
Torno su un argomento menzionato da Matteo che mi stuzzica. Lui dice: "Resta poi il caso della Sutherland in Turandot; è vero che il ruolo ha debiti molto pesanti nei confronti della tradizione belcantistica, ma è anche vero che fu pensato per la Jeritza e le declamatrici vi si trovano da sempre a loro agio. La Sutherland giocò le sue carte e vinse stupendamente la partita".
C'è da dire che la Sutherland provenendo dall'Ottocento di Norma e Lucia ha realizzato una creatura astrale e misteriosa, unica nel suo genere e che per il tempo fu una rivoluzione. Norma e Turandot entrambe ad appannaggio, a volte, di declamatrici (e qui mi chiedo: la Callas non lo era ?) ricevono dalla Sutherland un carattere di mistero che le accomuna per diverse strade. Mistero che denota anche il carattere liturgico che le due opere presentano (nei rispettivi I atti: da un lato, le battute propiziatorie di Oroveso e, dall'altro, tutto il rituale della spada di Pu tin pao, della luna e della decapitazione del Principe di Persia. Ancora: il "Sediziose voci-Casta Diva-Ah bello a me ritorna" di Norma è anch'esso una forma di rito ed egualmente "In questa reggia" di Turandot e scena degli enigmi e i parallelismi potrebbero continuare). A ben guardare sono due diversissime sacerdotesse, a contatto con una sfera trascendente molto diversa: Norma che è propria della religione-nazionalismo della sua gente, Turandot con un'alienazione religiosa e sacrale ("Tua figlia è sacra", dice ad Altoum) che si è autoimposta e comunque fuori dalla sfera umana. Una trascendenza che va fatta sentire in suoni acconci e credo che qui si colloca la partita vita, come dice Matteo, dalla Sutherland. Superato questo modulo interpretativo ? Matteo una volta mi disse di si e forse non gli dò torto al 100%, ma deformato sì da epigoni (o 'epigonesse'

Chi si esprime in merito ?
Salutoni, Luca.