va2786 ha scritto: il più grande teatro italiano nelle mani di un direttore che non conosce minimamente le basi del repertorio operistico italiano e che oltretutto ci propina i cantanti con cui lavora a Berlino (come se i cast di Berlino fossero all'altezza di quello che dovrebbe essere il tempio della lirica mondiale) e per di più impone un suo giovane assistente per dirigere aida col risultato che non ha il torto di essere giovane ed ebreo bensì quello di non avere nè le qualità interpretative nè quelle tecniche per farlo (e si è sentito benissimo già in tosca).
Caro va2786,
innanzitutto benvenuto su Operadisc.
Mettiamo i puntini sulle "i": potrà non essere il Più Grande Direttore di Tutti i Tempi, ma dire che Barenboim n
on conosce minimamente le basi del repertorio operistico italiano mi sembra un'affermazione demagogica e totalmente priva di fondamento. Ripeto: potrà non piacere - io non sono fra i suoi estimatori - ma è un professionista piuttosto rodato che forse non ha il bisogno del placet dei melomani
de noantri.
Quanto alla pretesa superiorità di Milano su Berlino nel repertorio operistico italiano, mi spiace ma mi sembra un'affermazione sciovinista totalmente destituita di fondamento: come dire che l'unica zuppa di pesce degna di tal nome è la
bouillabaisse e quindi se vuoi mangiare una zuppa di pesce devi andare in Francia. Io penso che questi presunti crediti sul repertorio italiano - se anche esistevano (e, per me, non è così) - ce li siamo giocati definitivamente in vent'anni di gestione autoreferenziale e culturalmente involuta: tutto ciò che ci è stato imposto da Muti. E fra Muti e Berlino, io personalmente sceglierei Berlino: in vent'anni di Muti, alla Scala non abbiamo MAI avuto per esempio un'interprete verdiana vera come Julia Varady.
Ah già, scusa: non è italiana! Quindi non ha avuto le stigmate della vera voce verdiana!
Piuttosto, Barenboim o non Barenboim (e la scelta dei cast e degli allestimenti è soprattutto responsabilità di Lissner), quello che diceva Vizzardelli è sacrosantemente vero: alla Scala ci vanno falangi di persone che non hanno un cazzo di meglio da fare, con il solo scopo preconcetto di fischiare. Cioè: sanno già in anticipo che assisteranno a uno spettacolo pietoso, ma ci vanno lo stesso per dimostrare che la sanno lunga, che
gliela fanno vedere loro.
Ora, a me personalmente una cosa del genere non mi piglierà mai.
Voglio dire: anch'io ho avuto le mie puntate nazional-popolari.
Ricordo per esempio la ripresa di un Otello agli Arcimboldi con una modesta regia di Vick, già molto modestamente diretto da Muti all'andata (trovò un bruttissimo finale terzo alternativo scartato da Verdi e lo impose come filologico) e peggio ancora diretto dal suo scagnozzo Rizzi Brignoli al ritorno (tanto per continuare nella metafora calcistica) e la presenza di un tenore di cui in questo momento non ricordo il nome che riuscì a farsi sovrastare da Bruson e che durante il Giuramento alla fine del secondo atto voleva scappare...
Ricordo l'Aida del 2006 in cui una pessima Urmana (peggio, molto peggio di Oksana Dyka) ruppe il do dei "Cieli azzurri", ma fu lo stesso infinitamente superiore al tenore che quella sera ne condivise i tormenti sulla scena e portò i miei a un livello insopportabile, e cioè Walter Fraccaro. E si taccia pietosamente dello spettacolo, uno di quelli che tu auspichi in quell'ambito di
aurea normalitas che tanto ti rassicura e che a me, personalmente, irrita.
In entrambi casi ebbi i biglietti in regalo e in entrambi i casi scappai ben prima della fine dello spettacolo.
Ripeto: nel primo caso gestione Muti, nel secondo gestione Lissner.
Non conosco Wellber: di solito non perdo il mio tempo già molto limitato a vedere spettacoli in cui ci sono personaggi di secondo piano; a meno che, come nei casi sopra citati, non abbia nulla di meglio da fare e mi regalino i biglietti. Non succede spesso e, se capita, solitamente come ti dicevo non riesco a arrivare alla fine
Di solito, per andare a teatro devo essere stimolato dalla presenza di almeno un elemento outstanding. In questa Aida non ce n'è nemmeno uno, per cui - coerentemente - me ne sto a casa.
Gli altri invece ci vanno per fischiare.
Beati loro che hanno tutto questo tempo a disposizione...
va2786 ha scritto:L'orchestra della scala è abbandonata a se stessa e ridotta com'è sotto gli occhi di tutti, specie quando è diretta da lui o dal suo pupillo; è la terza volta in 5 anni che viene proposta aida: non ci sono altre opere di verdi o altre opere italiane da proporre? Da quanti secoli manca alla scala uno chenier, una favorita, un puritani, una norma o, più di recente parlando di verdi, una forza, un ballo, un trovatore?
Be', caspita, mi lasci senza fiato!
Complimenti per l'audacia delle scelte artistiche!
Sai, in oltre trent'anni che ascolto l'opera mi sono fatto l'idea che ci sia ben altro che non questi quattro-titoli-quattro di cui, personalmente, non sento affatto la mancanza. A meno che non siano allestiti in modo diverso: in modo cioè che mi facciano ricredere sulle quattro convinzioni che ho maturato in materia.
Altrimenti, tanto per cambiare, se per fare una
Forza del Destino devo chiamare Alvarez, Fantini o Carosi, Vassallo o Vratogna (sai... le voci italiane o che cantano all'italiana... le uniche autorizzate a eseguire il repertorio italiano), magari con una bella regia di Pier'Alli, be', allora una volta di più preferisco starmene a casa mia e lasciare la Scala a quelli che vanno a fischiare. O una
Norma con la Cedolins...
No, piuttosto che reiterare il grande repertorio con interpreti che so già non valere un'unghia di chi li ha preceduti, meglio fare altro.
Se vuoi proporre il grande repertorio, devi imporre personalità che spariglino le carte; oppure, piuttosto che perdere tempo a teatro, meglio masturbarsi con i dischi della Callas o della Sutherland. Tanto quelli ce li abbiamo tutti
va2786 ha scritto:Quanto alla genialità di certi registi, vanno benissimo se proposte ogni tanto: non che la normalità deve essere lo stravolgimento dei luoghi, dell'azione ecc. e la straordinarietà la proposta di un allestimento "normale": semmai il contrario!
Dipende cosa intendi per "normale".
Io oggi mi sono commosso sino alle lacrime per il meraviglioso allestimento dei
Dialogues des Carmelites di Tcherniakov di Monaco di un anno fa.
E' uno spettacolo (tra l'altro, splendidamente cantato) di una tale bellezza da dare i brividi; ma la drammaturgia, pur lineare, cambia completamente le carte in tavola.
Per me non è un problema: lo faceva anche Carsen vent'anni fa e anche lui mi commosse a tal punto da diventare per me un paradigma, come il primo bacio, quello su cui si paragonano tutti quelli che verranno dopo.
Cos'è per te la normalità nei
Dialogues? Le suorine vestite di bianco? La ghigliottina sullo sfondo?
Per me la normalità in un allestimento teatrale è la linearità della narrazione, la chiarezza espositiva, al limite anche il cambiamento di prospettiva se spiegato bene.
Per te cos'è?
va2786 ha scritto:Non condivido la maleducazione di certe frange di pubblico che si mettono a fare discussioni o comizi nei pochi secondi di silenzio prima degli attacchi, ma condivido in pieno il malumore per questa gestione. Consiglio però di fischiare e buare (com'è nel diritto ma oggi mi viene da dire nel dovere...) alla fine delle arie e/o dell'opera ma sempre senza creare un clima di guerra.
Interessante: si tratterebbe quindi di fischiare con educazione? Ah, be', se il problema è tutto questo basta saperlo!...
Parli di
dovere di fischiare: dipende qual'è la tua prospettiva.
Se la tua prospettiva massima è circoscritta alla sala del Piermarini, allora penso che ti manchi qualcosa. In un aspetto hai ragione: l'opera non nasce né muore a Milano
va2786 ha scritto:Sarebbe anche interessante sapere cosa ne pensa l'orchesstra che è stata descritta in quest'occasione come svogliata e fracassona di proposito:che sia un boicottaggio verso Wellber che non gradiscono?
Lo dissero anche quando protestarono Muti. Certo che questi orchestrali della Scala sono proprio turbolenti! Non conosco nessun'altra orchestra così frenetica nel protestare i direttori!
va2786 ha scritto:Continuo comunque a chiedermi che senso abbia avere un direttore pseudo-stabile utile solo per Wagner a cui non può venire affidata nessuna opera italiana....a questo punto non era meglio avere uno chailly o un gatti (che dirigono rossini, verdi, puccini...) e per wagner affidarsi a direttori ospiti e non viceversa? Troppo facile se il discorso fosse semplicemente fare la cosa migliore per il teatro...ma temo ci sia molto altro sotto purtroppo e la nomina di barenboim per altri 5 anni lo conferma...
A parte il fatto che Gatti, oggi come oggi, mi sembra più che altro iscritto nella categoria dei direttori italiani mitteleuropei (come Abbado e Sinopoli) ed è quindi uno che "rende" molto meglio in Wagner e Strauss, mi sembra che ricadi di nuovo nell'idea preconcetta e priva di fondamento culturale "repertorio italiano-->direttore italiano".
Su questa base contestarono anche non solo Barenboim e Wellber, ma anche, per esempio, Karajan quando venne a Milano a dirigere una
Traviata con una limitata Mirella Freni; oppure, vado sempre a memoria, Ozawa quando diresse una
Tosca a fine Anni Settanta. Cos'è, siccome Ozawa è giapponese può dirigere solo i concerti di samisen? Pensa che io invece lo ritengo uno dei più languidi e decadenti (nel senso buono, ovviamente) direttori del repertorio mitteleuropeo.
Comunque grazie per gli interessanti spunti di discussione!