Siegfried
Aggiunto il 21 Ottobre, 2009
Seconda giornata del ciclo. I nodi cominciano a venire al pettine, ma nascosti con tale sagacia e con l’aiuto della sala di registrazione, in grado di fare miracoli meglio di un lifting. Il merito maggiore, a mio avviso, va al poco fantasioso direttore, che il mestiere lo conosce come le sue tasche. Quindi sonorità meno ricche di "grandeur" ma più soffuse, afflati meno slanciati e prepotenti. Ne esce un Siegfried in formato ridotto, ma sarebbe stato un suicidio "pompare" l’orchestra con il rischio di annegare le voci che aveva a disposizione. A partire dal "jazzista" (inizio’ la carriera di cantante in un jazz club) Kollo, voce chiara, squillante ma di volume non esteso. Eppure la sua carriera ha preso slancio nell’affrontare i ruoli wagneriani, su tutti Tristan, Parsifal e Lohengrin. In questa registrazione, i momenti topici vengono affrontati brillantemente, ma resta il beneficio del dubbio, di un aiuto sostanziale, come già precedentemente detto, della sala di registrazione che gli permette di superare l’aspro cimento. La forgiatura della spada è baldanzosa, anche se lontana mille miglia da quella sfoggiata da altri interpreti soprattutto della prima metà del Novecento, che si basavano prevalentemente sulla sola potenza d’emissione, in primis ovviamente Melchior. I non pochi duetti (con Mime, Wotan, Erda) sono sostenuti con dialettica non proprio vivace, anzi monotona nel suo incedere, anche causa un fraseggio piuttosto insipido. I monologhi sono poco variegati, mentre il tremendo finale si giova di un cantante che riesce a trovare ancora frecce al proprio arco (ma mi sarebbe piaciuto sentirlo in un live), tenendo testa alla fresca e giovanile Brunhilde della Altmeyer. Una voce che, onestamente, ci si rammarica che si sia bruciata in ruoli non proprio adatti alla sua vocalità. Certo che a volte mi domando se sia meglio vivere un giorno da leone o cento da pecora. La Altmeyer non ha dubbi quale sia la scelta migliore: si lancia in quest’impresa rischiosa, aiutata dalla sua personalità e dal fascino timbrico non indifferente. Se non una Brunnhilde storica, sicuramente degna di essere presa in considerazione.
Per il resto, si assiste alla riconfermata e splendida perfomance, dopo l’ottimo Loge nel prologo, del Mime di Schreier. Davvero, lo ripeto, resto allibito dalla sua prova maiuscola, specie pensando al suo Mozart così povero di colori. Wagner mostra in evidenza le sue innate qualità di fraseggiatore, che fanno premio su una qualità vocale decisamente non sopraffina. Ecco allora che il confronto con Kollo è tutto un programma. Ed il fatto di poter dialogare pari a pari con un mostro sacro come l’esperto Adam mostra la sagacia e la bravura di un interprete geniale nel rendere tutta la poliedricità del suo personaggio. Da antologia il suo "Wilkommen, Siegfried", vero paradigma dell’arte interpretativa di Schreier.
Di Wotan c’e’ poco da aggiungere, se non la sicurezza professionale di un artista inarrivabile, vera icona del canto wagneriano e che in questa incisione, sfrutta al massimo le sue potenzialità di declamatore, grazie anche alla dizione chiara come poche e l’incisività e varietà del suo fraseggio. Grande Adam.
I comprimari si comportano più che egregiamente: i "neri" Nimsgern e l’imponente e scuro Fafner di Salminen, l’ultraterrena Erda della Wenkel eil Waldvogel della Sharp.
Vittorio Viganò