Tito Schipa

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Tito Schipa

Messaggioda Tucidide » gio 04 feb 2010, 23:20

MatMarazzi ha scritto:Quanto a Schipa e al suo uso del registro centrale, ci sarebbe molto da dire.
Il Cellettismo gli ha steso sopra una coperta di "ufficialità" che ne ha snaturato l'immenso contributo.
Schipa è stato il primo e più grande pioniere del "colore" della storia del canto italiano.

Ohibò! :D :shock:
Come sempre, i post su OD diventano miniere di riflessione!
Schipa colorista, tu dici? Di certo, hai ragione nel dire che è stato "ufficializzato" dalla scuola cellettiana, che ha talvolta trovato qualcosa da ridire su un altro grande tenore dell'epoca (Gigli), mentre ha sempre ritenuto Schipa, come Pertile, modello di tecnica perfetta.
Ma anche a mio avviso, se c'è un tenore perfettamente aderente ai dettami del Garcia, questo è proprio Schipa! :) Forse persino più di Pertile! Valletti, suo emulo, apriva leggermente i centri, pur con un'idea di suono molto tradizionale, immune da ogni novità, che in quegli anni stava venendo fuori. Ma Schipa, io lo trovo del tutto tradizionale. La sua grandezza (immensa) sta nella straordinaria gestione della linea, nell'uso portentoso dei rubati, nella musicalità diabolica, nella grande modernità del fraseggio. Tutte questioni musicali, più che di gestione del suono.
Mi piacerebbe approfondire l'argomento!
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Tito Schipa

Messaggioda Milady » ven 05 feb 2010, 13:30

Carissimi ,
sono completamente d'accordo con le vostre analisi della vocalità del grandissimo Tito Schipa.
Irritata dall'apoteosi cellettiana, di conserva con una stroncatura al vetriolo di cantanti da me amatissimi ( e bravissimi) soprattutto nella prima Bibbia del melomane - poi attenuata nella seconda- ho scoperto Schipa molto tardi.
Inoltre non ero mai stata una fan delle sue esecuzioni nel campo della musica leggera , che mia madre e mia nonna mettevano di continuo sul vetusto giradischi a manovella (e quelle più mielose, per giunta, insieme a quelle di Gigli).
Una voce impostata per la lirica , per quanto elegante e misurato sia stato Schipa, non ha mai trovato , secondo me, la sua cup of thea nella cosiddetta musica leggera.
A me pare che questo tenore avesse una emissione da manuale - la voce aerea passava sopra l'orchestra- che gli permetteva di risuonare con un peso specifico , ossia con un volume molto più autorevole di quanto non fosse in natura,uno strumento vocale , estremamente duttile ,ma lieve e delicato : scusate i termini non tecnici,anzi assai alla buona.
Il nonno, che l'aveva ascoltato più volte dal vivo, diceva che certi acuti di Schipa,lo avevano fatto sobbalzare letteralmente sulla sedia per la loro lucentezza e penetrazione .(Fermo restando che negli acuti dava la palma a Lauri Volpi : un fulmine di guerra , diceva).
Fatto sta che , non so se si possa parlare di colori, ma dava l'impressione , anche su disco,
di una tavolozza ricchissima di cangianti sfumature timbriche.
E giustamente Tuc ha ricordato la modernità del suo fraseggio, sempre sobrio e calzante.
Se il grande cantante si evince anche dalla sua escuzione- anni fa si sarebbe detto :"rivisitazione" di brani noti e arcinoti, posso tranquillamnte affermare che rimasi colpita , anzi a bocca aperta , dinanzi alla sua perfetta e commovente esecuzione di "Adina credimi"- un cuore di pietra , Adina , se non si fosse commossaa tale "peroratio"!- e dalla messa di voce iniziale di "Ombra mai fu".
E non parliamo di "Pourquoi me réveiller" ( e di tutto il Werther).
Non so quali difetti si possano trovare nella sua emissione, dato che non sono una profonda conoscitrice della tecnica vocale, ma se qualcuno me le può indicare, pernderò appunti e imparerò.
Al termine della carriera la sua voce era un po' stanca, forse l'interprete ripetitivo,ma l'ultimo Werrther , fortunosamente ritrovato e pubblicato anni fa era strepitoso:averne di voci stan che così straordinarie.
Con simpatia
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Re: Tito Schipa

Messaggioda MatMarazzi » ven 05 feb 2010, 15:28

Cari Tuc e Milady,
quando ascoltai seriamente Schipa, una ventina d'anni fa, sobbalzai letteralmente.
Conoscevo i suoi emuli, più o meno odiosi, specie quelli della canzonetta, ma non mi ero fatto che un'idea parziale e superficiale del "maestro".
Poi sono stato colto da una "schipite" acuta.
La mia ammirazione era tanta, ma non quanto la "meraviglia" che mi produceva quel canto.
Nessuno, e qui mi rivolgo a Tuc, cantava a quel modo, all'epoca! In nessun paese del mondo!
Tuc... capiscimi bene!
Il Garcia?
No....
All'inizio (parlo delle incisioni acustiche, quando incideva persino i brani della Tosca) si sentiva un tenore tradizionale, di perfetta tecnica "belcantistica".
Ma a partire dagli elettrici (dal 25-26 in poi) si sente nel suo canto una tecnica sbalorditivamente nuova.
Questo cantante "parla", non canta!
Attenzione... non in acuto!
In questo ha ragione il nonno di Milady.

Il nonno, che l'aveva ascoltato più volte dal vivo, diceva che certi acuti di Schipa,lo avevano fatto sobbalzare letteralmente sulla sedia per la loro lucentezza e penetrazione .(Fermo restando che negli acuti dava la palma a Lauri Volpi : un fulmine di guerra , diceva).


Giusto, è vero.
Dal passaggio al registro acuto in poi la voce di Schipa tornava quella di un tenore "normale" (dell'epoca), ossia squillantissima, timbratissima, proiettata sul fiato, ricca nella dinamica.
Ma al centro no.
Provate a fare tutti i confronti che volete: nè Lauri Volpi, nè Pertile, nè Merli (Gigli lo lascio perdere solo per un fatto personale, lo detesto e basta! :), ma voi naturalmente potete prendere anche Gigli in questo confronto). Nessun tenore precedente o coevo a Schipa, esaltava le vocali, le apriva, le "parlava" quanto lui.
Se gli scrolliamo di dosso la coperta di "ufficialità" che Celletti (amandolo) gli ha steso sopra, si sente in Schipa una gestione dei colori vocalici semplicemente inaudita. Celletti se la cavava dicendo che Schipa era "eloquente", il tenore più eloquente che sia esistito. Ma poi (come sempre quando era a disagio con i suoi postulati) non ti spiegava in cosa consisteva questa "eloquenza". Come fosse tecnicamente possibile.
Come cioè fosse possibile che, per la prima volta, un cantante italiano riuscisse a rendere tutte le parole comprensibilissime, come se stesse recitando.

Il nonno di Milady ha però torto nell'affermare (fondandosi sugli acuti splendenti) che Schipa potesse permettersi di sembrare "grande" a teatro.
I coloristi posteriori ci insegnano che se si "colora" al centro non si sarà "potenti" come suono, perché si rinuncerà un pochino (ed è quello che ha fatto lo Schipa maturo) ai risuonatori facciali, che sono quelli che danno la proiezione nello spazio.
Schipa, come si è detto, i risuonatori li usava nel registro alto, ma al centro li sfruttava poco, proprio perché lavorava sui colori.
Il suo repertorio (limitato ai ruoli più leggeri e cautissimo) lo dimostra. Se avesse cantato con tecnica tradizionale avrebbe potuto osare sicuramente di più.


Tu Tuc pensi di cavartela (parlo scherzosamente) buttandola sulla "grande musicalità", il "grande gusto" ecc... ecc... ecc....
:) Ma è una scappatoia un po' cellettiana! ;)

Tucidide ha scritto:La sua grandezza (immensa) sta nella straordinaria gestione della linea, nell'uso portentoso dei rubati, nella musicalità diabolica, nella grande modernità del fraseggio. Tutte questioni musicali, più che di gestione del suono!


Mi permetto di dissentire... Siamo davvero sicuri che Schipa avesse un fraseggio moderno?
Siamo davvero sicuri che la sua "musicalità" sia ciò che lo rendeva gradito allora come oggi?
Io credo di no...
Aveva un gusto tendente un po' al mieloso, all'effettino sdolcinato... ed è questo (ha ragione Milady) a renderlo un po' stucchevole ad esempio nelle canzoni.
Certo, rispetto a Gigli era un genio di musicalità, ma in generale io credo che abbia ragione Celletti.
E' l'eloquenza la sua dote, ciò che mi fece sobbalzare sulla sedia e mi fa sobbalzare ancora oggi...
L'eloquenza dei colori del registro centrale, delle vocali esplicitate, impudiche, "parlate", rivelate fin nell'essenza del suono più vero.
Quando risento il suo "Oh natura" (visto che parliamo di Werther in questo periodo) resto estasiato, anche se l'incisione è tardiva e la voce rivela (come ogni voce colorista) una precoce senescenza. Eppure quando sento quei suoni così spogliati di ogni risonanza, così "naturali" (in tutti i sensi) ho come la sensazione di una rivelazione. "Con umil cor... La limpida fontana... la freschezza dell'ombra" ... danno i brividi. Nessun tenore della sua epoca ha esaltato tanto la parola (al centro) ed ha potuto farlo grazie a una tecnica rivoluzionaria nel colore.
E concludo dicendo che questa tecnica rivoluzionaria non è nata dal nulla (come nel caso del suo più coraggioso continuatore, Di Stefano), ma è stata scoperta ed elaborata un po' alla volta. Basta - come dicevo all'inizio - confrontare le prime registrazioni (tutto sommato "classiche" ma anche banali) con quelle rivoluzionarie dalla metà degli anni '20 agli anni '40.

Un po' come la Callas: anche lei il "colore" l'ha scoperto un po' alla volta, maturando... E anche lei l'ha scoperto (come Schipa) grazie a quel grande complice e nemico che è il microfono.

Attendo vostre repliche,
salutoni,
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Re: Tito Schipa

Messaggioda Rodrigo » ven 05 feb 2010, 20:54

MatMarazzi ha scritto:Siamo davvero sicuri che Schipa avesse un fraseggio moderno?
Siamo davvero sicuri che la sua "musicalità" sia ciò che lo rendeva gradito allora come oggi?
Io credo di no...
Aveva un gusto tendente un po' al mieloso, all'effettino sdolcinato... ed è questo (ha ragione Milady) a renderlo un po' stucchevole ad esempio nelle canzoni.
Certo, rispetto a Gigli era un genio di musicalità, ma in generale io credo che abbia ragione Celletti.


Sono lieto che si dediche un post a questo grandissimo artista.
Anche per me gli ascolti delle sue incisioni sono state esaltanti avventure intellettuali. Personalmente trovo fascinose e "giuste" anche le sue arie antiche, i famosi "Parisotti": Le Violette, O del mio amato ben (peraltro apocrifa), Sento le core. E' vero che a noi sembrano "mielose" e, in un certo senso, manieristiche sino al fasullo, ma temo che sia una questione di approccio.
Tra noi e Schipa c'è tutta una riscoperta del mondo, dell'estetica, della vocalità e (udite, udite) della drammaturgia barocca che a' tempi suoi neppure era sospettata. Il "barocco-rococò" di Schipa-Parisotti :D :D è tutto filtrato dal rimpianto per il tempo perduto, da un Settecento ciprie e bisquit, cicisbei e damine vagamente dannunziano e crepuscolare (cfr. il Fuoco e La leda senza cigno). Convengo che questo Settecento "dei sogni" ha ben poco a che vedere con il secolo di Pergolesi, Scarlatti, Haendel, Cimarosa e via discorrendo, ma è in quest'ottica che Schipa intonava le Violette così come in quest'ottica si suonava Galuppi, Scarlatti, Rameau, Boccherini alla ricerca sempre e comunque del suono granito, della pulizia del tocco e di un tono genericamente "galante". Nell'uno e nell'altro caso scompariva del tutto l'identità dell'autore così che, putacaso, Pergolesi, Cimarosa e Paisiello suonavano tutti allo stesso modo perché DOVEVANO rientrare nello stereotipo falso-rococò che dominava nell'immaginario collettivo. Ripeto, cose superate e, per molti versi, capovolte dalla più aggiornata prassi esecutiva. Tuttavia, viste come testimonianze di questo bric-à-brac da salotto "buono", le esecuzioni di Schipa restano impagabili esempi di gusto e di misura (vogliamo confrontare con l'Ombra mai fu inciso da Gigli?).
Vorrei parlare anche dello Schipa maggiore, quello dei personaggi portati a teatro. Ma mi riservo di parlarne con voi in un prossimo post. Saluti.
Ultima modifica di Rodrigo il sab 06 feb 2010, 10:55, modificato 2 volte in totale.
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Re: Tito Schipa

Messaggioda VGobbi » ven 05 feb 2010, 21:28

Visto che state parlando di Schipa, mi potreste indicare qualche incisione integrale (diconsi integrale) di un'opera in cui vale la pena ascoltare Schipa?

Ve ne sarei grato.
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Tito Schipa

Messaggioda Enrico » ven 05 feb 2010, 21:39

Integrale e ufficiale esiste solo il Don Pasquale del 1932: la voce di Schipa è incisa abbastanza bene, lui è un grande e gli altri, se non perfetti, sono simpatici nel loro vecchio stile. Edizione Emi, ristampata forse anche da altre etichette.
Esiste un Don Giovanni con Pinza e Ponselle "live"dal suono pessimo.
Dell'edizione "live" del Werther ho sentito parlare varie volte, ma non la conosco.



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Re: Tito Schipa

Messaggioda Tucidide » ven 05 feb 2010, 22:07

MatMarazzi ha scritto:Il nonno di Milady ha però torto nell'affermare (fondandosi sugli acuti splendenti) che Schipa potesse permettersi di sembrare "grande" a teatro.
I coloristi posteriori ci insegnano che se si "colora" al centro non si sarà "potenti" come suono, perché si rinuncerà un pochino (ed è quello che ha fatto lo Schipa maturo) ai risuonatori facciali, che sono quelli che danno la proiezione nello spazio.
Schipa, come si è detto, i risuonatori li usava nel registro alto, ma al centro li sfruttava poco, proprio perché lavorava sui colori.
Il suo repertorio (limitato ai ruoli più leggeri e cautissimo) lo dimostra. Se avesse cantato con tecnica tradizionale avrebbe potuto osare sicuramente di più.

Beh... intanto si faceva Tosca alle Terme di Caracalla senza amplificazione... :D
Ma non è questo il punto.

Tu Tuc pensi di cavartela (parlo scherzosamente) buttandola sulla "grande musicalità", il "grande gusto" ecc... ecc... ecc....
:) Ma è una scappatoia un po' cellettiana! ;)

Tucidide ha scritto:La sua grandezza (immensa) sta nella straordinaria gestione della linea, nell'uso portentoso dei rubati, nella musicalità diabolica, nella grande modernità del fraseggio. Tutte questioni musicali, più che di gestione del suono!


Mi permetto di dissentire... Siamo davvero sicuri che Schipa avesse un fraseggio moderno?
Siamo davvero sicuri che la sua "musicalità" sia ciò che lo rendeva gradito allora come oggi?
Io credo di no...
Aveva un gusto tendente un po' al mieloso, all'effettino sdolcinato... ed è questo (ha ragione Milady) a renderlo un po' stucchevole ad esempio nelle canzoni.
Certo, rispetto a Gigli era un genio di musicalità, ma in generale io credo che abbia ragione Celletti.
E' l'eloquenza la sua dote, ciò che mi fece sobbalzare sulla sedia e mi fa sobbalzare ancora oggi...
L'eloquenza dei colori del registro centrale, delle vocali esplicitate, impudiche, "parlate", rivelate fin nell'essenza del suono più vero.

Gusto mieloso? Beh, premetto che non conosco lo Schipa delle canzoni, ma mi rifaccio alle romanze di Tosti, in particolare alla strepitosa "Marechiare". C'è tutto, tranne un tono mieloso. E' pimpante, spavaldo quasi, e secondo me non apre proprio per nulla i centri. Se Schipa cantasse come dici tu, con i centri aperti e gli acuti coperti, si sentirebbe la frattura, il passaggio avrebbe degli scalini, insomma si avvertirebbe qualcosa. Invece, Schipa sembra davvero suonare uno strumento. E' vero, sembra che parli, tale è la naturalezza dell'emissione. Ma chi l'ha detto che chi canta "coperto" risulti innaturale e poco intelligibile? Non nego che ci siano cantanti "garciani" della dizione confusa e omogeneizzata, ma altri riescono a risultare naturali nella dizione.
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Re: Tito Schipa

Messaggioda MatMarazzi » ven 05 feb 2010, 22:27

Rodrigo ha scritto:Personalmente trovo fascinose e "giuste" anche le sue arie antiche, i famosi "Parisotti": Le Violette, O del mio amato ben (peraltro apocrifa), Sento le core. E' vero che a noi sembrano "mielose" e, in un certo senso, manieristiche sino al fasullo, ma temo che sia una questione di approccio.


Assolutamente d'accordo. E anzi, mi scuso di aver usato il termine "mieloso".
E' solo per dire che se c'è qualcosa che in generale - parlo anche dei suoi dischi operistici "mitici", come i duetti con la Galli Curci, i brani di Massenet, le canzoni napoletane o catalane, ecc.. - non regge molto bene il passaggio del tempo è forse proprio il gusto.
E' un gusto che, nelle sue sottolineature più estroverse, potrebbe apparire a un neofita piuttosto superato.
E francamente nemmeno noi credo rimpiangiamo uno stile espressivo come quello di Schipa.
A mio parere, quello che regge benissimo all'evoluzione del gusto (e anzi turba e sconvolge ancora oggi) è - scusa se mi ripeto - il ricamo cromatico delle vocali, che evidenzia disegni e percorsi di complessità stupefacente.

Tuttavia, viste come testimonianze di questo bric-à-brac da salotto "buono", le esecuzioni di Schipa restano impagabili esempi di gusto e di misura (vogliamo confrontare l'Ombra mai fu inciso da Gigli?).


Se Dio vuole... :) E diciamolo!!!!
Bravo Rodrigo!
Mi complimento anche per le tue illuminanti osservazioni sull'estetica "barocca" filtrata dall'ottica crepuscolare, che hai descritto splendidamente, e che si possono coniugare col discorso sulla "nostalgia" che stavo tentando a proposito di Chènier e dell'operismo italiano "tardo-romantico".

Attendo le tue considerazioni anche sullo Schipa operistico.
Quanto a Enrico

Enrico ha scritto:Dell'edizione "live" del Werther ho sentito parlare varie volte, ma non la conosco.

Io ho i pezzi scelti, pubblicati secoli fa in LP nella serie Cetra Documents.
Si sente molto male e lui è vocalmente provato (come tutti i coloristi, come tutti coloro che hanno il coraggio di "mettersi a nudo" vocalmente, i segni della senescenza si avvertono subito, ma solo nel timbro: gli acuti sono ancora facili e sonori).
Si nota anche che, rispetto alla Pederzini, la sua voce pare "piccola" e lontana.
In compenso i colori di cui si parla sono talmente sopraffini ed elaborati che il pubblico reagisce con esplosioni da stadio (interrompono persino il "Pourquoi me reveiller"). Pur essendoci un abisso tra la civiltà di Schipa e l'esuberanza ferina di Di Stefano, io credo che il primo abbia davvero preparato il terreno al secondo. E credo che chi urlava e si sbracciava per i primi Werther e Manon di Di Stefano, avesse nelle orecchie il caleidoscopico e rivoluzionario Massenet di Schipa, l'ultima Schipa.
... Poi certo... Schipa era un poeta dalle sublimi finezze, un musicista di vera statura... Di Stefano no. Ma il bello delle rivoluzioni è che non si sa mai che piega possono prendere.

Un salutone,
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Re: Tito Schipa

Messaggioda Luca » ven 05 feb 2010, 22:38

Dell'edizione "live" del Werther ho sentito parlare varie volte, ma non la conosco.
========================================
Sono contento che sia stato aperto un thread per questo immenso cantante che nell'area del Sud Italia - per quanto concerne i tenori - divide la palma con Caruso pur differenziandosi per repertorio e stile. Grazie a Tucidide di averlo sottoposto all'attenzione, mentre ad Enrico faccio notare che il Werther di Schipa oltre ai brani singoli, non c'è un'edizione completa, ma una selezione risalente al '48 con la Pederzini. Celletti nel suo libro, dopo aver lodato con certa riserva il Tito, perché in declino, si profonde a fare una trattazione sul Werther francese e quello italiano e pone in campo un altro cantante di area francese che è Vanzo al quale, aggiunge il critico romano, si poteva far incidere l'opera al completo preferendolo a Gedda. A mio avviso ha ragionissima: Thill, Schipa e forse Vanzo avrebbero costituito una bella triade: ieri si è aggiunto Kraus, oggi il grandissimo Kaufmann. Insomma i grandi Werther sono questi: Thill, Schipa, Vanzo, Kraus e Kaufmann.
Per tornare al tenore pugliese, il velluto e la morbidezza non si discutono, tuttavia certi ruoli come Cavaradossi non li ha cantati poi a lungo (esiste un disco in cui sono presenti le due arie), preferendo invece ruoli più lirico-leggeri che spinti. Con tutto ciò resta un grandissimo e molto meno manierato rispetto a Gigli e a Tagliavini.

Salutoni, Luca.

P.S.: Diversi anni fa il figlio, T. Schipa jr, ha messo in scena un arrangiamento rockettaro del Don Pasquale: ve lo ricordate ? A suo tempo suscitò le ire della Padellaro.
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Re: Tito Schipa

Messaggioda Tucidide » sab 06 feb 2010, 0:19

Luca ha scritto:... Vanzo al quale, aggiunge il critico romano, si poteva far incidere l'opera al completo preferendolo a Gedda. A mio avviso ha ragionissima: Thill, Schipa e forse Vanzo avrebbero costituito una bella triade: ieri si è aggiunto Kraus, oggi il grandissimo Kaufmann. Insomma i grandi Werther sono questi: Thill, Schipa, Vanzo, Kraus e Kaufmann.

Non conosco il Werther di Gedda, ma devo dire che rimpiango anch'io un'incisione ufficiale con Vanzo.
Sui Werther recenti, siamo fuori tema, ma mi pare che prima di Kaufmann ci siano stati due interpreti del ruolo notevoli, Vargas ed Alagna, entrambi incisi in studio e presenti nella videografia non ufficiale. Rispetto a Kaufmann, in effetti, sono meno innovativi e rivelatori, ma va anche detto che la scelta di muoversi su binari più convenzionali è dettata soprattutto dalla loro voce e dal loro temperamento. Vargas in particolare, con la sua attenzione al fraseggio ed alle sfumature, mi piace moltissimo, e non ho difficoltà a definirlo un grandissimo inteprete del ruolo. Alagna è più estroverso e generico (ma non ancora facilone com'è diventato negli ultimi anni).

Quasi quasi, aprirò una discussione sugli interpreti dell'eroe goethian-massenetiano. Riordino un po' le idee e provvedo. :wink:
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Re: Tito Schipa

Messaggioda Luca » sab 06 feb 2010, 13:53

Ottimo intervento Tuc, ma Alagna e Vargas non mi pare facciano tanta stoiria e siano particolarmente innovatori, soprattutto se li si confronta con i grandi precedenti e con Kaufmann. Il trhead su Werther non sarebbe malvagio: vi potrebbero comparire anche in 'non-Werther' :twisted:

Salutoni, Luca.
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Re: Tito Schipa

Messaggioda Rodrigo » dom 07 feb 2010, 21:07

Dopo qualche considerazione su Schipa alle prese con le celebrate "arie antiche" tento di mettere per iscritto le mie impressioni su altre incisioni del nostro. Tralascio volutamente le canzoni napoletane - di cui il nostro ha dato esecuzioni secondo me di valore assoluto - perché è un argomento sul quale (e mi scuso) non sono sufficientemente "ferrato" e quindi temo di dire spropositi.
L'approccio di Schipa con Don Ottavio e Almaviva mi pare, in un certo senso, vicino all'ottica con cui affrontava le arie antiche. Il canto è quindi corretto, fascinoso fin che si vuole, ma difetta la lettura del personaggio. Don Ottavio stenta ad uscire da uno stereotipo azzimato, Almaviva viene completamente travisato. Non si tratta di malcanto, beninteso, ma di un errato incasellamento del personaggio (peraltro usuale all'epoca e, per diverso tempo, anche dopo): il grande di Spagna cui Rossini (la partitura genuina non lascia dubbi in proposito) affida il ruolo di protagonista, si stempera in un amoroso "borghese" molto prossimo alla drammaturgia di Nemorino. Va insomma perduta la dimensione araldica, aristocratica e un po' contegnosa che viceversa era connaturata al ruolo creato per Manuel Garcia. Analogamente mi pare non congruente il suo approccio con Edgardo.
Ho il sospetto che il mezzo vocale di Schipa, e più ancora le sue scelte coloristiche e musicali, rendesse al meglio quando si trattava di affrontare il registro dell'elegia e del languore piuttosto che lo stile alto o tragico di tanto melodramma romantico (campo in cui all'epoca gli esegeti più attendibili erano Pertile e - più ancora - Lauri Volpi). Su questa base mi paiono riuscitissimi gli approcci ad opere come Don Pasquale, Elisir e Sonnambula. Negli estratti da queste opere colpisce la naturalezza con cui il "tono" è perfettamente intuito e la cura di evitare (fin dove il gusto dell'epoca lo rendeva possibile) concessioni populistiche a portamenti, singhiozzi e leziosità. Un vero capolavoro è Prendi l'anel ti dono che lascia sbalorditi per la facilità con cui le arcate melodiche "diventano" discorso, colloquio d'amore senza ridurre a poltiglia la linea di canto. E qui entra in gioco il ferreo dominio sulla frase e la musicalità raffinata sottolineata da Tuc. Concordo però anche con Matt circa l'uso dei famosi colori di cui si è parlato che il tenore sfrutta per rendere sfumatissima la sua interpretazione. Impietoso il confronto con una Toti del Monte bamboleggiante, molto più piatta dell'agogica e sbiancata nel timbro. Ci si può chiedere fino a che punto Schipa (che non oltrepassava il SI) è veramente Elvino, tenendo conto che Rubini cantava su ben altra tessitura ed è stato il creatore di Arturo, ruolo "araldico" per eccellenza che Schipa non avrebbe mai potuto affrontare per inappellabili limiti di estensione e - credo- anche di cavata.
Di Verdi sono indovinatissimi, secondo me, Alfredo e il Duca. Confesso che la prima volta che ho sentito il suo Parigi o cara mi sono entusiasmato per il geniale "piano" con cui attacca quello che, in definiva, è uno struggente colloquio con una moribonda e che, viceversa, tutti o quasi attaccano sul mezzoforte o giù di lì. Il Duca nei brani incisi da Schipa, rapportato ai tempi, è sensazionale: nessuna concessione volgare, niente acuti esibiti oltre ogni buon gusto. Il tono è sempre composto; nessuna sguaiataggine nel personaggio, semmai con una indovinatissima ombreggiatura ironica (nella ballata del I atto) cui i più non pensavano neppure (al massimo arrivavano alla risatazza plebea). Anche in Parmi veder le lagrime Schipa monta in cattedra rispetto ai tenori coevi: l'attacco è in piano e il brano acquista un sapore quasi da soliloquio interiore grazie alla "patina" malinconica che assume il timbro del cantante. Una scelta non banale che, a mio avviso, giunge a suggerire un sottile rapporto tra il Duca e Riccardo del Ballo. Qui, per vie ben diverse dall'enfasi "ottocentesca" propria di Lauri Volpi, Schipa persegue una sua dimensione aristocratica, tuttavia si tratta di un "aulico" cui perviene sempre per il tramite dell'elegia. E mi pare che un discorso simile si possa fare per Quando le sere al placido della Miller.
Sul Werther mi trovo perfettamente d'accordo con quanto già scritto ottimamente da altri.
Saluti.
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Re: Tito Schipa

Messaggioda Milady » lun 08 feb 2010, 16:13

Carissimi,
ho riportato in maniera troppo sintetica l'opinione di mio nonnno sugli acuti di Tito Schipa.
Ho fatto mente locale .
Una volta mi ha detto, di ritorno da una esecuzione dal vivo (quale? Non me lo disse. La nonna poi non gradiva per nulla queste sue "girate fuor di casa"" e lui era allorapiuttosto abbottonato) : " Schipa ha fatto dei gran begli acuti , che sembrano più grandi di quello che sono , perché è un gran furbacchione. Prima , ha alleggerito ben bene la voce , così suonavano pi forti".
Non amava .come non amo io, un certo suo repertorio di " canzonette " (sic!) : sola eccezione alcune canzoni napoletane : "Le canta senza vociare".
Pur avendo una cospicua collezione di dischi ("La voce del padrone"?)ed un ottimo apparecchio a manovella, con puntina che però grattava assai presto - tesori perduti con l'alluvione- non amava le voci incise, alcune chiaramente on fonogeniche :" Suonano diverse". La più fonogenica era quella di Caruso , ma, forte del parere di un suo amico napoletano che l'aveva più volte ascoltato dal vivo quando , da piccolo ,era emigrato in America, diceva : Ha detto "il Chiagni" - il suo amico, così ribattezzato da lui, perché "si lamentava come un acchiapadisgrazie"- che era molto meglio di persona. Bisogna accontentarsi".
Acquistò anche i dischi di un grandissimo soprano , celebre per la coloratura e i sopracuti ( Nelly Melba? Adelina Patti?), ma furono liquidati con " Poeri i mi' soldi!La mi sembra una gatta strinta all'uscio.O ... direi un volpino, che abbaia . E poi . Chi glie l'ha fatto fare di fare i dischi da vecchia?"(in effetti ci spettavamo chissà quale miracolo , ma dal grammofono veniva fuori una vocetta acidula e sgradevole).
Quanto a Tito Schipa, trovo le sue arie antiche superbe ed elegantissime , come pure certe celebri romanze.
Indubbiamente il suo modo di gestire i personaggi, al momento attuale ,risulta manierato e sorpassato, almeno per chi come me, ama più colore drammatico di quello elegiaco, in cui Schipa eccelleva .
Degna di nota mi pare ancora la sua tecnica, veramente all'antica italiana, con una superba capacità di dare diverso peso alle varie vocali e di usufruire delle consonanti.
Quanto questa tecnica sia fruttuosamente applicabile alle voci di oggi , non so.
Capisco che sto per dire una mezza sciocchezza (o una sciocchezza intera), poiché mi mancano i vocaboli tecnici: un certo tipo di emissione, una certa rotondità ed un certo modo di rendere le vocali e le consonanti ( le doppie e le cosiddette complicate) , una certa caratura del volume del suono mi sembrano scomparse. Faccio la tara su lontani ascolti, magari mitizzati, ma le voci sdi oggi mi sembrano assai diverse.
Ditemi voi.
Aspetto lumi da chi se ne intende più di me.
Con simpatia e
buon pomeriggio
da
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C
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Re: Tito Schipa

Messaggioda MatMarazzi » ven 19 feb 2010, 17:51

Con colpevole ritardo, rispondo all'amico Rodrigo e alle sue considerazioni sui dischi "operistici" di Schipa.

Trovo tutte brillanti e condivisibili le tue considerazioni.
Siamo di fronte a uno smisurato talento espressivo (tanto da sconvolgere alcuni dettami della tecnica per assecondarlo) unito a un grande intuito teatrale e psicologico.
Non sempre vi ritrovo una vocazione all'originalità dell'approccio, tanto che sono arrivato a credere che Schipa fosse più "espressivo" che "profondo".


Rodrigo ha scritto:L'approccio di Schipa con Don Ottavio e Almaviva mi pare, in un certo senso, vicino all'ottica con cui affrontava le arie antiche. Il canto è quindi corretto, fascinoso fin che si vuole, ma difetta la lettura del personaggio. Don Ottavio stenta ad uscire da uno stereotipo azzimato, Almaviva viene completamente travisato. Non si tratta di malcanto, beninteso, ma di un errato incasellamento del personaggio (peraltro usuale all'epoca e, per diverso tempo, anche dopo): il grande di Spagna cui Rossini (la partitura genuina non lascia dubbi in proposito) affida il ruolo di protagonista, si stempera in un amoroso "borghese" molto prossimo alla drammaturgia di Nemorino.


Parole santissime (e splendidamente scritte) :)
Per riallacciarmi a un discorso che facevamo altrove, questi sono i personaggi che Schipa non sente (in fondo è normale: Mozart e Rossini erano all'epoca raffinate anticaglie, sganciate dalla sensibilità dei tempi) e che traduce con ampio uso del piedistallo.
Li pone lassù, affetta pose ed espressioni "consoni" alla serietà classica della musica, e il personaggio non viene fuori.
visto che citi Nemorino, voglio anche insistere e affondare ancora di più il dito nella piaga.
Elisir e Don Pasquale sono altre incisioni di Schipa che non sento il bisogno di ascoltare. Gli effetti stupendi di colorismo, come l'immacolata linea di fraseggio, non mi emozionano, anzi mi suonano ugualmente falsi e "posati", come se lo stesso Schipa non nutrisse particolare speranze sulla psicologia di questi ruoli.
La verità che si cela dietro i preziosismi non emerge (e forse nè lui, nè il pubblico di allora ne sentivano troppo la mancanza).


Analogamente mi pare non congruente il suo approccio con Edgardo.


E anche qui le nostre tendono un poco a divergere! :)

Ho il sospetto che il mezzo vocale di Schipa, e più ancora le sue scelte coloristiche e musicali, rendesse al meglio quando si trattava di affrontare il registro dell'elegia e del languore piuttosto che lo stile alto o tragico di tanto melodramma romantico (campo in cui all'epoca gli esegeti più attendibili erano Pertile e - più ancora - Lauri Volpi).


In termini vocali hai ragione. Se ci poniamo a fronte al "quid" Duprez (fortissimamente avvertibile in Edgardo) non c'è dubbio che Schipa ne sia molto distante.
E tuttavia (tanto per smentirmi :) ) in questo caso per me la diversità (vocale, tecnica, stilistica) di Schipa non impedisce la percezione di un grande personaggio, almeno dai pochi brani che ci sono rimasti.
Lo struggimento grandioso di "Verranno a te sull'aure" a me dà la misura di un personaggio di pienezza sconvolgente, emozione che non traggo assolutamente da Pertile (che pure era - come tu dici - tecnicamente e stilisticamente predisposto al ruolo).
E' vero che l'unica corda che Schipa può far vibrare è quella dell'elegia, ma se - pur con quella sola corda - il personaggio si esalta, allora tanto meglio.
Lauri Volpi al contrario non mi pare minimamente persuasivo sulle ragioni del suo personaggio, e questo nonostante il fatto che - come giustamente affermi - non c'era all'epoca interprete Duprez più centrato (come sonorità e personalità) di lui.
Come dire.... il "quid" è una bellissima arma, ma poi bisogna anche combattere! :) Altrimenti le armi a che servono?


Stesso discorso per Elvino, ruolo Rubini.

Ci si può chiedere fino a che punto Schipa (che non oltrepassava il SI) è veramente Elvino, tenendo conto che Rubini cantava su ben altra tessitura ed è stato il creatore di Arturo, ruolo "araldico" per eccellenza che Schipa non avrebbe mai potuto affrontare per inappellabili limiti di estensione e - credo- anche di cavata.


Esatto. L'Elvino di Schipa si rende vivo nonostante una vocalità poco spettacolare in acuto. E tuttavia secondo me (acuti a parte) qualcosa del "quid rubiniano" l'aveva colta. Che l'altezza è prima metafisica che vocale... L'altezza rubiniana è in quel che tu chiami "tono", ossia capacità di sublimarsi, spingere la linea oltre gli orizzonti delle umane cose. In questo senso Schipa era rubiniano, per lo meno in Sonnambula.

Di Verdi sono indovinatissimi, secondo me, Alfredo e il Duca.


E qui siamo totalmente, ma proprio totalmente d'accordo.
Nel Duca e in Alfredo Schipa scende dal suo "distintissimo" piedistallo e lavora sui colori e sui ritmi per costruire personaggi che palpitano e comunicano con una modernità che lascia senza fiato.
Il suo "Parigi o cara" e la sua "Donna è mobile" restano a mio parere in cima alla discografia, e comunicano ancora oggi una verità, una autenticità che nessun altro tenore ha più raggiunto.
Evidentemente Schipa "sentiva" l'anti-eroismo di queste parti nel profondo della sua anima e sapeva tradurlo con distacco, ironia, fragilità, impotenza.
Sarà per questo che anche di Werther (violando per l'ennesima volta il "quid" di cui si parlava) ha offerto un ritratto anti-eroico di potenza grandiosa.
Sapienza, raffinatezza e sorriso amaro della sconfitta.
Questo lo strano mèlange di uno dei più suggestivi e complessi artisti che l'Italia abbia prodotto. Britten avrebbe potuto scrivere per lui, con qualche decennio di anticipo, la sua Morte a Venezia.

In questa luce, l'idea di uno Schipa nel Ballo in Maschera è sensazionale.
Finalmente avremmo spazzato via quei maledetti Riccardi "simpatici" e "rubacuori", saltellanti e scemi, che vanno tanto per la maggiore.
Finalmente un Riccardo che assiste, con eleganza e malinconia, allo scolorarsi del cielo, durante il proprio tramonto.

Un salutone e complimenti,
Matteo
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