giovanni ha scritto:Trovo stupendo il suo Don Ottavio (in giro ci saranno un centinaio di incisioni, mi riferisco in particolare a quella di Krips).
D'accordissimo, Giovanni.
Pur nell'ottica della sua epoca, Dermota è un ottavio di formato regale; fiero, altero, commosso, fin troppo (ma efficacemente) impettito.
Forse non era sua intenzione, ma la "frigidità" di Donna Anna ci viene spiegata benissimo, riflessa nel fidanzato.
E poi canta in modo splendido.
Mi fa davvero piacere che anche a te piaccia l'edizione Krips: io l'ho sempre trovata - ancora oggi - una delle registrazioni dell'opera più incisive e penetranti (un punto a favore di Culshlaw).
In particolare il rapporto tra Krips e la Danco (Donna Anna) ha squarci di profondità inattesi.
Molto bello l'ascolto dal Ratto Dal Serraglio!
Ti ringrazio! Anche a me piace molto.
Però devo anche confessarti avrei voluto vedere applicata ad altri personaggi quella vocazione "aulica" che lo rende così singolare in Belmonte e Don Ottavio.
...basta vedere i magnifici risultati conseguiti in Dalibor e Florestano... (qualcuno li ha sentiti?).
Mi sarebbe piaciuto che Dermota osasse (non ridete) un Ernani, o un Lohengrin...
Lo avrei certamente preferito in questi personaggi che in Lensky, dove si limita a pontificare...
Sicuramente Don Ottavio è un personaggio un pò debole teatralmente (non so cosa voi ne pensiate)
Sì, o per lo meno nella visione "cavalleresca" di romantica e primo-novecentesca tradizione.
Oggi a me pare che le cose vadano meglio: gli Ottavio attuali (diciamo da una decina d'anni) hanno cominciato a scavare più sulle fragilità e sulle nevrosi del personaggio e a me pare che sia un'ottima scelta.
Per esempio, nel Don Giovanni di Guth di cui abbiamo recentemente parlato, Matthew Pollenzani perviene a costruire un personaggio di notevole complessità... uno dei migliori Ottavi documentati, secondo me.
Salutoni,
Mat