VARIE: tenori di oggi

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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda Donizetti » gio 10 giu 2010, 19:25

Un saluto a tutti voi.

Mi sono iscritto da poco in questo splendido forum e quindi ho una qualche difficoltà a districarmi nel mare magnum di messaggi; mi perdonerete se scriverò di argomenti forse abbandonati da tempo.

Prendendo spunto da quanto ho velocemente letto a proposito di tenori e di Pavarotti, volevo fare qualche mia considerazione. Non conosco tutti i nomi di tenori che avete citato e qualcuno di essi l'ho sentito troppo raramente per dare un giudizio sensato.

Dico subito che José Bros e Juan Diego Flórez mi piacciono assai: il primo l'ho ascoltato in opere dal vivo su DVD e mi pare abbia un bel timbro e sia un buon interprete, sia pure con qualche limite nella dizione e nel passaggio di registro. Il secondo è certamente un fenomeno di tecnica, con una facilità "irritante" nel salire e poi è simpatico: forse ha una voce troppo chiara per certi ruoli lirici che pure ha cantato, ma insomma nel panorama odierno si può dire che è un gran cantante. Non mi piace affatto, invece, Villazon: è forsennato sempre, qualunque cosa canti, con gusto spesso dubbio in certe accentazioni e con un effetto "gola" troppo spesso mal camuffato. Su José Cura mi trovo in difficoltà: gran bel timbro, grande potenza, ma mi pare con qualche imbarazzo di troppo in alto (l'ho ascoltato nei Pagliacci e ha fatto una cosa stranissima: nel salire verso la "e" di "o meretrice abbiEtta", un istante prima della "e" ha tirato fuori una sorta di vocale di appoggio, tra la "a" e la "e": non avevo mai sentito una cosa del genere).

Vorrei citare qualche altro tenore che ho avuto modo di ascoltare a teatro: il primo è Antonino Siragusa, allievo di Matteuzzi (che a me piace moltissimo), che ha un timbro da tenore leggero e gradevolissimo e che, a mio avviso, è un ottimo interprete. L'ho ascoltato in un notevole Don Pasquale all'Opera di Roma e mi ha molto emozionato il suo "Sogno soave e casto". Poi Juan Francisco Gatell, ascoltato nella parte di Don Ottavio: timbro simile a Siragusa (ovviamente), ma forse più brillante, ha incantato ne "Il mio tesoro intanto", con dei "legato" strepitosi. Fraccaro, invece, l'ho ascoltato in una Tosca, sempre a Roma: mi è parso sinceramente in difficoltà nel ruolo piuttosto complesso di Cavaradossi, anche se il timbro non è niente male. In ogni caso, non ha lasciato un segno indelebile. Vittorio Grigolo, ascoltato in un Elisir, appartiene a quella schiera di tenori che probabilmente devono trovare la loro strada: piuttosto piatto nel canto, soprattutto nel Donizetti dell'Elisir, dove occorre dare senso alle parole che si cantano, altrimenti rimane poco. Infine vorrei citare Salvatore Licitra, che ho ascoltato nel 2001 a Roma nel Ballo in maschera: davvero bravo. Ma che fine ha fatto?

Infine Pavarotti: devo subito dire che ne ho un'ammirazione sconfinata e che lo ritengo il più grande degli ultimi tempi, almeno fino a che è rimasto un tenore. Sinceramente ammetto che non sapevo che avesse difficoltà a leggere le note o addirittura a capire la loro durata: ma come non rimanere estasiati al suono della sua voce? Come non passare sopra a certe sue interpretazioni (Otello, Don carlo) o a certi suoi vezzi o a questi presunti limiti tecnico-musicali, quando poi lo senti cantare, che so, "Ma se m'è forza perderti", o "Prendi, l'anel ti dono", o "De' miei bollenti spiriti" e cabaletta seguente? Credo che di lui si possa dire tutto e, in particolare, criticare la sua fase "mediatica"; credo anche che un certo qual gusto paranoico e malevolo nel trovare difetti e limiti sia, ahimé, più sentito per i grandi: ma al di là di legittime critiche (quando però non offuscate dalla sensazione di compiacimento nell'esprimerle), di lui mi resta, nella mente e nell'anima, la sua voce argentina e inconfondibile, il suo calore, la sua capacità di non far perdere spessore alla voce nei passaggi di registro, la sua dizione perfetta, il saper accentare sempre con giustezza ogni parola (come ha giustamente osservato Elvio Giudici, nel Rigoletto sa dare ad ognuno dei tre verbi consecutivi "inebria, conquide, distrugge" un accento diverso, evitando di banalizzare l'enfatizzazione linguistica data proprio dal susseguirsi di tre verbi).
Per me, al di là di tutto, un grandissimo.
Donizetti
 
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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda dottorcajus » ven 11 giu 2010, 0:24

Ciao
Molto sinteticamente provo a darti il mio parere premettendo che noi abbiamo gusti divergenti in fatto di tipo di voci tenorili e che la capacità di emozionarmi è fattore determinante perchè un cantante mi piaccia.
Partendo dal passato devo dire che il Pavarotti ascoltato in teatro fra il 1975 ed il 1985 era un cantante con una voce indubbiamente bella ed accattivante ma sostanzialmente molto noioso. Dopo alcuni ascolti ho preferito abbandonare.
Matteuzzi voce minuscola e monocorde. Si poteva confondere la sua voce con quella del soprano, se questa aveva voce altrettanto piccola e monocorde. Ricordo una Fille dove nei duetti si faticava a distinguere lui dalla Serra.
Bros, voce molto nasale, particolarmente povera di armonici. In teatro lo ho ascoltato molti anni fa ed alcuni sfortunati ascolti radiofonici non hanno modificato la mia impressione negativa.
Siragusa, voce piccola con tutti i limiti delle voci piccole. Non sono interessato a conoscerlo meglio. Lo stesso dicasi per Gatell se questi ha un tipo di voce simile a Siragusa.
Florez. Per certi aspetti è sicuramente un fuoriclasse ma non riesce ad emozionarmi. Troppo scolastico nella sua abilità tecnica, troppo ripetitivo nelle sue caratteristiche interpretative specie se affronta ruoli quali Don Pasquale, Fille etc. Mai una volta che riesca a soprendermi con qualche frase inaspettata.
Ho sentito qualche volta Licitra ma ho dimenticato rapidamente ogni sua prestazione.
Fraccaro non mi sembra brilli per originalità.
Grigolo non lo conosco.
Roberto
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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda Donizetti » ven 11 giu 2010, 9:07

Buon giorno a tutti.

I gusti son gusti, c'è poco da fare: la voce di un Pavarotti, o, meglio, il suo modo di cantare può non piacere, ci mancherebbe altro. Ma dire che sia stato "sostanzialmente molto noioso" francamente non lo comprendo, quando poi non si spiega il perché del giudizio.

Riguardo tutti gli altri tenori citati, chi è bravo, ma poco emozionante, chi è invece poco più di un dilettante. E non ho parlato di Raul Gimenez... Mi chiedo allora nel panorama attuale (e, a questo punto, anche nel passato) quali siano i tenori che piacciono a Roberto. Poi, ben inteso, le questioni tecniche o le doti naturali che solo in teatro si possono pienamente valutare, restano sempre; ma se scendiamo troppo negli aspetti tecnici, temo ne resterebbero ben pochi e tutti del passato probabilmente.
Donizetti
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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda dottorcajus » ven 11 giu 2010, 17:39

La lirica è un arte "morta" che vive solo attraverso chi la rappresenta. Noi siamo chiamati a formarci un opinione sulla base di quello che percepiamo ed osserviamo, di conseguenza qualsiasi giudizio è soggettivo.
Non amo giudicare attraverso la visione di un dvd o l'ascolto di una qualsiasi registrazione, il loro ascolto è fatto quando troviamo il momento giusto, quando ne abbiamo voglia. Diversamente, recandoci a teatro, ci portiamo appresso la nostra quotidianetà e non è detto che ci troveremo nelle condizioni ideali per assistere alla rappresentazione.
La tecnica di canto è altro elemento in cui fatico a rintracciare l'oggettività sempre perchè siamo chiamati a valutare le nostre percezioni ricavate dall'ascolto dell'esito finale di un percorso tecnico, percorso spesso a noi sconosciuto e influenzato dalle caratteristiche individuali dei cantanti. Si potrebbe discutere su quali siano le caratteristiche tecniche attraverso le quali un cantante si può definire artista lirico e codificarle ma non credo potremmo essere altrettanto certi sulle strade percorse da ciascun artista per arrivare a quel risultato rispettanto i suddetti codici.
Ritengo che ogni titolo possa essere eseguito senza necessariamente rifarsi ad una scuola di pensiero e trovo perfettamente plausibile eseguire qualsiasi titolo operistico richiamandosi ai canoni del "belcanto", cioè di quella corrente che antepone il canto a tutto il resto, fermo restando che vi sono titoli che difficilmente possono trovare una buona esecuzione con tale "metodo" e che prediligono un esecuzione diversa. Io amo entrambi e trovo che in essi vi possono comunque essere elementi di interesse ed elementi che permettono all'artista di caratterizzare la sua prestazione.

Riprendendo l'analisi dei nomi vorrei precisare che nelle mie parole non vi è alcun riferimento al dilettantismo. Tutti questi artisti sono professionisti della lirica ma per varie ragioni non mi piacciono nè mi interessano.
Richiamando la mia lunga premessa ritengo che I nomi che hai proposto, almeno quelli che conosco, appartengano a quella schiera di artisti che antepongono il canto alla parola ed attraverso il canto dovrebbero interpretare quello che cantano.
Pavarotti era un cantante che possedeva un schema interpretativo povero di scelte ed i suoi personaggi tendevano a somigliare l'uno all'altro. Se in alcuni titoli la bellezza della voce e la facile comunicativa potevano essere sufficienti negli altri rasentava l'inerzia.

Le voci piccole (Matteuzzi, Bros, Siragusa) sono impossibiltate ad offrire una varietà di fraseggio a causa delle caratteristiche della voce. Voci estese ma povere di armonici e povere nei centri, luogo dove questi cantanti dovrebbero trovare colori e nuances. Sono cantanti quasi sempre costretti a mantenere alto il volume del loro canto e, spesso, l'esilità della voce rende il suono uguale nei piani come nei forti. Da qui la totale noia nell'ascoltare le loro prestazioni e, almeno per coloro che sono ancora in attività, il mio disinteresse nell'ascoltare una qualsiasi loro prestazione salvo un prevalente interesse nutrito verso il titolo rappresentato.
Florez è un discorso parzialmente diverso. La voce è piccola ma, probabilmente, di qualità sonora migliore. La tecnica è probabilmente eccelsa ma i limiti, quando esce da un preciso repertorio, sono gli stessi e mi risulta altrettanto noioso. Nel repertorio più consono alle sue caratteristiche vocali mi appaga parzialmente. Non posso discuterne la facilità, la capacità acrobatica e virtuosistica ma, anche qui, il piacere è mitigato dalla sensazione di non ascoltare niente di veramente personale e sorprendente. Anche in questo repertorio entro in teatro sapendo già che ascolterò un grande cantante impegnato in una bellissima lezione di canto, magari poco personale.
In generale non amo le voci piccole e detesto ascoltarle in determinato repertorio. Un Vargas in Ballo o Lombardi è inaccettabile.
In conclusione cantanti come Bros o Siragusa ed ancor più come Matteuzzi sono artisti che non raggiungono il mio livello minimo di dotazione vocale.

Diverso sarebbe se invece del canto questi cantanti ponessero maggior attenzione alla parola. In tal caso la dotazione vocale, pur restando elemento importante, perde valore e tale limite può essere compensato dalle qualità espressive.

Tralasciando le dimensioni della voce vorrei chiarire il mio pensiero attraverso due baritoni.
Prendo l'aria finale del Macbeth e prendo le esecuzioni di Warren e Hampson. Due modi completamente diversi di affrontarla. Il primo risolve la parte espressiva nel canto e con il canto. Il secondo pone maggior attenzione alla parola. Due interpretazioni diverse ma entrambe valide ed interessanti. Due prestazioni che, a seconda del mio stato emotivo, possono procurarmi eguale appagamento.

Non conosco a fondo il panorama odierno ma direi che fra tutti trovo molto stimolante Kauffmann. Vorrei approfondire Beczala, Abelo, Osborne. Sono rimasto deluso da Alvarez, forse il maggior esponente del cantante che vorrebbe risolvere tutto nel canto. Bellissima voce ma, anche lui, specie nel nuovo repertorio, sembra incapace di offrire interpretazioni che non siano piene di elementi espressivi ovvi e scontati.

Volgendo lo sguardo al passato penso che un mix fra Caruso, Pertile e Schipa possa aver rappresentato il mio tenore ideale. Oggi non saprei trovare un mix adeguato ad incarnare quello che penso possa essere il mio "tenore".

In passato ponevo maggior attenzione verso i cantanti. Oggi prevale il piacere che derivo dal semplice ascolto di un opera dove tutto può essere aumentato dalla presenza di artisti che mi emozionano. In ogni caso tendo ad apprezzare quel cantante, uomo o donna che sia, che appaga la mia fame emotiva e fa sul palcoscenico quello che vorrei fare io qualora fossi al suo posto.

Roberto
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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda Tucidide » ven 11 giu 2010, 19:38

Donizetti ha scritto:Riguardo tutti gli altri tenori citati, chi è bravo, ma poco emozionante, chi è invece poco più di un dilettante. E non ho parlato di Raul Gimenez...

Ciao Donizetti!
Vorrei chiederti una precisazione, se non ti dispiace. A chi ti riferisci precisamente nella frase citata? E Raul Gimenez per te è un esempio in negativo o in positivo? Chiarisco subito che per me si tratta di un grande artista, che mi ha regalato belle emozioni dal vivo e che considero uno dei tenori musicalmente ed interpretativamente più interessanti degli ultimi trent'anni.

Matteuzzi (che a me piace moltissimo)

Anche a me! Peccato che sia durato poco poco...

Su José Cura mi trovo in difficoltà: gran bel timbro, grande potenza, ma mi pare con qualche imbarazzo di troppo in alto (l'ho ascoltato nei Pagliacci e ha fatto una cosa stranissima: nel salire verso la "e" di "o meretrice abbiEtta", un istante prima della "e" ha tirato fuori una sorta di vocale di appoggio, tra la "a" e la "e": non avevo mai sentito una cosa del genere).

Una cosa simile la fa anche Carreras: nella Turandot canta "VInciairò", dittongando la E per facilitare la salita all'acuto.

dottorcajus ha scritto:In generale non amo le voci piccole e detesto ascoltarle in determinato repertorio. Un Vargas in Ballo o Lombardi è inaccettabile.
In conclusione cantanti come Bros o Siragusa ed ancor più come Matteuzzi sono artisti che non raggiungono il mio livello minimo di dotazione vocale.

Diverso sarebbe se invece del canto questi cantanti ponessero maggior attenzione alla parola. In tal caso la dotazione vocale, pur restando elemento importante, perde valore e tale limite può essere compensato dalle qualità espressive.

Io credo che molto dipenda anche dal contesto in cui ascolti le voci. Al Comunale di Bologna puoi permetterti un volume di voce esiguo anche in repertori "pesanti", alla Scala o al Met no.

Volgendo lo sguardo al passato penso che un mix fra Caruso, Pertile e Schipa possa aver rappresentato il mio tenore ideale. Oggi non saprei trovare un mix adeguato ad incarnare quello che penso possa essere il mio "tenore".

Hai detto poco!!! :mrgreen:
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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda Donizetti » ven 11 giu 2010, 20:05

Ciao Tucidide.

Mi riferivo a Roberto/Cajus, a cui non piacciono pressoché tutti i tenori che avevo citato. Così come, suppongo, anche Gimenez non rientra nei tenori da lui preferiti.

L'ho visto in teatro nel Barbiere: niente male. L'ho ascoltato nella Cenerentola e mi è piaciuto.

Una buona fine settimana a tutti.

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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda Tucidide » ven 11 giu 2010, 20:52

Sì, scusami, Donizetti, ma avevo mangiato dell'oca... :oops: Sarà il caldo e la giornata stressante, :shock: ma non avevo letto bene i messaggi precedenti.
Ad ogni modo, tornando alla discussione, dico qualcosa io a distanza di anni da quando intervenni la prima volta.
Florez resta un grande, a mio avviso, anche se in questi anni mi ha parzialmente deluso in Otello e Puritani, piacendomi invece molto nella Zelmira.
Kaufmann, che quasi non conoscevo fino a un paio di anni fa, è per me un altro grande, anche se capisco che possa non piacere a chi ami il canto all'italiana. Ma certe sue interpretazioni sono paradigmatiche, in particolare mi è parsa strepitosa quella nel Werther di Parigi, purtroppo non vista dal vivo.
Michael Spyres è un altro cantante interessante, che si sta facendo strada molto bene.
Siragusa: l'ho sentito nell'Ermione di Pesaro, e devo dire che la voce dal vivo ha una spontanea piacevolezza che in disco e in radio va perduta. E' interprete un po' "anema e core", ma nel complesso non mi dispiace affatto.
Francesco Meli: sentito più volte in questi anni, non riesce a fare ancora il salto di qualità. Ha difficoltà nelle tessiture acute, canta quasi tutto in forte, con qualche falsetto strappacore. Quando mi è piaciuto? Nell'Idomeneo, dove ad onta della voce e della figura giovanili rendeva bene l'idea di un tenore "d'altri tempi", emblema del vecchio che sta per essere soppiantato dal nuovo che avanza (Idamante e Ilia). Il suo canto è antico (per non dire antiquato), da tenore con le tonsille al vento: bellissima voce, certo, ma non ci trovo molto altro. In Werther se l'è cavata, qualche bel momento c'è stato, ma riascoltando Kaufmann mi sembrava di andare in un altro pianeta.
Alagna: oramai, non è che abbia molto da offrire. Ciò non toglie che sia stato un grande tenore, in passato.
Alvarez... : Blink : : Blink : : Blink : : Blink : : Blink : : Blink : che vi devo dire... rappresenta tutto quello che in un tenore non mi interessa. Per lui vale il discorso di Meli, moltiplicato per mille.
Beczala: non male, credo che possa essere una bella risorsa per il domani.
Polenzani: ha fatto cose notevoli.
Osborn: mi è piaciuto nel Vampyr di Bologna, meno in altre cose di cui ho sentito la registrazione.
Albelo: sentito in una recita sciagurata di Puritani, sembra una bella voce (altro non saprei dire).
Il temperamento c'è in Ivan Magrì, che però è tecnicamente più brado di un cavallo di Przewalski. Se mettesse a posto la tecnica, potrebbe essere un bel tenore.
Brownlee, da quel che ho sentito, è un tenore interessante: aspetto di sentirlo dal vivo.
Cutler... ecco, a me, da quel che ho sentito, non è piaciuto per niente: so che a Mat piace...
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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda dottorcajus » sab 12 giu 2010, 0:17

Le dimensioni delle voci non dipendono dal teatro. Florez ha una voce piccola che corre benissimo e si sente bene. Il problema di queste voci non è solo un problema di volume ma è soprattutto un problema di armonici, specie nella sezione centrale della voce. Inoltre gli esempi forniti da Donizetti (di cui non critico assolutamente i gusti) erano esempi di cantanti che si rifanno al canto all'italiana ed in questa modalità il cantante deve essere espressivo usando le risorse che il canto gli offre.
Io amo molto il canto all'italiana ma non mi sembra che questi cantanti sappiano o possano essere espressivi.
Avevo dimenticato Meli. Voce molto bella ma cammino incerto con scelte di repertorio discutibili. Temo percorra la stessa strada di Alvarez.
Un altro tenore sul quale forse ho un opinione sbagliata è Brownlee. Mi documenterò su di lui e su Cutler che ammetto di non conoscere affatto.
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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda MatMarazzi » sab 12 giu 2010, 17:53

dottorcajus ha scritto:Ritengo che ogni titolo possa essere eseguito senza necessariamente rifarsi ad una scuola di pensiero e trovo perfettamente plausibile eseguire qualsiasi titolo operistico richiamandosi ai canoni del "belcanto", cioè di quella corrente che antepone il canto a tutto il resto,


Caro Roberto,
Intervengo solo su questo punto, perché non credo che la tua definizione di Belcanto possa soddisfare tutti: "corrente che antepone il canto a tutto il resto".
Dal mio punto di vista è persino sviante, perchè induce il neofita a sospettare che il Belcanto sia solo un insieme di "bei suoni" (mentre è anch'esso, come il declamato o il colorismo, un insieme di suoni significanti).
Secondo me non è questione di priorità estetiche (fra suono e interpretazione), ma semplicemente di tecnica. Il Belcanto altro non è che una delle varie tecniche che hanno attraversato la storia del canto occidentale, caratterizzato (come le altre) di una sua grammatica, strumenti ed effetti ben precisi, con una tipica forma di respirazione, emissione ed elaborazione del suono.
E' come dire (esempio che ho fatto più volte e mi spiace un po' risultare ripetitivo) che la lingua "italiana" si potrebbe definire una "corrente che antepone il suono a tutto il resto". La lingua italiana è una lingua come tutte le altre, priva di finalità "estetiche" ma con le sue peculiarità sintattiche ed espressive.

Inoltre la tua definizione di Belcanto (come corrente che "antepone il canto a tutto il resto") cozza contro numerosi esempi di natura opposta.
Ella Fitzgerald non era una belcantista (avrei voluto sentirla in Handel o Rossini) eppure "anteponeva il canto a tutto il resto".
Al contrario la Gencer era un'eccellente belcantista eppure non anteponeva AFFATTO l'espressione al canto. Anzi, era disposta a pesantissimi compromessi (come la Callas d'altronde o Blake!).

Vorrei anche aggiungere che io non credo plausibile che "qualsiasi titolo operistico possa essere affrontato richiamandosi ai canoni del belcanto", come tu affermi: voglio ricordare infatti che la parola "operistico" - una parola apparentemente piccola e tranquillizzante - raccoglie ben quattro secoli di Storia, e in quattro secolo i gusti, le prassi, l'idea stessa di "suono" evolvono in un modo talmente spaventoso da non potersi nemmeno immaginare.
Fra Maria Malibran e Bessie Smith corrono ben meno di quattro secoli... non ne corre nemmeno uno! Eppure sono figlie di universi sonori che sembrano incredibili in seno alla stessa civiltà musicale (quella occidentale).
Se questa è la distanza fra due voci dell'occidente lontane da loro meno di un secolo, cerchiamo di ipotizzare quale differenze cosmiche possono separare le voci e i cantanti a quattro secoli di distanza!!!
Poi, è chiaro: per semplicità possiamo far cantare alla Caballé anche Monteverdi... o Puccini a Mina...
Possiamo omogeneizzare forzatamente il tutto facendo cantare a Francesco Albanese l'Armida di Rossini, alla Gencer l'Ottavia di Monteverdi e alla Ricciarelli il Lohengrin, ma questo porterà solo a fraintendere una musica e il suo potenziale espressivo.
Che un modello tecnico (quale che sia!) possa risultare ugualmente efficace nei Masque secenteschi di Purcell o in Janacek, in Wagner o in Gershwin, in Rossini o in Kurt Weill mi pare semplicemente impossibile.

Io almeno la vedo così!
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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda dottorcajus » sab 12 giu 2010, 19:42

Caro Matteo
mi scuso per la semplificazione in cui sono volutamente caduto nella mia risposta. Colpa della mia pigrizia e della mia scarsa abitudine all'esposizione scritta. Riesco meglio nella discussione "botta e risposta".
Rimando ad altro momento una risposta alle tue giuste osservazioni e cercherò di spiegare meglio la mia idea.
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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda MatMarazzi » mar 15 giu 2010, 12:39

dottorcajus ha scritto:Caro Matteo
mi scuso per la semplificazione in cui sono volutamente caduto nella mia risposta. Colpa della mia pigrizia e della mia scarsa abitudine all'esposizione scritta. Riesco meglio nella discussione "botta e risposta".
Rimando ad altro momento una risposta alle tue giuste osservazioni e cercherò di spiegare meglio la mia idea.
Roberto


A me invece pare che tu riesca benissimo anche nell'esposizione scritta! :)
I tuoi posto sono bellissimi da leggere; diretti, lineari ma sentiti.
Comunque quello che mi sono permesso di contestare era solo un dettaglio; il resto del tuo post mi pare assolutamente condivisibile.
Resto in tutti i casi in attesa della tua risposta!

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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda dottorcajus » gio 17 giu 2010, 20:13

Alfin son giunto! Ardita opra mi attende ed io l'affronto con spavalderia, spero solo di non risultare prolisso e confuso. Se ciò accadesse farò nuova ammenda e tenterò di porvi rimedio.

Piccola premessa: intendo parlare esclusivamente di cantanti lirici e non di grandi artisti che si sono affermati in altri generi.
Intanto sgombriamo l’orizzonte da un equivoco in cui vi ho involontariamente precipitato.
Ogni artista ha il dovere di dare un valore al proprio canto. La differenza fra i vari artisti è nelle modalità che ciascuno adotta per rendere espressivo il suo canto.
Sostengo però che qualsiasi forma d’arte debba contenere elementi espressivi rilevabili dal tutto il pubblico e non solo da quella parte che possiede specifiche ed approfondite conoscenze storiche e musicali. Non faccio una classifica di pubblico e ritengo le opinioni tutte egualmente lecite, anche se non condivisibili.
Non sono completamente convinto dell’assoluta oggettività della lirica. Fra le intenzioni del compositore ed il pubblico è presente l’intermediazione dell’esecutore. Gli spettatori possono solo percepire od osservare il risultato finale di un percorso che, salvo rarissimi casi, non conoscono. Lo spettatore tende a proiettare se stesso sul palcoscenico ricercando un’affinità fra la sua idea di canto o di regia e quanto ascolta e vede. Ovviamente vi è anche chi ha conoscenze tali che permettono di approfondire quest’analisi, ma, senza tale conoscenza, tutto sarà basato sulla percezione e non sul confronto.

Sono perfettamente consapevole che in quattro secoli la lirica è mutata.
Dapprima si è abbandonato il falsettone a favore della voce piena, poi è arrivato Wagner con le sue innovazioni, poi il verismo con la sua influenza sull’opera italiana e con il suo contributo a costruire una classificazione di voci ancora valida per una determinata corrente di pubblico, poi la tecnologia che ha moltiplicato le opportunità di fruizione della stessa influenzandone molto la sua realizzazione. Il tutto detto in colpevole sintesi fin troppo semplificata.

Nonostante il canto e la parola interagiscano fra loro, il primo ha un valore universale che la seconda non può possedere. Occorre conoscere a fondo l’idioma cantato per poter analizzare l’esatta interpretazione della parola cantata. Una conoscenza limitata o, fatto ancor più frequente, un’ignoranza dell’idioma cantato, rende impossibile cogliere le infinite sfumature che possono modificare il senso dato ad una determinata parola, ad una frase.
Ecco che il canto diventa l’unico elemento attraverso il quale si può rendere espressiva qualsiasi lingua per tutti gli ascoltatori, basta che la versione tradotta sia coerente con la musica composta.
Solo l’incoerenza ritmica fra parole e musica, sul tipo del Flauto cantato in italiano, rende impossibile eseguire un’opera in una lingua diversa dall’originale.


Veniamo adesso all’errata definizione di Belcanto e mi scuso nuovamente per il mancato utilizzo di una corretta terminologia per illustrare il mio pensiero.
Hai ragione, ho semplificato troppo.
Tutti i ruoli hanno valori espressivi degni di essere evidenziati ed il cantante ha sempre il dovere di farlo. Vi sono molti titoli che non presentano elementi interpretativi complessi ma trovano nel canto, nella sua estetica, il fattore dominante.
Prendendo ad esempio il Macbeth, un’opera che per scrittura musicale e drammaturgia, si presta a diverse letture. Warren risolve tutto nel canto e cerca l’espressività per creare il personaggio utilizzando un metodo di canto che si richiama alla tradizione. Diversamente Hampson cerca colori ed espressioni senza curare troppo la linea di canto ma cercando sempre l’attinenza fra suono e parola, fra suono e momento espressivo. Entrambi sono plausibili e vincenti.
Ciò non può necessariamente accadere sempre. In realtà, per quanto prima scritto, Warren, con il suo metodo, ha in teoria la possibilità di cantare determinati ruoli che risulterebbero deficitarii se affrontati con il metodo Hampson.
Nella mia teoria non vi è prevalenza fra i due metodi ed essi possono convivere senza darsi noia. Trovo castrante per la lirica il tentativo di imporre un metodo sull’altro perché nega a parte del pubblico di godere delle emozioni e delle riflessioni che uno spettacolo lirico può offrire.

Quanto scritto non vuol ridurre l’esecuzione lirica ad una semplice esibizione canora. Né credo, sempre richiamandomi a quanto scritto prima, all’omologazione dell’esecuzione lirica.
Come scritto io chiedo al cantante di personalizzare la sua interpretazione utilizzando il metodo a lui più congeniale, fermo restando che poi io mi devo riconoscere in quanto lui mi propone.
Naturalmente, anche se forse per motivi diversi, non vorrei mai una Caballè in Don Carlo o Pavarotti in Lohengrin o Florez in Rigoletto.

Tutto quanto scritto è pura teoria. In pratica il mio interesse è rivolto all’opera in quanto tale più che ai suoi interpreti e, di volta in volta, vado alla ricerca di quelle sensazioni che sento di dover soddisfare.

Un’ultima domanda. Vedo che nell’interessante discussione sui tipi di tenore Rossiniano, alla quale mi rammarico di non poter contribuire sia per la mia evidente ignoranza sia per la mia forma mentis, vedo citato il nome di Florez. Mi chiedo perché su un sito dove si pone la massima attenzione alle capacità espressive ed alla personalità artistica del cantante si prende in considerazione il tenore peruviano che, seppur dotato d’indubbie capacità tecniche, non brilla certo per originalità espressiva, per varietà, per spavalderia e coraggio ma tende invece ad offrire prestazioni che appaiono schiave di uno schema espressivo buono per tutte le stagioni.

Spero di non aver fatto troppa confusione
Roberto
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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda MatMarazzi » dom 20 giu 2010, 12:44

Caro Dottor Cajus,
intanto grazie del post che apre e suggerisce tanti spaccati di conversazione interessanti.
Provo a risponderti punto per punto.

dottorcajus ha scritto:Piccola premessa: intendo parlare esclusivamente di cantanti lirici e non di grandi artisti che si sono affermati in altri generi.


Capisco benissimo la ragione di questa premessa. e sono d'accordo con te: questo è un sito che parla di opera, quindi è giusto concentrarsi sui cantanti che si dedicano all'opera.
Tuttavia io non traccerei un confine categorico tra canto operistico e canto non-operistico.
I due mondi non sono affatto "chiusi" fra loro, anzi interagiscono da sempre in modo molto pesante.

Porgy and Bess è un'opera. Treemonischa è un'opera. eppure non si cantano certamente con la tecnica richiesta per Wagner o Rossini.
la Schneider (musa di Offembach, creatrice della Grande Duchesse, della Belle Helene e della Perichole) era considerata una chansonnière ai suoi tempi, non certo una cantante d'opera.


Intanto sgombriamo l’orizzonte da un equivoco in cui vi ho involontariamente precipitato.
Ogni artista ha il dovere di dare un valore al proprio canto. La differenza fra i vari artisti è nelle modalità che ciascuno adotta per rendere espressivo il suo canto.


Totalmente d'accordo!!!

Sostengo però che qualsiasi forma d’arte debba contenere elementi espressivi rilevabili dal tutto il pubblico

Non sono completamente convinto dell’assoluta oggettività della lirica.


Ecco, mettiamo insieme queste due frasi (che io considero giustissime) e arriviamo proprio a quello che io affermo da tanto tempo.
Assoluta oggettività no! Assoluta soggettività nemmeno!
C'è una via di mezzo: le convenzioni (in evoluzione)
E c'è una chiave di misurazione (non oggettiva ma attendibile) delle evoluzioni delle convenzioni: il gradimento "medio" del pubblico.
Questo è ciò che io ho sempre affermato.
Sicuro che non la pensiamo in modo molto simile?


Lo spettatore tende a proiettare se stesso sul palcoscenico ricercando un’affinità fra la sua idea di canto o di regia e quanto ascolta e vede. Ovviamente vi è anche chi ha conoscenze tali che permettono di approfondire quest’analisi, ma, senza tale conoscenza, tutto sarà basato sulla percezione e non sul confronto.


Altra frase che condivido pienamente.
Ma tu stai parlando di "un" ascoltatore.
Individualmente ci interessano molto le nostre "singole" percezioni.
Non alla storia del canto. Ad esse interessano le percezioni collettive. Quando molti, molti ascoltatori provano simili reazioni di fronte a un tipo di canto (e lo bocciano o lo promuovono) allora saremo in presenza di "convenzioni", che non saranno "assolutamente oggettive", ma ci permettono ugualmente di formulare giudizi che non sono semplicemente individuali ma qualcosa di più.
La constatazione che la Antonacci sia abilissima nei colori, meno nel vocalismo puro, è più che "soggettiva": è la constazione oggettiva di un criterio di valutazione "convenzionale", ossia condiviso da moltissimi fruitori.
Probabilmente, se dall'alba dei tempi non fosse esistito che il canto "Rock" e potessimo confrontare la Antonacci solo a Springstean e Roger Waters, diremmo il contrario: che la troveremmo eccezionalmente versata nel vocalismo puro e poco nell'uso dei colori.
Il nostro giudizio sulla Antonacci è dunque condizionato da una convenzione condivisa fra la maggioranza degli appassionati d'opera, mutuata dalle comuni esperienze d'ascolto.
Non dunque oggettività assoluta, ma nemmeno soggettività assoluta: ripeto, solo convenzioni, che però - come metro di valutazione - funzionano.
E non solo nel campo del canto classico, ma in tutti gli ambiti dello scibile. Persino gli scienziati, i fisici e i biologi, sanno che le loro affermazioni non sono "verità" ma frutto di convenzioni e punti di vista.
Non di meno, cosa sarebbe la conoscenza umana senza questi "appigli"?
Cosa sarebbe il nostro mondo se ci limitassimo a dire che nulla è conoscibile? che tutto è soggettivo?
Non ci sarebbe scienza, tecnologia, medicina... e nemmeno "canto". Qualsiasi verso sarebbe "canto" e contemporaneamente non lo sarebbe...

Ecco che il canto diventa l’unico elemento attraverso il quale si può rendere espressiva qualsiasi lingua per tutti gli ascoltatori, basta che la versione tradotta sia coerente con la musica composta.
Solo l’incoerenza ritmica fra parole e musica, sul tipo del Flauto cantato in italiano, rende impossibile eseguire un’opera in una lingua diversa dall’originale.


Non sarò certo io a negarlo.
Ma anche in questo caso si tratta di una convenzione in evoluzione: prima che esistessero i sottotili, era giusto che si traducessero le opere. Ora i sottotitoli sono uno strumento di comprensione del testo molto più efficace delle traduzioni.
Sentire la Kabaywanska nell'Affare Makropulos dal vivo è stato significativo. Lo cantava in italiano, ma essendo lei una vocalista (e non una declamatrice o colorista non si capiva nulla di quel che cantava).

Prendendo ad esempio il Macbeth, un’opera che per scrittura musicale e drammaturgia, si presta a diverse letture. Warren risolve tutto nel canto e cerca l’espressività per creare il personaggio utilizzando un metodo di canto che si richiama alla tradizione. Diversamente Hampson cerca colori ed espressioni senza curare troppo la linea di canto ma cercando sempre l’attinenza fra suono e parola, fra suono e momento espressivo. Entrambi sono plausibili e vincenti.
Ciò non può necessariamente accadere sempre.


Verissimo! bisogna sempre rispettare la "scrittura" di un ruolo.

In realtà, per quanto prima scritto, Warren, con il suo metodo, ha in teoria la possibilità di cantare determinati ruoli che risulterebbero deficitarii se affrontati con il metodo Hampson.


Verissimo, purché si ammetta anche il contrario.
Che esistono moltissimi ruoli che un cantante "vocalista" (come Warren) canterebbe infinitamente peggio di un "colorista" (come Hampson).

Nella mia teoria non vi è prevalenza fra i due metodi ed essi possono convivere senza darsi noia. Trovo castrante per la lirica il tentativo di imporre un metodo sull’altro perché nega a parte del pubblico di godere delle emozioni e delle riflessioni che uno spettacolo lirico può offrire.


TOTALMENTE D'ACCORDO!!!!
Come scritto io chiedo al cantante di personalizzare la sua interpretazione utilizzando il metodo a lui più congeniale, fermo restando che poi io mi devo riconoscere in quanto lui mi propone.


IDEM!!!!!

Mi chiedo perché su un sito dove si pone la massima attenzione alle capacità espressive ed alla personalità artistica del cantante si prende in considerazione il tenore peruviano che, seppur dotato d’indubbie capacità tecniche, non brilla certo per originalità espressiva, per varietà, per spavalderia e coraggio ma tende invece ad offrire prestazioni che appaiono schiave di uno schema espressivo buono per tutte le stagioni.


Bella domanda.
Io credo che tutti i cantanti abbiamo limiti e pregi a livello espressivo, musicale, tecnico.
Il cantante onnipotente è un'utopia.
Questi limiti e questi pregi io non li considero in assoluto: li reputo solo "caratteristiche" che funzionano bene o male a seconda dei repertori e dei personaggi.
Ad esempio nella Fille du Regiment o nell'Italiana in Algeri, tutta la personalità del mondo non servirebbe a farmi dimenticare la serafica placidità, ingenua e compiaciuta, da belloccio di paese, che esibisce involontariamente Florez. Proprio la sua "semplicità" lo rende grandioso drammaturgicamente (oltre alla tecnica e al canto).
In questi ruoli proprio ciò che - in altri personaggi - suonerebbe un difetto, diventa ub pregio e ...che pregio!
Io credo di non aver mai sentito un Tonio o un Lindoro incredibile, fantastico, inarrivabile come quello di Florez e questo non è un risultato da poco.

Salutoni,
Mat
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Re: VARIE: tenori di oggi

Messaggioda dottorcajus » dom 20 giu 2010, 15:02

Grazie Matteo.
Presto immetterò nuova linfa a questa piacevole discussione.
Roberto
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