Grazie Matteo! come novellino del forum mi sento onorato dal tuo lusinghiero apprezzamento, quasi come se avessi superato un esame d'ammissione
Ho diviso la recensione perché quando la finestra in cui scrivo il post è piena non riesco a fare scorrere il testo e le righe cominciano a ballare: forse sbaglio qualcosa, datemi istruzioni se potete.
Spero che rimettere sul tappeto la Sutherland voglia dire discuterne e non metterla al tappeto
Non ricordo più quale fu la mia prima Lucia, negli anni'80: forse una selezione in LP proprio della registrazione di Karajan a Berlino (ricordo le prime impressioni: il suono orchestrale luminoso e nello stesso tempo misterioso, la voce della Callas molto più leggera rispetto ad altre registrazioni più taglienti e stridenti tra le poche che avevo, la chiarezza della dizione e la compattezza del suono della voce di Di Stefano, e il vibrato di Panerai), affiancata presto da una selezione della ditta Sutherland/Bonynge/Pavarotti (senza dimenticare il bravo Sherrill Milnes che già conoscevo nel Trovatore e il tonante Ghiaurov con la sua tremenda maestà): ma c'era anche il vecchio film in bianco e nero con Filippeschi e la registrazione video con la Katia e Carreras e il truce Leo Nucci. Forse anche una storia della propria esperienza di ascoltatore aiuta a capire l'evoluzione dei giudizi. Potrà sembrare strano, anzi stranissimo, il fatto che la Devia, sentita casualmente in qualche frammento radiofonico e televisivo, nella cadenza col flauto mi ricordava la Callas (ora so bene che è tutto l'opposto!).
La prima "pazzia" ascoltata consapevolmente era in una cassetta nella quale venivano accostate Toti Dal Monte e Lina Pagliughi: leggendo il fascicolo allegato trovavo scritto che Toti Dal Monte, rispetto alle voci leggere e sbiancate d'inizio secolo, aveva cercato con Toscanini di ridare dignità drammatica alla parte, compensando certi limiti vocali con la virtù interpretativa: anche oggi questo sembra strano, perché la Dal Monte ci sembra anche lei alquanto sbiancata, stridula, affettata e manierata, forse più di altre colleghe precedenti e contemporanee.
Dalla parte del tenore stavano Pavarotti e Carreras, che mi sembravano entrambi seguaci di Di Stefano (penso a come Pavarotti staccava le sillabe di “Qui di sposa eterna fede”, e a come Pippo, pur con Karajan di fronte, si ostinava a cantare “Su questo pegno allò”, proprio lui che si vantava della dizione!), e all’opposto, per diversi motivi, il drammatico antico Pertile e il nobile e distaccato Kraus delle trasmissioni radiofoniche dei primi anni’90, oltre al Lajos Kozma del variopinto film con Anna Moffo nel quale sembravano perfino “audaci” le trovate della pazzia cantata all’aperto sul prato e la visione nel finale di Lucia morta sul catafalco (idea ripresa nell’edizione con la Ricciarelli).
Tra le vecchie registrazioni l’unica che propone una integralità “teatrale”, non musicale, è quella del curioso film con Filippeschi e la Corradi, nella quale molte arie sono accorciate ma le scene non vengono tagliate.
Direttori “moderni” (si fa per dire) come Pretre e Bonynge hanno avuto il merito di riproporre l’integralità (nell’edizione Pritchard/Sutherland c’erano ancora alcuni tagli), e Bonynge forse ha avuto a disposizione il cast più equilibrato: ammettiamo tutti, credo, che Pavarotti è meglio di Cioni, o no? Ed anche meglio, direi, del tardivo Shicoff che affianca la Gruberova nella più tarda incisione di Bonynge: a meno che non si pensi (e all’ultimo ascolto il dubbio mi è venuto) che le incertezze e asprezze vocali di Shicoff non siano volute, per sottolineare il carattere nevrotico e tormentato di Edgardo, ma direi di no, visto che sul podio c’è pur sempre Bonynge (qualche settimana fa l’ho sentito in un’intervista radiofonica: “le regie sono strane, gli allestimenti di oggi sono brutti, non ci sono più le belle voci di una volta, etc.”, che cosa pensate che possa dire uno che ha lavorato per anni e anni con la diva consorte ed altri eccelsi vocalisti?) e visto che Schicoff non è Villazon (interessante e convincente, secondo me, nell’edizione di Orange con la Ciofi).
Avrete notato che non ho detto nulla finora della Caballè: forse perché tra le tante la sua Lucia sta proprio a sé, madre e figlia di se stessa con tutti gli annessi pregi e difetti, con un direttore che non sembra voler dire molto ma anche con un Samuel Ramey che fa la sua bella figura.
La Scotto mi pare di averla citata e mi pare che, con qualche alleggerimento, si possa collocare tra le sorelline piccole della Callas, nel cui gruppo metterei perfino la Moffo pur con certi suoi furbeschi stratagemmi nell’aggirare le difficoltà, arrivando fino alla Aliberti che tra le tante imitatrici è convinta di essere l’ultima erede e l’ultima custode dell’ultimo fioco lumicino callasiano (l’ho vista qualche anno fa a Catania nel “Pirata” di Bellini, da qualche parte devo avere scritto le mie impressioni: in realtà mi interessava di più, in quell’occasione, la presenza di Fisichella).
Torno brevemente a Fricsay che come ho detto mi sembra fermarsi a metà strada tra il vecchio Toscanini e il romantico Karajan, solo per aggiungere che in realtà è difficilissimo immaginare lo stile operistico di Toscanini nel suo periodo scaligero (o prima ancora negli anni del Metropolitan con Caruso): le sue registrazioni d’opera più antiche sono quelle dal vivo viennesi e salisburghesi, molto diverse (se penso al Falstaff) dalle edizioni NBC: e non credo per niente che negli anni ’20-’30 potesse dirigere Traviate come quella del 1946 (è un po’ lo stesso discorso che si fa sul suo Beethoven, in particolare con le registrazioni rifiutate dei primi anni ’30, della Quinta e della Settima, per esempio: il Toscanini che conosciamo meglio non è il Toscanini dei tempi di Verdi e di Puccini: e il Toscanini italiano è spesso diverso da quello americano – penso ai portamenti del “Va’pensiero” nel concerto scaligero, impensabili in altri contesti più “toscaniniani”).
Mi fermo, sto divagando: ho alcune altre Lucie da esplorare (quella con Corelli ce l’ho ma non l’ho ancora ascoltata) e confesso che non mi dispiacerebbe una bella lunga approfondita e ingarbugliata discussione sulla Sutherland e sulle sue varie manifestazioni dal paleolitico ai giorni nostri