Sabato, 20 Aprile 2024

Siegfried

Aggiunto il 10 Novembre, 2013


Richard Wagner
SIEGFRIED

• Siegfried STEPHEN GOULD
• Brünnhilde VIOLETA URMANA
• Wanderer TOMASZ KONIECZNY
• Mime CHRISTIAN ELSNER
• Alberich JOCHEN SCHMECKENBECHER
• Fafner MATTI SALMINEN
• Erda ANNA LARSSON
• Waldvogel SOPHIE KLUSSMANN

Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin
MAREK JANOWSKI

Luogo e date d’incisione: Concert Performance at the Berlin Philharmonie, 1/3/2013

Ed. discografica Pentatone

Note tecniche: qualità SACD

Pregi: scorrevolezza narrativa

Difetti: cast complessivamente modesto; operazione di retrovia culturale. Un’edizione sostanzialmente inutile

Valutazione complessiva: images/giudizi/mediocre-sufficiente.png

Abbiamo già discusso più volte sulla appropriatezza dell’operazione effettuata dalla Pentatone; possiamo dire che è proprio con il Ring che si vede il peggio di questa impostazione, perché è proprio sul Ring che storicamente è stato fatto il lavoro maggiore di ricerca registica.
Pensare di impostare un ciclo di registrazioni wagneriane prescindendo aprioristicamente dalla regia, e quindi rinunciando a tutto ciò che concerne la teatralità dei lavori wagneriani, vuol dire fare un’operazione di retroguardia culturale che potrebbe avere solo una giustificazione, per quanto parziale e farraginosa: quella, cioè, di disporre di cantanti talmente straordinari da fare perdonare una mancanza così pesante; il che non è. Col che, l’operazione fallisce di principio.
In questa inutile registrazione di Siegfried ci sono diversi errori di base:
1. la scelta editoriale: pensare che il pubblico possa farsi distrarre da un “eccesso di idee” registiche è demenziale. Proponi una nuova registrazione audio solo se:
a. hai un nuovo lavoro da proporre: per esempio, la registrazione di una nuova opera, o di materiale inedito di una vecchia opera
b. hai un direttore o dei cantanti che cambiano drasticamente le carte in tavola
Qui non abbiamo niente di tutto ciò: si tratta di un’incisione molto classica eseguita… fuori tempo massimo
2. il direttore scelto è un onesto professionista che sa raccontare molto bene e fa della velocità e del senso della narrazione il proprio tratto più caratteristico. Che io sappia, questa è l’unica edizione di “Siegfried” a stare in tre CD. Questa scorrevolezza è l’unico tratto che connota positivamente questa registrazione, ma non si può costruire un progetto così ambizioso sulle spalle di un onesto professionista così poco caratterizzato. Del “Siegfried” esisteranno – fra studio e live – almeno una ventina di edizioni di assoluto riferimento o francamente irrinunciabili; non c’è una sola ragione al mondo per scegliere questo anziano Kapellmeister e preferirlo ad altri direttori molto, ma molto più blasonati
3. la scelta dei cantanti è veramente bizzarra; ne parleremo dopo
Alla fine, di questa registrazione rimane ben poco.
Può essere ambibile solo per coloro che hanno iniziato il ciclo di incisioni wagneriane di Janowski, e vogliono arrivare alla fine; forse per nessun altro. Avrebbe un senso solo per documentare un’onesta recita di provincia, non di sicuro per fissare nuovi landmark interpretativi, o per proporre nuovi cantanti.
Già, i cantanti.
Una delle domande che questa registrazione fa porre all’ascoltatore è perché siano state scelte due cantanti nominalmente mezzosoprani (quanto meno, in avvio di carriera) per le tre Brunnhildi. Petra Lang – che fa Walküre e Götterdämmerung – è molto corta e fa una fatica infernale, ma non è che dare la Brunnhilde di Siegfried alla Urmana appaia, quanto a questo specifico aspetto, una scelta intelligente. Per carità: l’artista è sensibile e intelligente, ma per “questa” Brunnhilde occorrono gli acuti; non a caso, era la parte che la Mödl temeva maggiormente.
Ora, si possono dire tante cose della Urmana, ma non che abbia propriamente gli acuti in tasca. E si sente. Il fraseggio è – come sempre – intelligente, partecipe e commosso; ma la voce è quella di un mezzosoprano convertito ai ruoli di soprano, e su questo non ci si discute. Esattamente – tanto per stare ai grandi ruoli wagneriani – come Petra Lang o come, in passato, la già citata Mödl, la Kniplová, Waltraud Meier (grandissima Isolde e Kundry, ma che non a caso non ha mai affrontato Brunnhilde) e altre ancora. È giusto sostituire la Lang nel Siegfried: ma non con la Urmana! Non ha nessun senso! Lei ci arriva a fare le note della parte, ma è chiaramente troppo preoccupata dalle stesse per poter arrivare a dare loro un significato che vada al di là della loro enunciazione.
Abbiamo bisogno di una prova del genere? La Urmana ha 52 anni: è ampiamente fuori tempo massimo per un debutto del genere, in un ruolo in cui è veramente richiesto il furore virginale; che vocalmente le sta molto, molto stretto; e che non è accompagnato – per lo meno in questa produzione – dagli altri due ruoli, il che riduce drasticamente l’interesse per la sua prestazione.
Quindi, la risposta non può essere altro che un no.
Tutt’al più, in un progetto del genere così irritante nel suo passatismo, poteva avere un senso cercare di recuperare un sopranone sparanote come Gertrude Grob-Prandl, oppure Paula Buchner (probabilmente già un modello sul genere della Nilsson sarebbe potuto sembrare eccessivamente audace).

Quanto a Stephen Gould, va sicuramente considerato un veterano del ruolo di Siegfried e, in tal senso, si percepisce l’esperienza del cantante che conosce una parte così difficile anche nei pochi meandri che può offrire per tirare il fiato. Questa padronanza della parte, però, era ben nota a tutti gli appassionati già da altre performances: c’era davvero bisogno di questa nuova?
Non è che Gould canti male, o che non si faccia almeno parzialmente onore: ma non dice proprio nulla di interessante. Inoltre, rispetto a prove precedenti, la voce suona più affaticata e, anche nel suo caso, un po’ troppo matura per la parte.

Christian Elsner, per essere un liederista (nonché interprete di Parsifal in questo ciclo di registrazioni Pentatone di Janowski), mi sembra che butti Mime indietro nel tempo con cachinni e suoni biechi e falsettanti che sarebbero sembrati esagerati anche in bocca a Gerhard Stolze. Lo trovo di gusto particolarmente cattivo.

Del pari poco interessante è Schmeckenbecher, esponente da provincia tedesca di un modo di cantare Wagner veramente vecchio e che credevamo sorpassato dal tempo.

Matti Salminen è di gran lunga il peggiore in campo. Mi spiace per un Artista di lunghissimo corso, che ci ha arricchiti profondamente con la sua arte ma, a questo punto, non ha proprio più nulla da dire. Il suo Fafner è letteralmente impresentabile: e non c’è altro da dire.

Anna Larsson canta Erda in punta di piedi, quasi scusandosi di esserci. Non c’è profondità, né mistero, né solennità nel suo canto; e stiamo parlando di una parte fra le più intriganti di tutto il Ring.
Il Waldvogel della Klussmann è anemico, dimenticabilissimo.

Lascio per ultimo il Wanderer di Konieczny. La sua presenza in un progetto di questo genere è francamente inspiegabile: è un cantante di una modestia imbarazzante che, però, adesso è spesso in produzioni importanti. La voce è cachinnante, centrata sulla vocale “E” sempre declinata con inflessione bieca da vilain di quart’ordine. L’interprete è monocorde: sembra il fratello più scemo e cattivo di Scarpia; peccato che abbia a che fare con il personaggio che muove l’azione di tutto il Ring, il padre degli dei del Walhalla. È assurdo fare paragoni – che, per di più, lasciando perdere i mostri sacri, lo vedrebbero perdente persino contro Niemsgern o Titus – mentre invece sarebbe interessante chiedersi perché un cantante così scarso finisca in progetti del genere. Rispetto alle prove tremende di Rheingold e Walküre, qui almeno riesce a venir fuori una specie di torva e meschina grandezza: quella, cioè, del perdente a trecentosessanta gradi. Certo che – fra lui e Elsner – il fondamentale dialogo Wanderer/Mime non è mai sembrato così miserabile e terragno, come una chiacchierata da bettola fra due ubriaconi.
Dubito fortemente che sia stata un’intenzione programmata degli interpreti.

In definitiva, quest’edizione si segnala per una certa speditezza esecutiva e una ottima chiarezza espositiva nella sola direzione d’orchestra: è la ragione del mezzo punto in più che Operadisc gli attribuisce. Il fronte vocale è da considerarsi da discutibile a molto scarso: i cantanti sono ben poco coinvolgenti e per lo più totalmente inadeguati alle rispettive parti.
Non c’è una sola ragione per giustificarne la produzione in un momento storico come l’attuale, tanto più mancando un adeguato controvalore musicale che compensi l’acquirente della sciagurata, colpevole assenza di una regia teatrale
Pietro Bagnoli

Categoria: Dischi

 

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