Giovedì, 18 Aprile 2024

Requiem

Aggiunto il 17 Agosto, 2015


GIUSEPPE VERDI
MESSA DA REQUIEM

• Soprano ELISABETH SCHWARZKOPF
• Mezzosoprano ORALIA DOMINGUEZ
• Tenore GIUSEPPE DI STEFANO
• Basso CESARE SIEPI

Coro del Teatro alla Scala di Milano
Chorus Master: Vittore Veneziani

Orchestra del Teatro alla Scala di Milano
VICTOR DE SABATA

Bonus:

Giuseppe Verdi
Aida, Act I: Prelude;
La traviata (excerpts): Act I: Prelude; Act III: Prelude;
I vespri siciliani: Act I: Overture

Ermanno Wolf-Ferrari
I quattro rusteghi, Act II: Intermezzo
Il segreto di Susanna: Overture

Gioachino Rossini
Guglielmo Tell, Act I: Overture

Ottorino Respighi, Fontane di Roma
I. La fontana di Valle Giulia all'alba
II. La fontana del Tritone al mattino
III. La fontana di Trevi al meriggio
IV. La fontana di Villa Medici al tramonto

Luogo e data di registrazione: Teatro alla Scala, Milano, 18-22 e 25-27 giugno 1954
Edizione discografica: Naxos (originariamente Columbia), 2 CD

Note tecniche: suono di notevole bellezza

Presente su Spotify: sì (key words: “verdi requiem de sabata”)

Pregi: direzione, Schwarzkopf

Difetti: Di Stefano

Giudizio complessivo: images/giudizi/ottimo.png

Assemblata da Walter Legge nel 1954, questa è una registrazione ancora oggi molto interessante se si ascolta con attenzione il modo in cui De Sabata assembla il tutto, specie se prima si è ascoltata una qualunque registrazione di Toscanini: sembra di essere esattamente agli antipodi.
Là dove c’era teatralità spinta agli eccessi, qui c’è introspezione e lentezza.
Là dove c’era carnalità e quasi protervia, qui c’è ascesi e persino ingenuità, magicamente esemplificata nel soprano che probabilmente non ha nulla per un ruolo Stolz, ma che ancora oggi è forse il motivo principale per ascoltare questi dischi. Sembrerebbe, a quanto si dice, che inizialmente nel cast fosse prevista la Callas; se questo fosse vero, sarei stato curioso di vedere se le scelte del Direttore sarebbero state le medesime, perché queste che ascoltiamo sembrano proprio funzionali al minimalismo proposto dalla Schwarzkopf che, forte della sua esperienza di liederista, propone del suo assolo una lettura estremamente introspettiva, poetica e ben poco teatrale, quanto meno nel senso che siamo soliti ad attribuire a questo concetto applicato a questa composizione nata quasi come spin off dall’Aida.
Apparentemente questo può sembrare quanto di meno verdiano si possa desiderare. In pratica, come sappiamo, letture così antitetiche possono riconciliare l’ascoltatore con un testo che si pensava ormai talmente assodato da considerare scontato e svelarne aspetti sconosciuti.
La vocalità cristallina e delicata di Elisabeth Schwarzkopf, pur inusitata e forse inaccettabile per le nostre orecchie, superato lo sgomento iniziale appare molto eloquente nel dipanare il “Libera me” come se fosse “Die Forelle” in una prospettiva che rimette il testo al centro dell’attenzione (il “tremens factus” ha uno scavo sulla parola di intensità inusitata), evitando combattimenti caniglieschi con l’orchestra a suon di sciabolate di voce, sino a una messa di voce finale di straniante bellezza. Il Requiem aeternam finale rifulge di una dolcissima comprensione quasi sovrumana: per trovare una qualità vocale di tale bellezza bisognerà aspettare la Ricciarelli con Abbado; per la comprensione del testo, viceversa, ci fermiamo qui e, per il momento, non andiamo oltre.
E poco conta se non abbiamo una voce Stolz.

Il resto del cast, purtroppo, non è così avanti nel konzept esecutivo; e, dei tre solisti residui, solo uno assurge alle vette di fuoriclasse, e cioè il buon vecchio Cesare Siepi, ultimo esponente di una nobile schiatta, quella del basso italiano, che sostanzialmente finisce – a questi livelli – con lui.
Mi sarei aspettato molto da Oralia Dominguez, futura splendida Erda nel Ring di Karajan; ma la sua prova si attesta su una buona routine senza che il canto, pur di buona qualità, faccia intravedere chissà quali abissi visionari (la pur vituperata Agnes Baltsa, con Karajan, si sarebbe spinta molto più in là su questo specifico fronte).
Faticoso e affaticatissimo, purtroppo, Pippo Di Stefano che fa intravedere solo qualche barlume della classe immensa di cui era geneticamente portatore. Ma quei barlumi, pur sporadici, sono di angosciante bellezza.
Di Siepi abbiamo già parzialmente detto: la sua eleganza nel porgere la frase si sposa a meraviglia con la concezione ritenuta di De Sabata e con il liederismo della Schwarzkopf. Difficile trovare un’altra interpretazione del Requiem verdiano in cui il minimalismo si sposi all’eleganza formale a questi livelli.
Coro splendido, come sempre allorquando affronta questa partitura che evidentemente è scritta nel DNA di questa compagine; splendido anche il lavoro di Vittore Veneziani, in meravigliosa intesa con De Sabata. Basta paragonare la parte corale di questa registrazione con quella omologa di Serafin, per rendersi conto di quanto il complesso milanese sia idiomatico come forse nessun altro al mondo.
Completa la registrazione una selezione di brani orchestrali diretti dal Maestro triestino. Il livello esecutivo è complessivamente molto alto, ma la mia preferenza va decisamente al poema di Respighi che, nelle mani di De Sabata, è trasfigurato di una luce autunnale meravigliosa, il cui naturalismo rimanda, a chiusura di un ipotetico cerchio, alle domande non risolte del Requiem.
Giusta conclusione per un disco storico.

Pietro Bagnoli

Categoria: Musica Sacra

 

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