Giovedì, 01 Maggio 2025

Werther

Aggiunto il 11 Gennaio, 2008


Jules MASSENET
WERTHER

• Werther ALFREDO KRAUS
• Charlotte TATIANA TROYANOS
• Albert MATTEO MANUGUERRA
• Sophie CHRISTINE BARBAUX
• Le Bailli JULES BASTIN
• Schmidt PHILIP LANGRIDGE
• Johann JEAN-PHILIPPE LAFONT
• Bruhlmann MICHAEL LEWIS
• Katchen LYNDA RICHARDSON


Solisti del Coro Covent Garden Singers
Chorus Master: Jean Povey

London Philharmonic Orchestra
Michel Plasson

Luogo e data di registrazione: Abbey Road Studios, London, Agosto e Settembre 1979
Ed. discografica: Emi, 2 CD a prezzo medio

Note tecniche sulla registrazione: ottima

Pregi: solo la Troyanos

Difetti: Kraus senescente e già monumento di se stesso

Valutazione finale: images/giudizi/sufficiente-discreto.png


“Pussa via!”, avrebbe detto il compianto Alberto Sordi col suo consueto cinismo di fronte ad uno sfigato di tale fatta. Oddio, la vicenda è quello che è e, come si suole dire, c’è poco da stare allegri; ma si può avere un po’ di dignità di fronte a quelle avversità del destino che, pure, il Nostro cerca di provocare e di accelerare con una pervicacia degna di altra causa.
Si può essere, per esempio, dignitosi come Georges Thill che, a distanza di così tanti anni, rimane pur sempre il riferimento assoluto per un ruolo così frequentato.
Si può, ma di fatto – come nel caso in questione – non lo si è.
Perché è ben vero che Alfredo Kraus ha fatto di questo ruolo così tormentato una personalissima icona ostentata per tutto l’arco della propria trionfale carriera; è anche vero che in questo ruolo ha trionfato forse ancor più che nei pochi altri che l’hanno rappresentato per tutta la vita; ma è anche vero che all’epoca di questa tardiva registrazione (il grande tenore canario aveva già 52 primavere) era ormai passata molta acqua sotto ai ponti e i languori di cui il Werther di Kraus fu alfiere ormai non avevano più attrattiva su nessuno se non sugli aficionados a oltranza.
Altrimenti detto: la voce suona ancora splendidamente emessa, anche se con qualche minimo affanno rispetto a prove precedenti; piccolezze, comunque, rispetto ad altri interpreti di lignaggio assai inferiore. Ciò che non va assolutamente, invece, è il solito taglio interpretativo da predestinato alla morte e alla distruzione dello sfigato che sa già per principio di non aver diritto nemmeno a un pezzetto di felicità.
Messa in questi termini, è ovvio che la vicenda non possa che snodarsi come una sequenza di tappe di via crucis, in cui la vittima predestinata non è Werther, bensì la povera Charlotte che, comunque, non avrebbe avuto una chance nemmeno se avesse detto sì al protagonista sin dal primo duetto.
Quali sono le caratteristiche vocali di questo Werther?
Sono quelle prodotte dal suono sempre perfettamente immascherato, secondo le buone, care, vecchie regole della cara, vecchia scuola di buona memoria. Delizia per gli estimatori di questo modo di cantare – peraltro molto appropriato per l’opera in questione – ma anche croce per chi ritiene che questo modo di cantare non possa esaurire le necessità di questo ruolo come se fosse il fine e non uno dei mezzi di espressione a disposizione di un cantante.
Canta benissimo, Kraus: ma questo lo sapevamo. Il fatto che canti ancora benissimo a oltre cinquant’anni sembrerebbe dar ragione a tutti coloro che ritengono che abbia fatto benissimo a mantenersi, soprattutto nelle fasi finali della carriera, in pochi e ben selezionati ruoli (e lo stesso anno si sarebbe tolto anche la discreta soddisfazione di incidere i Puritani con Muti, senza il fa 4 che pure, secondo qualcuno, aveva; ma infilando comunque un paio di re bemolle che dimostrano che gli acuti, comunque, non sono mai stati un problema per questo cantante). Ma il personaggio è una sciagura mortale. Si potrebbe obbiettare che l’ha inciso troppo tardi: ma questo ci starebbe solo con la perdita della freschezza della voce che, infatti, non è più brillante come una volta; non con la visione interpretativa che, a giudicare dai tanti live a disposizione, è sempre stata quella.
L’ottimo suono di questa registrazione – e, diremmo, l’ottimo milieu – permette di mettere un punto fermo sul capitolo dell’interpretazione di Kraus come Werther. Quindi dovremmo onestamente riconoscere che questo è un documento prezioso per la piena comprensione dell’arte di Kraus.
Eppure poche volte ci siamo sentiti così a disagio nell’ascoltare un documento storico come questo, che ci dà inequivocabilmente la sensazione del tempo trascorso molto più che non il già citato Thill. Certo, alcuni momenti sono ricchi di magia, come sempre nel caso di questo cantante; ma non possono bastare a compensare il linfatismo acuto che caratterizza l’interpretazione nel suo insieme.
Certo, l’invocazione alla Natura è evocativa e trasognata quel tanto che basta, ma di sicuro non è così memorabile come quella di Thill ma nemmeno – aggiungeremmo noi – come quella di Schipa che ce ne ha lasciata una versione a nostro gusto di riferimento assoluto per asciuttezza espressiva, trasognato stupore e sorridente bonomia. Il canto ossianico è invece costruito nota dopo nota nel tentativo di lasciarne la versione definitiva e di riferimento assoluto. Meglio complessivamente il quarto atto, ma insomma…
Charlotte è una delle migliori testimoniate dal disco e, probabilmente, sino a quel momento la migliore (poi sarebbero venute altre cantanti esplosive come Vesselina Kasarova o Elina Garanča): la compianta Tatiana Troyanos, prematuramente scomparsa, è una delizia per l’intelligenza profusa, la bellezza molto particolare del mezzo vocale e, soprattutto, per l’asciuttezza espressiva che, se vogliamo, fa un po’ a pugni con tutto il bric-à-brac messo in campo dall’augusto collega.
Ci piace incondizionatamente il “Va! Laisse couler mes larmes!” per l’abbandono emotivo che non scade mai nella retorica del fazzoletto inzuppato, così come tutto il quarto atto che palpita letteralmente di un respiro intenso, ma sempre all’insegna di un gusto sorvegliatissimo, come peraltro era tipico di questa cantante.
Molto ricco e variegato il parterre degli altri interpreti: dall’Albert forse un po’ troppo tetragono di Manuguerra, al Bailli affettuoso e comprensivo di Bastin, alla Sophie molto musicale pur se un tantino asprigna di Christine Barbaux.
Plasson dirige in modo molto violento ed esteriore, il che è strano in un direttore così idiomatico nel repertorio francese e, solitamente, attento al giusto equilibrio fra tutte le componenti

Complessivamente un’edizione non fondamentale per la comprensione del Werther di Kraus, ma da apprezzare incondizionatamente per la Charlotte della Troyanos

Categoria: Dischi

 

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