da Luca » dom 12 gen 2014, 11:46
Carissimi, ho ascoltato solo il I atto di questa Tosca e ordino le mie impressioni su alcune caratteristiche in 14 punti:
1. I rumori di scena e gli effetti sebbene costruiti si inseriscono con naturalezza nella vicenda;
2. Da notare l'affanno e la pesantezza proprio del barocco espressi nel commento alla ricerca della chiave di Angelotti;
3. L'accompagnamento che introduce "Recondita armonia" ricalca fortemente la stornellata romanesca sotto le finestre delle belle e ritroveremo tali sonorità ed ordito orchestrale in Respighi (Feste romane); Karajan inoltre dispone di un Di Stefano compromesso vocalmente, ma spesso lo sorregge (cf. parte finale di "Recondita armonia");
4. La vera calamità di quest'edizione resta Corena che è inescusabile e francamente non riesco a comprendere le ragioni di una scelta simile di Karajan: è tutto un campionario di suonacci;
5. L'accompagnamento a "Non la sospiri" (specie all'inizio) è una miniera di colori e di leggerezza ben resa anche dalla Price che mantiene un suonoaereo, ma non evanescente; l'incanto però si spezza con l'attacco di "Ah m'avvinci..." dove Di Stefano inizialmente aperto sfuma in modo forse suggestivo, ma scorretto;
6. Bello, fosco e molto espressivo il "La vedi t'ama, tu l'ami" di Tosca in riferimento all'Attavanti;
7. Notevole il tono somesso del dialogo Angelotti-Mario;
8. "La vita mi coSTASSE" di Di Stefano è proprio brutto;
9. "Tuttaqui la cantoria" e quel che segue è sfavillantissimo senza degenerare nel mercato;
10. L'ingresso di Taddei è all'insegna di una terribilità resa con suoni coperti e modo composti, ma tutta la scena successiva degli interrogatori mantiene una tensione ed un'imponenza di suono sbalorditive. inoltre i tempi larghi di Karajan conferiscono un tono ancor più sinistro;
11. L' "Or tutto è chiaro" non è morchioso, ma detto con tono dove calcolo personale e riflessione si fondono in un'ottioma dialettica di intenzioni;
12. Il dialogo Tosca-Scarpia specialmente all'inizio è davvero singolare: tutto si svolge all'insegna dell'affettuosità (Taddei) che canta piano e la Price che mantiene il suo timbro sensuale. Qua e là forse le campane coprono le voci;
13. L' "Ed io veniva a lui" è un denso torrente di passionalità corrusca, ma molto bello (perché sinistramente e beffardamente espressiovo) il reiterato "già il veleno l'ha rosa" di Taddei. Il "Nulla" è davvero di una donna improvvisamente disillusa e sgomenta;
14. "Te Deum" conclusivo si contrappone efficacemente, per la spettralità iniziale (precedente al famoso "Tre sbirri una carrozza"), al fastoso e fluente commento orchestrale dell'uscita di Tosca con un campanone rintoccante. Taddei si comporta bene anche se qua e là mi pare, su certe frasi, caricato ("Nel tuo cuor s'annida Scarpia", p. es.). Ma la medaglia d'oro va data a Karajan il cui suono si carica di una morbosità davvero inquietante. Occorrerà attendere Sinopoli e, per la pura solennità, Solti per avere letture del "Te Deum" vicine a questa.
Questo in sintesi il complesso delle impressioni. Poi vi farò sapere il resto. Edizione tuttavia vocalmente spaccata in 2, nonostante la magia di Karajan: Price e Taddei fra i buoni, Di Stefano e Corena fra i cattivi, anche se con il primo si può essere indulgenti ed associarlo ad una logica interpretativa di Karajan (che amava le voci solari).
Saluti domenicali.
Luca.