Jessye Norman

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Jessye Norman

Messaggioda Tucidide » dom 20 set 2009, 13:56

Premetto che è una cantante che mi piace molto.
Ho notato che, pur essendo spesso nominata, non è stata ancora aperta una discussione su di lei.
Mi piacerebbe partire dalla definizione che di lei dà Matteo Marazzi nel suo editoriale su Elina Makropoulos: "vocalista che finge di essere colorista".
Confesso di non essere pienamente convinto della distinzione netta fra declamatori, coloristi e vocalisti, tanto cara a Matteo.
Nello specifico, vorrei avere delucidazioni in merito. A me la Norman è sempre piaciuta soprattutto per la gestione dei colori, delle emissioni. Se fossi convinto della nomenclatura "marazziana", non esiterei a definirla colorista tout court.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Jessye Norman

Messaggioda MatMarazzi » lun 21 set 2009, 9:32

Tucidide ha scritto:Premetto che è una cantante che mi piace molto.
Ho notato che, pur essendo spesso nominata, non è stata ancora aperta una discussione su di lei.


Caro Tucidide,
l'idea di aprire un thread su questa grande icona del canto novecentesco è senza dubbio buona.
Mi piacerebbe anzi sapere chi l'ha sentita dal vivo e che impressioni ne ha tratte (io dal vivo solo nel Castello di Barbablu con Bouelz e nella Dido and Aeneas con Minkovski).

Non capisco però perché arroccarti a "nomenclature" che - stando a quel che affermi - non condividi e che addirittura (non per colpa tua, ma per colpa mia che mi spiego male) forse nemmeno hai compreso!
Infatti, se qui definisci la Norman una pura "colorista",

A me la Norman è sempre piaciuta soprattutto per la gestione dei colori, delle emissioni. Se fossi convinto della nomenclatura "marazziana", non esiterei a definirla colorista tout court


altrove scrivevi:

ho sempre trovato questa somma cantante molto convenzionale nell'uso dei suoni. Non banale, attenzione, ma convenzionale. Un'idea di suono "tradizionale": .


Se tu avessi compreso il senso delle ripartizioni tecniche da me suggerite, ti renderesti certo conto dell'incompatibilità di due frasi come questa.
D'altronde - e lo dico in assoluta sincerità - non è affatto necessario fondarsi su quel che dico io.
Si possono (come di ogni cosa nell'universo) proporre chiavi di letture e punti di vista critici molto differenti (purchè reggano alla logica).

E' per questo che, invece di rifarti a chiavi di lettura che non domini e che per di più dichiari di non condividere, ti suggerirei di dirci semplicemente cosa tu pensi della Norman, usando parole e "chiavi critiche" tue!

Nello specifico, vorrei avere delucidazioni in merito.

Volentieri, ma mi pare di aver già spiegato la cosa con dovizie di particolari nel articolo di fondo che citi.

Anche la Norman infatti era una vocalista, benché sapesse “fingere” – con sapienza – di usare i colori.
Il mondo dei suoni “non classici” (aperti, jazzistici, carnosi, apparentemente naturali) le era noto fin dall’inizio della carriera, grazie alla pratica con gli Spirituals e il Gospel. A ciò si aggiunse il lungo praticantato in Germania, nel “covo” dei declamatori, e la scoperta del Lied.
Queste esperienze le insegnarono a decorare con tocchi da “colorista” un canto che - nonostante tutto - restava vocalistico, incatenato al controllo ritmico-dinamico della linea, alla pienezza della cavata e alla strumentalità del fraseggio.
In altri autori non-vocalistici (Wagner, Schönberg, lo stesso Gershwin) un tale sincretismo poteva anche persuadere; in Janáček non era possibile.
Fin dalle prime battute dell’opera, la Norman si ritrovò ingolfata fra le sfuggenti volute della scrittura, incapace di assecondare i contorni spezzati della frase, impacciata dalla sua stessa sontuosità, fino a ritrovarsi afona e senza acuti al terzo atto (proprio dove le vocaliste potrebbero anche farsi valere).


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Re: Jessye Norman

Messaggioda Tucidide » lun 21 set 2009, 10:57

MatMarazzi ha scritto:Non capisco però perché arroccarti a "nomenclature" che - stando a quel che affermi - non condividi e che addirittura (non per colpa tua, ma per colpa mia che mi spiego male) forse nemmeno hai compreso!
Infatti, se qui definisci la Norman una pura "colorista",

A me la Norman è sempre piaciuta soprattutto per la gestione dei colori, delle emissioni. Se fossi convinto della nomenclatura "marazziana", non esiterei a definirla colorista tout court


altrove scrivevi:

ho sempre trovato questa somma cantante molto convenzionale nell'uso dei suoni. Non banale, attenzione, ma convenzionale. Un'idea di suono "tradizionale": .


Se tu avessi compreso il senso delle ripartizioni tecniche da me suggerite, ti renderesti certo conto dell'incompatibilità di due frasi come questa.

Noto con piacere che quel che dico resta nella memoria. :mrgreen:
Un po' di memoria ce l'ho pure io, però. : Sig :
Proprio in risposta a questo mio messaggio, scrivevi:
E' proprio nel suono che la Norman è la più africana delle regine...
Forse a te sembra convenzionale perché l'abbiamo sentito anche troppo! Ce l'hanno propinato in ogni salsa....
In realtà era ed è uno dei più rivoluzionari di tutti i tempi (anzi, per me è proprio l'incredibile novità del suono della Normann a giustificare, anche nel suo caso, una gloria anche un filino esagerata rispetto ai pur grandissimi meriti).

Insomma, proprio tu la definivi colorista rivoluzionaria, seppure un po' sopravvalutata.
E' di questo che mi piacerebbe parlare. :D
Per esempio, dove tu dici:
un canto che - nonostante tutto - restava vocalistico, incatenato al controllo ritmico-dinamico della linea, alla pienezza della cavata e alla strumentalità del fraseggio.

io posso concordare su parte del discorso, specialmente sulla pienezza della cavata, ma meno sulla strumentalità del fraseggio, che spesso è ricercato ai limiti del manierismo (pensa alla sua Carmen), e meno ancora sul controllo ritmico-dinamico della linea: la Norman aveva spesso la tendenza a dilatare, sbrodolandosi un po' addosso. A me piace molto anche per questo.

Quanto alla tua classificazione, non preoccuparti: l'ho capita (e tu ti spieghi benissimo, non preoccuparti), : Thumbup : e se dico che non la condivido appieno è solo perché credo che ogni cantante abbia peculiarità tali da non soffrire classificazioni.
Distinguendo in maniera spiccata, si rischia di mettere sotto la stessa definzione cantanti che non hanno nulla o quasi in comune.
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Re: Jessye Norman

Messaggioda MatMarazzi » lun 21 set 2009, 11:49

Tucidide ha scritto:Noto con piacere che quel che dico resta nella memoria. :mrgreen:


Ma scherzi! :)
Tutto quel che scrivi resta nella memoria!
Soprattutto se una volta mi contesti dicendo che la Norman è super-tradizionalista del suono e la volta dopo mi contesti dicendo che è "colorista" tout court. L'unica cosa in comune fra le due frasi è l'atto di contestarmi! :)
Si ha quasi la sensazione che la smania di demolire le "nomenclature" altrui, ti faccia dire pima una cosa e poi l'opposto. :)
Sembra... ho detto! ;)

Un po' di memoria ce l'ho pure io, però. : Sig :


Quello che operi, caro Tuc, è un bell'esempio di "decontestualizzazione furbastra". ehehehe...
A parte le battute, il mio discorso era riferito ad Aida, ruolo "vocalistico" quant'altri mai e soprattutto (prima della Price e della Norman) affidato a vocaliste del tutto inconsapevoli dell'uso del colore (fa in parte eccezione la Callas dell'edizione EMI).

In un contesto di pure vocaliste (le Aide della tradizione: dalla Arangi Lombardi alla Cerquetti, dalla Ponselle alla Tebaldi, tanto per intenderci) un canto come quello della Price e della Norman, che nell'articolo ho definito "sincretiste", pareva la rivoluzione copernicana, non perché non fossero VOCALISTE (lo erano entrambe, altrimenti Aida non l'avrebbero cantata), ma perchè decoravano appunto il loro canto di sonorità e colori che le vocaliste "tout court" non avevano in repertorio: colori ereditati dagli Spirituals e dal Gospel.
Ma restavano vocaliste, altrimenti l'Aida se la sognavano.

Nessuna contraddizione, quindi con ciò che ho scritto.
Se parliamo di Elina (ruolo per declamatori e coloristi) la Norman - vocalista - non funziona, nonostante le "decorazioni" di colore.
Se parliamo di Aida (ruolo per vocalista) allora proprio quelle "decorazioni" sono un surplus di cui la Norman si serve per sconcertare e sconvolgere l'ascolatore normale.

io posso concordare su parte del discorso, specialmente sulla pienezza della cavata, ma meno sulla strumentalità del fraseggio, che spesso è ricercato ai limiti del manierismo (pensa alla sua Carmen), e meno ancora sul controllo ritmico-dinamico della linea: la Norman aveva spesso la tendenza a dilatare, sbrodolandosi un po' addosso. A me piace molto anche per questo.


Qui Tuc stai facendo un bel po' di confusione. :)
Strumentalità non vuol dire "rigore" metronomico: tutt'altro.
Vuol dire esattamente l'opposto: ossia puntare sul ritmo (e sulla dinamica) come base della propria espressività.
I virtuosi degli strumenti non hanno generalmente a disposizione i colori (prerogativa della voce), quindi per esprimersi devono passare solo ed esclusivamente attraverso il "fraseggio", ossia la gestione dinamica e ritmica della frase musicale.
Non è un caso che fra i cantanti i maggiori "fraseggiatori" siano i belcantisti, che - durante il barocco - si forgiarono programmaticamente a imitazione dei grandi virtuosi strumentali: pochi colori (omogeneità assoluta) e tanto fraseggio! Ecco la sintesi della poetica belcantista.

Quando affermo che un cantante usa il fraseggio in modo "strumentale" intendo proprio che lavora non tanto sui colori, quanto sulle variazioni ritmico-dinamiche della frase, esattamente come i grandi violinisti e i grandi pianisti (che per inciso non sono affatto "metronomici" e "rigorosi" nel ritmo).
Un bell'esempio di fraseggio "strumentale" è offerto dalla Sutherland: come riesce a rendere così irreale e sfuggente "Qual cor tradisti"? Con i colori? (ma per favore....) "uh" ecco l'unico colore.
No... col ritmo! Con la consapevolezza e la libertà ritmica che avrebbe un grande violinista.
Più che cantarlo lo suona...
Ascoltalo e poi vedrai che il concetto sarà chiarissimo.

Per tornare alla Norman, non direi proprio che "si sbrodolasse" (come invece fa la Fleming :)), ma certo usava la dinamica e il ritmo con estrema libertà, facendone uno dei suoi prinicipali mezzi espressivi (da brava vocalista).
I colori? Come ho scritto plurime volte, la Norman li usava molto (nel repertorio "vocalistico" ciò la rendeva rivoluzionaria) ma solo come "decorazione", o meglio come "specchietto per le allodole".
Ad esempio i suoi lieder di Schubert, bellissimi certo, piacciono di più agli appassionati d'opera che ai cultori di lieder (che in questo repertorio sono abituati al vero colorismo): essi infatti soffrono per l'omogenità dei colori della Norman in Schubert o Mahler e per l'eccessiva ricercatezza (strumentalità) del fraseggio e così la giudicano fin troppo "melodrammatica".
Idem per il suo Wagner e il suo Strauss: i veri appassionati di Wagner li giudicano "manierati" e michelangioleschi, perchè vi sentono poca propulsione sillabica, poca evidenza della parola, poco differenziazione vocalica e in compenso troppe volute di fraseggio e troppi compiacimenti ritmico-dinamici.
Ma cosa ci poteva fare la povera Jessye: lla sua tecnica era quella!
Una tecnica che non era fatta per Elisabeth o Elsa, e nemmeno per Erwartung o Voix Humaine, ma per la sublime Phèdre di Rameau, la Dido di Purcell, les Nuits d'été di Berlioz, la sconvolgente Africaine di Meyerbeer.

Sarà un caso, ma pur avendo fatto del Liebestod il biglietto da visita per tutta la carriera, non osò mai cantare l'integralità di Isolde...
...E questo anche senza aver letto quello che ho scritto delle Isolde di Cosima! :)

Salutoni,
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Re: Jessye Norman

Messaggioda Maugham » lun 21 set 2009, 12:07

Tucidide ha scritto: ...e se dico che non la condivido appieno è solo perché credo che ogni cantante abbia peculiarità tali da non soffrire classificazioni.
Distinguendo in maniera spiccata, si rischia di mettere sotto la stessa definzione cantanti che non hanno nulla o quasi in comune.


Abbi pazienza Tuc, forse perchè invece io mi trovo bene nella classificazione marazziana non riesco a seguirti.
I cantanti hanno delle caratteristiche comuni.
La classificazione che porta il copyright di Matteo si pone come fine, almeno credo, esclusivamente di individuare questi punti di contatto.
Aggiungo che ho sposato questa tesi (non senza una qual riluttanza dovuta alla mia formazione cellettiana) proprio misurandone la validità con le affermazioni di chi la contestava.
Declamatori, vocalisti, coloristi.
Per certa critica dominante (in Italia) e per certi appassionati esisteva ed esiste solo un tipo di cantante (il vocalista).
Tutti gli altri sono stati definiti "malcantisti".
Se leggi con attenzione i sacri testi ti rendi conto però che, in certi momenti, questi critici si sono trovati di fronte a interpretazioni memorabili, di cui non potevano onestamente scrivere male, ma che uscivano e anche di molto dagli steccati del vocalismo.
Allora comincia la sequela del "molto bravo, nonostante le evidenti lacune teniche" per svaccare nel pittoricismo più manierato con le solite storie del temperamento incandescente, la sensualità esulcerata, la torcia che brucia... quante ne hanno scritte sulla mia povera Varnay : Hurted :
Tutto per aggirare il problema e non ammettere che si trattava di una tecnica diversa adatta a raggiungere quei determinati fini espressivi in un determinato repertorio.
Addirittura mi è capitato di leggere che certi ruoli erano "incantabili" solo perchè i vocalisti non ne venivano a capo.
Quindi le tipologie marazziane non mirano a "dire che tutti i cantanti della stessa specie sono uguali".
Ovvio che la Norman e la Devia sono "diverse".
Come diversa è una mestosa orca marina da un criceto.
Però ambedue sono mammiferi.
E ambedue sono vocaliste.
Come l'orca e il criceto vivono in ambienti diversi (la prima nella maestà dei grandi oceani e il secondo nella gabbietta sul davanzale), così le due cantanti hanno repertori diversi.
Apparentemente sembrano non avere nulla in comune e capisco che, in prima approssimazione, si è tentati più ad accomunare un'orca con uno squalo e un criceto con un canarino però, se guardi con attenzione, ti accorgi che si riproducono alla stessa maniera, hanno comportamenti sociali simili, organi interni simili...

Tornando alla Norman.
Guardati e ascoltati questo video.
Parti però dal minuto 3:56.
Ascolterai uno dei più impressionanti e giganteschi e perfetti passaggi di registro della storia. :shock:
Dimmi se una "non-vocalista" può fare una roba simile.

http://www.youtube.com/watch?v=_H9LTixHHug

Ciao
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Re: Jessye Norman

Messaggioda Tucidide » lun 21 set 2009, 21:32

Cari Mat e Maugh (monosillabici entrambi, per par condicio), cerco di rispondere brevemente a entrambi.
MatMarazzi ha scritto:In un contesto di pure vocaliste (le Aide della tradizione: dalla Arangi Lombardi alla Cerquetti, dalla Ponselle alla Tebaldi, tanto per intenderci) un canto come quello della Price e della Norman, che nell'articolo ho definito "sincretiste", pareva la rivoluzione copernicana, non perché non fossero VOCALISTE (lo erano entrambe, altrimenti Aida non l'avrebbero cantata), ma perchè decoravano appunto il loro canto di sonorità e colori che le vocaliste "tout court" non avevano in repertorio: colori ereditati dagli Spirituals e dal Gospel.
Ma restavano vocaliste, altrimenti l'Aida se la sognavano.

Secondo me non tutte le Aide da te citate come vocaliste erano vere vocaliste. :D
La Cerquetti apriva i centri, e anticipava in certi casi alcuni colorismi. Non a caso, ebbe un grande successo, e se fosse durata un po' di più avrebbe potuto lasciare un'impronta più significativa. Pur con una carriera di meno di dieci anni, le sue testimonianze sonore sono molto interessanti. La sua è una voce che ricerca colori, magari senza la fantasia di altri, ma per quei tempi e quei contesti, sicuramente apprezzabile.
La Ponselle: timbro sontuoso, notturno, certo, ma non di natura, bensì cercato con un'apertura dei centri, che le rendeva difficile la gestione della voce in certe zone del pentagramma.
La Price, più che una sincretista, direi che fosse anche più sperimentale della Norman. I gravi sfocati e gutturali, gli effetti di scooping (gli stessi che si rimproverano alla Fleming, che a lei si rifà)... E questo dalla fine degli anni '50! :shock:
Quanto al fatto che se non sei vocalista, non canti l'Aida, beh, direi che si tratti di una forzatura. :) Basterebbe la Tomowa per contraddirlo. E non dimentichiamo nemmeno che un ruolo come Abigaille, ben più belcantista di Aida, è stato cantato da una come la Rysanek - e la medesima Tomowa ha cantato l'aria in maniera notevole, che tu stesso ci hai sottoposto. :wink:

Sulla questione del fraseggio strumentale, ho compreso cosa intendi dire, Mat.

I colori? Come ho scritto plurime volte, la Norman li usava molto (nel repertorio "vocalistico" ciò la rendeva rivoluzionaria) ma solo come "decorazione", o meglio come "specchietto per le allodole".

Ecco, è questo il punto che chiedevo di chiarire. :)
Per quale motivo ritieni che i colori di della Norman non siano "veri colori", ma solo ornamenti, addirittura "specchietti per le allodole"?

Maugham ha scritto:Per certa critica dominante (in Italia) e per certi appassionati esisteva ed esiste solo un tipo di cantante (il vocalista).
Tutti gli altri sono stati definiti "malcantisti".
Se leggi con attenzione i sacri testi ti rendi conto però che, in certi momenti, questi critici si sono trovati di fronte a interpretazioni memorabili, di cui non potevano onestamente scrivere male, ma che uscivano e anche di molto dagli steccati del vocalismo.
Allora comincia la sequela del "molto bravo, nonostante le evidenti lacune teniche" per svaccare nel pittoricismo più manierato con le solite storie del temperamento incandescente, la sensualità esulcerata, la torcia che brucia... quante ne hanno scritte sulla mia povera Varnay : Hurted :
Tutto per aggirare il problema e non ammettere che si trattava di una tecnica diversa adatta a raggiungere quei determinati fini espressivi in un determinato repertorio.
Addirittura mi è capitato di leggere che certi ruoli erano "incantabili" solo perchè i vocalisti non ne venivano a capo.

Questo è ineccepibile, e lo sottoscrivo.
Ovvio che la Norman e la Devia sono "diverse".
Come diversa è una mestosa orca marina da un criceto.
Però ambedue sono mammiferi.
E ambedue sono vocaliste.

Ehm... :oops: temo di non essere d'accordo.
Io penso che ci siano differenze proprio nell'impostazione, non solo quelle evidenti ad un primo ascolto, ma proprio di fondo, radicali.
Forse le potrei accomunare per la ricerca di un suono omogeneo, ma quello della Norman è più basso di posizione, più scurito, quello della Devia ricerca proprio le risonanze alte, tipiche della scuola italiana.
La Devia, pur con una voce piccolina, squilla come un campanellino. Un suo corrispettivo in formato gigante è la Nilsson, che in altro era una lama d'acciaio. Stessissima impostazione.
La Norman no. Voce bassa, alla ricerca di venature calde e pastose, guarda caso ignote alle due signore testè citate.
Uff.. mi fai pure fare il cellettiano! :D

Tornando alla Norman.
Guardati e ascoltati questo video.
...
Ascolterai uno dei più impressionanti e giganteschi e perfetti passaggi di registro della storia. :shock:
Dimmi se una "non-vocalista" può fare una roba simile.

Stupenda!
Però Maugh, un passaggio di registro è un "fondamentale" per un cantante lirico. Non mi hai fatto sentire una roulade, un picchiettato, una scala vocalizzata.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Jessye Norman

Messaggioda MatMarazzi » lun 21 set 2009, 22:16

Tucidide ha scritto:Secondo me non tutte le Aide da te citate come vocaliste erano vere vocaliste. :D

E invece secondo me erano tutte esimie vocaliste.
Anzi, con la V maiuscola.

La Cerquetti apriva i centri, e anticipava in certi casi alcuni colorismi.

Attenzione. La Cerquetti non apriva i centri: Celletti (che se si parla di vocalismo è una vera autorità) spiegava molto bene che esistono "finte aperture" esibite da alcuni vocalisti provetti. Ne parlava a proposito di Schipa e (se ben ricordo) della prima Tosca della Freni.
Sono sonorità che sono sempre puntualmente incanalate nella maschera, benché diano l'effetto di aperture e trasparenze, ma non hanno nulla in comune con i veri, autentici colori di chi i suoni li apre (e proprio per questo secondo lui censurabili)
Ascolta bene i centri della Cerquetti e della Ponselle e capirai che non escono mai dal controllo della maschera e ...magari confrontali a quelli della Moedl o della de Los Angeles!
Affermare che queste due regine del vocalismo "aprissero ai centri" è affermazione che lascerebbe sconcertato non solo me, ma qualsiasi cellettiano! :)

Quanto al fatto che se non sei vocalista, non canti l'Aida, beh, direi che si tratti di una forzatura. :)

Non direi. A me pare una considerazione elementare.
Se non si è vocaliste solidissime, ci si lascia le penne al primo atto.
La stessa Callas (che nell'edizione EMI, come ho più volte ricordato, depone il suo vocalismo per inseguire la modernità dei colori) finisce per essere catastrofica in diversi momenti del terzo atto, anche se geniale e rivoluzionaria come interprete.
La Nelli con Toscanini (che era una tipica sincretista americana e che pendeva molto dalla parte del colore) fa un'ottima Aida, ma tecnicamente appare molto incerta.


Basterebbe la Tomowa per contraddirlo. E non dimentichiamo nemmeno che un ruolo come Abigaille, ben più belcantista di Aida, è stato cantato da una come la Rysanek - e la medesima Tomowa ha cantato l'aria in maniera notevole, che tu stesso ci hai sottoposto. :wink:


La Tomowa era un'eccellente vocalista. Come tutte le cantanti bulgare si forgiava su una tecnica antica.
Come la Cortez, come la Kabaiwanska. Persino la Dimitrova, anche se era un peso massico e cantava da peso massimo, era completamente coperta e molto "antica di scuola". Nei primi anni di carriera smorzava persino il re bemolle del sonnambulismo (l'ho sentita dal vivo nel 1982).
Quanto alla Rysanek, la sua Abigaille è (come ho scritto con molta chiarezza e come tutti i partecipanti del sito hanno sottolineato) è un pesce fuor d'acqua.
Conquista ugualmente per l'entusiasmo e la forza di personalità; individua una via per rivitalizzare un personaggio che solitamente viene "matronizzato" e quindi tradito.
Ma Abigaille non si canta così.

Ecco, è questo il punto che chiedevo di chiarire. :)
Per quale motivo ritieni che i colori di della Norman non siano "veri colori", ma solo ornamenti, addirittura "specchietti per le allodole"?


I cantanti coloristi sanno gestire non solo intere frasi, non solo intere arie, ma addirittura intere opere con la tecnica del colorismo.
Per fare questo, però, devono disporre di una tecnica che permetta di gestire i colori e le aperture lungo tutta l'estensione, anche "rischiando" quando la tessitura sale o l'intensità del suono deve aumentare (è noto infatti che il maggior problema dei coloristi sono il volume e l'estensione).
Quando la scrittura si presta a questo tipo di vocalità (come nel caso di Elina Makropulos) la sensazione che danno è di una canto di straordinaria umanità, mobilità, policromia, espressività.
La Norman, al contrario, canta tutto in modo vocalistico: il colore è sottoposto alla cavata, la parola è sottoposta alla linea. Poi ogni tanto (dove è più comoda, ossia al centro e in basso) ti butta lì un suono aperto, un suono jazzistico, un suono colorato.
Ma è questione di un attimo: appena c'è una frase complessa, torna a immascherare tutto. Appena deve salire (come ha ben dimostrato Maugham) eccola lì che copre, sostiene, solleva. Appena c'è uno scampolo di melodia, eccola lì a giocare di dinamica e ritmo, a cesellare i pianissimi, a esaltare la consistenza del suono (la cavata) come ogni brava vocalista. E dei colori jazzistici ...chi se ne frega.
Questo non è colorismo: è, al massimo (come vado dicendo da molto tempo in qua) un tipico "sincretismo" all'americana. Un "adornare" il proprio canto di suoni anche aperti ed eterodossi che fanno colpo, ma che non inficiano il proprio indispensabile vocalismo.
Prova a confrontare la Norman e Fischer Dieskau in qualche lieder di Schubert. Capirai immediatamente la differenza tra una vocalista che "si adorna" dei colori e un vero indiscutibile colorista.


Uff.. mi fai pure fare il cellettiano! :D

Guarda Tuc, che Celletti sarebbe rimasto sconvolto a leggere quel che scrivi! :)

Però Maugh, un passaggio di registro è un "fondamentale" per un cantante lirico. Non mi hai fatto sentire una roulade, un picchiettato, una scala vocalizzata.


Invece Maugham ha perfettamente ragione. Il passaggio di registro è la prova del nove per capire la "famiglia" tecnica a cui un cantante appartiene.
E' da lì che si capisce tutto.
Io lo usavo nel mio corso sulle "voci del 2000" proprio nei casi in cui i partecipanti non sapevano distinguere un tipo tecnico dagli altri.
"Concentratevi sul passaggio" e ogni problema spariva; tutto diventava chiaro.
Magari se ne potrà parlare una volta o l'altra.
Quanto alla roulade, il picchettato (senza la i) :), la scala ecc... caro Tuc, la Norman era bravissima in tutto questo. Aveva un'agilità perfetta!
Sentila in Handel, in Rameau o in Meyerbeer...
Niente di strano: anche lei (come la Devia) è infatti una vocalista, mentre la Nilsson (che era una declamatrice) non avrebbe fatto un'agilità nemmeno se l'avessimo frustata.

Salutoni,
Mat
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Re: Jessye Norman

Messaggioda Tucidide » lun 21 set 2009, 22:48

Sulla questione del "finto" colorismo, ho capito il tuo pensiero.

MatMarazzi ha scritto:Attenzione. La Cerquetti non apriva i centri: Celletti (che se si parla di vocalismo è una vera autorità) spiegava molto bene che esistono "finte aperture" esibite da alcuni vocalisti provetti. Ne parlava a proposito di Schipa e (se ben ricordo) della prima Tosca della Freni.
Sono sonorità che sono sempre puntualmente incanalate nella maschera, benché diano l'effetto di aperture e trasparenze, ma non hanno nulla in comune con i veri, autentici colori di chi i suoni li apre (e proprio per questo secondo lui censurabili)
Ascolta bene i centri della Cerquetti e della Ponselle e capirai che non escono mai dal controllo della maschera.
Affermare che queste due regine del vocalismo "aprissero ai centri" è affermazione che lascerebbe sconcertato non solo me, ma qualsiasi cellettiano! :)

Ah... troppo difficile, 'sta roba! :D
Finte aperture... finti colori, finto tutto.
Ma è mai possibile che 'sti cantanti non possano essere un po' schietti??? : Chessygrin :

Ad ogni modo, se riesci a non ridere per quanto è buffo Stefan Zucker, ascolta il pezzo in cui parla con la Gavazzi proprio della Cerquetti.
http://www.youtube.com/watch?v=QQnHDLLWrLs
Al minuto 9,09 la signora dice: "aveva una bella voce, ma apriva troppo i suoni".
Prego credere: io non lo dico perché lo dice lei.
Solamente, mi conforta sapere che, se da un lato tu e tutti i cellettiani per interposta persona (cioè te) restano sconcertati, io la penso come una che ha cantato per un mesetto o due. E che la Cerquetti l'ha sentita dal vivo, presumo. :)

la Nilsson... era una declamatrice

Mat, scusami...
Se la Nilsson è una declamatrice, la Moedl e la Varnay cosa sono? La Nilsson difatti ha cantato un'Aida e un'Amelia in disco che Celletti stesso definiva vocalmente sublimi.
Ruoli vocalistici in pasto ad una declamatrice, e Celletti che applaude??? Che strano... : Blink :

Guarda Tuc, che Celletti sarebbe rimasto sconvolto a leggere quel che scrivi!

Eh... :) mi sa che siamo in due, a far rigirare nella tomba il povero zio Rudy... :mrgreen:
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Re: Jessye Norman

Messaggioda MatMarazzi » lun 21 set 2009, 23:27

Tucidide ha scritto:Ah... troppo difficile, 'sta roba! :D
Finte aperture... finti colori, finto tutto.
Ma è mai possibile che 'sti cantanti non possano essere un po' schietti??? : Chessygrin :


Quando sono schietti, come Di Stefano, li sbranano! :)
Devo pur tutelarsi poveretti...

Ad ogni modo, se riesci a non ridere per quanto è buffo Stefan Zucker, ascolta il pezzo in cui parla con la Gavazzi proprio della Cerquetti.
http://www.youtube.com/watch?v=QQnHDLLWrLs
Al minuto 9,09 la signora dice: "aveva una bella voce, ma apriva troppo i suoni".
Prego credere: io non lo dico perché lo dice lei.
Solamente, mi conforta sapere che, se da un lato tu e tutti i cellettiani per interposta persona (cioè te) restano sconcertati, io la penso come una che ha cantato per un mesetto o due. :)


Be' anche la Gencer ha cantato per un mesetto o due; questo non le impedisce di ridere grassamente quando l'ineffabile Zucker le riferisce che Simionato e Barbieri hanno affermato di "non aver mai usato il registro di petto" (e ha perfettamente ragione a ridere).
La Simionato e la Barbieri, infatti, usano il termine "registro di petto" al posto del termine "apertura del suono".
Quel che volevano dire è che il registro di petto non va "aperto", ma secondo loro (e secondo le antiche scuole tanto care ai Cellettiani) va ricondotto comunque alla maschera. Ma è non di meno un registro di petto, ed è per questo che la Gencer scoppia a ridere.
Questo è un buon esempio del "bailamme" terminologico che purtroppo tuttora esiste tra gli appassionati di canto: sapessi le volte che mi sono sentito dire che le cantanti femminili dell'opera non usano il falsetto! :)
In questo delizioso bailamme di vecchiette allo sbaraglio, che dicono cose opposte e che irridono le une delle altre, ci sta benissimo anche la Gavazzi, che peraltro non dovrebbe proprio porsi a baluardo della vera tecnica: lei come la Petrella e altre grandi artiste della sua generazione, rappresenta infatti un vocalismo già degenerato, sensibile alle ragioni della declamazione, straordinario nello sbalzo della parola ma scarsissimo nella gestione della linea e del registro acuto.

Mat, scusami...
Se la Nilsson è una declamatrice, la Moedl e la Varnay cosa sono? La Nilsson difatti ha cantato un'Aida e un'Amelia in disco che Celletti stesso definiva vocalmente sublimi.
Ruoli vocalistici in pasto ad una declamatrice, e Celletti che applaude??? Che strano... : Blink :


Lo so... vai sempre lì a parare. Sono mesi che muovi questa (legittima) obiezione.
La muovi sulla Flagstad, la muovi sulla Nilsson, la muovi su Melchior...
Io sono perfettamente consapevole di tirare indietro su questo fronte, ma - come ho già detto tantissime volte - le caratteristiche del "wagner internazionale inter-bellico" sono esattamente l'argomento del secondo capitolo delle Isolde.
Mi conosco: se comincio a parlarne qui, so che poi finirò per discuterne in pagine e pagine e non avrà più senso l'articolo...
Una volta per tutte, possiamo riparlare di quella particolare famiglia di "declamatori" che coltivò la dinamica e il passaggio basso dopo che sarà uscito il capitolo secondo delle Isolde di Bayreuth?

Eh... :) mi sa che siamo in due, a far rigirare nella tomba il povero zio Rudy... :mrgreen:

Verissimo! :)
Per fortuna ha le sue logore vestali che, nonostante l'impietoso avanzare dell'età, continuano a darsi il cambio per tenere desta la fiamma! :)

Salutoni,
Mat
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Re: Jessye Norman

Messaggioda vocegiusta » mar 22 set 2009, 15:39

MatMarazzi ha scritto: [Quando sono schietti, come Di Stefano, li sbranano! :)
Devo pur tutelarsi poveretti...

Poveretti cosa?!
Di Stewfano ha mai saputo cantare? : Andry :
Un posteggiatore dal ciuffo unto che aveva la voce di glassa per mandare in visibilio le ragazzine e tutte che gli cadevanoi ai pioedi. Un'impostazione penosa che gli ha permesso solo una performance degna di tal nome: il do di "Salut demeure" prima del 1950 e poi basta! E questo sarebbe un cantante? Nel 1950 era già FINITO!!! E' solo su questo sito che lo osannate come se fosse sto gran fenomeno: Prevedi, Labò, Fernandi, questi erano i veri cantanti che oggi la critica togata disprezza e invece avevano fatto dell'ortodossia vocale una Legge fondamentale! NON ESISTE UN CANTANTE SE NON METTE A POSTO LA TECNICA!!!
Questo Di Stefano era un disastro fatto e finito ed è ora che qualcuno lo dica democraticamente anche qui sopra. Qui di democrazia ce n'è davvero pochina, non so se ve ne siete resi conto amici miei...

MatMarazzi ha scritto: Quel che volevano dire è che il registro di petto non va "aperto", ma secondo loro (e secondo le antiche scuole tanto care ai Cellettiani) va ricondotto comunque alla maschera. Ma è non di meno un registro di petto, ed è per questo che la Gencer scoppia a ridere.

Ma cosa stai dicendo, Marazzi?!
Certo che tutti i suoin vanno ricondotti in maschera, perfettamente sostenuti sul fiato: Il canto professionale, il vero canto professionale che oggi ha solo uno sparuto gruippo di veri sostenuitori, per i quali mi pregio di scrivere. Gli altri, evidentemente, hanno dimenticato gli insegnamenti dell'unico vero MAestro che l'Italia del canto abbia avuto e verso la cui memoria mi chino commosso e riverente. Qui lo dileggiate: mi fate orrore. [/quote]

MatMarazzi ha scritto: Lo so... vai sempre lì a parare. Sono mesi che muovi questa (legittima) obiezione.
La muovi sulla Flagstad, la muovi sulla Nilsson, la muovi su Melchior...
Io sono perfettamente consapevole di tirare indietro su questo fronte, ma - come ho già detto tantissime volte - le caratteristiche del "wagner internazionale inter-bellico" sono esattamente l'argomento del secondo capitolo delle Isolde.
Mi conosco: se comincio a parlarne qui, so che poi finirò per discuterne in pagine e pagine e non avrà più senso l'articolo...
Una volta per tutte, possiamo riparlare di quella particolare famiglia di "declamatori" che coltivò la dinamica e il passaggio basso dopo che sarà uscito il capitolo secondo delle Isolde di Bayreuth?


Marazzi, Marazzi, ma non ti hanno già datop una bella pettinata dimostrandoti che tutte le cose che avete scritto tu e il tuo amico che prende come avatar il grande scrittore inglese sono solo delle grandi baggianate? Che vi siete inventati di sana pianta delle cose che non hoanno nessuna giustificazione perché ci sono fior di libri scritti da veri studiosi che dimostrano esattamente il contrario? Marazzi, forse è meglio se lasci perdere le tue storie su argomenti sui quali non mi sembri particolarmente preparato, va'.
La storia dell'interpretazione wagneriana finisce con Birgit Nilsson, l'unica vera erede della Più Grande di Tutte, cioè Kirsten Flagstad. E per i tenori è anche peggio, perché l'ultimo grande tenore wagneriano, quello che faceva tremare i polsi con il suo "Walse" è stato l'immenso Lauritz Melchior.
Questo sempre per amore della precisione.
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Re: Jessye Norman

Messaggioda MatMarazzi » mar 22 set 2009, 15:43

vocegiusta ha scritto:fatto e finito


mmmmmm.... da chi ho sentito usare spesso questa frase fatta? :)

E la firma? Da chi ho già sentito citare Gaber (la libertà è partecipazione?)

:)

Temo che il burlone non sappia resistere alla voglia di strafare... e finirà col tradirsi! ;)
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Re: Jessye Norman

Messaggioda vocegiusta » mar 22 set 2009, 16:23

Il mio mistero è chiuso in me
il nome mio nessun saprà
sulla tua bocca lo dirò
quando la luce splenderà


Ti piacerebbe, eh? Io torno dal tuo passato e vado nel futuro.
Ma ricorda: nessun futuro può esistere senza radici nel passato.
Io sono qui a tutelar l'antica arte del canto, che non c'entra nulla con il Consorzio del Parmigiano Reggiano o del Tortellino Bolognese, come lo chiami tu per prendere in giro
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Re: Jessye Norman

Messaggioda MatMarazzi » mar 22 set 2009, 16:28

vocegiusta ha scritto:Il mio mistero è chiuso in me
il nome mio nessun saprà



Complimenti per la citazione! :)
Originalissima...
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Re: Jessye Norman

Messaggioda Alberich » mar 22 set 2009, 19:44

Magari è Calaf? No, perchè avrebbe imbroccato subito i due cantanti del quiz... :?:
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Re: Jessye Norman

Messaggioda Pruun » mar 22 set 2009, 19:52

vocegiusta ha scritto:sulla tua bocca lo dirò
quando la luce splenderà


Ti piacerebbe, eh? Io torno dal tuo passato e vado nel futuro.


Urca, mandate a letto i bambini!!!
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