Innanzitutto... Beck is back!!!!! E questa è una notizia splendidissima!!!!!
beckmesser ha scritto:Onestamente, mi fa un po’ strano sentir dire che il canto di Bergonzi in Verdi fosse ovvio e rassicurante: ma chi ai suoi tempi (o anche prima, se è per quello) cantava in quel modo? Ok, Pertile, per certi aspetti: ma chi negli anni ’50 e ’60, senza dischi, senza internet, senza niente, si ricordava come cantava Pertile? Anche il fatto che grandissimi direttori vedessero in lui l’unica possibilità per uscire da certi stereotipi (esempio ovvio la vicenda di Karajan su Canio), mi sembra significhi pur qualcosa: non ci si rivolgeva a Bergonzi per percorrere un comodo sterrato (almeno, ripeto, fino agli anni ’60: poi anche lui si è istituzionalizzato…).
Solo per chiarire un po' meglio quello che penso, il canto di Bergonzi è considerato (e non solo dai Verdurin
) come esempio preclaro di "belcanto", in opposizione a... praticamente tutto e tutti!!!!
E, in effetti, rispetto alla vocalità più brada, più carnale, più sanguigna, più "neorealista" di Di Stefano (un tenore alla "James Dean") e Del Monaco (un tenore alla "Marlon Brando"), il canto di Bergonzi appare - oggi (non ho idea di come fosse recepito negli anni '50)- nobile, aulico, "classico", persino raffinato. Insomma... un Laurence Olivier della Val Padana!
In questo la sua non fu certo una scelta di comodo (anche al di là dell'impegno per curare e sviluppare una tecnica d'altri tempi: mi raccontavano come passasse ore ed ore a vocalizzare accanto ad una candela accesa, senza muoverne la fiamma,
per ottimizzare il controllo del fiato. Di Stefano la candela la usava... per accendersi la sigaretta
!), probabilmente controcorrente, forse meno ripagante (allora) in termini di ritorno economico o di riconoscimento e apprezzamento (Del Monaco era "il" tenore di casa Decca in tandem con la Tebaldi e Di Stefano "il" tenore di casa EMI (o Voce del Padrone) in tandem con la Callas, Bergonzi era un po' di qua un po' di là...). Ho l'impressione che, ai suoi tempi (e anche ai nostri!), un cantante di questo tipo fosse una mosca bianca in Cav&Pav, in Puccini o in certo Verdi (sostituendo al Verdi "muscoloso" ed esteriorizzato un Verdi cesellato, quasi ripiegato su se stesso in una stilizzazione ed idealizzazione che forse sconfinavano nella ritrosia espressiva e che forse con alcuni personaggi verdiani c'entrano poco o nulla - ma questo è un'altra faccenda).
Eppure la carriera fu molto più lunga dei concorrenti. A questo proposito è interessante paragonare come numero di incisioni in studio i grandi di allora (ho ricavato questi dati da Wikipedia) che con l'eccezione di Del Monaco (nato nel 1915) erano pressocché coetanei (Corelli e Di Stefano classse 1921):
Corelli: 19 (dal 1954 al 1973);
Del Monaco: 24 (dal 1952 al 1969);
Di Stefano: 21 (dal 1949 al 1969);
Bergonzi: 28 (dal 1951 al 1988; 9 di queste incisioni dal 1967 al 1988).
I numeri parlano da soli: Bergonzi ha inciso (poco) più di Del Monaco e Di Stefano perché, in definitiva, ha inciso più ha lungo.
DM