dottorcajus ha scritto:Sfondi una porta aperta. Sai quanto sono interessato a lui. Si è sempre detto di lui e della sua voce d'acciaio. Io vorrei che qualcuno ascoltasse l'aria del Marat, quella del ritratto, dove riserba alcune sorprese e si dimostra eccellente fraseggiatore.
Roberto
Una delle leggende costantemente ripetute da mia nonna (che naturalmente trovava il suo piccolo marat incommensurabilmente migliore di quello di Lazaro) è che Bergamaschi avesse continuato a praticare fino a cinquant'anni l'atletico "salto a piedi pari sul tavolino" nella scena del primo atto.
...Io trovavo semplicemente deprimente il fatto che a cinquant'anni uno facesse ancora un ruolo da ragazzino.
Comunque è vero: nei momenti più lirici e nostalgici Bergamaschi era capace di mezze voci.
La sua recitazione era molto contestata, da quello che ho sentito dire. Uomo molto semplice, di forza fisica erculea ma di modi proletari, si impegnava molto in scena, ma con gestualità desunta più che altro dalla vita di tutti i giorni.
Ad esempio, molti trovavano grottesco il fatto che (durante il racconto di Azucena, quando lei dice "il figlio avea bruciato") lui battesse le mani l'una contro l'altra, producendo un gran schiocco, come a dire: "ma noooo!"
In realtà però pare che in scena ci stesse molto bene, perchè era un uomo di grande prestanza fisica e dai modi giovali ed esuberanti.
Nelle parti popolari poteva essere travolgente, meno in quelle auliche.
Ad esempio mia nonna sosteneva che nell'Andrea Chenier ci fosse anche di meglio.
Un'altra cosa che ricordo è che pare che Bergamaschi avesse in gran disprezzo i tenori di "grazia"; li considerava mezzi uomini!
Era solito storpiare il nome del ben più famoso collega Tito Schipa in "Tito Schiappa".
Trovo anche io che le sue incisioni siano interessantissime.
Io pensavo che ormai tutti si fossero dimenticati di lui e che il suo nome fosse oggi noto solo alla mia famiglia e a qualche cultore di vecchie voci.
Invece molti anni fa conobbi in Francia un tale (che si chiamava Siegfried) che parlando dei suoi idoli tenorili citò proprio "Ettòre (sic)" Bergamaschi, lasciando me e mio padre di stucco.
Salutoni,
Matteo