Suor Angelica
Aggiunto il 12 Giugno, 2018
Suor Angelica sarà il capolavoro dell’allestimento teatrale al Covent Garden nel 2011, grazie all’incredibile allestimento di Richard Jones, ma anche alla straordinaria, intensissima Ermonela Jaho; qui, nella registrazione solo audio, è la falla di tutto il progetto.
Analogamente al Tabarro, questa Suor Angelica vive soprattutto sulle spalle di Pappano che ne fa un’icona del teatro del Novecento in musica, qualcosa in cui riconoscere gli stami di Prokof’ev o lo Schönberg di Erwartung e di Verklaerte Nacht, anziché l’ennesima erede maledetta di Mimì, Butterfly e compagnia variamente cantante. L’orchestrazione di Suor Angelica è un piccolo trattato di armonia, con alcuni momenti pieni di pathos di quello che conosciamo come più propriamente pucciniano, ma che ormai sono distrutti nella scomposizione della linea musicale che non è più quella melodica dei tempi che furono. Il canto ormai è una frustata, nell’ambito di una tensione espressionista che vive ancora di poche, isolate isole di sicurezza. Ma l’urlo che Angelica scaglia contro la zia, preconizza quello di Turandot di fronte alla perdita della verginità; ed entrambe troveranno compimento nel grido estremo di Lulu.
Pappano è semplicemente geniale nel portare alla superficie questo substrato quando invece tutti gli altri – compreso l’eccellente Bartoletti – si fermano alla superficie della vicenda umana della povera Angelica, cercando di esaltare tutto il (limitato) sound melodico messo in campo.
È logico però che – poste queste premesse – occorre anche l’interprete in grado di capire l’impostazione del direttore e tradurla in suoni adatti alla bisogna. Quindi, l’ultima cantante da scritturare in questo contesto è proprio la Gallardo-Dômas che, con la sua performance, fa crollare miseramente Suor Angelica e getta una pesante ipoteca complessiva su tutto il progetto Trittico.
Trentenne all’epoca di questa registrazione, il soprano cileno non si segnala per nessuna virtù particolare, al di là di una nota di gioventù e di una generica gradevolezza del medium, peraltro assai poco sollecitato, visto che Angelica si gioca soprattutto in alto, in un passaggio terrificante e in acuti di acciaio, lanciati come grida degne di Elektra. Di tutto questo, nel canto della Gallardo- Dômas non c’è proprio niente: gli acuti sono strazianti, il passaggio non è mai dominato e il medium è molto meno singolare del solito per l’evidente preoccupazione di come gestire la parte. Il personaggio, poi, semplicemente non esiste: quel poco di interpretazione che c’è, è all’insegna del più trito e prevedibile cotè larmoyant.
La Zia Principessa è Bernadette Manca di Nissa, poco più che quarantenne all’epoca di questa registrazione ed evidentemente dotata di mezzi non comuni. Infatti, non evidenzia nessuna difficoltà nello scendere in basso – e la Zia scende spesso molto in basso. Personaggio se vogliamo un po’ convenzionale, ma cantato splendidamente come quasi nessuna nella discografia ufficiale.
Ottime le suore, in mezzo alle quali troviamo anche qualche spreco, come per esempio la Panzarella o la Röschmann.
Pietro Bagnoli