Venerdì, 19 Aprile 2024

Rodelinda

Aggiunto il 14 Ottobre, 2007


Gorge Frideric HAENDEL
RODELINDA
Regina de’ Longobardi, HWV 19
Libretto: Nicola Francesco Haym,da Antonio Salvi e Pierre Corneille


• Rodelinda SIMONE KERMES
• Bertarido MARIJANA MIJANOVIĆ
• Grimoaldo STEVE DAVISLIM
• Eduige SONIA PRINA
• Unulfo MARIE-NICOLE LEMIEUX
• Garibaldo VITO PRIANTE

Il Complesso Barocco
ALAN CURTIS

Luogo e data di registrazione: San Martino al Cimino, Palazzo Doria Pamphilj, Settembre 2004
Ed. discografica: Archiv, 3 CD a medio prezzo

Note tecniche sulla registrazione: perfetta

Pregi: soprattutto Kermes e Prina

Difetti: direzione troppo didascalica

Valutazione finale: images/giudizi/sufficiente-discreto.png

Contrariamente a buona parte della critica imperante, apprezziamo perlo più incondizionatamente le prove di quel musicista così ricco di simpatia e carica umana che è Alan Curtis. Anzi: pensiamo che sia fra le personalità più intriganti degli ultimi tempi, con la curiosità intellettuale insaziabile che lo contraddistingue e che lo ha portato a diventare uno dei più importanti interpreti del Barocco in genere e di Haendel in particolare.
Eppure in questa registrazione di Rodelinda ci sembra che manchi clamorosamente il colpo, proponendoci una lettura statica, lutulenta e, alla fine, veramente noiosa di una di quelle opere che per la loro bellezza meriterebbero sempre un posto fisso su qualunque cartellone.
Intendiamoci: Curtis è sempre un grandissimo affabulatore, che studia maniacalmente non solo la partitura, ma anche la storia della sua rappresentazione, finendo per scegliere poi le versioni più rappresentative. In quest’edizione, per esempio, viene ripristinata l’aria di Bertarido “Vivi tiranno” che non faceva parte della prima versione dell’opera del 1725; e viene registrato il duetto finale fra Rodelinda e Bertarido “D’ogni crudel martir”, inserito a bella posta da Haendel, che conclude l’opera permettendo così di pareggiare i conti fra Rodelinda e Bertarido e, soprattutto, evitando dispute fra i due protagonisti superstar dell’epoca, e cioè Francesca Cuzzoni e il famoso castrato Senesino.
L’opera è giustamente nota per essere fra le più belle di Haendel ma, francamente, non ce ne si accorge. Tutto è pulitino, precisino, leccatino, ma manca – ahimè – la scintilla del furore, quel qualcosa che scateni il turbinio e la scintilla. Tutti si sforzano di cantare bene e di dare significato a quello che dicono, ma la tinta generale dell’esecuzione è quella di una generica mestizia che, invece di ricreare un’arcadia perduta, annoia parecchio. E, in effetti, ciò di cui si sente maggiormente la mancanza è un po’ di sano risalto di quei contrasti che, volendo, in Rodelinda ci sarebbero eccome.
È vero che è in corso un dibattito fra coloro che sostengono l’esacerbazione dei contrasti e quelli che invece vorrebbero appianarli a vantaggio di una maggior liquidità di espressione (anche se questo conflitto riguarda soprattutto Vivaldi), ma ci sembra che una maggior decisione possa pagare dividendi più interessanti in termini di teatralità.
Ovvio che di queste direttive della cabina di regia risenta anche la compagnia di canto che avrebbe nel suo contesto alcune delle “firme” più prestigiose di questo repertorio, ma che non finiscono per brillare particolarmente. O meglio: la compagnia mostra, come in tutti i cast assemblati da Curtis, virtù di rara coesione; ma nessuno degli elementi assemblati si segnala per particolare virtù.
Prendiamo per esempio Simone Kermes, la protagonista: la bella filigrana della voce e l’uso sapiente del canto d’agilità la mettono facilmente in preminenza. Però, santa polenta, non c’è una sola frase di questa Rodelinda che rimanga impressa nella memoria; e sì che di occasioni ce ne sarebbero anche! La Kermes, nativa di Lipsia, ha studiato con Barbara Schlick, Elisabeth Schwarzkopf e Dietrich Fischer-Dieskau: forse la spiegazione della sua riservatezza espressiva sta proprio nelle peculiarità dei Maestri con cui si è formata. Ora, nessuno si sognerebbe di dire che la Kermes canti male; canta anzi benissimo e accenta con gusto. Ma la gamma delle espressioni è limitata ad una generica mestizia che con Rodelinda c’entra solo in parte, come ben ha dimostrato non solo l’Antonacci, ma anche Sophie Daneman, protagonista dell’incisione di Nicholas Kraemer per la Virgin.
La Mijanović sarebbe Bertarido. Ora, questa prova oggettivamente è molto, ma molto migliore delle ultime performances che l’hanno vista protagonista, ma siamo lontani le mille miglia da un vero aplomb stilistico come quello che converrebbe ad una partitura di questo genere.
Bene le due voci maschili di Vito Priante – ormai sempre più una realtà nel repertorio barocco – e di Steve Davislim, che riesce ad essere interessante anche se non particolarmente vario.
Delle restanti due voci femminili, ci piace complessivamente di più quella di Sonia Prina, Eduige veemente e ricca di belle intuizioni di fraseggio e che probabilmente avrebbe meglio figurato nel più variegato ruolo di Bertarido; mentre la Lemieux esibisce voce interessante ma appare non particolarmente coinvolta dal proprio personaggio

Categoria: Barocco

 

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