Verdi secondo Lamberto Gardelli - 1: "Il corsaro"

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Verdi secondo Lamberto Gardelli - 1: "Il corsaro"

Messaggioda LeProphete » gio 08 giu 2017, 11:12

Personalmente, negli ultimi anni, ho capito che il Verdi giovanile merita maggior rispetto, una più frequente esplorazione, anche dai maggiori teatri che magari si possono permettere il lusso di scritturare un cast degno ed efficace. Nell’ultima decina d’anni però questo è avvenuto solo saltuariamente e le registrazioni a proposito sono ancor più carenti.
Di questo repertorio rimangono, in alcuni casi in modo praticamente solitario, le registrazioni edite dalla Philips negli anni Settanta del secolo scorso di cui si fece garante un direttore troppo spesso bistrattato e preso con sufficienza: Lamberto Gardelli.
Vorrei, con calma, prendere in esame una per una le registrazioni verdiane che ci ha lasciato, cercando di instaurare con chi avrà voglia un dialogo su queste, magari confrontandole con altre registrazioni esistenti (sia audio sia video). Inizierei con una delle opere verdiane più neglette: “Il corsaro”.
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda LeProphete » gio 08 giu 2017, 11:16

Giuseppe Verdi
Il corsaro
Melodramma in tre atti
Libretto di Francesco Maria Piave


Immagine

Corrado: JOSE’ CARRERAS
Medora: JESSYE NORMAN
Gulnara: MONTSERRAT CABALLE’
Seid: GIANPIERO MASTROMEI
Selimo: JOHN NOBLE
Giovanni: CLIFFORD GRANT
Eunuco/Schiavo: ALEXANDER OLIVER

Ambrosian Singers
Maestro del coro: John McCarthy

New Philarmonia Orchestra
Direttore: Lamberto Gardelli

Edizione: Philips

“Il corsaro” non è di certo un capolavoro, questo è chiaro. Direi piuttosto che sia un prodotto culturale assolutamente figlio del proprio tempo e di una moda ben precisa: il romanticismo byroniano. Dopo “I due Foscari”, Verdi sembrò completamente infatuato dal poeta inglese, tanto da avvicinarsi a suoi due poemi, “The Bryde of Abydos” e “Cain”, che però non vennero mai musicati. “Il corsaro” invece entrò a far parte del catalogo mentale verdiano fin dal 1844, quando lo pensava quale soggetto per l’apertura della stagione di carnevale alla Fenice.
Nel 1845 Verdi firmò un contratto con l’impresario Lucca per la messa in scena, all’Her Majesty’s Theatre di Londra, di un’opera che avrebbe dovuto essere rappresentata durante l’estate del 1846. Verdi pensò subito nuovamente al “Re Lear” ma, come sappiamo, questo titolo mai entrò a far parte delle opere verdiane. Allora il compositore ritenne che “Il corsaro” poteva fare al suo caso, magari avvalendosi di Francesco Maria Piave quale librettista, che già era avvezzo alla poetica byroniana. Lucca si dichiarò d’accordo sulla scelta del soggetto, ma si prese la liberta di mettersi in contatto con un italiano residente a Londra, tale Manfredo Maggioni, a cui avrebbe voluto affidare la stesura del libretto. Verdi fu irremovibile e disse di essersi già impegnato con Piave. Giovannina Lucca allora prese in mano la situazione e propose altri soggetti a Verdi, tra cui Ginevra di Scozia ma egli fu inamovibile anche in questo caso: “o il Corsaro o niente”.
Nel frattempo la salute di Verdi peggiorò e dovette trattenersi a Recoaro per delle cure termali. Qui incontrò spesso Andrea Maffei con il quale dialogò di progetti futuri, tra cui “Macbeth” e “I masnadieri”. Proprio quest’ultimo titolo divenne l’opera con la quale onorò il contratto con Lucca per Londra. Rimaneva a questo punto da tener fede, dopo “Attila” e appunto “I masnadieri”, al terzo titolo oggetto di contratto con l’editore. Verdi pensò così di recuperare “Il corsaro” che nel frattempo era stato abbandonato.
Dal momento che ii libretto di Piave per “Il corsaro” era stato scritto e già pagato, Verdi l’offri di nuovo a Lucca. Lucca invece gli inviò un nuovo libretto e il compositore andò su tutte le furie. Verdi riprese quindi in mano il libretto di Piave, e lo mise in musica cosi com’era. Nel febbraio 1848 fece avere la partitura completa all’editore, autorizzandolo a disporne come meglio credesse. Pare si tratti dell’unico caso in cui Verdi sia così poco interessato a una propria creazione prima della sua rappresentazione.
Lucca decise di mettere in cartellone “Il corsaro” al Teatro Grande di Trieste. Verdi non fu chiamato a dirigere la prima rappresentazione mentre la direzione del teatro fu ben contenta di avere Muzio, che aveva assistito Verdi nell’allestimento della maggior parte delle sue opere e che avrebbe potuto conoscere meglio di qualsiasi altro le intenzioni del compositore.
L’accoglienza sia del pubblico sia della stampa fu alquanto disastrosa e l’opera venne tolta dalla programmazione dopo solo tre recite. Fu quindi ripresa per tre volte nel 1852, a Cagliari, Modena e al Teatro Carcano di Milano. Fu poi mandata in scena a Venezia nell’anno successivo come soluzione
di ripiego, e l’opera permise a Felice Varesi, che cantava il ruolo di Seid, di riprendersi la propria reputazione dopo una fallimentare prova quale Germont.

Il caro Budden indica così le ragione della mancanza di fortuna di “Il corsaro”: “ciò dipende dal fatto che la sua struttura è essenzialmente narrativa. Non essendo concepita in termini drammatici, non consente di innescare un forte potenziale musicale nel conflitto e nello scontro dei personaggi. Di conseguenza ben difficilmente si possono trovare nell’opera quelle qualità di costruzione drammatica che esaltano i pregi delle opere migliori scritte dal primo Verdi, a prescindere al valore del linguaggio musicale in sè. Nel “Corsaro” manca quel crescendo incalzante di interesse drammatico che in “Ernani fa balzare in piedi lo spettatore, o quella dialettica rigorosa e tagliente che percorre tuto “I due Foscari”, o ancora quel vasto senso spettacolare che trasfigura i grandi momenti di “Giovanna d’Arco” e “dell'”Attila”. D’altra parte, e escluso che Verdi potesse far tesoro dei progressi formali raggiunti con il “Macbeth”, in quanto la genesi del “Corsaro” appartiene, come per “I masnadieri”, a un periodo antecedente.”
I personaggi di “Il corsaro” sono davvero asettici. Corrado è il classico eroe byroniano, luciferino, ribelle, orgoglioso, solitario, accompagnato da Medora, la classica eroina byroniana, statica e impotente. Seid richiama il gusto dell’oriente ormai così vicino mentre Gulnara è una donna qualunque che compie un gesto coraggioso per l’uomo che ama, ma nulla di più.

A livello interpretativo, “Il corsaro” non da molti spazi di introspezione e creazione del personaggio. Piuttosto l’attenzione del direttore deve essere tesa a una linea drammaturgica ben definita, senza sfronzoli, diretta e chiara. Lamberto Gardelli in questa edizione fa proprio questo: non ci da sicuramente una lezione di grande fantasia però riesce perfettamente a condurre le redini dell’opera. Routinier? Direzione di maniera? Non direi, si tratta piuttosto di presentare un’opera che è e rimane asettica, c’è poco da fare. “Il corsaro” è un titolo negletto da Verdi stesso e Gardelli ce lo fa notare. Anzi, credo vada oltre e cerchi di presentarcelo quanto meglio si possa fare, senza eccedere in sonorità, con precisione e perizia fin dal naturalistico preludio che ci viene presentato come un bel quadro pittorico.
Per altro il direttore si avvale di un cast che meglio non si potrebbe avere, anzi è quasi sprecato, con cantanti presi nel bel mezzo del loro miglior potenziale.
Davvero strana l’idea di affidare il ruolo di Medora a una stella nascente quale lo era Jessye Norman a metà degli anni Settanta e, invece, Gulnara a Montserrat Caballè. Mi sarebbe piaciuto quasi fosse il contrario. Comunque sia la Norman presta voce a una Medora da un timbro vellutato, mordido e angelico, che calza a pennello al personaggio e rende giustizia a un interessante brano quale la romanza “Arpa che or muta giaci, vieni” è. Dal canto suo Montserrat Caballè è una buona Gulnara, forse un po’ appensantita nel registro grave ma formidabile in quello acuto, che indora ogni singola fioritura e abbellimento come nella sortita.
La scelta migliore del cast è assolutamente Josè Carreras quale Corrado. Il tenorissimo era in quegli anni al pieno del proprie forze e ci restituisce un Corrado di grande forza giovanile, entusiasta, vigoroso ed eroico. Anche in questo caso la sortita e cabaletta del primo atto sono di forte impatto; Carreras ci da una splendida idea dell’unico personaggio veramente credibile dell’opera, un eroe stentoreo, appassionato ma anche cinico e dallo sberleffo facile.
Seid è uno strano personaggio: Verdi amava alla follia la voce baritonale, ma questo ruolo è talmente defilato e dalla staticità da cartolina Liebig che ci sembra quasi un comprimario. Non male comunque Mastromei, baritono elegante e dalla voce calda e abbastanza pastosa.
Discreti i comprirari, peccano solo un poco di pronuncia italiana. Avvolgenti e precisi come sempre gli Ambrosian Singers.
A mio parere si tratta di un’ottima registrazione sia grazie alla direzione di Gardelli sia al grandissimo cast, che danno fin troppa giustizia a un titolo con molte ombre e qualche luce, ovvero l’ispiratissima chiusa del secondo atto, la concisione, il tratto pacato del romanticismo belliniano unito agli adori del giovane Verdi.
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda DocFlipperino » ven 09 giu 2017, 14:33

Bellissima la disamina di Fabrizio e lo splendido progetto sulle opere giovanili.
Lamberto Gardelli è stato spesso additato come la causa di tutti mali del mondo. Dalle Guerra alla povertà, dall'inquinamento al buco nell'ozono. Scherzi a parte è sicuramente stato un buon direttore, sempre sostenuto da grande classe e pulizia musicale, cartatteristiche che un po' lo hanno "relegato" ad essere considerato meno del suo effetivo valore, anche a causa di una fantasia e di un senso del teatro piuttosto carente.

Per chi volesse "ascoltare" una piccola selezione del Corsaro, ecco qui alcuni brani:

La Sinfonia con Riccardo Chailly


Una - a mio avviso qui straordinaria - Katia Ricciarelli nell'Aria più celebre dell'opera


June Anderson è Gulnara


Roberto Servile, Seid imprigiona dopo la battaglia Corrado


Cab & Carr nel duetto


e il drammatico finale
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda stecca » ven 09 giu 2017, 19:47

beh...sono musicalmente cresciuto con quei dischi Philps dalla orrenda copertina ma dalle voci irripetibili. Che dire di un disco che per un'opera bruttarella come Il Corsaro schiera tre timbri baciati da dio e dagli uomini come quelli di Caballè, Norman, e Carreras e per di più in piena forma ? Che oggi ci si può buttare dalla finestra e smettere di andare all'opera per i prossimi cent'anni...
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda VGobbi » sab 10 giu 2017, 13:29

Ahahah sempre drastico Stecca, ma sinceramente con un fondo di ragione. Al giorno d'oggi chi potrebbe permettersi un parterre del genere nel Corsaro, come ce lo presenta l'edizione Philips?

Un plauso comunque per l'ottimo lavoro di disamina di Le Prophete e per gli spunti davvero interessanti forniti da DocFlipperino per un'opera negletta di nome e di fatto.

Io che ho sempre poco amato il giovane Verdi, persino il troppo celebrato Nabucco, se si esclude I due Foscari ed ovviamente il bellissimo Macbeth (che ho sempre reputato la mia preferita del genio verdiano), farò uno sforzo (sovrumano?) per ascoltarmi questa edizione del Corsaro. Vi saprò dire e ringrazio ovviamente Le Prophete per il thread.
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda DottorMalatesta » sab 10 giu 2017, 16:11

Grazie a Le Prophete per l'idea di riproporre l'ascolto di quest'opera.
E' una fortuna che il giovane Verdi sia servito da incisioni sempre molto interessanti e nel complesso riuscite all'interno di un unico progetto editoriale (lo stesso non si può dire degli altri grandi compositori italiani). Penso sia anche grazie a questo che questo repertorio sia complessivamente più noto e apprezzato rispetto, tanto per dire, alle opere del giovane Rossini, Bellini, Puccini e, soprattutto, Donizetti (anche se nel caso di Rossini, qualcosa è stato fatto - soprattutto dal ROF - anche se molto meno rispetto a quanto fatto nel repertorio serio).
Venendo al Corsaro, trovo che sia un'incisione splendida. A me Gardelli piace molto: lo trovo molto funzionale, e chisseneimporta se non è poi quel mostro di personalità. Caballé, Norman e Carreras sono tre voci di una bellezza strepitosa. Ammetto di trovare sempre decisamente troppo artificiosa e leziosa la Caballè (tutti quei portamenti e portamentini!), ma vocalmente è davvero difficile fare di meglio. Trovo però che Carreras in questo repertorio sia davvero strepitoso: la voce rende immediatamente l'idea della giovanezza, e ha una comunicativa travolgente.
Tra gli ascolti proposti ho molto apprezzato la giovane Ricciarelli (in questo repertorio sempre convincente).
Di quest'opera ho anche il DVD con la regia di Puggelli, con -tra gi altri- un senescente Bruson. Non ho invece quello della ripresa a Busseto con la Lungu (chissà perché fare una seconda ripresa video dello stesso insignificante spettacolo con cast nel complesso sovrapponibili per qualità).

Comunque, ecco qui la Lungu:


E qui un giovane Carreras in recital (peccato sul tubo non ci sia l'aria e cabaletta dall' incisione in studio):



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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda VGobbi » dom 11 giu 2017, 22:23

L'ho sentita due volte dall'applicazione Apple Music, edizione Philips ovvio. Beh ... cavolo ma pensavo molto peggio! Anche se comunque sembra un'opera scopiazzata qua e la, con reminiscenze donizettiane assai palesi (penso alla romanza di Medora del primo atto, "Non so le tetre immagini". Comunque edizione di prestigio valorizzata da un cast lussuosissimo che crede in quel che canta. Insomma, a me "Il Corsaro" non mi è dispiaciuto.
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda LeProphete » lun 12 giu 2017, 8:27

VGobbi ha scritto:L'ho sentita due volte dall'applicazione Apple Music, edizione Philips ovvio. Beh ... cavolo ma pensavo molto peggio! Anche se comunque sembra un'opera scopiazzata qua e la, con reminiscenze donizettiane assai palesi (penso alla romanza di Medora del primo atto, "Non so le tetre immagini". Comunque edizione di prestigio valorizzata da un cast lussuosissimo che crede in quel che canta. Insomma, a me "Il Corsaro" non mi è dispiaciuto.

Concordo al 100%! Certo però che l'opera trasluce in questa edizione. In teatro, se non supportato da voci più che buone, crolla facilmente a mio avviso...

Tra gli ascolti proposti da Marco assolutamente interessante l’ascolto della Ricciarelli. Se penso però al personaggio che è diventata oggi non riesco a entrare nell’ottica di quella voce sublime. A differenza della Caballè rende tutto con molta più naturalezza e semplicità.
Per quanto riguarda Chailly credo sia uno che possa far vivere molto bene queste pagine perchè crede in questa musica.

Appena ho tempo proseguo con la seconda opera.
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda DocFlipperino » lun 12 giu 2017, 14:18

Direi che Il Corsaro, come altre opere giovanili verdiane, ma in generale come tutte le opere musicalmente un po' "deboli", necessitano sempre di un grande direttore e un grande cast di voci strepitose.
Puoi allestire la Giovanna d'Arco con il più innovativo e geniale regista della storia ma, senza Giovanna, come senza Gulnara, come senza Arrigo o senza una valida Simonetta Cattanei, l'opera crollerà miseramente.
Il pregio di queste registrazioni sta proprio nelle grandi voci.

Ma non tutti sembrano capirlo : Chessygrin :
flip
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda VGobbi » lun 12 giu 2017, 18:15

DocFlipperino ha scritto:Ma non tutti sembrano capirlo : Chessygrin :

Ad esempio? :twisted:
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda DottorMalatesta » lun 12 giu 2017, 20:43

DocFlipperino ha scritto:Direi che Il Corsaro, come altre opere giovanili verdiane, ma in generale come tutte le opere musicalmente un po' "deboli", necessitano sempre di un grande direttore e un grande cast di voci strepitose.
Puoi allestire la Giovanna d'Arco con il più innovativo e geniale regista della storia ma, senza Giovanna, come senza Gulnara, come senza Arrigo o senza una valida Simonetta Cattanei, l'opera crollerà miseramente.
Il pregio di queste registrazioni sta proprio nelle grandi voci.

Ma non tutti sembrano capirlo : Chessygrin :
flip


Sono assolutamente d´accordo.
Riproporre questo repertorio con voci qualunque in un contesto qualunque può a prima vista sembrare una buona idea per ampliare la conoscenza di queste opere anche al grande pubblico. Ma in realtà l´esito rischia di essere controproducente. Traviata o Rigoletto possono stare in piedi anche da sole (e forse anche per questo continuano ad essere riproposte e a fare il pienone), ma non queste opere.

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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda LeProphete » mer 14 giu 2017, 17:46

Prima di passare all’opera successiva, volevo dire due ultime cose. Ho voluto iniziare da “Il corsaro” sia perchè è una delle opere verdiane più bistratte ma anche perchè è stata quella che ha inaugurato questo bel ciclo della Philips.

Considerando poi quello che dice Marco, e al fine di attualizzare il tutto: quale sarebbe oggi il migliore cast per una versione sia da proporre in teatro sia registrabile?
Bah credo che su questa tipologia di titoli oggi Francesco Meli quale tenore, Luca Salsi e Simone Piazzola come baritoni abbiano pochi rivali. Tra le donne invece non ne so individuare nessuna in particolare.
Come orchestra credo che la Scala possa dare il massimo su questo repertorio insieme forse a Bologna e anche come direttore punterei su alcuni giovani (o meno) italiani: Beltrami e, soprattutto, Mariotti.
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda VGobbi » mer 14 giu 2017, 22:12

Più che Meli, avrei visto benissimo Filianoti (magari con qualche anno in meno). Per il resto molto indeciso, anche perché da passatista qual sono, tendo a citare vecchi cantanti. Ad esempio, avrei visto benissimo uno come Coni, senza andare tanto indietro nel tempo. Dico un'eresia?
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda LeProphete » gio 15 giu 2017, 8:31

VGobbi ha scritto:Più che Meli, avrei visto benissimo Filianoti (magari con qualche anno in meno). Per il resto molto indeciso, anche perché da passatista qual sono, tendo a citare vecchi cantanti. Ad esempio, avrei visto benissimo uno come Coni, senza andare tanto indietro nel tempo. Dico un'eresia?


Su Coni concordo mentre Filianoti è sempre stata una voce che non ho mai apprezzato e capito granchè (forse per problemi miei)
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Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli

Messaggioda LeProphete » gio 15 giu 2017, 10:09

Giuseppe Verdi
La battaglia di Legnano
Tragedia lirica in quattro atti
Libretto di Salvatore Cammarano

Lida: KATIA RICCIARELLI
Rolando: MATTEO MANUGUERRA
Arrigo: JOSE CARRERAS
Federico Barbarossa: NICOLA GHIUSELEV

ORF Symphony Orchestra and Chorus Vienna
Direttore: Lamberto Gardelli

Edizione: Philips (1978)


Dopo “Alzira” (ovvero a Napoli nel 1845), Verdi aveva firmato un contratto per scrivere un’altra opera da presentarsi al Teatro San Carlo nel 1847 anche se in realtà fin da subito era chiaro se Verdi non aveva nessuna voglia e intenzione di ottemperare tale patto. Un aiuto gli venne dagli avvenimenti che accaddero di lì a poco nel 1848. Dopo cinque giorni di combattimenti nelle strade di Milano gli austriaci furono cacciati dai cittadini in rivolta; Venezia allontanò il governatore austriaco e proclamò la repubblica; ii duca di Parma fuggì in esilio; il re delle Due Sicilie fu costretto a concedere al suo popolo una costituzione. Tra tutte queste cose, la direzione del San Carlo cadde e Verdi si sentì praticamente sciolto da ogni precedente vincolo.
Il compositore pertanto si sentì libero di potersi dedicare a un nuovo progetto: comporre con Cammarano un’opera per Ricordi da darsi in qualsiasi teatro, eccezion fatta per il Teatro alla Scala. I tempi erano maturi per un’opera di fortissimo impatto risorgimentale e Cammarano propose di ritornare ai bei tempi dell’Italia medievale, e più precisamente alla Lega Lombarda che aveva sconfitto Federico Barbarossa nel 1175. La base di approccio poteva essere una trama già esistente del poeta francese Joseph Mery, ovvero il dramma “La Bataille de Toulouse” (1836) di Joseph Méry.
Verdi ne fu convinto, e cosi pure Ricordi.
“La Battaglia di Legnano” fu concepita proprio quando l’Italia era nel fiore delle proprie speranze e pensava che gli austriaci avrebbero lasciato per sempre il patrio suolo. Purtroppo però Cammarano era un librettista esigente e scrupoloso e l’opera venne pronta solo nel gennaio 1849. La prima dell’opera era fissata per l’apertura della stagione di Carnevale al Teatro Argentina di Roma. Luogo e tempo erano praticamente perfetti: Roma non aveva ancora ceduto alle cariche austriache. Pio IX non aveva ancora ben chiaro come poter capovolgere la situazione politica; il suo ministro Pellegrino Rossi era stato assassinato dai repubblicani; egli aveva poi licenziato le guardie svizzere rimanendo praticamente imprigionato nel Vaticano e riuscì a riparare a Gaeta solo in novembre, da dove cercò invano di trattare la propria libertà a Roma. A tutto questo si aggiunse il fatto che fu instaurata la Repubblica Romana di lì a poco (9 febbraio 1849), ossia una delle pagine più gloriose del Risorgimento stesso. In questo così fibrillante clima “La battaglia di Legnano” fu accolta da un entusiasmo alle stelle che si risolse addirittura nel bis dell’intero quarto atto.

Continuiamo il nostro percorso alle prese con il Verdi secondo Lamberto Gardelli con la proposta della “sua” “La Battaglia di Legnano” e notiamo due coincidenze con “Il corsaro” giustappunto ascoltato: la prima è che è stata l’opera successiva in ordine di rappresentazione al corsaro stesso; la seconda, a mio avviso più importante ai nostri fini, è che “Il corsaro” e “La battaglia di Legnano” sono state pensate per lo stesso tenore: Gaetano Fraschini. Il personaggio di Arrigo è un tenore appassionato, emotivo e lirico tanto nella vita amorosa quanto nella vena patriottica e Fraschini creò alcuni ruoli Verdi abbastanza diversi fra loro: appunto Corrado e Arrigo, ma anche il buon Stiffelio, nonchè Zamoro di “Alzira” fino al foco Riccardo.
A tal proposito molto interessante nonchè, a mio avviso, corretta sul mio stilistico, la scelta dell’Arrigo di Josè Carreras dopo aver già registrato nell’agosto del 1975 il ruolo di Corrado. Carreras canta assai bene la cavatina “La pia paterna mano”, in cui lo stile “durchkomponiert” della composizione porta ad un’estrema naturalezza compositiva che, a dispetto della regolarità del testo poetico, conduce a un’esposizione molto espressiva ed efficace. Il finale secondo che è un incredibile tour de force, specialmente se si considera che, per la prima e unica volta in un finale di queste dimensioni, Verdi ha eliminato del tutto la voce femminile. Inoltre l’elemento di contrasto viene fornito dalla tagliente voce tenorile di Arrigo, nel registro acuto la cui linea melodica si trova allo scoperto in alcuni punti cruciali e Carreras si disimpegna correttamente in questa parte. Dove Carreras pecca è il finale dell’opera in cui praticamente getta via ogni gusto nel fraseggio.
E sì che in questa registrazione aveva accanto Katia Ricciarelli che si conferma il soggetto su cui cade il maggior interesse del disco. Semplicemente sublime il brano di ingresso “Quante volte come un dono” da sfoggio di un magnifico smalto vocale. L’aria è di impronta chopiniana, ma non mediata dal Bellini de “Il pirata” bensì sperimentato direttamente e la Ricciarelli ne fa un bellissimo gioiello. Anche la successiva cabaletta di gioia “A frenarti, o cor, nel petto” è deliziosa e perfetta in tutti gli abbellimenti che la Ricciarelli sa trasmettere alla perfezione. Davvero una prova straordinaria!
Il momento forse più interessante dell’opera è la parte centrale del terzo atto, strutturata in una tesa scena che vede protagonista Lida cui segue un duetto della stessa con Rolando e un’aria, ancora di Rolando. Influenzato dalle caratteristiche vocali del primo Rolando, il baritono Filippo Colini, Verdi risolse questa momento puntando sulla nobiltà dell’accento e sulla tragica malinconia dell’espressione. A tal proposito forse Matteo Manuguerra non era il miglior baritono sulla piazza a fine anni Settanta però il duetto in questione lo esegue abbastanza dignitosamente, con ricchezza di sfumature e buona nobiltà d’accento e d’intento malinconico perchè rispecchiano proprio le doti di Filippo Colini. Infatti, quando deve invece risolvere brani di agilità o momenti concitati purtroppo prevale il timbro nasale e abbastanza duro nell’emissione.
Nicola Ghiuselev come Barbarossa privilegia una certa prepotenza vocale ma non mancano comunque le morbidezza. Decorosi tutti i comprimari e preciso il coro; da segnalare l’ottima e lussuosa presenza di Ann Murray quale Imelda.

Dopo il soggiorno parigino, Verdi inizia con quest’opera a essere più raffinato armonicamente e a prendere una strada stilistica più complessa. “La battaglia di Legnano” è quindi un’opera ibrida, di transizione e sperimentazione. Accanto alla migliorata esperienza nel maneggiare le scene di massa, c’è un evidente approfondimento di sensibilita poetica nei brani a solo. I sentimenti dei singoli personaggi non sono più monodirezionali come quelli che caratterizzano Ernani o Jacopo Foscari. Però curiosamente, questi stessi pregi che rendono tanto affascinante nei particolari “La battaglia di Legnano” ne diminuiscono la compattezza d'insieme. In quest’opera Verdi si muove nel terzo atto dal piano privato a quello pubblico tanto più facilmente in quanto ha ritratto i suoi personaggi in uno stile vasto e grandioso. È un’opera di buona coerenza formale anche se Verdi non è ancora giunto agli strabilianti picchi, per esempio, della trilogia popolare.
Gardelli è bravissimo a rendere i particolari armonici, ritmici e dinamici mentre, come spesso accade in lui, non ha l’ardore della personalità nel trovare soluzioni magari meno abituali. Gardelli ci restituisce la sinfonia è in modo davvero esemplare, di bella sonorità, equilibrio sonoro e timbrico e prosegue con grande precisione fino al superlativo finale secondo, un congegno sonoro praticamente perfetto e magniloquente. Gardelli non perde un colpo dal punto di vista della strumentazione ma il grave difetto è che la sua è una visione dell’opera sostanzialmente priva di ogni senso del teatro; la mancanza di una direzione narrativa spesso porta i cantanti a concentrarsi solamente sulle precisioni vocali ma non, magari, a un maggior senso della parola. Comunque nulla da dire, la direzione di Gardelli è davvero ottima, con una cura del dettaglio maniacale, ma forse il direttore mancava un poco di personalità per poter approvare a una più completa visione dell’opera.
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