Tenore di scuola cellettiana, aveva debuttato prima di sottoporsi alle "cure" cellettiane, ma la vera carriera la fece dopo. Vibrato caprino, voce poco bella, estrema facilità di canto in tessiture acute ed anche acutissime, voce mista a partire dal passaggio, emissione all'antica, largo uso di dinamiche sfumate, accento aulico e un po' démodé. Morino era tutto questo, direi quasi un tenore d'altri tempi, diciamo d'anteguerra ma forse addirittura d'inizio secolo, catapultato negli anni Ottanta. Non so come il pubblico accogliesse questo tenore.
Posso dire che non ho mai trovato in lui la scintilla del fuoriclasse, e siccome sono di natura allergico al vibratino (la Olivero è un'altra mia bestia nera), l'ho lasciato perdere ben presto. Di recente però, ho riascoltato il suo Nadir inciso a Martina Franca nel 90 (credo) e sono rimasto molto impressionato dalla notevole eleganza che quella voce, seppure sgraziata, riesce a trasmettere alle prese con quella parte, grazie ad un notevole uso della dinamica sfumata e dell'emissione di testa.
Il suo duetto con Zurga "Au fond du temple saint" in coppia con Praticò è ragguardevole davvero (peccato che il baritono sia un po' troppo timido nell'accento), e tempo fa feci inorridire l'amico Orbazzano quando dissi che preferivo questa esecuzione alla famosa versione Bjoerling-Merrill, per me esempio palmare di come NON vada cantato questo brano.
Come si sa, Morino è uno degli exempla cellettiani: chi segue il Sacro Verbo, tende ad indicare sovente le registrazioni di questo cantante come paradigmatiche di uno stile corretto, che pochi praticano. Viceversa, larghe fette di melomani deridono questo tenore.
Io, ripeto, non sono affatto un ammiratore di Morino, anzi spesso lo trovo sgradevole, ma se l'arte canora fosse "concettuale", ossia contassero le intenzioni più dei risultati effettivi, Morino sarebbe uno dei tenori più vari ed interessanti della storia. Dove i suoi tanti difetti non emergono crudamente, la sua arte si fa apprezzare.
A voi la parola!
