pbagnoli ha scritto: Werther è uno di quei personaggi in cui ho bisogno di sentire la zampata della personalità del Grande Interprete: oggi, ovviamente, c'è solo Kaufmann
Grandissimo, immenso, commovente, sublime Kaufmann, attualmente insuperabile se non da se stesso. Ma non fa male sviluppare un discorsetto che può far da sostegno alla nostra tesi (Kaufmann è il più grande Werther possibile, e anche il più interessante, oggi, e forse -qui dico "forse"- il più
giusto).
Come dicevo qualche post più su, ho discusso un po' delle interpretazioni di Werther con un ragazzo che stasera avrebbe visto per la prima volta l'opera a teatro. Avevo dimenticato di dire che sarebbe stato anche il mio primo Werther dal vivo: pare che quest'opera stia diventando un po' rara, in Italia, da quando non c'è più Kraus che la cantava due o tre volte all'anno, spesso con diretta radiofonica.
Sono tornato da poco dal piccolo teatro Superga di Nichelino, dove il protagonista è stato Alejandro Escobar: tenore leggero dalle buone (a volte ottime) intenzioni, che in piccolo ripropone la tradizione interpretativa dei tenori lirico-leggeri da Schipa in avanti, anche con qualche tocco personale per risolvere certe difficoltà di esecuzione: da un lato, mentre lo ascoltavo, mi faceva immaginare come sarebbe un Werther cantato ipoteticamente da Florez: il bravo ragazzo elegantino e perfettino, ben educato e un po' malinconico...; dall'altra parte, se lo spettacolo fosse stato in bianco e nero, si sarebbe notata una certa somiglianza con il vecchio filmato di Schipa (anche per la presenza sotto il palco di un'orchestra dall'organico non grande, e con direttore ben visibile dal momento che non c'è la buca).
Il mio amico oltre che col libretto si è preparato, naturalmente, con qualche registrazione di Kraus: anche perché si trova nella fase iniziale dell'appassionato che scopre i grandi cantanti del passato apprezzando in particolare le belle voci luminose e squillanti. Infatti ai primi ascolti di Kaufmann reagisce discutendone soprattutto il timbro che gli sembra troppo scuro, artificioso, poco "tenorile" (perché così diverso da Di Stefano, o da Pavarotti). Ma non ha ascoltato nulla del Werther di Kaufmann.
Bene: dopo i primi due atti del Werther di stasera col bravo tenore leggero, il ragazzo comincia a dire che in fondo, per un simile personaggio, per una vicenda così drammatica, ci vorrebbe proprio una voce come quella di Kaufmann...
Interessante, direi: arriviamo per via empirica alla stessa conclusione che altre volte abbiamo cercato per via storica (Werther lo cantavano all'inizio anche certi tenori wagneriani, quindi è giusto affidarlo a una voce centralizzante più che a un tenorino di grazia).
A questo punto però mi viene un dubbio che potrebbe farci rimettere tutto in discussione.
In realtà io non conoscevo quasi per nulla la versione del Werther lirico-leggero, se non dai frammenti staccati di quasi tutti i tenori possibili da De Lucia fin quasi ai nostri giorni. Kraus l'avevo ascoltato anni fa per radio, ma senza troppa consapevalezza. Sapevo che era un grandissimo Werther, perché così si diceva, e ci credevo perché in fondo, pur essendo già vecchio, era veramente il migliore del momento, almeno vocalmente e stilisticamente (ciò che è evidente anche dalle testimonianze di chi lo ricordava dal vivo, come la nostra Milady): e se lo ascoltavi senza vederlo (il vecchietto coi baffi bianchi infagottato nel suo costume è simpatico, ma non è Werther) non sembrava nemmeno tanto vecchio, anche se interpretava
ex cathedra come se avesse dovuto fare una lezione di canto o tenere una conferenza sulla sensibilità decadente di Werther. Avevo le cassette di un Werther con Tagliavini: mai ascoltate per intero (mi limitavo al
Pourquoi me reveiller e a poco altro).
All'opposto c'era il Werther di Thill, ma quello che ora chiameremmo "dvd che si sente soltanto e non si vede", faceva sì che quasi sempre mi limitassi all'ascolto dei pezzi famosi e nulla più; anche perché, per quanto possa essere eroico e virile rispetto ai tenori lacrimosi e sospirosi, non riuscivo a sentirlo come interprete moderno e adeguato ai nostri tempi: la registrazione, ricordiamolo ancora, è del 1931.
In sostanza il primo vero Werther moderno, giovane e bello ma complesso e tormentato, drammatico ma sensibilissimo, dalla voce scurissima ma capace delle più sottili sfumature, studiatissimo e profondo ma insieme spontaneo e umanissimo, per me è stato Kaufmann nella sua
epifania parigina. Solo dopo ho visto anche Villazon, che, pur non potendo competere col grandissimo, qualche motivo di interesse ce lo può offrire. Né Alagna, né Vargas, pur accettabili vocalmente, mi hanno mai attratto. E dall'incisione di Domingo, che periodicamente usciva in edicola, mi sono sempre tenuto lontano, non so perché. D'altra parte Domingo, pur continuando a calcare i palcoscenici di mezzo mondo, non è più un cantante dei nostri tempi.
La conseguenza di tutto ciò è che per me i modelli sono due: quello antico (che può subire tre suddivisioni: tenori dalla vocalità ottocentesca, Thill, e poi Schipa e i suoi eredi fino a Kraus, compresi quelli singhiozzanti e quelli veristi alla vecchia maniera) e quello moderno rappresentato per me soltanto dal genio di Kaufmann.
Il dubbio di cui dicevo prima è allora che il considerare Kaufmann come "interprete giusto" (anche vocalmente) per Werther possa derivare non solo da considerazioni storiche e stilistiche ma dal fatto che è oggi non solo il migliore ma l'unico che corrisponde alle nostre aspettative di ascoltatori moderni: ma è veramente il modello di tenore che può esprimere correttamente il personaggio Werther così com'era immaginato nella sensibilità di fine ottocento dagli autori dell'opera? e questo Werther corrisponde al "giovane Werther" di Goethe?
A queste domande non so rispondere con certezza.
Ho letto il romanzo di Goethe quando avevo diciassette anni, anzi quasi diciotto. Ricordo di avere terminato la lettura in una camera d'albergo di una cittadina della costiera amalfitana, in una notte di novembre. L'edizione che leggevo era un tascabile molto economico dalla carta grigiastra, allegato a qualche giornale periodico. La mia impressione (ripeto: a 17 anni) era quella di una storia in cui il protagonista non fa che soffrire piangere e disperarsi, con molta autocompassione e commozione per la propria sofferenza, più un ulteriore livello di compianto e di pianto addosso a se stesso perché gli altri non lo compatiscono quanto si compatisce lui, a differenza del foscoliano Jacopo Ortis che pur derivando da Werther aggiungeva un bel po' di elementi auobiografici e patriottici conditi con tanta enfasi retorica e con varie sparate ad effetto sulla vita e sul senso dell'universo intero.
Stasera, dall'impressione di un Werther leggero "alla Florez" (col tenore Escobar che mi ha sorpreso per la serietà dell'interpretazione e in certi momenti per la capacità di immedesimazione del personaggio: l'avevo visto finora solo in opere a lieto fine, da Almaviva a Nemorino) ho sviluppato una fantasia nella quale Werther cominciava ad assomigliare a Buster Keaton: giovane e serio, concentrato su di sé e sul suo piccolo mondo, incapace di sorridere e incapace di comunicare con la gente che lo circonda: bravo ragazzo anche lui, timido, impacciato e in fin dei conti emarginato, e solo involontariamente comico: non è lui che ride, sono gli spettatori che ridono di lui, e ridono di lui perché gli altri personaggi non lo capiscono.
E ho sovrapposto questa visione (che se sviluppata coerentemente da un cantante in accordo con un buon regista potrebbe anche essere legittima) con la vecchia immagine, ricavata dalle mie letture di diciassettenne, del Werther piangente e lacrimoso (per il quale, non c'è dubbio, il migliore interprete sarebbe Tagliavini!): ricordo che leggendo il piccolo libro economico avevo addirittura la sgradevole sensazione che la stessa carta grigiastra del libro fosse bagnata dalle lacrime!
Il problema è che Kaufmann, con tutto questo, con la visione lamentosa e malinconica dell'adolescente che commisera se stesso, non c'entra assolutamente nulla: eppure è l'unico che oggi mi rivela la bellezza musicale e drammatica di quest'opera, e che mi emoziona e mi commuove: di conseguenza torna ad essere l'unico interprete giusto se vogliamo dare un senso, oggi, a un'opera di più di cento anni fa; ma siamo sicuri che Kaufmann sia veramente Werther, quel Werther, o sotto questo nome non ci presenta invece un suo personaggio, geniale, vocalmente affascinante, grandiosamente tragico, sconvolgente, e, per quanto ugualmente sfortunato, immensamente superiore per sensibilità e umanità al povero giovane Werther?