Donna del lago
Aggiunto il 27 Marzo, 2008
Dopo la veramente poco interessante edizione Opera Rara già recensita per il nostro sito, quest’incisione dal vivo, che esce in sordina e in soli 2 cd economici (contro i 3 di quella anch’essa dal vivo, ma prezzo pieno di Opera Rara) rappresenta una fresca ventata di entusiasmo.
Certo, c’è sempre qualche nota un po’ stonata: mi riferisco inevitabilmente alla brava Sonia Ganassi che però, in un ruolo Colbran così importante, non ci sembra trovare l’esatta quadratura. Il tono generalmente mesto non è sufficiente: occorre il carisma, che la Ganassi ha esatto quando deve fare – per esempio – la Sara di Nottingham del Roberto Devereux, ma non quando deve sostenere il peso di un ruolo come questo che, secondo noi, per il momento si è fermato a June Anderson. Carmen Giannattasio, che era l’unica nota veramente lieta del disco Opera Rara, secondo noi nel futuro potrebbe essere un’interprete attendibile di questo difficile ruolo così ricco di ambiguità e di intenzioni non espresse; ma la Ganassi non ci sembra francamente rivestire queste caratteristiche.
Per contro, abbiamo altri elementi di deciso interesse.
La direzione, per esempio: viva, spigliata, aggressiva, veemente, riesce a mantenere salda l’attenzione dell’ascoltatore avvincendolo con una narrazione tesa come una frusta. Prendiamo per esempio il celeberrimo terzetto del terzo atto: la scansione di Zedda – in ciò aiutato anche dal dinamismo dei due tenori – è assolutamente bruciante.
E poi i due tenori.
Mironov si sta rivelando in questo periodo come l’alternativa più rilevante a Flòrez in questo repertorio. Analogamente al tenore peruviano possiede un bagaglio tecnico di primissimo ordine che gli permette di eccellere particolarmente nei ruoli rossiniani di agilità. È nettamente superiore a chiunque altro, a parte Flòrez che, per ora, può mettere in campo un carisma nettamente superiore; ma non è escluso, secondo noi, che fra qualche anno vada alla pari o addirittura lo superi. L’assolo di Uberto, giocato sulla sopravvivenza da Tarver nell’incisione Opera Rara, è qui sciorinato alla grande con perfetto aplomb stilistico e con classe sopraffina.
Ma non inferiore – anzi, per certi versi anche superiore – è la prova di von Bothmer, alle prese con i terrificanti salti di due ottave della cavatina d’ingresso di Rodrigo di Dhu che gli riescono forse non così spettacolari come quelle di Merritt, ma comunque con tutti i crismi. Il terzetto del secondo atto, come già detto, pur nella sua brevità è esemplare nel raccontare all’ascoltatore la cifra stilistica di quest’esecuzione. Tra l’altro il timbro non è affatto da “zanzara”, ma è piuttosto corposo e ben differenziato da quello di Mironov.
Del pari eccellente è la caratterizzazione di Marianna Pizzolato: per ricordarne una di pari livello bisogna scomodare la Valentini Terrani. Brava, davvero brava, ricca di personalità e di fascino: ci piace incondizionatamente!
Con un simile terzetto di protagonisti e una direzione di tale levatura, ci sono tutti i presupposti per avere un’edizione che, se non è di riferimento, poco ci manca.