Luciano Pavarotti

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Messaggioda Teo » dom 09 set 2007, 15:57

Scusata, ma a mio avviso Isotta ha scritto quelle cose "appositamente" per farne diventare un caso giornalistico di richiamo.
Sarà pur vero che non aveva un ottimo senso musicale e l'esempio del sestetto riferito alla Lucia è sicuramente quella incisa con Scotto e Capuccilli dove effettivamente il povero Luciano è sempre in affanno, anzi, palesemente in affanno, ma non mi si venga a dire che queste cose solo il "grande" critico ne fosse al corrente...gli addetti ai lavori credo ne fossero ben al corrente!! eppure Isotta lo vuolo sottolineare, quando? ma guarda caso proprio in questi giorni (che tristezza) dove la stampa mondiale lo ricorda quale personaggio popolarissimo e amatissimo ovunque. Ma allora dico io, perchè criticarlo così aspramente e acidamente...si perchè a parte le verità celate che Isotta vuole far intendere (che poi celate non lo sono mai state), il tono è inqualificabile e ingiustificabile, se non per una semplice ragione: lo scalpore giornalistico, già anche la morte può diventare per taluni pretesto per apparire...povero sig. Isotta, che tristezza.

Basti citare alcuni passaggi del tutto gratuiti come questi:
Da qui alle adunate oceaniche nei continenti, cantando egli con amplificazione, alle manifestazioni miste con artisti leggeri, magari più musicali di lui, alle canzoni napoletane detestabilmente eseguite, al suo abbigliamento carnevalesco, ai prodigi di cattivo gusto, è stato tutto un descensus Averni: ogni passo ti tira il successivo. E pensare che aveva cantato col maestro Karajan.


Si può discutere sui contenuti, ma il tono e le modalità di esposizione dei concetti del sig. Isotta, sono davvero di una bassezza incredibile...

A parte ciò ritengo che Pavarotti sia sicuramente personaggio storico.
Scusate ma storico è solamente colui che fa le rivoluzioni? ma una bellissima voce che emoziona che fa spellare le mani in tutti i teatri più importanti del mondo e che viene accolto come immagine belcantistica della più viva e raffinata scuola italiana non è un fatto storico?
Chiedete ai loggionisti della scala cosa furono quelle due serate vissute nel 1979 con Elisir d'amore e Bohème...
Certo non mancarono anche le contestazioni, forse non era un grande interprete, non era il massimo dal punto di vista musicale (falso invece la mancanza totale di senso ritmico), ma non credo fosse l'unico (santo cielo se penso quanti e pure illustri...), ma allora la storica sig.ra Sutherland e la sua "splendida dizione belcantista" dove la mettiamo? a ma lei fù rivoluzionaria, quindi il lato storico non si tocca...e no, scusate ma a me pare un tantito di parte e molto riduttivo nel pesare e giudicare un cantante dal punto di vista "storico".

Pavarotti che lo si voglia o no, è e rimarrà un cantante "storico" e questo credo sia un dato di fatto incontrovertibile (e certo non perchè sono io a dirlo...).
Poi ognuno a i suoi gusti, ognuno può o meno considerare importante un cantante, ognuno potrà tirare le proprie conclusioni, ma negare l'evidenza, mi pare una pratica inutile.

Per me rimane con Caruso, "la voce del tenore".

Salutissimi.

Teo
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Messaggioda pbagnoli » dom 09 set 2007, 16:31

Teo ha scritto: Per me rimane con Caruso, "la voce del tenore".

Salutissimi.

Teo

E Gigli, Di Stefano, Del Monaco, Corelli, tanto per dire i primi nomi italiani che mi vengono in mente?...
E Rosvaenge, Lazaro, Kraus, Gedda, tanto per dirne qualcuno straniero (e taccio di Domingo)?...
No, Teo, siamo giusti: non è che l'emozione del momento ci deve far perdere il senso della misura.
Con tutto l'affetto per l'amico che non c'è più - perché tale tutti noi l'abbiamo percepito ogni volta che lo abbiamo ascoltato in teatro o in disco - non possiamo oggettivamente dire che abbia scritto la storia del canto.
Ho citato in un mio precedente post la Callas non perché voglia sollevare le solite diatribe fra chi è callasiano e chi non lo è (anche perché questo tipo di distinzioni non ha oggettivamente più nessuna ragione di essere), ma proprio per sottolineare il concetto di storicità, che non può essere associato semplicemente ad una bella voce e ad un'emissione franca e generosa, il tutto condito da una ricca carica di simpatia umana.
Tutti voi affermate che sì, non sapeva leggere lo spartito, ma dopotutto chi se ne frega; tu, Teo, per esempio dici:
forse non era un grande interprete, non era il massimo dal punto di vista musicale (falso invece la mancanza totale di senso ritmico), ma non credo fosse l'unico (santo cielo se penso quanti e pure illustri...), ma allora la storica sig.ra Sutherland e la sua "splendida dizione belcantista" dove la mettiamo? a ma lei fù rivoluzionaria, quindi il lato storico non si tocca...e no, scusate ma a me pare un tantito di parte e molto riduttivo nel pesare e giudicare un cantante dal punto di vista "storico".

E questa tua frase, Teo, la dice lunga: passi in secondo piano la scarsa fantasia interpretativa e la scarsa musicalità; peccato che fossero proprio gli aspetti che un cantante così dotato dal Padreterno avrebbe dovuto curare per diventare veramente il fuoriclasse di tutti i tempi! Anzi, dirò di più: a fronte di tutti i cantanti che lottano quotidianamente col pentagramma, spesso uscendone sconfitti e che inventano mille trucchi espressivi per dire le cose in modo interessante, innovativo, inventandosi mille colori diversi per sopperire a quel si bemolle o a quel do che proprio non ne vuole sapere di uscire bello, pieno e solare, io mi irrito quando sento l'allegra nonchalance di Pavarotti che dona al mondo i suoi splendidi acuti fatti senza il minimo sforzo, e che poi passeggia allegramente sulla parte. Un esempio? Il primo che mi viene in mente è l' Andrea Chènier inciso per la Decca, uno dei peggiori obbrobri mai prodotti, in cui non si sa se sia peggio la sua solare indifferenza o i ciangottii di una Caballè ai minimi storici.
E allora preferisco mille volte le fatiche tremende che Vickers doveva fare per arrivare anche ad un si bemolle (e lasciamo perdere i do), ma che rivestiva qualunque suo personaggio di un'umanità che ce lo faceva sentire vicino, compagno di viaggio!
Torniamo sempre ai soliti discorsi: il timbro, la voce, la dizione... Bastano cose così per rendere "storico" un cantante? A mio parere assolutamente no.
Ricorderò sempre con affetto Pavarotti, ma mi ero già discostato dal suo modo di cantare ancora lui vivente, da molti anni (non ricordo un solo spettacolo di quelli che ho visto con lui protagonista che mi abbia cambiato la vita di ascoltatore d'opera), e non mi sento di cambiare parere perché adesso non c'è più.
Grazie comunque per alimentare la discussione con le tue belle osservazioni da appassionato e da addetto ai lavori!
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Messaggioda MatMarazzi » dom 09 set 2007, 16:38

Mi ero ripromesso di non intervenire su questo thread, perché su Pavarotti come cantante e come artista non ho nulla da dire.
Non per altro, ma perché non mi è mai nè piaciuto, nè interessato.
Benché siano trent'anni che vado a teatro non ho mai sentito il bisogno di ascoltarlo dal vivo (mentre altri artisti li ho inseguiti in tutta Europa).
E nemmeno i suoi dischi ho mai acquistati, a meno che non ci fossero altri artisti che mi piacevano.

Pavarotti incarna tutto quello che nell'opera e nel canto non mi interessa: l'avrei detto un mese fa, l'avrei detto dieci anni fa e troverei ipocrita non dirlo ora.
Certo: ora c'è l'umana partecipazione di fronte a un uomo che soffre e che muore. Ma questa partecipazione (anche considerato che tutta l'umanità la merita, non solo la gente famosa e miliardaria) non è un criterio artistico nè tecnico.

Isotta non mi è simpatico (d'altronde si è costruito il suo personaggio sull'antipatia... quindi non è alla simpatia di nessuno che punta).
Però ho trovato più scandalose altre cose che ha detto.

Io sono certo che Zucchero Fornaciari (vero e proprio prodigio di raffinatezza ritmica) fosse più musicale di Pavarotti.
qualunque cantante di musica leggera deve fronteggiare problemi ritmici di fronta ai quali i nostri tenori d'una volta sono inermi, abituati a quelle dieci o venti opere, quelle dieci o venti arie, ritmicamente (ammettiamolo) facilissime.

Ha ragione Alberich: proprio perché il repertorio di Pavarotti era ritmicamente semplice, non è questo un criterio valido per demolirlo.
E' vero! e tuttavia l'osservazione di Isotta resta giusta di per sè.
Non mi interessano i toni o l'opportunità della cosa.
Se è per questo trovo estremamente inopportuno anche queste colate di isterismo collettivo che a me sembrano quanto meno spropositate (considerato il silenzio sceso su gente come la Crespin, la Silss, persino la Tebaldi e Corelli).

Che poi Pavarotti studiasse poco (nonostante avesse centurie di maestri pronti a insegnargli la musica) è un altro dato di fatto.
Non una bassezza di Isotta.
Negli ultimi vent'anni quanti ruoli nuovi ha preparato? Il don Carlo?
...E con quel bel risultato di presentarsi a un simile debutto, per un'inaugurazione della Scala, vistosamente impreparato.

Quanto al fatto che cantasse in maniera ...quanto meno impropria le canzoni napoletane, be' anche questa mi sembra una profonda verità.
Oddio... per il pubblico generalista che affollava i suoi concerti (e a cui Pavarotti si rivolgeva, quello che ora piange in lui il "più grande tenore della storia"), quel modo di cantare le canzoni napoletane poteva anche andare bene...
Ma qui, in un sito di specialisti, dobbiamo riconoscerlo: di fronte alla poesia, alla grandezza, all'umanità, all'ironia con cui Schipa o Caruso trasfiguravano quelle canzoni (per non parlare di Murolo, eh Pietro?) Pavarotti scompariva.

Infine, Teo, se posso dire la mia, il paragone con Caruso proprio non lo vedo.
Lo trovo persino più enorme di qualsiasi cosa possa aver detto Isotta! :)
Per come la vedo io, c'è una differenza di statura artistica, di importanza storica oltre che di personalità assolutamente incolmabile.

Salutoni,
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Messaggioda marco » dom 09 set 2007, 17:21

quello che dici Matteo è giusto, però ...
io vorrei lasciar perdere tutto ciò che riguarda il P. show-man, e che ha provocato quello che abbiamo visto in questi giorni, e parlare solo del P. cantante d'opera, del resto sembra che sia stata una delle sue ultime volontà
faccio sinceramente fatica a negargli un posticino nella storia (con la s minuscola) del teatro lirico dal dopoguerra ad oggi, fermo restando che nella Storia (con la S maiuscola) ci siano solo le grandi personalità che hanno aperto strade nuove o nell'interpretazione del repertorio tradizionale o riscoperto repertori dimenticati o modalità esecutive scomparse (e credo siano pochissimi)
lo considero l'ultimo esponente del classico tenore lirico da repertorio italiano, che eseguiva senza problemi le Boheme, i Rigoletti, le Traviate, le Lucie
certo le eseguiva senza porsi problemi interpretativi particolari, che non fosse l'eseguire le note con suoni il più possibile "sani" e squillanti, sfoggiando gli acuti che la tradizione imponeva di sfoggiare, con un espressività certo un po' facilona, ma immediata e diretta
è un modo di cantare che non ha inventato P., ma nato molto prima di lui probabilmente già all'inizio del secolo (anche se sono profondamente ignorante in materia di disco antico)
era una modalità esecutiva che dal punto di vista puramente tecnico non dava comunque adito a troppe puntualizzazioni (anche se in lui credo che la natura prevalesse sul completo controllo tecnico), fondata essenzialmente sullo splendore del mezzo
ora non è che voglio affermare che il mezzo vocale sia l'unico criterio di valutazione, ma quando lo splendore è di questo livello ...
ho ascoltato P. alcune volte dal vivo, ma vorrei ricordare un Elisir al Comunale di Bologna vent'anni fa
avevo un posto molto laterale di loggione e, forse proprio per questo, sentivo la sua voce letteralmente balzare da lui alle mie orecchie
beh confesso che probabilmete non scorderò mai proprio il piacere fisico di quell'ascolto, una tromba d'argento, uno squillo terso, limpido
certo è solo edonismo sonoro, ma Dio mio non l'avevo mai sentito prima, dubito che lo risentirò di nuovo
anche a livello di registrazioni negare qualsiasi interesse al suo Rodolfo in Boheme, al suo omonimo nella bellissima Luisa Miller Decca mi sembra francamente riduttivo
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Messaggioda Teo » dom 09 set 2007, 18:13

MatMarazzi ha scritto:Non mi interessano i toni o l'opportunità della cosa.


A me si e molto anche; e non lo dico solo nei confronti di questa uscita di Isotta o perchè sono contrariato dalle parole che ha usato nei confronti di Pavarotti, l'avrei detto anche nei confronti di un altra persona anche non famosa, questo dello stile per me vale sempre e a maggior ragione quando si dicono delle verità (sacrosante) scomode. Ripeto, pur nella ragione perchè usare toni così aspramente gratuiti proprio in questo momento?
Comunque ognuno ha il diritto di vederla come meglio crede, ma il fatto che a te "non ti interessino questi toni", beh, permettimi di dirti che sinceramente mi spiace leggerlo...


MatMarazzi ha scritto:Infine, Teo, se posso dire la mia, il paragone con Caruso proprio non lo vedo.
Lo trovo persino più enorme di qualsiasi cosa possa aver detto Isotta! :)
Per come la vedo io, c'è una differenza di statura artistica, di importanza storica oltre che di personalità assolutamente incolmabile.


Anche in questo caso vedo che non ci capiamo.
Punto primo, scusa tanto ma questo sillogismo con il commento di Isotta francamente lo trovo un tantino offensivo, non penso di meritare apprezzamenti per i miei commenti o i miei post, mi aspetto quanto meno di non essere così acido e antipatico...
Punto secondo, scusa Matt, ma chi mai ha paragonato la "statura artistica" di Caruso con quella di Pavarotti??? io ho scritto: Per me rimane con Caruso, "la voce del tenore" è vero che questa frase può dare adito a diverse interpretazioni, come è vero che non è scritto: Caruso e Pavarotti i più grandi tenori del secolo.
Ho parlato di "voce del tenore", dove per "voce" io intendo il colore, la bellezza del timbro, l'emozione che è intrinseca nella sua dote naturale, ...ovvero mi riferivo alle qualità non artistiche ma che madre natura aveva messo a loro in gola. Che poi tra l'artista Caruso e l'artista Pavarotti ci sia una bella differenza, beh, non sarò certo io a negarlo...

Infine, per rispondere a Pietro

Torniamo sempre ai soliti discorsi: il timbro, la voce, la dizione... Bastano cose così per rendere "storico" un cantante? A mio parere assolutamente no.


Santo cielo Pietro, ma tu credi veramente che Pavarotti sia stato solo timbro voce e dizione?
Inoltre c'è da chiarirsi sul termine "storico", perchè a quanto leggo dal tuo post pare che di cantanti storici tu intenda "geni" alla stregua di Mozart o di Leonardo da Vinci...io ritengo al contrario che fra i cantanti storici ci siano certamente quelli che sono stati "rivoluzionari" o "grandi interpreti", ma che ci siano anche quelli che grazie a madre natura e alla loro umanità, hanno saputo dare tanto anche solo con la particolare bellezza della loro voce che comunque, mi sia concesso, non è una cosa che si trova tutti i giorni...

Salutissimi.

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Messaggioda pbagnoli » dom 09 set 2007, 18:51

Teo ha scritto: Inoltre c'è da chiarirsi sul termine "storico", perchè a quanto leggo dal tuo post pare che di cantanti storici tu intenda "geni" alla stregua di Mozart o di Leonardo da Vinci...io ritengo al contrario che fra i cantanti storici ci siano certamente quelli che sono stati "rivoluzionari" o "grandi interpreti", ma che ci siano anche quelli che grazie a madre natura e alla loro umanità, hanno saputo dare tanto anche solo con la particolare bellezza della loro voce che comunque, mi sia concesso, non è una cosa che si trova tutti i giorni...

Teo, quando ero ragazzino e iniziavo a confrontarmi con gli interpreti dell'opera lirica, Luciano Pavarotti mi sembrava veramente il non plus ultra. Era l'amico affidabile che ti poteva prendere per mano ed accompagnarti alla scoperta di quei capolavori che poi ci hanno fatto innamorare di sé tutti quanti noi appassionati.
Perché mi sono disamorato?
Per i motivi che ti ho detto.
Non chiedo l'illuminazione di gusto zen: ma ormai, dopo aver ascoltato centinaia di interpreti di varie epoche, dopo essermi formato un "gusto" ben preciso, proprio non riesco a trovare spazio per questo importante cantante.
Tu parli - e giustamente - dei doni del Padreterno e sottolinei che è bello che ci sia qualcuno in cui questi doni si materializzano e si palesano in modo spettacolare.
Io ti rispondo che, in qualunque attività dell'essere umano, i doni non bastano se non li alimenti con l'applicazione, lo studio costante, il "prova e riprova", la sperimentazione di nuove forme espressive, la ricerca di nuovi ruoli e ambitii. Anche la bellissima Scarlett Johansson fra qualche anno, quando la sua bellezza sfiorirà, dovrà reinventarsi!
Io tutto questo in Pavarotti non ce l'ho mai trovato. Il Don Carlo di cui parlava Matteo è stato persino offensivo per il pubblico dell'inaugurazione che si aspettava di trovare almeno il vecchio amico che lo prendesse per mano e lo accompagnasse alla scoperta dell'opera verdiana, e invece non ha trovato nemmeno quello, perché Pavarotti era visibilmente impreparato in un ruolo molto più difficile di quanto si pensi (e aveva già i suoi begli anni).
Otello poteva essere una splendida occasione; per di più in forma di concerto, quindi con tutte le facilitazioni del caso. Cosa ne è venuto fuori? Un abbozzo incompiuto, una prima lettura subito abbandonata per evidente mancanza di voglia di approfondire. E se avesse voluto, le occasioni ci sarebbero state. Tu credi che se Pavarotti avesse insistito, non gliene avrebbero data l'opportunità?
Molto più comodo tornare ai percorsi comodi ed affidabili delle Bohème o delle Tosche del centenario, no?...
Ecco, è questo atteggiamento che io non ho accettato in Pavarotti, così come non l'accetto in cantanti che si fossilizzano per comodità su quegli ambiti affidabili che hanno già garantito loro successi.
Trovo molto più interessante il vecchio, scalcinato Merritt che, sfiatato come un trombone, ha abbandonato i ruoli belcantistici per un repertorio diverso in cui reinventarsi (Herodes, Aron e altri).
E Merritt decisamente non è un genio, non lo è mai stato.
Questa, se vuoi, è la mia risposta alla tua domanda! :D
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Messaggioda MatMarazzi » dom 09 set 2007, 19:15

marco ha scritto:faccio sinceramente fatica a negargli un posticino nella storia (con la s minuscola) del teatro lirico dal dopoguerra ad oggi


Caro Marco,
non mi sognerei mai di discutere quel che dici: hai perfettamente ragione.
Io ho solo detto che a me l'arte di Pavarotti non interessa, non che non sia entrato nella storia.

I gusti sono solo nostri; mentre la storia si nutre di dati oggettivi (i successi, la carriera, i dischi, le presenze).
Hai quindi perfettamente ragione: Pavarotti è una figura rilevante della storia dell'opera (e aggiungo rilevantissima della storia del costume).
Per il resto le tue consideazioni "storiche" su di lui sono inattaccabili.

Ha coperto un certo repertorio, l'ha fatto in base a una certa tradizione e - vedendo le cose da questo punto di vista - non si può nemmeno obbiettare sui risultati.

Il tuo ricordo su Pavarotti dal vivo è bellissimo, come ogni esperienza diretta e incancellabile. E capisco bene quello che dici.
Non di meno, non riesco a entusiasmarmi per nulla di ciò che ho sentito fare a Pavarotti, anche se - e questo potrebbe essere la ragione - non l'ho mai sentito dal vivo.

Vengo ora a Teo.

scusa Matt, ma chi mai ha paragonato la "statura artistica" di Caruso con quella di Pavarotti??? io ho scritto: Per me rimane con Caruso, "la voce del tenore"


Ok, capisco. Sarà che secondo me la voce di Pavarotti era bella, ma non quanto quella (ad esempio) di Jussy Bjoerling, o di Miguel Fleta o persino del giovane Di Stefano (anni 40), solo per fare qualche nome.

Questi e altri tenori a me sembrano molto più strepitosi vocalmente (ma molto) di Pavarotti, che - ai centri - non mi ha mai fatto impazzire.
Se poi dobbiamo scomodare Caruso, a me pare che i suoni che ha lasciato incisi siano talmente incredibili da oscurare qualsiasi possibile confronto.

Non discuto che anche Pavarotti appartenesse alla cerchia delle grandi voci del '900, ma non mi sentirei di metterlo al vertice.
Posso invece riconoscere che, tra le grandi voci, la sua è stata una di quelle più pubblicizzate e divulgate, questo sì.


Quanto al
fatto che a te "non ti interessino questi toni", beh, permettimi di dirti che sinceramente mi spiace leggerlo...


E a me spiace che ti dispiaccia! :)
Ma resta il fatto!
Un critico lo giudico sui contenuti: come persona lo giudicheranno i suoi parenti e i suoi amici.

questo sillogismo con il commento di Isotta francamente lo trovo un tantino offensivo, non penso di meritare apprezzamenti per i miei commenti o i miei post, mi aspetto quanto meno di non essere così acido e antipatico...


Suvvia, Teo! :) dai!
Sai benissimo che non paragonavo la simpatia tua e quella di Isotta!
Tu sei simpaticissimo! :)
Erano i concetti che confrontavo.
E ribadisco che mentre sottoscriverei l'affermazione che Pavarotti non era un mostro di musicalità, non condivido che lo si ponga (sia pure solo a livello vocale) sullo stesso piedistallo di Caruso.
Solo in un senso posso paragonare i due tenori, come ha fatto l'amico Bagnolo: in termini di popolarità e diffusione mediatica.

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Messaggioda fadecas » dom 09 set 2007, 20:49

Premesso che l’inopportunità di affermazioni al vetriolo come quella di Isotta configura una caduta di stile e di misura che reputo inqualificabile rispetto alla circostanza, e che in quanto tale mi sento di deplorare sul piano del principio, a prescindere dal contenuto e dal destinatario – ed imbarazza anche a me leggere su queste pagine tentativi di difesa ad oltranza di queste posizioni – vengo al punto che forse è il più interessante nel contesto di un forum di approfondimento sui temi della lirica, ossia quello della “storicità” di Pavarotti.
E questo a prescindere da ogni panegirico, che non rientra nelle mie corde, chiarito anzi che non sono stato un particolare ammiratore del tenore modenese, e che non mi reputo baciato in fronte dai suoi ascolti.

All’interrogativo di Luca sulla storicità della posizione di Pavarotti mi provo a sintetizzare una risposta che credo debba essere positiva, lo preciso subito, nel quadro e nei limiti della parte a mio avviso più interessante della parabola artistica di Pavarotti, ossia quella consacrata al repertorio ottocentesco preverdiano, Bellini e Donizetti in particolare.
Nelle registrazioni più felici di ruoli quali Elvino, Arturo, Edgardo, Fernando, Nemorino, Tonio, ed altri, Pavarotti è riuscito a coniugare il rispetto di uno stile di canto che suonava “nuovo” in quanto i tenori delle generazioni precedenti lo avevano accantonato con una schiettezza di temperamento, quella sì, figlia di un modello tenorile all’italiana “antico” e in via di obsolescenza..
Certo, altri accanto a lui in quegli stessi anni hanno fatto molto di più in quello stesso filone primo ‘800 sulla strada dell’approfondimento interpretativo– come non nominare Gedda o Kraus … –
Però va dato atto a Pavarotti di aver rinnovato quei ruoli che una tradizione anni ’50 aveva o relegato a dominio esclusivo di voci esili e diafane e dall’arco espressivo e coloristico molto avaro, oppure condizionato alle deformazioni del gusto verista, quindi dall’insufficiente stilizzazione belcantistica, facendo riguadagnare loro attraverso l’omogeneità e la tenuta cristallina del suo strumento vocale un nitore araldico che, anziché coniugarsi come altre volte accadeva e sarebbe accaduto alla riservatezza aristocratica e al riserbo espressivo , acquisiva il mordente della franchezza e dell’estroversione comunicativa, in particolare sostenuta dalla chiarezza della dizione, e da quel particolare edonismo sonoro di cui s’è parlato in alcuni interventi che mi hanno preceduto
Il risultato era una sorta di “belcantismo nazional-popolare”, se mi permettete l’ossimoro, che risultava tutto sommato inedito per quel particolare tipo di repertorio, e che basta secondo me a qualificare la peculiarità della sua posizione nel periodo migliore.
Per entrare nei ranghi di una voce storica, penso che sia sufficiente.

Forse l’errore di Pavarotti è stato quello di non perseverare abbastanza su quella strada, e di sconfinare in altro repertorio al quale la vocazione originaria del suo strumento era estranea o insuffiente, mi riferisco sia a quello verdiano che a quello fine ’800, dove i risultati sono stati meno imprescindibili, anche se, aggiungo, i tonfi clamorosi ben pochi …
Rimpiango dunque le tanti occasioni mancate di approfondimento di altri ruoli del versante migliore (Gualtiero del Pirata, ad es.) od anche del filone lyrique (un suo Benvenuto Cellini sarebbe stato di grande interesse).
Resta inteso che i clamori mediatici e il mélange rockettaro dell’ultimo Pavarotti, mi hanno lasciato del tutto indifferente.

Sperando di aver dato un piccolo contributo ad un discorso più pacato e di inquadramento, saluti a tutti
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Messaggioda pbagnoli » dom 09 set 2007, 21:39

Tutto giusto quello che dici, Fabrizio. Non a caso, nell'editoriale di commemorazione citavo proprio i ruoli donizettiani (assai meno quelli belliniani, con l'eccezione parziale di Puritani, ma è un mio discutibilissimo parere) come paradigmatici per la vocalità di Pavarotti e quelli verdiani, in paragone, come assai più problematici.
Il problema, se vuoi, è che in questa baraonda mediatica in cui tutti - dico: tutti - si sono sentiti improvvisamente orfani, si è cominciato a parlare, per esempio, della perdita del grande interprete verdiano, cosa che non mi trova concorde e in parte proprio per i motivi che hai esposto tu.
L'unica imperfezione - se me lo concedi - che trovo nel tuo ragionamento è nella storicità dello stesso. Proprio nel repertorio bellinian-donizettiano un Giuseppe Di Stefano, tanto per stare al suo immediato predecessore, aveva fornito nei ruoli sopra citati prove all'epoca esaltanti in virtù dello splendore araldico della frase che si arricchiva di una nobiltà non di maniera e che, nei tempi d'oro, non trovava paragoni, grazie anche al confronto spesso esaltante con partners come la Callas. E poi, subito dopo, quei due nomi che hai citato (Gedda e Kraus) diventavano riferimenti assoluti degli stessi ruoli.
Comunque grazie del tuo post, così ricco di riferimenti in un momento come questo che sembra fatto solo per l'agiografia
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Messaggioda MatMarazzi » dom 09 set 2007, 21:41

fadecas ha scritto:Sperando di aver dato un piccolo contributo ad un discorso più pacato e di inquadramento, saluti a tutti
Fabrizio


Caro Fabrizio,
se posso permettermi di dire quel che penso, io non trovo che il discorso avesse bisogno di essere reso "più pacato". Mi sembrava che già lo fosse.
Inoltre, sempre a mio ulissimo parere, ritengo che "imbarazzarsi" per le ....difese a ...oltranza (????) di Isotta (difese che ovviamente non ci sono state, nè da parte mia, nè di Pietro) non sia un bel modo per contribuire alla suddetta pacatezza.
Tutto questo solo nella mia opinione.

Comunque se ti fa piacere, prendo atto del tuo "imbarazzo".
E tu, se vorrai, potrai prendere atto di quanto sono imbarazzato io per queste esplosioni di pruderie moristicheggiante contro un rappresentante della critica musicale (simpatico o antipatico non mi interessa) che esprime, come è suo dovere, un'opinione musicale per giunta abbastanza obbiettiva e condivisibile se non nei toni, almeno nei contenuti (come giustamente ammette anche Teo).
Le cadute di stile, le "bassezze" (come dice Teo) sono altre per me.
Personalmente sono imbarazzato ...della strana coincidenza per cui la Mondadori stamperà un libro su Pavarotti proprio fra un mese....
Sono imbarazzato dal fatto che Zeffirellli (che contro Pavarotti disse peste e corna all'epoca del famoso Don Carlo scaligero del 93) ora si avventi contro Isotta, che - guarda caso - ha appena demolito la sua Aida inaugurale...
Inoltre mi imbarazzano le messe, i pianti, i diecimila intervistati, il solito orripilante rituale mediatico-piagnone che in Italia si scatena ogni volta che scompare una persona famosa.

Resta il fatto, Fabrizio, che gli imbarazzi tuoi o miei sono ben poco rilevanti ai fini della presente discussione e faremmo meglio, ritengo, a tenerceli per noi.
La discussione dal canto suo sarebbe molto arricchita se smettessimo di imbarazzarci e ci concentrassimo solo sui fatti.

Quanto alle tue considerazioni su Pavarotti "storico"e sul suo ruolo nell'ambito del protoromanticismo, personalmente non le condivido.
Secondo me il suo stile (limitato nell'agogica, troppo rigido nella ritmica, non a suo agio nel virtuosismo) lo rendeva poco adatto ai personaggi romantici che infatti, molto saggiamente, ha abbandonato assai presto.
Evidentemente anche lui, Pavarotti (che non era affatto uno sprovveduto e capiva perfettamente i propri limiti) doveva essere consapevole di questa scarsa propensione.

Solo nei primi anni di carriera (quando non era abbastanza potente da rispondere "no") ha affrontato questo repertorio, e solo perché glielo richiedevano.
E glielo richiedevano solo perché aveva tutte le note (in alto) per certi ruoli Rubini e Nourrit.

Eppure, note a parte, il suo stile, forgiato - come sacrosantamente ha detto Marco - sul modello del tenore alla "Gigli (ossia funzionale a certo Puccini, certo Verdi e quanto sta in mezzo) mi continua a sembrare lontano dalle esigenze musicali, tecniche ed estetiche del repertorio belcantista o post-belcantista.

Comunque rispetto le tue opinioni che so già saranno condivise da molti dei nostri compagni di forum.

Saluti
Matteo Marazzi
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Pavarotti

Messaggioda hoffmann » dom 09 set 2007, 23:22

Credo sia giusto che ognuno viva questo momento a modo proprio, e che il differenziarsi dei gusti personali sia qualcosa di sacro e di 'ricco'. Penso che al di là di tutto sia un po' difficile in generale negare la statura di un artista. Personalmente in questo caso sento di trovare un'affinità coi pareri di Marco, Teo e Fabrizio. Penso che abbia ragione Pietro quando dice che nel fondo tutti noi ci siamo sentiti un po' orfani dopo la scomparsa di questo grande. A me personalmente interesserebbe primariamente sentire alcune testimonianze da chi l'ha ascoltato cantare dal vivo, come ha fatto uno dei tre (non ricordo se Teo o Fabrizio o Marco). Poi certo mi interessano tutte le considerazioni di tipo 'vociologico' (favorevoli o contrarie). Sul fatto che in scena non fosse attore estroso questo è un dato di fatto, però io che non l'ho purtroppo mai visto dal vivo non me la sento di dire che sia andata sempre così. Un po' mi aiutano i dvd, ma certo non è come assistere ad uno spettacolo dal vivo. Come dicevo nel mio script precedente, Pavarotti aveva secondo me comunque nella voce una sorta di 'pathos' che lo portava già naturalmente a caratterizzare i suoi personaggi (anche un po' scenicamente). Il fatto che non ne sapesse molto di teoria musicale, beh, questo mi fa dire che allora è stato doppiamente bravo a fare ciò che ha fatto. Perchè un artista vero è fatto di talento, di cuore, di conoscenze teoriche, di passione, di intelligenza, di studio, di applicazione, non solo di una o due di queste cose. Certo un Pavarotti che ad un certo punto s'è lasciato lusingare dallo spettacolone da stadio, certo un Pavarotti che ha dato segni di stanchezza in qualche recita: ma del resto...non è vero che la cultura, l'arte d'oggi fa fatica in generale a galleggiare e a trovare uno spazio decoroso, perennemente minacciata dalla banalità e dalla 'globalizzazione'? O sei un po' di 'nicchia', oppure scendi a dei piccoli grandi compromessi. Comunque neanche a me piaceva questo aspetto di Pavarotti. In genere, gli ibridi musicali non mi attirano. O tutta classica, o tutta pop. Ma dobbiamo anche vedere le cose in prospettiva, vedere questo fatto anche un po' 'storicamente'. Magari fra vent'anni, fra quarant'anni, ci sarà un tenore molto molto bravo che riuscirà a conciliare perfettamente il 'classico' col 'leggero' in modo più sofisticato di quanto non facesse Pavarotti, dando un senso di modernità a questa operazione. Perchè infatti Pavarotti era tutto fuorchè sofisticato. Anzi, devo dire che la sua forza e al tempo stesso il suo limite era la semplicità. E poi: non è forse vero che è un fatto fisiologico che la voce tenda col tempo a declinare? Ci sono quei cantanti che 'invecchiano' vocalmente prima, e quelli che invecchiano dopo; quelli che perseverano fino alla fine, e quelli che si fermano. Un po' come succede agli sportivi, in fondo. E' sempre triste, non solo per il cantante, ma anche per il pubblico quando questo succede. Ma non sono in grado di giudicare a che punto fosse arrivato lui (tra l'altro quella steccha del Don Carlos io non l'ho mai potuta sentire).
Ripeto, secondo me è molto utile questo scambio di idee...ed è giusto che ognuno viva questi momenti così tristi a proprio modo.
Un saluto
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Re: Pavarotti

Messaggioda MatMarazzi » lun 10 set 2007, 4:56

hoffmann ha scritto:Penso che al di là di tutto sia un po' difficile in generale negare la statura di un artista.


Certo, caro Hoffmann, è difficile.
Come difficile è voler esaltare un artista oltre i suoi meriti.
L'una e l'altra cosa richiedono argomenti solidi e convincenti.

Se mi permetti, lo dimostri proprio tu quanto è difficiile, costretto ad appellarti a concetti astratti e cabalistici come "l'avere cuore", "l'avere talento" o l'avere "pathos" nella voce...
Finora la discussione, considerando sia i favorevoli, sia i contrari, era rimasta a dati oggettivi (e non, come hai scritto tu, "vociologici", altra parola che non significa nulla: si è parlato di questioni musicali, tecniche, poetiche, stilistiche).

Poi io rispetto chi voglia semplicemente difendere le ragioni del suo cuore (che ha tutti i diritti di emozionarsi anche per il suono di una cascata o il cinguettio dei passeri).
Però bisognerà tener fede al proposito e non avventurarsi oltre all'espressione dei propri sentimenti.

Non certo spingersi al punto di far passare la misconoscenza del solfeggio per un pregio; non fino al punto di far passare la goffaggine scenica e mimica per un limite del DVD.

Sempre per precisione di termini e di informazioni storiche (a cui, in questo sito, teniamo particolarmente) Pavarotti non "steccò" nel Don Carlos.
Semplicemente non sapeva la parte... andava a tentoni, dimenticava le parole e nei pezzi di insieme mandava tutti a picco.
Ed era un'inaugurazione della Scala a cui (per inciso) tanta brava gente aveva lavorato sodo.

Lo stesso che capitò a Ferrara quando lo pagarono uno sparverso di soldi per cantare le due arie di Don Ottavio (e quella di Idomeneo, versione facilitata) in un paio di concerti con Abbado e la Mahler.
Al primo concerto fu un disastro: Pavarotti si presentò in scena senza conoscere neanche le note delle due arie di Ottavio. Sbagliò a più riprese, entrò in ritardo, insomma una cosa imbarazzante.
Alla replica del giorno dopo tutto andò meglio: la Mahler e Abbado, infatti, passarono tutta la notte a studiare le arie della Tosca, dal momento che lui - scritturato un anno prima - non aveva imparato quelle di Don Ottavio.
Certo... però aveva "cuore" e quel certo, indefinibile "pathos" nella voce! :)

Un salutone
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Pavarotti

Messaggioda hoffmann » lun 10 set 2007, 14:54

Matteo, l'errore di questa pagina dedicata a Pavarotti è che stiamo confondendo il ricordo di un uomo con i giudizi di valore sulla sua carriera. Un conto è l'affettività, un conto sono i giudizi tecnici. Evidentemente, stiamo mescolando in un unico pentolone troppe considerazioni, e troppo diverse. Di fronte a chi amava questo cantante, per esempio, i giudizi di Isotta danno solo amarezza, o fanno sorridere, però è giusto e utile anche venire a sapere cosa pensa gente così. Del resto, il fatto che persone come Isotta scrivano su un giornale così illustre, non sarà così ingiustificato. Io ho solo 32 anni e devo ancora crescere. Non posso ancora usare un linguaggio competente quanto il vostro, non posso sapere tutte le cose che sapete voi. E chissà se ci riuscirò mai. Se ho scelto di partecipare a questo interessante e stimolante blog è anche per imparare, non solo per esprimere miei giudizi. Che, figurati se li considero eccellenti, anzi. Per fortuna sono giovane, e quindi ho tutto il tempo per modificare i miei errori, e per correggere i miei "emotivismi", i miei "impressionismi", che, sappilo, anche io detesto. Io sono fiero di emozionarmi per una cascata, sono fiero di emozionarmi per i suoni della natura, e anzi, credo che tanta gente di oggi farebbe bene a tornare ad apprezzarli. Pavarotti anche lui, sono sicuro, quando andava a cavallo, li ascoltava e ne godeva. Anzi, ti dirò di più: avrei avuto piacere di recensire sul blog un film visto alla Mostra del cinema di Venezia in cui si elogiavano proprio i suoni della natura, che possono anche diventare mezzo di comunicazione proprio come la musica può esserlo. Mi sembra che anche Rousseau lo pensasse.
Un saluto
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Re: Pavarotti

Messaggioda MatMarazzi » lun 10 set 2007, 20:13

hoffmann ha scritto:Io ho solo 32 anni

Ehehehe... mi piace questo tuo ottimismo a proposito dell'età! :)
Io ne ho "ben" 37 e mi sento drammaticamente vecchio!


Io sono fiero di emozionarmi per una cascata, sono fiero di emozionarmi per i suoni della natura,


E fai bene! Se rileggi il mio post vedrai che io non ho nulla contro questo approccio.
L'emozione individuale resta il punto di partenza di qualsiasi fruizione artistica.

Il racconto di queste emozioni private e irripetibili è spesso stimolantissimo, anzi a mio parere più interessante e utile che sentir ripetere per l'ennesima volta le solite tesi critiche trite e ritrite (e spesso passivamente ereditate e ricompitate ogni volta con freddo puntiglio scolastico) che si sentono nei loggioni, nelle trasmissioni radiofoniche, nelle riviste, nei salotti di appassionati ecc...

Non dovrei dirlo, ma talvolta (ammettiamolo) ci cadiamo anche noi di questa ILLUMINATISSIMA confraternita! :))

Quindi vivano gli approcci non-critici, istintivi, autenticamente originali, talvolta illuminanti.
E tuttavia, Hoffmann, se di Pavarotti vogliamo parlare dal punto di visto strettamente storico, se vogliamo tirare le somme del suo obbiettivo contributo artistico, allora è diverso.

Le nostre emozioni saranno meno importanti.
E per giudicare il tenore occorrerà rifarsi alle convenzioni e ai linguaggi nel quale ha scelto di esprimersi: dovremo usare le regole del gioco come unico metro di valutazione.
I risultati dovranno essere pesati con strumenti di valutazione rigorosi, gli stessi che dovranno essere utilizzati per tutti i cantanti della sua epoca.
Il gelido dato storico (date, numeri, ecc..) diventerà importantissimo.

Non ci sarà più spazio per il "cuore" e il "pathos", che pure - su un altro piano del discorso - poteva essere così interessante.
E' un altro tipo di approccio, meno "soggettivo" ed emozionale, ma col vantaggio di prestarsi forse meglio alla discussione: infatti, mentre nessuno può contestare le nostre libere "emozioni", i dati storiografici sono sempre esposti ad ulteriori verifiche! :)

Salutoni,
Matteo
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Messaggioda dottorcajus » mer 12 set 2007, 21:01

A lui sono legato per il mio debutto operistico da spettatore consapevole. Rimasi affascinato dalla solarità e lucentezza della voce. In seguito bastarono pochi altri ascolti per farmelo dimenticare. La totale mancanza di capacità espressive che non fossero legate agli immediati effetti che poteva creare con il suo timbro tolsero ogni mio interesse nei suoi confronti. Sulla questione legata all'articolo di Isotta mi trovo d'accordo con Matteo sul fatto che si debba considerare solamente il contenuto dell'articolo.
Sempre con Matteo mi trovo concorde nel ricordare, per pura bellezza timbrica, la voce di altri tenori.
Roberto
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