Martedì, 16 Aprile 2024

Fidelio

Aggiunto il 16 Dicembre, 2014




Ludwig van Beethoven
FIDELIO

Personaggi e interpreti:
• Leonore LEONIE RYSANEK
• Florestan ERNST HAEFLIGER
• Rocco GOTTLOB FRICK
• Don Pizarro DIETRICH FISCHER-DIESKAU
• Don Fernando KIETH ENGEN
• Marzelline IRMGARD SEEFRIED
• Jaquino FRIEDRICH LENZ


Chor der Bayerischen Staatsoper
(Chorus Master: Alfred Leder)

Bayerisches Staatsorchester
FERENC FRICSAY

Data e luogo di registrazione: München, Herkulessaal, 5-7/1957 e Berlin, Jesus-Christus-Kirche, 9/1957 (Fidelio) e 9/1958 (Leonore III)

Edizione discografica: DGG, 2 CD

Note tecniche: registrazione perfetta, in assoluto la prima stereofonica della DGG
Pro: direzione
Contro: non significative
Valutazione complessiva: images/giudizi/ottimo-eccezionale.png

Quando nel mese di Giugno 1957 si riuniva il cast di questa registrazione, si realizzavano alcuni eventi degni di memoria futura:
- era la prima registrazione stereo della Deutsche Grammophon
- era la prima e unica volta che Fricsay registrava Fidelio in disco
- era la prima volta che Fidelio veniva registrato con organico ridotto
All’epoca di questa registrazione, il direttore ungherese aveva 43 anni e la sua salute era già profondamente minata dalla lunga malattia che l’avrebbe portato a morte di lì a pochi anni.
Per questa registrazione di una bellezza profonda e inquietante, Fricsay scelse la versione definitiva di Beethoven, senza la Leonore III, che infatti venne registrata a parte e aggiunta solo dopo; il direttore pensava – non a torto – che la Leonore III fosse incongruente da un punto di vista drammaturgico. Tuttavia il brano è di una tale stupefacente bellezza ed eseguito talmente bene che merita di essere inserito in una registrazione in studio.
È un Fidelio che si stacca dalla prospettiva post-wagneriana imperante in quei tempi: oltre all’orchestrazione leggera – cominciando proprio dall’organico – i tempi sono spediti, le agogiche alleggerite, c’è ovunque una souplesse notevole nella scelta di sonorità agili e felpate.
Fricsay, eminente interprete del repertorio mozartiano, ritiene giustamente che Fidelio non abbia nulla a che vedere con l’universo post-romantico in genere e wagneriano in particolare; ma almeno un dazio lo deve comunque pagare alla tradizione imperante…
Questo, tuttavia, è un cast particolare, che “stacca” rispetto al panorama contemporaneo o antecedente.
Il primo elemento che salta all’occhio, e che fa a pugni con la tradizione sino a quel momento imperante, è la presenza del tenore svizzero Ernst Haefliger, classe 1919, cantante di repertorio bachiano e mozartiano. Fricsay aveva una predilezione particolare per voci agili, chiare e luminose; e Haefliger aveva collaborato con lui in ruoli mozartiani, ma anche nell’Oedipus Rex di Stravinskij. Il risultato è un Florestan dolente e luminoso; qualcosa di simile al Klaus Florian Vogt scelto per l’inaugurazione 2014 della Scala, ma con una connotazione di solenne ieraticità che forse gli deriva dalla lunga frequentazione con ben altro repertorio. È interessante, ma questo non è propriamente Florestan: è un sacerdote della Libertà, una specie di Victor Laszlo.
La Rysanek è invece una scelta di tradizione: al momento di questa registrazione è un soprano wagneriano fatto e finito, che ha debuttato 6 anni prima a Bayreuth, che ha 31 anni e che si è già prodotta in ruoli drammatici affrontati con grande temperamento. Ha le sue belle difficoltà nel suo arioso del primo atto, le cui fioriture la mettono alla frusta; in compenso nel secondo atto è fenomenale, con acuti come folgori. Wagneriana per wagneriana, lei è una belva. Tra l’altro, nel concertato finale si permette alcune mezze voci di notevole bellezza che facevano parte del suo bagaglio tecnico.
Di appena un anno più vecchio è Dietrich Fischer-Dieskau; da circa 10 anni è amico di Fricsay con cui aveva debuttato nel 1948 il ruolo di Posa a Berlino. Anche lui, al momento di questa registrazione, come Haefliger ha una formazione che prevede lieder e oratori. Smarrito, teso come una frusta, allucinato, pieno di dubbi, decisamente psicotico: questo Pizarro non è il classico genio del male di tradizione.
Lo stesso background di Haefliger e Fischer-Dieskau è condiviso anche da Kieth Engen, che è americano del Minnesota e che, come Fischer-Dieskau, è nato nel 1925: a lungo è entrato nel cast delle Passioni e nelle Cantate dirette da Karl Richter.
A vedere questo tipo di distribuzione, c’è da dar ragione a Harnoncourt che definisce Fidelio “opera-oratorio”!
Un po’ più anziana Irmgard Seefried, che canta meravigliosamente la propria aria, con una spontaneità ricca di sorriso. Mi è invece sconosciuto il suo Jaquino, che è un po’ anonimo ma che si lascia ascoltare
E più anziano ancora (poco più che cinquantenne) Gottlob Frick che presta il suo celeberrimo vocione a un Rocco di debordante umanità: un vero classico.

Una registrazione fondamentale che, se avesse avuto un altro tipo di Leonore (ma comunque la Rysanek è cantante straordinaria), sarebbe stata di rottura definitiva e forse avrebbe delineato un percorso esecutivo diverso. E, ancora oggi, un documento irrinunciabile di uno dei direttori più intriganti e originali della Storia
Pietro Bagnoli

 

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