Matilde di Shabran (Rossini)

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Matilde di Shabran (Rossini)

Messaggioda Maurizio Dania » mar 28 ott 2008, 0:02

Londra: Matilde di Shabran 23 ottobre

Dopo quattro anni la Matilde di Shabran di Rossini, nella versione rappresentata a Pesaro, quindi con la Direzione registica e scenografica di Mario Martone, è andata in scena al Covent Garden dando a questo melodramma giocoso in due atti, una dimensione internazionale, fugando i dubbi che fosse adatta e quindi intima ed apprezzabile, solo in un teatro più piccolo, italiano, dalle magiche atmosfere.
Il merito è da ascrivere alla forza della musica rossiniana, ovviamente, ma anche all'orchestra del Covent Garden, strepitosa, la quale non ha necessità di molto lavoro per cominciare a suonare subito insieme, fin dalle prove, ed al coro, eccellente, tra i migliori al mondo. La direzione di Carlo Rizzi, a mio parere si è avvalsa dell'impegno che il direttore musicale Antonio Pappano e il direttore del coro Renato Balsadonna, nato a Barcellona, ma chiaramente di origini italiane, hanno profuso negli anni per far raggiungere alle due compagini livelli straordinari.
Certo non è facile tradurre in inglese le parole di Jacopo Ferretti, anche se la storia è semplice, ma ancora di più è stato complicato probabilmente rendere il personaggio di Isidoro. Alfonso Antoniozzi è stato splendido. Un attore eccezionale, un cantante apprezzato che si è impegnato anche in qualche accenno di parlata napoletana, non con la vivacità di De Simone, l'Isidoro di Pesaro, ma altrettanto efficacemente. Bella la voce, qualche acuto lo si vorrebbe più sonoro e squillante, ma a mio avviso questi sono solo piccoli appunti di un viaggio, portato a termine con vivissimo successo. Ginardo, Carlo Lepore, ha una bella presenza, una gran dote di attore, capace di risolvere i piccoli problemi che accadono in scena, come la caduta di una verza dal cestino, lo scambio nel salire sulle scale della scenografia di Martone, onorando il personaggio, con una bella voce sonora ed anche armoniosa. Aliprando è stato un Vinco assolutamente in piena forma, dopo qualche piccolo problemino iniziale. Basta così poco perchè le corde vocali, delicate, possano anche solo per pochi minuti, non essere ancora perfettamente sonore. Applausi anche per lui. La vicenda ruota intorno ai due personaggi Matilde e Corradino, ma c' è qualcosa di più; l'opera rossiniana è commedia dell'arte, è teatro a tutto tondo; la morte annunciata, la furia terribile dell'animo umano, la misoginia, ma anche la dolcezza del padre, la follia dell'amore: tutto è rappresentato con la finezza del genio rossiniano che per Corradino ha regalato una partitura acutissima. Non un'aria chiusa, non un momento in cui possa scatenarsi l'applauso, eppure Juan Diego Florez è riuscito a ricevere il saluto del pubblico al suo apparire, applausi a scena aperta e al termine del primo atto di 120 minuti, per giungere all'ovazione finale quando si è presentato alla ribalta per i saluti. E' il Corradino dei nostri giorni, in stato di grazia, non più spavaldo negli acuti, ma consapevole di poter raggiungere la stratosfera con disarmante semplicità; la voce vola per il Covent Garden: l'attore è spiritoso, magari sopra le righe a tratti, ed è il protagonista assoluto, atteso sempre ad una grande prova. I sedili ed i piedi degli inglesi battevano sul legno anche a Londra, come a Pesaro, dal loggione alla platea. Splendido.
Applaudita anche Matilde, Aleksandra Kurzak: per la verità più che Matilde, sembrava Amina; voglio dire che il rondò finale, ma amche il suo stare in scena, non eguagliavano quella stupenda Massis che a Pesaro aveva incollato il pubblico in attesa di una variazione, di un acuto, di una coloratura. Meglio di lei, mi hanno detto, avrebbe cantato Judith Portrait, componente del secondo cast. Kurzak può essere Violetta, Rosina, Matilde: non ha l'impronta della fuoriclasse. Non ha caratterizzato il ruolo. Canta. Bene. Ma èmonotona.
Vesselina Kasarova è stata Edoardo. Solo nel senso che ne interpretava il ruolo. Il mezzosoprano-contralto, non è più una cantante rossiniana, anche se le sue agilità sono sempre notevoli, eseguite a gran velocità, ma con una durezza che ne denunciano la frequentazione in altre opere con altri autori. Janaceck per esempio. Però, sempre a mio parere, il problema è che la cantante canta per sè, come in un concerto. Non sembra partecipare al contesto. Non discuto la bella presenza scenica nè il fascino di suoni bruniti davvero emozionanti, ma anche la tecnica non è più così salda e sicura specie quando dalle zono più basse, deve cambiare il registro; la cantante pare quasi fermarsi, come compisse un saltino sul diaframma, non si ode nulla e poi sgorga nuovamente la voce. Non è fluido il suono, non c'è continuità nella linea di canto e francamente ho rimpianto la Barcellona.
Soddisfazione generale alla fine della rappresentazione: presenti in sala sovrintentendi da tutto il mondo, il maestro Zedda e qualcuno da New York, dove al Met vorrebbero dare questa Matilde e registrarla in DVD. Martone se lo meriterebbe. Così come i suoi collaboratori e naturalmente questo Corradino.
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Maurizio Dania
 
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