fadecas ha scritto:Non sono convinto che la Scotto avrebbe raggiunto risultati memorabili nell’affrontare ruoli del decadentismo di ispirazione dannunziana come quelli citati da Matteo e Luca di Respighi e di Smareglia – a parte che, di quest’ultimo, lascerei del tutto fuori la Marussa di Nozze istriane, che, a differenza della protagonista di Falena, è un innocuo ruolo di fanciulla-vittima in prospettiva di verismo intimista, una parte lirico-liliale, pienamente risolta, come dimostrato dalle due sole incisioni reperibili, dalla Maria Chiara di una volta e dalla Vassileva di oggi.
Caro Fabrizio,
sono veramente contento di rileggere un tuo commento, come sempre ricco di spunti, sul nostro forum.
Pur trovando condivisibili le tue considerazioni, tenterò di difendere un po' le mie.
Anzitutto al Marussa di Nozze Istriane non è, a mio parere, proprio per niente una parte lirico-liliale.
Tale, semmai la rese Maria Chiara; quanto alla Vassileva (che vidi dal vivo in questo ruolo e, purtroppo, non oggi ma dieci anni fa) non credo affatto che ne abbia "pienamente risolto" le specificità.
La creatrice del ruolo era nientemeno che Gemma Bellincioni, ossia la musa del verismo, già creatrice di Santuzza e (di lì a qualche anno) di Fedora, per non parlare della futura Salome. Il ruolo appare "lirico" nella misura in cui lo si è reso tale, ma la Bellincioni - pur non avendo una voce possente - disponeva di possente personalità, esattamente come la Scotto di cui stiamo parlando.
Più in generale, vorrei ricordarti da quale ruolo siamo partiti per le nostre considerazioni: ossia Gioconda.
Tu parli di "ruoli di ispirazione dannunziana" ma questi non sono che una declinazione del ben più vasto spettro di personaggi a cui personalmente avevo fatto riferimento: ne è prova proprio il personaggio da cui eravamo partiti, ossia Gioconda, che non è certo personaggio liberty, nè decadente.
Mi spiego meglio. Il soprano "tardo-romantico italiano" è una vasta famiglia: in questa famiglia si trovano ANCHE i prolegomena del soprano verista, come quelli di ispirazione decadentista, ma SOPRATTUTTO si trovano personaggi che sono ancora un passo indietro (come Gioconda) e che semplicemente importano - forse tardivamente - i modelli germanici in Italia.
E' a questo "tipo" che mi ero riferito quando avevo osservato la grandezza della Scotto in Gioconda.
Non a caso avevo parlato di "tardo-romanticismo" più che di decadentismo: avevo parlato e mi cito testualmente
I personaggi "dusiani" di Boito, della Pantaleoni, di Catalani e Smareglia.
Ribadisco: Boito, Catalani, Smareglia (e quindi i personaggi Pantaleoni: che passò alla storia come creatrice di Desdemona, personaggio in cui guarda caso non piacque - mentre la sua gloria era stata nella Gioconda o nella Tigrana e nella Marion Delorme di cui fu pure la creatrice.
Non c'è nulla - ancora - di "liberty" in questi personaggi da anni '880, c'è invece molto di tardo-romanticismo.
Inoltre avevo citato Catalani e Smareglia come esponenti di un operismo appunto tardo-romantico e addirittura filo-germanico: atmosfere boschive, favole medievali, saghe nordiche (Loreley, Edmea e Wally, quanto Oceana e Falena).
Mi permetto di credere (e Gioconda me ne dà una prova inconfutabile) che la Scotto fosse assolutamente perfetta per il tardo-romanticismo che avevo citato, ambito in cui è da molti anni difficile trovare artiste adeguate.
Il problema del tardo romanticismo italiano è che è ... un po' ridicolo, con queste sue pose esasperate di imitazione wagneriana - ma ridimensionate dai ridotti orizzonti borghesi dell'Italia degli anni '80. Proprio Gioconda è un personaggio in cui non rendersi ridicoli è impresa estremamente ardua.
Puccini si sottrasse a tutto questo magniloquio proprio perché, col suo talento psicologico, seppe penetrare nel vero realismo, quello fatto di "piccole cose", di scavo nelle psicologie, di moti dell'anima più spogli e diretti.
Persino la Tosca (personaggi che, in teoria, rischiava di più il legame col tardo romanticismo) ha una scioltezza e una modernità psicologica che fanno impallidire le enfasi debordanti, ipocrite e smodate di una Loreley o di una Gioconda.
La Scotto è contemporaneamente interprete di strepitose intuizioni ma anche di retorica esasperata e magniloquente (tanto che il vero romanticismo, di cui aveva la vocalità, la trova troppo spesso sopra le righe).
D'altronde proprio questa sensibilità per l'eccesso è anche ciò che me la rende poco tollerabile (non dico "credibile") nel realismo limpido e accuminato di Puccini.
La sua Mimì, la sua Angelica... Scusa Fabrizio, te le lascio tutte.
La ammiro per le varie espressioncine e intuizioni che dispone qua e là come una consumata attriciona da "Dinasty", ma non credo un secondo ai suoi personaggi.
In Gioconda invece è spettacolare: con la sua voce piccola, oscillante sugli acuti, chiara... la Scotto ridicolizza tutte.
E' nel suo elemento: ogni maestosità è risolta con naturalezza sconcertante, come se il suo elemento non fosse che quello. Devo dire (e questo è il vero miracolo) che la Scotto è talmente a suo agio in questo universo di retorica un po' cialtrona e spasimo emotivo che addirittura con Gioconda fa ...il contrario di quello che fa in Verdi e Puccini, ossia ...semplifica il suo gesto, modera l'enfasi, si raccoglie in una concentrazione implosiva.
Non esaspera, non sovrappone le sue intuizioni e i suoi manierismi alla scrittura (come appunto le fa in Butterfly e Violetta) ma al contrario si comprime, vi scava dentro.
Per questo io immagino le meraviglie che avrebbe compiuto la Scotto se avesse approfondito tali personaggi, si fosse mossa verso Catalani e Smareglia, verso Falena, Nozze Istriane e Dejanice o Loreley.
Le ipotesi di Luca, in particolare la Silvana della Fiamma, evocano - è vero - un universo successivo, ma ancora fortemente contaminato di questa retorica simil-germanica. La Fiamma, più che decadente, è ancora satura di atmosfere da medioevo fiabistico e retorica wagneriana.
Tu citi la Kabaywanska... E hai ragione: l'ambito "floreale", l'ambito "liberty" (quindi non necessariamente "tardo-romantico", ma un po' successivo) era ideale per la cantante bulgara: per cui posso anche riconoscere che - ad esempio - come Fiora sarebbe stata più persuasiva della Scotto.
Ma rispetto a quest'ultima, la kabaywanska mancava per me di vera dismisura: quella dismisura che ti fa considerare normali le cose più assurdo.
Più intellettuale e ricercata, meno estroversa ed esteriore, più disinvolta nel versante aristocratico-estenuato che in quello istrionico-magniloquente, la Kabaywanska sarebbe stata - sicuramente - una Gioconda e una Loreley di spessore, ma non quanto - almeno per me - lo sarebbe stata (e in Gioconda lo fu) Renata Scotto.
La Scotto non era sorretta da altrettanta ala di fantasia e scatto di interprete quando doveva uscire dai confini del naturalismo, veleggiare verso altri paludamenti più surreali e immaginifici.
Per quanto mi riguarda è proprio questa affermazione che non condivido: il naturalismo non era per me il territorio in cui la Scotto potesse trovare spazio di verità. Al contrario proprio i "paludamenti" tardo-romantici sono quelli in cui - a giudicare dalla sua Gioconda - il suo mondo interiore avrebbe raggiunto un grado maggiore di verità.
Salutoni,
matteo