Venerdì, 19 Aprile 2024

Backstage: Eliogabalo di Cavalli, Parigi 2016 - riflessioni di Giuseppe Massimo Culcasi

Aggiunto il 30 Gennaio, 2019

Backstage
ELIOGABALO di FRANCESCO CAVALLI al Palais Garnier di Parigi (settembre 2016)

Interpreti
Direttore: Leonardo Garcia Alarcòn

Eliogabalo: Franco Fagioli
Alessandro Cesare: Paul Groves
Flavia Gemmira: Nadine Sierra
Atilia Macrina: Mariana Flores
Giuliano Gordio: ValerSabadus
Lenia: Emiliano Gonzalez Toro
Anicia Eritea: ElinRombo
Zotico: Matthew Newlin
Nerbulone, Tiferne: Scott Conner

Regia: Thomas Jolly

Un backstage per una produzione di due anni e mezzo or sono può apparire inattuale, ma vi sono dei motivi per parlarne e per rendere nota l’importanza di quanto andrò a raccontare.
Eliogabalo è opera sfortunata come poche nella storia del melodramma. Fu composta nel 1667 per andare in scena nel corso del carnevale del 1668, ma la rappresentazione non avvenne mai. Non ne conosciamo il motivo: forse il finale insolito che vede l’omicidio di un imperatore? O forse il fatto che la moda a Venezia era ormai cambiata, e lo stile di Cavalli era considerato antiquato? Non lo sapremo mai, ma forse un giorno – dato che si tratta di eventi contemporanei – potremo sapere il motivo della sfortuna che continua a colpire, anche oggi, questo capolavoro.
Dopo un’esecuzione semidilettantisticadiretta da Antonio Solci a Crema nel 1999 (l’unica, per ironia della sorte, pubblicata in CD), il 2004 sembrava l’anno giusto per far sì che quest’opera fosse giustamente immortalata in un video commerciale. René Jacobs la diresse alla Monnaie di Bruxelles, con ottimi cantanti ed altrettanto valida regia. La casa discografica di Jacobs, che evito di nominare, ne promise la pubblicazione, ma dopo 15 anni se ne è persa traccia. Nel 2016, dopo che ormai Eliogabalo era entrata in repertorio con svariate esecuzioni nei teatri europei e non, fu la volta di questa produzione diretta da Leonardo Garcia Alarcòn, una produzione eccezionale per una serie dimotivi che andrò a spiegare. Esiste il video, perfetto e già pronto alla pubblicazione. Io lo posseggo in forma di bootleg di livello professionale, con audio e video ad alta risoluzione, ma – dopo quasi tre anni – una certa intuizione mi dice che questa produzione sarà destinata a fare la fine di quella di Bruxelles. Il fatto che la casa discografica di Leonardo Garcia Alarcòn, casa che evito altresì di nominare, stia mettendo in commercio un Giasone la cui produzione è ben successiva a questo Eliogabalo, parla chiaro.
E’ così importante che la fruizione di un’opera come Eliogabalo sia accessibile a tutti, anche a coloro che non hanno avuto la fortuna di assistervi a teatro? Sì, senza dubbio alcuno, perché stiamo parlando di un capolavoro del ‘600. Forse non è il capolavoro assoluto di Cavalli (per l’assoluto dobbiamo rivolgerci all’Ercole Amante, al Giasone, alla Calisto, a Xerse), ma è un’opera che gode di un libretto eccezionale, che fa il paio con il cinismo dell’Incoronazione di Poppea, e nella quale Cavalli, ad un’età non più verdissima, sperimenta strade nuove, soprattutto nell’espressione melodica, meno tornita e sensuale, ma più cruda, più diretta, più rivolta ad una concezione belcantistica che sarà propria del secolo successivo. La pubblicazione di un video (o anche di un cofanetto solo audio) di Eliogabalo è una questione di civiltà: tutti devono avere il diritto di accedere ad un capolavoro così importante. Una casa discografica che rinuncia a pubblicare un video commerciale di Eliogabalo – soprattutto nel caso presente, dato che si tratta di una produzione di altissimo livello – abdica al suo ruolo di “motore culturale” per essere relegata al semplice ruolo di impresa commerciale, che vende dischi con lo stesso spirito con il quale si venderebbero scatolette di tonno o calzini o bulloni. E – aggiungo – quando la stessa casa discografica, che volutamente continuo a non nominare, pubblica i DVD delle opere secentesche italiane senza i sottotitoliitaliani (esigenza che anche un bambino di sei anni comprenderebbe) fa mostra di imbarazzante dilettantismo e di ignoranza pacchiana.

Ma veniamo allo spettacolo, del quale vale davvero la pena tessere le lodi.
Inizierei dalla regia. Ho letto critiche alquanto perplesse sulla regia di Thomas Jolly, ma io mi permetto di difenderlo: Jolly rispetta la trama, senza inventare situazioni bizzarre e senza volere a tutti i costi trasformare il teatro di Cavalli in una carnevalata ridanciana (vizio, quest’ultimo, che purtroppo sta prendendo piede). E’ una regia – è vero – piuttosto statica, che in molti punti ci ricorda le regie di Pier Luigi Pizzi, ma ha il grande merito di farci entrare nella vicenda senza distrarci con orpelli cervellotici o con lazzi da commedia dell’arte. Inoltre l’opera è rappresentata quasi nella sua integrità, senza tagli importanti, ed è quest’ultimo un grande merito, soprattutto di questi tempi.
L’originalità, la sorpresa vengono tutte dalle scelte interpretative di Leonardo Garcia Alarcòn, che dirige un’orchestra dal timbro e dal colore diametralmente opposti a quanto avevamo ascoltato nell’Elena di Aix-en-Provence. Se nell’Elena eravamo trascinati in un soffice tappeto di morbide passacaglie e di delicata sensualità, nell’Eliogabalo abbiamo un’orchestra densa, compatta, quasi “settecentesca” nel suo spessore timbrico. Ma non è tutto: quel che sorprende è la scelta vocale. Veniamo letteralmente proiettati in un territorio che trascende il ‘600 in nome di un belcantismo franco ed esplicito, come se Leonardo Garcia Alarcòn volesse dirci a chiare lettere che l’era del “recitar cantando” è ormai alle spalle e si annunciano tempi nuovi. I cantanti cantano “forte”, mostrando in primo piano la potenza ed il virtuosismo in luogo della delicatezza. La stessa scelta di cantanti come Nadine Sierra, Elin Rombo, Paul Groves, avvezzi ad altri generi e non al Barocco, mi sembra una scelta di campo. L’aggiunta, qua e là, diabbellimenti, ci dice di una libertà di esecuzione che apre un’epoca nuova nella storia recente dell’interpretazione di Cavalli.

L’unico cantante, che come sempre non incontra i miei gusti, è il protagonista. Non posso farci nulla: non riuscirò mai ad apprezzare Franco Fagioli. Lo trovo ingolato, impastato nella pronuncia, e sempre alla ricerca di effetti vocali che lo fanno assomigliare ad una sorta di fratellino invidioso di Cecilia Bartoli.
Ma – fatta la tara su un cantante che purtroppo non riesco a farmi piacere – tutto il resto risplende letteralmente.
Nadine Sierra, con la sua vocalità piena e ricca, sorprende ed entusiasma. Ascoltare una cantante avvezza a Verdi e Puccini alle prese con Cavalli è come percorrere un ponte gettato tra le epoche della vocalità, fino a mostrarci che il canto italiano è uno ed uno soltanto, e siamo solo noi contemporanei a dividere tutto in categorie predeterminate.
Bravissima anche Elin Rombo, dalla vocalità più delicata, ma in compenso dalla pronuncia italiana migliore, e letteralmente entusiasmante anche la sempre bravissima Mariana Flores, che oltretutto è anche una bravissima attrice, forse la migliore di tutti sul palcoscenico.
Tra gli uomini va fatto un complimento speciale a Paul Groves, l’unico ad avere una pronuncia italiana tale da poter fare a meno dei sottotitoli. E’ un tenore a tutto tondo, non classificabile nell’anemico pallore che in anni recenti ha contraddistinto le prestazioni dei tenori barocchi. Forse, se davvero vogliamo rimproverargli qualcosa, è una certa quale inerzia ed inespressività scenica. Ma sono dettagli, di fronte ad un’ottima prestazione.
Ottima la scelta di affidare una parte importante al sopranista Valer Sabadus. Contrariamente ad altri suoi colleghi, immeritatamente osannati, Sabadus unisce la qualità sopraffina del canto alle capacità espressive, e bisogna anche fargli i complimenti per come è riuscito a migliorare la sua dizione italianarispetto alla pur buona prova offerta in Elena.
Tra i ruoli minori, chi merita una particolare citazione è l’impagabile Emiliano Gonzalez Toro. Ormai il tenore svizzero-messicano si è specializzato nei ruoli da “drag queen”. Scegliere lui come nutrice o come anziana signora è sempre un’eccellente opzione: canta benissimo, ha doti attoriali e comiche travolgenti e, in una parola, speriamo di vederlo ancora per lunghi anni sui palcoscenici dell’opera secentesca.

Per finire, un grande spettacolo, con un’interpretazione che passerà alla storia. Una vera e propria rivincita di Eliogabalo sulla sfortuna che nel passato e nel presente ha colpito questo capolavoro. Ma, perché tale rivincita sia completa, è INDISPENSABILE che questo gioiello – di cui, ripeto, esistono già le riprese audio-video – venga messo a disposizione di tutti gli appassionati ed immortalato come merita.


GIUSEPPE MASSIMO CULCASI

Categoria: Backstage

 

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