L'ho sentito tantissime volte dal vivo, da quasi vent'anni, e ora sono arrivato alla conclusione, senza appello, che non mi piace.
Si, si... ricordo anch'io lo sbalordimento delle sue prime apparizioni internazionali, a cavallo tra gli anni '80 e i '90.
Tutti erano conquistati dalla sua voce fuori dal comune (allora...)
Lo sentii per la prima volta a Bruxelles (la Bruxelles di Mortier), nella Jenufa, dove mi ero recato per assistere alla prima Kostelnicka della Silja.
All'epoca in Italia nessuno sapeva chi fosse la Silja e nessuno sapeva che fosse la Jenufa...
Quando raccontavo del mio viaggio, gli amici, gli esperti, i melomani, i critici (quei pochi che conoscevo), persino un paio di autorevolissimi "addetti ai lavori" (di cui taccio il nome per carità cristiana) mi guardavano con sguardo vitreo!
Poi, vent'anni dopo, me li sono ritrovati tutti in ginocchio alla Scala... a commentare, col tono di chi la sa lunga, "non potevo perdermi la Jenufa con la Silja!"

...Ma lasciamo perdere!
Be', in quella Jenufa di Bruxelles lo sconosciuto Ben Heppner incarnava Laca, mentre Kurt Schreibmeier (chissà che fine ha fatto?) disegnava uno Steva elettrizzante, stupefacente, il migliore che abbia mai sentito, forte e virilissimo, ma allo stesso tempo trasandato, con la barba di un giorno, come corroso dall'alcool. In più si muoveva con l'energia poderosa di un bullo, si pavoneggiava tra le ragazze facendo sfoggio di tutta la sua possente e statuaria vigoria (e questo rese ancora più sconvolgente l'effetto della Silja che, al secondo atto, strattona questo gigante, fattosi improvvisamente piccolo piccolo)
Heppner era l'esatto opposto. Era grasso e brutto (ma proprio tanto brutto!!! peggio di come è adesso), con una faccia giovane ma bianchiccia, umida e ballonzolante, da "sfigatello" di paese, e si muoveva sulla scena con la goffaggine di un plantigrado.
Eppure proprio per questo nel ruolo risultava perfetto.
Laca "deve" essere l'opposto del cugino (aitante, disinvolto e mangiafemmine) altrimenti la competizione fra i due non ha senso, e nemmeno l'atavica gelosia dell'uno per l'altro, e nemmeno la diversità dei sentimenti di Jenufa...
Quante volte mi è capitato di vedere a teatro dei Laca e degli Steva praticamente equivalenti, sia come voce, sia come aspetto! A Bruxelles il contrasto fra i personaggi (anche in termini vocali) era totale. Heppner aveva una voce chiara e splendente (ma proprio per questo più algida e asessuata)! Schreibmeier esibiva invece un canto duro e roco, carnale e aperto (e proprio per questo genuinamente maschio e virile).
Lo iato abissale che si apriva in scena fra i due tenori era uno degli "atout" di quell'indimenticabile spettacolo, e dimostrava che Mortier è un "vero" direttore di teatro: uno che ha a cuore anche i dettagli della scelta del casting, perché sa che i dettagli SONO la sostanza dell'emozione.
...Peccato che sia intorbidato dalla vanità e dall'ideologia.
Ma torniamo a Heppner.
Il suo è stato il Laca più vero e commovente che si possa immaginare.
Mai più ne ho sentito uno simile.
La tragedia che ci raccontava era vera: ma non la tragedia di ciò che gli accade in scena! La tragedia dell'intera esistenza del personaggio.
... la sua inadeguatezza, il suo bisogno di comprensione, l'atroce senso di inferiorità, la sua logorante gelosia per il cugino, un disperato amore che sa non può essere ricambiato.
Fui semplicemente sconvolto dal mio primo contatto col tenore canadese.
E non solo perché allora aveva una voce di uno splendore abbacinante: un timbro d'oro puro, acuti folgoranti.
Ma soprattutto per come era riuscito a urlare e piangere la verità del personaggio.
Con lui fui pessimo profeta; preconizzai una modesta carriera.
La voce lo avrebbe orientato a ruoli eroici, mentre era solo nell'anti-eroismo che avrebbe potuto esprimersi.
Mi sbagliai evidentemente, perché nel giro di pochi anni Heppner era divenuto uno degli heldentenor più idolatrati e celebrati al mondo.
Da allora l'ho sentito dal vivo tante volte e ogni volta è stata una delusione deprimente.
Nell'Otello (a Monaco e a Londra), nel Tristano (a Berlino e a Parigi) e nel Lohengrin (Parigi).
Si era bardato da heldentenor, il mondo (scioccamente) gli aveva dato spago. Ma il fatto (secondo me incontrovertibile) è che nulla di vero è mai uscito dalle sue interpretazioni eroiche.
Come era stato sincero e vibrante (ho la registrazione) in quello "sfigatissimo" ragazzotto della periferia boema, così mi è sempre parso grottesco e patetico in tutti i ruoli grandi eroici in cui l'ho sentito successivamente.
L'ultima occasione è stato il Siegfried in cui l'ho ascoltato qualche settimana fa al Grand Theatre de Provence di Aix.
Uno strazio dell'anima! Un insulto, persino.
Vedere questo contadino di mezza età aggirarsi come uno orso sulla scena, ben stretto nella pancera, esalando suoni morbidi e paciosamente incongrui (tranne al terzo atto, dove è semplicemente andato a fondo)è stata una sensazione orripilante.
Mi perdoni l'amico Tucidide, ma mi sono sentito come un povero NewYorkese costretto a subire un Lauritz Melchior sessantenne, bardato da giovane eroe, con la sua inutile melassa di suonetti tondi, generici, bonariamente compiaciuti, come un nonno che la sera canta per i nipotini davanti al caminetto.
Heppner era, rispetto al personaggio, a una lontananza stellare: lo era dalle ragioni musicali del ruolo, lo era da quelle drammaturgiche del personaggio (e di ciò che rappresenta); era un offensivo gongolarsi di qualche suono piacevole e ben emesso, un calpestare senza pietà non solo Wagner, non solo Siegfried, ma le ragioni stesse per cui esiste il teatro d'Opera.
Per quanto mi riguarda, su Heppner stendo un pollice verso.
Invece di rivelarci se stesso, ha preferito travestirsi da heldentenor (che non era nè fuori, nè dentro) dandocene di volta in volta una copia (nella migliore delle ipotesi) o una caricatura.
Peccato.
voi che ne pensate?
Salutoni,
Mat