cid” la Kasarova può contare sulla pienezza e la rotondità di suono del canto a piena voce, e se anche non raggiunge i vertici mozzafiato della celebre esecuzione che Joan Sutherland ha lasciato nel suo giovanile “Command performance”, soprattutto nell’impressionante crescendo a “aux chemins glorieux”, l’esecuzione è notevolissima.
Il brano più raro del programma è sicuramente quello che dà il titolo al disco, “Nuit resplendissante” da “Cinq-Mars” di Charles Gounod, “opéra dialogué” in quattro atti rappresentata all’Opéra-Comique nel 1877. Anche in questo caso la tessitura è abbastanza acuta ma fortunatamente la Kasarova evita gli sbiancamenti e mantiene un’emissione controllata che salvaguarda al meglio la bellissima linea melodica, splendidamente valorizzata dalla leggera velatura del timbro così caratteristica della voce della cantante bulgara.
Detto che l’apporto dell’orchestra della radio di Monaco di Baviera è di altissimo livello e che altrettanto buona è la direzione di Frédéric Chaslin, non resta che raccomandare questo disco come uno dei più bei recital operistici degli ultimi anni, sia per la qualità dell’interpretazione sia per l’intelligenza di un programma costruito con raro senso storico e musicale.

Riccardo Domenichini

Categoria: Recitals

 

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