Martedì, 03 Dicembre 2024

Non solo buffo di Carlo Lepore

Aggiunto il 09 Giugno, 2013


Elenco delle tracce:

1. Il Viaggio a Reims: «Medaglie incomparabili»
2. La Cenerentola: «Sia qualunque delle figlie»
3. L’Italiana in Algeri: «Già d’insolito ardore»
4. Il Barbiere di Siviglia: «La Calunnia»
5. Simon Boccanegra: «A te l’estremo addio… Il lacerato spirto»
6. Macbeth: «Studia il passo… Come dal ciel»
7. Ernani: «Che mai vegg’io… Infelice e tuo credevi»
8. Don Carlo: «Ella giammai m’amò»
9. Falstaff: «L’Onore»
10. Don Giovanni: «Madamina il catalogo è questo»
11. Faust: «Vous qui faites l’endormie»
12. «Nebbie»
13. «Serenata»


Non solo buffo
CARLO LEPORE (Basso) – GIOVANNI VELLUTI (Piano)


Pianista: Giovanni Velluti
Ed. discografica: BONGIOVANNI GB 2563-2 (1 CD)
Luogo e data di registrazione: Roma 25 giugno 2012

Note tecniche sulla registrazione: buon equilibrio tra voce e pianoforte
Pregi: l’esecuzione generale: ottimo gioco di squadra tra Velluti e Lepore
Difetti: nella veste editoriale, pur accurata, mancano i titoli dei recitativi
Valutazione finale: images/giudizi/ottimo-eccezionale.png


Questa recensione consta di due parti: la prima relativa alla serata di presentazione del CD che qui esaminiamo e la seconda sul contenuto di questo recital. Andiamo con ordine: giovedì 6 giugno u.s. alle ore 18 presso il negozio Feltrinelli sito in Via Libia qui a Roma si è svolta, alla presenza di un folto pubblico (benché gli spazi non fossero amplissimi), la presentazione del recital Non solo buffo. Gli artefici di questo disco – il basso Carlo Lepore ed il pianista Giovanni Velluti – hanno illustrato la loro produzione non limitandosi all’elencazione dei singoli brani, ma a tutto un lavoro di insieme che entrambi hanno portato avanti ed evidenziando anche quei caratteri peculiari dell’interpretazione operistica che sovente sfuggono all’ascoltatore che fruisce contento della bella musica e della buona esecuzione non scavando nel profondo.
A compiere questa piccola, ma utilissima, operazione culturale e a sottolineare come, ad esempio, dietro ad una parte buffa si cela spesso la meschineria, la cattiveria e la grettezza umane è stato proprio il basso Carlo Lepore che si è prodotto successivamente in un piccolo concerto nel quale ha spaziato attraverso diversi generi (opera, lieder e musical) e, in particolare, nel repertorio operistico con brani tra loro molto diversificati ruotanti sull’ambivalenza comico-drammatico.
Il concerto si è aperto con il famoso arioso «Vi ravviso o luoghi ameni» della belliniana Sonnambula, per poi proseguire con l’esecuzione di 2 lieder del ciclo Winterreise di F. Schubert, quindi con il mozartiano «Non più andrai farfallone» dalle Nozze. A questi brani ne sono seguiti uno rossiniano («La Calunnia» del Barbiere), uno verdiano (l’impegnativa aria di Fiesco dal Simon Boccanegra «Il lacerato spirto» completo di recitativo iniziale) e un ultimo di musica americana («Ol'man river» dal musical Show boat).
Vivissimo e meritato è stato il successo riscosso presso il pubbico presente. Una nota a carattere generale introduttoria: Carlo Lepore si distingue per la morbidezza del suono e per la dizione scandita, inoltre mostra una versatilità non comune nel passare dalla tipologia comica (suo terreno di elezione) ad un repertorio decisamente più drammatico (Filippo II), se non addirittura tragico (Fiesco, Silva). Inoltre la forbita tecnica, modellata in anni ed anni di esecuzioni barocche e settecentesche, gli consente una notevolissima abilità nella vocalizzazione e nello stile sillabato. Una versatilità, per inciso, che ci fa tornare con la mente ad almeno due altri grandi artisti di casa nostra: Italo Tajo e Sesto Bruscantini e Lepore si inserisce – non certo con una piatta imitazione (perché la voce ed il timbro del basso napoletano sono molto diversi e perché la sua personalità è spiccatissima) – in questo segmento di storia della nostra vocalità.
A questo si aggiunge un altro aspetto: Lepore è una persona molto simpatica, signorile e che sa anche argomentare con molta proprietà quanto espone relativamente ai segreti della musica operistica. Ciò che si nota (e l’ho constatato anche nell’esecuzione di brani non italiani) è la precisione con la quale il cantante affronta la parola dando ad essa il significato.
Ma se Lepore ha offerto momenti di notevole intensità, altrettanto deve dirsi del pianista Giovanni Velluti che ha curato la parte strumentale non senza sottolineare la difficoltà per uno strumento come il piano nel dover “sostituire” in tal tipo di concerti e recitals solistici un’intera orchestra.
Notevolissimo, in merito, è stato il commento strumentale eseguito da Velluti che ha chiuso l’aria di Fiesco del Simone cantata da Lepore con molta partecipazione. Si tratta di un momento, come si sa, ricco di sospensione e di pathos dove l’atmosfera luttuosa deve colorarsi di un senso arcano tipico della descrizione di quell’aldilà dove è finita la Maria sedotta dal corsaro che diverrà poi doge. Tra l’altro, Velluti nel corso del concerto si è riservato un momento solistico proprio eseguendo un delicato e bel notturno di F. Chopin.
Questo per quanto riguarda la presentazione ed il concerto in tutto durati poco più di un’ora anche per l’imminente prova generale dell’Italiana in Algeri a Torino alla quale Lepore, il giorno successivo, doveva pender parte.

Vengo ora al CD che vede accluso un fascicolo in cui P. Gossett traccia il profilo dei due artisti e descrive i singoli brani (il tutto in inglese e italiano).
Non farò certo l’analisi di tutti i brani, ma ne scelgo, commentandoli, tre fra loro molto diversi. Guardando ai titoli si può notare la prevalenza di figure drammatiche con l’aggiunta di due pagine di Respighi (su testo di A. Negri) e di Tosti. Senz’altro ci sono i prediletti Rossini e Mozart, ma è interessante trovarvi testi verdiani per nulla semplici come, oltre al già citato «Il lacerato spirto», l’aria di Banco e soprattutto il grande monologo di Filippo II reso da Lepore con dovizia di sfumature e alternanza di piani e suoni più ampi e sostenuti strettamente connessi ai diversi momenti dell’aria, ma soprattutto senza quella declamazione tribunizia che artisti, anche celebri, hanno impresso all’aria creando una cattiva prassi esecutiva di uno dei momenti in cui Verdi fa prevalere il soliloquio doloroso all’enfasi. Diciamo – per inciso – che una volta inserito il CD nel lettore, l’«Ella giammai m’amò» è stato il primo brano che ho ascoltato, proprio per ‘mettere alla prova’ l’esecutore.
Di tutt’altra fisionomia appare il famoso, difficile e, a modo suo, funambolico «Medaglie incomparabili» da Il Viaggio a Reims.
L’esecuzione di Lepore sostenuta dalla bella esecuzione strumentale di Velluti si dipana con perizia ed abilità, ma si mantiene leggera cogliendo quello che è un po’ lo spirito di svagata autoironia di questa composizione rossiniana che, a stretto rigor di termini, è una cantata scenica più che un’opera vera e propria. Don Profondo è, in sostanza, lo stesso Rossini che, con una propria lente, osserva e commenta la varietà degli uomini.
Molto interessante appare Nebbie di Respighi. Compositore un po’ messo da parte per un certo tempo (anche per la sua difficoltà esecutiva, specialmente operistica), ha avuto in questi ultimi anni un certo revival, tanto che qua e là nel mondo è apparsa in qualche cartellone la sua opera più nota La Fiamma. Sono proprio la densità e i colori di quest’opera (specialmente riguardanti la figura dell’esarca Basilio) appaiono in alcuni passaggi di questo brano. Lepore canta molto bene conferendo la giusta carica e gravità esistenziale a questo brano non certo gioioso come alcuni intonati dal più comico Mustafà.
Sul piano tecnico, l’audio presenta un buon equilibrio tra voce e strumento e non appaiono particolarità negative. Buona la veste editoriale del fascicolo anche se devo lamentare che, nell’elenco dei brani, manca il recitativo laddove esso è richiesto. Lepore esegue a puntino tali introduzioni, ma che «Il lacerato spirto» inizi con le parole «A te l’estremo addio…», resta elemento conosciuto ai soli melomani, meno all’ascoltatore più usuale; analogo discorso appare per Silva e per Banco. Nell’elenco riportato nel mio testo li ho aggiunti.
Concludo con una riflessione su Lepore che vuole essere un augurio: senz’altro un grande artista e signore della scena che porta il nostro stile vocale ed interpretativo nel mondo, ma una virata sul drammatico sarebbe quanto mai interessante visti i risultati qui raggiunti. Faccio solo un esempio: recentemente il basso napoletano è stato un ottimo Melitone, ma potrebbe tranquillamente orientarsi – date le caratteristiche vocali – verso il Padre Guardiano. E aggiungo: per quanto riguarda Don Carlo, ben venga un Filippo II così umano e, al contempo, regale!
Luca Di Girolamo

Categoria: Recitals

 

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