Philip Langridge

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Hocus Pokus: Philip Langridge

Messaggioda MatMarazzi » lun 01 ott 2007, 11:51

Lo confesso: Philip Langridge è un mio idolo.
Una delle più forti, moderne, straordinarie personalità del nostro tempo.
Non riesco più a fare il conto di quanti dischi e video ho di lui, ma soprattutto a teatro mi ha lasciato ricordi incancellabili.

Ho visto dal vivo il suo Capitano Vere (Parigi), il suo Grimes (Firenze), l'ho sentito a concerto con Abbado e la Argherich (Ferrara).
Ma l'esperienza più grandiosa è stato il suo Loge al Covent Garden, a fianco di un altro "mostro" come Bryn Terfel che debuttava nella parte di Wotan.

Non voglio nemmeno cercare di descrivere cosa è stato l'assistere a una rappresentazione con due simili geni in scena, che si rimpallavano continuamente le loro genialità, l'uno con la forza della sua umanità grandiosa e virile, l'altro con il caleidoscopio di colori, allusioni, finezze di fraseggio: non sapevo chi guardare, chi ascoltare... era un delirio!
L'anno dopo, quando ho sentito il Rheingold con i Berliner philharmoniker e Rattle, l'emozione è stata inferiore (non essendo White e Gambill nemmeno lontanamente paragonabili a Terfel e Langridge).

...E questo (come si diceva con Roberto) a dimostrazione del fatto che - per importantissimi e necessari che siano un grande direttore e un grande regista - non si fa l'opera senza veri divi sulla scena.

Ma tornando a Langridge, quello che ha tirato fuori dal personaggi di Loge ha annullato nella mia testa tutti i ricordi.
Vecchietto, arzillo e simpatico, saltellante per il palcoscenico come uno scienziato pazzo dei fumetti, pelato e con gli cchiali, il sorriso infantile sempre pronto, l'ironia sempre delicata e british.
...Salvo poi rivelarsi per quello che è: terrificante, mostruoso e diabolico quando mostra la sua natura, quando fissa con gli occhi sgranati e il disprezzo animalesco il povero Alberich.
Tenero e terrificante: è come se il demonio stesso avesse lasciato trapelare l'orrore celato dietro a un'apparenza mite e un po' patetica.
(ecco un'immagine della rappresentazione)
Immagine
Esiste il video di questo Loge... chissà se qualcuno lo ha registrato dal satellite! :)
La direzione era di Pappano e la regia era di Warner.

Fra pochi mesi andremo col mio club al metropolitan.
Tra gli spettacoli in programma ci sarà anche Hansel e Gretel.
La direzione sarà di Jurowski e la regia dell'immenso Richard Jones.
Gli stessi due che hanno allestito lo sconvolgente Macbeth del Festival di Glyndebourne.

Ma l'emozione più grande, per me, sarà quella di ritrovare il grande Langridge (che al Met è una star) nel ruolo ...della strega di Marzapane.
Mi rodo di curiosità! :)

chi di voi ha visto Langridge dal vivo? e che impressione ne ha tratto?

Salutoni
Matteo
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Messaggioda pbagnoli » lun 01 ott 2007, 11:57

Io no, purtroppo. :cry:
Temo che, per vederlo almeno una volta nella vita, dovrò rassegnarmi ad uscire dai patri confini ed aggregarmi al tuo gruppo.
Però concordo con te sull'eccezionalità del personaggio, almeno alla visione in DVD e all'ascolto. Come ricorderai, ho pensato che la sua personificazione di Peter Grimes sia uno quei risultati storici che rendono l'opera ancora oggi un'emozione grandissima!
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Messaggioda PQYD » lun 01 ott 2007, 12:46

Visto a Firenze nel Boris.
Vocalmente ancora più che accettabile, scenicamente impressionante.
Uno che ha saputo scegliersi il repertorio, dopo gli errori di gioventù (certi Rossini da :roll: ).
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Messaggioda VGobbi » lun 01 ott 2007, 23:06

Langridge nei panni della Strega? :shock:

Qualcuno, magari il Marazzi, potrebbe darmi delucidazioni in merito alla scelta di una voce maschile per un ruolo femminile? Vi sono gia' stati precedenti in tal senso, magari supportate da registrazioni discografiche?

Quanto a Langrigde, che non ho mai visto/sentito dal vivo, in riferimento ad alcuni dvd (Andres nel Wozzeck, Laca nella Jenufa), obiettivamente l'ho sempre trovato eccessivamente sovraccaricato, non tanto nel canto, quanto nella recitazione, risultando spesse volte poco credibile. E' solo una mia sensazione oppure no?

Inoltre, per certi versi, ricorda assai molto come interprete quello di un altro cantante australiano che di nome fa Heinz Zednik. Che ne dite?
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Messaggioda Alberich » lun 01 ott 2007, 23:30

Zednik è austriaco non australiano, mentre Landgridge mi risulta essere inglese :D
Comunque mi unisco al paluso di Langridge, che trovo fantastico nel poco in cui lo ho sentito (in CD/DVD): Boris e Jenufa.
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Messaggioda MatMarazzi » mar 02 ott 2007, 3:05

Alberich ha scritto:Zednik è austriaco non australiano, mentre Landgridge mi risulta essere inglese :D

A parte questo :) non c'è assolutamente niente che leghi un tipico caratterista come Zednik (sia pure di grande talento) a un grande tenore "britteniano", erede di Pears, votato a Mozart e al Novecento.

Comunque mi unisco al paluso di Langridge, che trovo fantastico nel poco in cui lo ho sentito (in CD/DVD): Boris e Jenufa.


Dunque non l'hai ancora sentito/visto in Britten! :)
ahi ahi... rimedieremo, alberich! ;)

salutoni
Mat
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Messaggioda Alberich » mar 02 ott 2007, 18:27

MatMarazzi ha scritto:Dunque non l'hai ancora sentito/visto in Britten! :)
ahi ahi... rimedieremo, alberich! ;)


No, in effetti mi manca. Ma è proprio Britten in sè un autore che conosco molto poco (a parte il Peter Grimes, che ho nella vecchia incisione con Pears e Britten stesso).
Rimedierò al più presto!
Un saluto
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La scomparsa di Philip Langridge

Messaggioda VGobbi » dom 07 mar 2010, 1:21

Ho letto su Operaclick della scomparsa del tenore Langridge, morto ieri.

So che qui aveva non pochi estimatori, in primis Marazzi e Maugham (ma che fine ha fatto? Sparito?). Una notizia che mi ha lasciato basito, davvero inaspettata. Aveva 70 anni.
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Messaggioda MatMarazzi » dom 07 mar 2010, 13:13

VGobbi ha scritto:Ho letto su Operaclick della scomparsa del tenore Langridge, morto ieri.

So che qui aveva non pochi estimatori, in primis Marazzi e Maugham (ma che fine ha fatto? Sparito?). Una notizia che mi ha lasciato basito, davvero inaspettata. Aveva 70 anni.


Dato che esisteva già un thread dedicato a Langridge, ho pensato di unificarlo con quello aperto da Vit.

Come Vit ha detto, Langridge è stato da sempre uno degli interpreti d'opera che ho amato di più.
Lo conobbi adolescente nell'incisione DECCA del Mosé e Aronne di Schoenberg, che ascoltavo e riascoltavo per cercare di farmi entrare in testa quelle sonorità strane e dissonanti.
Dopo un po' mi sono reso conto che quello che diceva Mazura (il protagonista) non mi interessava. Lo trovavo irritante, enfatico e fastidioso.
Tutto il mio interesse andava al canto strano, proteiforme, avvincentissimo del fratello: l'Aronne di Philip Langridge, all'epoca a me del tutto sconosciuto.
Dopo la folgorazione ho cominciato a comprare ogni sua edizione video-discografica che si trovasse con lui (e per fortuna sono tantissime).

Già allora amavo Britten, e proprio Langridge (nel Giro di Vite) mi fece capire come si poteva andare più lontano di Pears nell'esaltazione dei lati più fantastici e misteriosi della voce.
Quando acquistai la Gloriana di Britten passavo le ore a sentire e risentire quei minuti surreali che erano la sua canzone col liuto.
Persino il suo Mozart (in particolare Idomeneo) mi pareva di una profondità e umanità insolita.
Mi stupiva come sapesse rendersi protagonista anche in Opere in cui cantava ruoli secondari (Shuisky con Abbado, ma anche il marito becco ed effeminato di Katerina Izamailowa).
Cosa riuscisse a tirar fuori da Steva della Jenufa o dal Capitano Vere è incredibile e a tutti noto.

In video il suo Oedipus Rex di Stravinsky (dal festival di Saito Kinen, con Ozawa) rappresenta la prova di cosa possa essere (in quei rari casi che possiamo chiamare "miracoli") il teatro d'opera, ...sapete, quella forma di spettacolo tante volte ridicola, tante volte sorpassata, tante volte noiosa... ma che quando è fatta bene resta la cosa più incredibilmente emozionante che la civiltà occidentale si sia inventata.

Tutto è stupendo in quell'Oedipus... La Norman è una Giocasta monumentale e particolarmente coinvolta; Ozawa dirige con una violenza e purezza uniche; Julye Taymour imbrocca la più bella regia della sua vita; c'è persino un giovane e perentorio Terfel.
Ma soprattutto c'è lui... Langridge che da quella strana e scomodissima parte che è Oedipus (che Domingo rifiutò a Mortier perché secondo lui non abbastanza "importante") ottiene qualcosa di inimmaginabile.
Ho visto quel video talmente tante volte da logorare il nastro.
All'inizio ero quasi turbato dalla stranezza delle sonorità di Langridge (molte delle quali sgradevoli, tirate, aspre), poi quelle sonorità mi si sono impresse nella testa come quelle più giuste, più vere, più rivelatrici.
E non smetto di sorprendermi a constatare quanto Langridge sia riuscito ad essere sconvolgente di emozione e vita eseguendo una musica che (per volontà stessa dell'autore) dovrebbe essere distante, oggettiva, rituale, per nulla propensa all'emozione tipicamente operistica (per giunta in una regia che "pietrifica" i personaggi in statue antiche, da Isola di Pasqua).

Praticamente possiedo tutti gli Edipi discografici (amo follemente quest'opera), ma non c'è nessuno che nemmeno sfiori le intuizioni stupefacente del tenore britannico.
Ad esempio, quando si difende dalle accuse di Tiresia, il quale insinua che le ragioni della pestilenza di Tebe andrebbero cercate in un atto di blasfemia compiuto dallo stesso Re, Edipo gli risponde con disprezzo ("invidia fortunam odit") e gli chiede dove era lui, grande veggente, quando il popolo moriva a causa dell'enigma Sfinge, che nessuno riusciva a risolvere.
"Io l'ho risolto! Io ho salvato la città e allora ...voi mi avete fatto re" (et creavistis me regem)"
Ecco, in quella musica (che Strawinsky avrebbe voluto fredda, rituale, anti-espressiva) gli interpreti possono mettere la fierezza,lo sdegno, l'ironia, il furore...
Langridge invece scende progressivamente in una nostalgia amara, sussurrata, striata di dolcezza infinita, come se quelle parole - invece che sputate in faccia a Tiresia - fossero ripetute a sè stesso, con tenerezza caparbia, da bambino
Nella ripetere quello struggente "...et creavistis me regem", come una preghiera meccanicamente ripetuta nei momenti di disperazione, come un pianto dell'anima, passano tante cose, a cui forse nemmeno Stravinsky aveva pensato: la nostalgia di un passato glorioso (quando tutto andava bene), ma anche l'impotenza del re per la rovina della sua città (e che perde ogni grandezza e ritorna fanciullo smarrito); infine l'inconfessabile consapevolezza di un orrore che si vuole a tutti i costi nascondere, reprimere, rimuovere.

Ecco il genio dell'inteprete... altro che "fedeltà allo spartito".
E' la grandezza di chi prende uno spartito e vi soffia dentro emozioni, inquietudini, verità che - da solo - le povere note sul pentagramma (con tutte le loro brave forcelle) non possono esprimere.

E naturalmente di tutti gli Edipi che ho sentito non c'è nessuno che ricavi - come lui - dalle ultime parole quell'abisso di orrore ghiaggiato, indicibile, spaventoso.
"Natus sum quo nefastum est,
Concubui cui nefastum est,
Cecidi quem nefastum est.
Lux facta est!"
(sono nato da chi non dovevo nascere, mi sono giaciuto con chi non dovevo giacermi, ho ucciso chi non dovevo uccidere.
Luce è fatta)

Sono parole distillate da Langridge con un'apparente asciuttezza, ma con un'evidenza di colori freddi e sgomenti che ti fa rabbrividire, fino al falsetto sottile come una lama e che ti penetra nell'anima su "Lux facta est", mentre la luce si spegne sui suoi occhi sbarrati, immortalati da un primissimo piano che da solo potrebbe rappresentare "l'arte dell'interpretazione operistica".
Ora... voi potete parlarmi finché volete della "preclara" tecnica di Corelli, dell'appoggio del fiato e degli acuti "avanti" ...
Ma l'arte del canto, mi spiace, l'arte dell'interpretazione operistica è questa.

Proprio Langridge, il tenore che ho adorato nella mia giovinezza, mi ha fatto capire quello che già da tempo sospettavo: che Celletti e la vociologia tradizionale non erano in grado di capire la magia e la grandezza del canto, che si misura sul potere misterioso dei suoni, non nell'osservanza ad una grammatica.

Nel 1989 vidi finalmente Langridge dal vivo: faceva Oberon (quello di Weber) alla Scala.
Da allora l'ho visto varie volte in concerto (il War Requiem a Bologna e la serenta per tenore e corno di Britten diretta da Abbado a Ferrara) e varie volte all'Opera, per alcuni dei ricordi più incredibili della mia vita: il suo Loge a Londra, il suo Peter Grimes, il suo Shuisky, fino alla sua memorabile performance come ---Strega dell'Hansel e Gretel al Metropolitan).

In Langridge abbiamo perso uno dei più grandi artisti di tutti i tempi.
Con buona pace di Celletti e di tutti coloro che di cosa sia il canto non hanno mai capito nulla.

Concludo con un frammento di quell'Oedipus: il momento in cui Giocasta e Edipo capiscono la verità. Ma mentre lei si ribella, non vuole credere, lui - disperato, orrificato, annichilito - va avanti!
"Sciam!!" (che io sappia)



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Re: Philip Langridge

Messaggioda VGobbi » dom 07 mar 2010, 18:41

Che bella testitomianza, Mat!!! E come davvero traspare il tuo folle (ma mica tanto) amore per questo inteprete!

Solo una cosa, diciamo, mi ha lasciato sorpreso. Proprio in quel "Mose' et Aronne" io ho potuto apprezzare invece anche l'arte interpretativa dell'immenso, almen per me, Mazura. Altro che irritante, enfatico fastidioso come dici tu! Io l'ho sempre trovato imperioso, autoritario, franco e scolpito nel suo eloquio. Immenso!
Scusami l''ingeneroso OT.
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Re: Philip Langridge

Messaggioda Milady » dom 07 mar 2010, 21:20

Carissimi amici,
nel 1988- se non vado errata- hyo avuto la gioia immensa di ascoltare e vedere - dato fondamentale dinanzi ad un cantante -grande attore-dal vivo Philip Langridge nel "Peter Grimes".
Ebbi la stessa impressione provata nell'ascoltare i pochi grandissimi che ho avuto la ventura di ascoltare.
Il suo Peter Grimes era un essere umano profondamente piagato, ora divorato e roso dall'inquietudine,ora attraversato da scatti furiosi ( ma contenutissimi nella gestualità), ora ossessionato sino alla perdita della ragione , un volto - e una voce- capace di mille sfaccettature .
Con miserandi espedienti, riuscii a vedere altre due recite.
Lo guardai attentamente col binocolo : il suo volto era straordinariamente espressivo, al pari di quello di un grandissimo attore cinematografico : alludo a quei pochissimi cui basta alzare un sopracciglio o muovere un solo muscolo per dire tutto: quei pochissimi che padroneggiano un'arte tutta "in levare".
Anche le sue movenze , ora lente ora a scatti, rispondevano ad una superiore economia , che rendeva anche il movimento di una sola mano carico di significato.
Indimenticabile la scena finale: mi sembrò una terrena trasfigurazione.
Non so quale fosse la sua fedeltà allo spartito britteniano.
Senza dubbio i farmacisti operistici che pesano ogni esecuzione col bilancino avrebbero avuto molte cose da ridire. Pears o non Pears ,per quanto mi riguarda credo che sia stato l'interprete ideale di questo ruolo , che mi sembra cucito addosso alle immense potenzialità vocali ed espressive di questa immensa personalità.
Con simpatia
Milady
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Re: Philip Langridge

Messaggioda MatMarazzi » lun 08 mar 2010, 1:00

VGobbi ha scritto:Proprio in quel "Mose' et Aronne" io ho potuto apprezzare invece anche l'arte interpretativa dell'immenso, almen per me, Mazura. Altro che irritante, enfatico fastidioso come dici tu! Io l'ho sempre trovato imperioso, autoritario, franco e scolpito nel suo eloquio. Immenso! .


Caro Vit,
che a te piaccia la declamazione aggressiva, estremistica e vigorosa è un fatto noto! :)
E non discuto i tuoi gusti! Gobbi è il tuo nick per qualcosa...

Tuttavia mi piacerebbe discutere sui singoli personaggi e sull'ipotesi che non sempre questo tipo di declamazione sempre al massimo del climax giovi davvero ad alcuni personaggi.
Prendiamo ad esempio il caso del povero Mosé (parlo dell'Opera di Schoenberg, non del personaggio biblico).
Riferendoti a Mazura tu usi giustamente espressioni come "imperioso" "autoritario" "scolpito".
Insomma.. un grande, inflessibile comunicatore... :) Cosa che il personaggio non è: Mosè è un uomo incapace di comunicare, e questa è la sua tragedia.
E' disperato proprio a causa della sua impossibilità di far partecipe il popolo di Israele di quel vento di "verità divina" di cui lui - nel chiuso della sua mente - ha goduto.
E' condannato alla solitudine, all'isolamento, al silenzio persino...
E soprattutto al fallimento: perché lui sa che la ragione per cui Dio gli ha parlato è quella di diffondere il Verbo presso gli uomini.
Ma Mosé non ne è capace: per lui ogni parola "umana" non è un modo di involgarire il messaggio divino (che è indicibile), di semplificarlo e ridurlo.
Questi sono gli aspetti che rendono grande il personaggio: la sua solitudine e il suo fallimento, la cui condanna è il silenzio.

Lo so anche io che viene facile atteggiarsi a vecchio colosso, con tanto di barba bianca e bastone, e tuonare dall'alto, ruggire le proprie sentenze... (come appunto fa Mazura "imperioso", "autoritario", "scolpito").
Ma così facendo il personaggio esce semplificato, ridotto a cliché, poco emozionante, poco coinvolgente.

IL Tomlinson di vari anni fa sapeva rendere benissimo la desolazione muta e impotente di Mosé. Mazura invece prende la via più facile...
Così almeno la vedo io.

Quanto al Peter Grimes di Firenze, proveniente dal Giappone, che Milady ricordava, c'ero anche io.
Ha proprio ragione Milady: fu una delle poche occasioni in cui gli Italiani poterono avvedersi del genio del tenore britannico.

Di quello spettacolo due piccoli dettagli mi sono rimasti in mente.
Quando nel secondo atto, di fronte al povero orfano-mozzo riverso in terra, piangente, annichilito dai maltrattamenti e dalla paura, Grimes si mette a sognare ad occhi aperti e vagheggia la sua salvezza, l'asilo di pace che prima o poi riuscirà a edificare (la casetta vicina al mare, insieme a Ellen, piena di bambini, dove alberga tanta saggezza e felicità, lontano dagli orrori della vita, finalmente rispettato da tutti), Langridge si trasformava lentamente in un ragazzo a sua volta, i suoi occhi si illuminavano, si stringeva le braccia al petto e ondeggiava sulle ali della fantasia impossibile, e un po' alla volta la sua felicità esplodeva, al punto che quasi danzava, con gli occhi pieni di felicità e di lacrime, esaltato dal suo stesso sognare.
Era talmente appassionato ed eloquente in questo canto di disperata speranza che ti veniva da credergli; persino il piccolo mozzo, alla fine del pezzo si alzava di scatto e correva ad abbracciare il suo aguzzino... avendo visto in Grimes nient'altro che un ragazzo come lui, con le sue stesse paure, lo stesso vuoto intorno e la sua stessa disperazione.
Roba da commuoversi davvero...

Mi ricordo anche il finale, il suo ingresso (ormai compeltamente impazzito) fra le nebbie del porto.
La "camminata" di Langridge diceva tutto.
Era a scatti, compulsiva, esausta e sfinita, come di uno che avesse camminato tutta la notte, ma che non riusciva a fermarsi, non poteva fermarsi... chissà cosa sarebbe successo se si fosse fermato!!!
Dentro di me in quel momento una pietra sepolcrale era caduta sul ricordo di Vickers: come è giusto che sia, il nuovo Grimes aveva spazzato via il vecchio.

Milady ha scritto:Senza dubbio i farmacisti operistici che pesano ogni esecuzione col bilancino avrebbero avuto molte cose da ridire. Pears o non Pears ,per quanto mi riguarda credo che sia stato l'interprete ideale di questo ruolo , che mi sembra cucito addosso alle immense potenzialità vocali ed espressive di questa immensa personalità.


Giusto!
Vorrei però aggiungere che i "farmacisti" di cui parli, in realtà sono "falsi" farmacisti: vorrebbero esserlo ma senza saperlo fare.
Un vero farmacista si accorgerebbe infatti che era proprio la tecnica vocale il grande segreto di Langridge.
La sua grandezza non era tale "a dispetto" di una vocalità discutibile, ma - al contrario - proprio grazie a un'emissione straordinaria.
Certo... non era un'emissione fatta per cantare il primo Verdi... Negata all'operismo romantico, e tuttavia credo che Langridge in Ernani avrebbe fatto
molti meno danni di quelli che ad esempio un Bergonzi o un Corelli avrebbero combinato nella canzone del liuto di Gloriana o nell'apparizione di Peter Quint.
E non sto parlando di musicalità o finezza interpretativa, ma proprio di tecnica del canto.
E' proprio tecnicamente che un tenore "all'italiana" (fosse pure Bergonzi) avrebbe fatto la figura del puro dilettante in questo repertorio.

Salutoni,
Mat

PS: a proposito, Milady. Ho letto tutto il possibile Celletti, e non mi pare che - a parte qualche tartassata qua e là - abbia demolito la Callas.
Tutt'altro. Fu subito in prima linea a difenderne il genio e le rivoluzioni.
Che poi confondesse il suo sperimentalismo per "osservanza" alle regole auree, questo era solo una delle sue tipiche mistificazioni critiche.
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Re: Philip Langridge

Messaggioda Milady » lun 08 mar 2010, 6:40

Mat Carissimo,
io parlo esclusivamente della primissima edizione cellettiana del Teatro d'opera, quella che sparì in pochissimo tempo e che fu subito rimpiazzata da una versione "addolcita".Per quelli della mia generazione fu una mazzata. Non riesco più a trovarla nelle cataste di libri ammassate alla garibaldina in soffitta , ma so che c'è, nascosta , ma ci deve essere.
Hai invece ragione da vendere sui falsi farmacisti.
Ultimamente me ne è capitato uno accanto, dopo anni che la trista genia non mi ricompariva , diciamo a fianco. Sospiri,mugugni, controllo munzioso dello spartito alla mano, si agitava di continuo sulla poltrocina... non gli ho tirato una meriata borsata in capo unicamente perché avevo una minuscola troussettina senza nemmeno le
le chiavi di casa dentro...
Langridge con la sua vocalità ha rinnovato ab imis il personaggio di Peter Grimes e tutto
britten.
Ed è grazie a lui che ho cominnciato ad amare Britten , che prima non conoscevo.
Ed è grazie a te che ho potuto rivivere una serata memorabile, che mi lasciò incantata.
Con tanta simpatia
Milady
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Re: Philip Langridge

Messaggioda elvino » mar 22 giu 2010, 21:13

Ascoltato oggi in due video "rossiniani" su youtube :shock: Be che dire l'acuto non c'era o c'era poco,ma x il resto i personaggi in quei due frammenti c'erano tutti :o e non erano ruoli da poco: Giacomo V e Otello!!! Voi cosa ne pensate di Langridge rossiniano?? Qualcuno lo conosceva anche sotto questo aspetto?
A presto Gian Luigi
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Re: Philip Langridge

Messaggioda VGobbi » mar 07 giu 2011, 16:58

Ho voluto ripristinare questo thread, perche' mi sono deciso ... dopo immemore tempo (lo ammetto), di ascoltarmi/vedermi i due Peter Grimes, quello di Vickers e quello di Langridge.

Al momento ho visto quello con Vickers. Mamma mia che attore, che personalita', che grandeur ... impossibile impedirgli di trattenersi, di non "titanizzare" (come diceva Mat) ogni cosa che canta Vickers. Lui e' cosi' e sa cantare, interpretare solo in questo modo. Forse in un personaggio di natura umile, dopo tutto e' un semplice pescatore (mica un Re, un eroe nibelungico od un cavaliere) ... richiedeva una perfomance piu' raccolta, una gestualita' piu' soffusa ... ma cio' non toglie che il suo Grimes e' davvero immenso! Insomma, non lo scarterei ... anche a fronte di una voce totalmente "sbiancata" ... mai udito cosi' tanti suoni cosi' esteticamente brutti, anche se allo stesso tempo funzionali e poi Vickers lavora di cesello e per un drammatico di tale stazza, mi pare un'impresa encomiabile. Grandissimi, superbi i comprimari, citando i piu' famosi dalla Harper a Bailey. Da notare la presenza (e son rimasto basito, visto che non me lo aspettavo) di John Tomlinson, riconoscibilissimo!!!

Sentiro' poi Langridge ...
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