Giovedì, 28 Marzo 2024

fliegende hollander

Aggiunto il 04 Giugno, 2006

Nel 1960 la ventenne Anja Silja debuttava ufficialmente a Bayreuth il ruolo di Senta. La regia – celeberrima – di Wieland Wagner faceva per così dire piazza pulita di una tradizione che prevedeva cantanti carismatici nei ruoli di quest’opera. Pensiamo che, in quegli anni, si ascoltavano ancora Hotter e Uhde, oppure la Varnay e la Rysanek. Wieland scelse invece due protagonositi giovani, destinati a togliere la patina di dimensione ultraterrena dalla vicenda: Franz Crass, destinato poi a una carriera onesta ma non di primissimo piano; e Anja Silja, che esordiva in un ruolo destinato a diventare “suo” ina una di quelle simbiosi che ogni tanto si verificano nel mondo dell’opera, ma esclusivamente quando entrano in gioco le grandissime personalità.
Questa incisione live documenta la ripresa del 1961.
Per chi già conosce l’incisione di Otto Klemperer, dai più indicata come il riferimento discografico assoluto per quest’opera, il live di cui parlo costituisce un’autentica sorpresa.
Innanzitutto la vocalità delicata e sempre un filo asmatiforme della Silja, sette anni prima appare (come sempre, a suo modo) cristallina. La voce suona decisamente più svettante e sicura rispetto all’incisione del 1968, sia pure con quella patina acidula che ne costituirà sempre la cifra essenziale, croce e delizia per i suoi estimatori (e detrattori, ovviamente). Il fatto di essere più giovane gioca sicuramente un ruolo di primissimo piano, ma a ciò dobbiamo aggiungere il particolare aspetto editoriale di questa messa in scena, frutto delle personali ricerche del direttore d’orchestra e, a quanto mi consta, mai più ripetuto in seguito.
Nel 1959 Sawallisch studiava nell’archivio di Villa Wahnfried la partitura manoscritta dell’Olandese, scoprendo così che l’autografo dell’Autore prescriveva l’esecuzione della prima e della terza strofa della Ballata di Senta nella tonalità di la minore, mentre la sezione lenta centrale suona in do maggiore, (la stessa tonalità nella quale, poco prima, durante il coro delle filatrici, Senta evocava dentro di sé la melodia). In realtà, la Ballata è sempre stata eseguita in sol minore e con l’esplicito consenso di Wagner: era l’unico escamotage possibile per avere la collaborazione come primadonna di Wilhelmine Schroeder-Devrient, che altrimenti non avrebbe accettato la parte (secondo quanto si evince dalle cronache dell’epoca, doveva avere una voce piuttosto simile a quella della Modl). Da quel momento in avanti la partitura è sempre stata eseguita in sol minore, e scorrendo l’elenco delle interpreti storiche se ne capiscono facilmente le ragioni: ben difficilmente una Varnay, o una Ursuleac avrebbero potuto volare ad ali spiegate in una tonalità di questo tipo (magari la Rysanek sì, ma non erano quelli tempi da filologia).
La Silja, invece, con la sua voce svettante, domina la parte con una facilità quasi irrisoria, almeno dal punto di vista tecnico. Da quello interpretativo, questa ragazza berlinese ventenne è già una Diva completa: nella sua Senta c’è l’innocenza incosciente in coesistenza con l’aggressività e il furore virginale che qui suona libero e sicuro, in modo molto più convincente che non nell’incisione in studio del 1968.
Le fa difetto, qui come nell’incisione Emi, un direttore che sappia cogliere ed abbracciare gli spunti innovativi dati dalla cantante al personaggio: penso a Reiner o Krauss, che solo qualche anno prima avevano inciso la loro firma a lettere di fuoco su interpretazioni memorabili; la parabola artistica di questa strana cantante non avrebbe incontrato quella di direttori disposti ad assecondarne gli elementi di novità del fraseggio se non più avanti negli anni, quando cioè si sarebbe dedicata a ruoli completamente diversi. Purtroppo per noi, infatti, sia Sawallisch che Klemperer non erano i personaggi più adatti per magnificare i contrasti emotivi messi in campo dalla Silja, che in entrambe le edizioni finiscono per stridere alquanto con le impostazioni rigorosamente monolitiche date allo svolgersi del dramma. In entrambi i casi viene data la preferenza alla prima versione dell’opera, quella di Dresda (però – curiosamente – in tre atti separati), senza cioè il tema della Redenzione in chiusura di ouverture e di opera, che invece suonerebbe quanto mai appropriato come accompagnamento alla catarsi che letteralmente sembra librarsi come un albatros dal canto iridescente della Silja. Sawallisch va globalmente più veloce di Klemperer, cui peraltro è accomunato da una visione turgida e ipertrofica di un dramma che non risente francamente della necessità di appesantire oltre misura le fosche tinte iper-romantiche di cui già letteralmente gronda. E, naturalmente, da questa visione viene ad essere penalizzato l’altro elemento giovane che doveva contribuire a smitizzare il dramma, cioè quell’Olandese che Wieland Wagner aveva voluto – d’intesa col Direttore – affidato alla vocalità a suo modo piuttosto delicata di Franz Crass, che si trova alquanto impropriamente a dover fronteggiare un’orchestrazione maggiormente adatta ai calibri di Hotter, Uhde o London. Molto più impropriamente – se vogliamo – rispetto alla Silja, perché oltre a non avere una dimensione interpretativa sufficientemente ricca di personalità per dare comunque una propria personale cifra ad un ruolo che era già stato abbondantemente visitato da interpreti grandiosi e gloriosi, la sua personale caratura vocale non era tale da reggere l’impatto con una visione direttoriale quanto mai tradizionale. La Silja invece affronta i marosi orchestrali con un registro acuto lucente come una lama di Toledo e con una forza interpretativa che risente di un’ansia febbrile e violenta che si alterna a tenerezze infinite: sentire, a tal proposito, oltre alla già citata Ballata, il duetto del Secondo Atto con l’Olandese, vero centro pulsante del dramma, che in questa edizione vive praticamente sulle spalle della sola Senta.
Il resto del cast non va oltre i limiti di una generica routine: Josef Greindl fa un personaggio già sentito mille volte in bocca a numerosi altri interpreti e spesso con risultati anche più soddisfacenti; Fritz Uhl vale anche meno, ma non presta il fianco alle critiche che invece raccoglierà con altre interpretazioni di ruoli wagneriani ben più carismatici. Migliori, invece, appaiono Res Fischer nelle poche frasi di Mary e Georg Paskuda come Steuermann. Un’edizione che si potrebbe quindi lasciar perdere tranquillamente, ma che la presenza di questa Silja rende assolutamente indispensabile

VALUTAZIONE SINTETICA

Pro: presenza stratosferica di Anja Silja; la sua migliore Senta.
Contro: Crass poco carismatico
Consigli per l'acquisto: indispensabile
Note tecniche: disco pressoché introvabile anche nei cataloghi online all’estero; registrazione ben spaziata con ottimo rapporto voci-orchestra

Categoria: Dischi

 

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