Medea (Cherubini)

recensioni e commenti di spettacoli visti dal vivo

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Messaggioda beckmesser » ven 16 set 2011, 21:44

MatMarazzi ha scritto:Nell'attesa che qualcun altro (che so bene essere stato a sua volta a Bruxelles ) ci dica la sua opinione, vorrei dire la mia su alcuni aspetti da te affrontati.


In attesa del dvd, per tutta la prossima settimana la registrazione integrale sarà disponibile gratuitamente in streaming sul sito del teatro...

MatMarazzi ha scritto:In questo senso (nel non volere che i dialoghi parlati delle opere siano assimilati alla prosa e come tali alterati dai registi) ci comportiamo da passatisti!


In parte è vero, ma solo in parte... Non credo sia solo una questione di convenzioni: se in prosa si interviene nel testo (cosa per me comunque censurabile), è comunque possibile salvaguardare l'omogeneità del risultato. Nell'opera no, a meno di riscrivere anche il testo dei brani cantati (cosa che nessuno concederebbe, se non in traduzione). E' un caso strano, ma le mie "convenzioni" mi consentono di accettare che, in Médée, una tizia vestita come Amy Winehouse si esprima in sofisticati alessandrini, non mi crea nessun problema. Ma se la stessa Amy Winehouse che quando canta si esprime in sofisticati alessandrini, quando si mette a parlare spara ridicole sessantottinate come "Je suis pleine encore de ces mots. Son corps, son sexe, son sperme. Des mensonges!" :shock: , le convenzioni che reggono uno spettacolo operistico vanno in corto circuito (almeno per me). Ripeto: a quel punto vai fino in fondo e riscrivi tutto... Per questo (e fatto salvo il principio di fondo) trovo più accettabile l'operato di Pelly in Offenbach e Carsen in Candide: in quei casi lo stile viene salvaguardato e in fondo, almeno nel caso di Offenbach, si tratta di testi che per loro natura volevano essere ancorati alla cronaca contingente. Ben diverso è il caso di Médée (almeno per me...).

Ora vado a nanna: domattina mi aspetta il volo per il Trittico di Londra, di cui già si scrivono mirabilia... :twisted: :twisted: :twisted:

Saluti,

Beck
beckmesser
 
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Messaggioda mattioli » sab 17 set 2011, 13:45

Nell'attesa che qualcun altro (che so bene essere stato a sua volta a Bruxelles ) ci dica la sua opinione


Cessi al cortese invito.

Confesso: dopo aver visto questa Medée, ho pensato che Warlikowski, dopo la più bella Ifigenia in Tauride, il più bel Caso Makropulos e il più bel Re Ruggero (ma in effetti il Re Ruggero l'ho visto solo una volta), mi avesse fatto vivere la più bella Medea della mia vita. Poi ho letto le argomentate e intelligenti riflessioni di Beckmesser, ci ho ripensato un po'... e non ho cambiato parere.
Scusate se vado per punti:

1) il rispetto del testo. Vorrei chiarire ulteriormente, se ce ne fosse bisogno, che lo spettacolo di Bruxelles non interviene affatto sulle parti musicate dell'opera, ma solo su quelle che non lo sono. In due modi: a) riscrivendo i dialoghi parlati; b) inserendo prima dell'inizio dell'opera e durante gli intervalli delle proiezioni, accompagnate da musiche anni Cinquanta-Sessanta, ovviamente del Novecento e ovviamente registrate. Quest'ultimo aspetto non credo sia, in linea di principio, censurabile: fa parte dell'idea che Warlikowski ha di Medea, che vedremo poi. Però se si è disturbati nulla obbliga a sedersi in platea prima dell'inizio e a restarci durante gli intervalli. Quanto ai dialoghi parlati, beh, io non me li ero mai letti, intendo quelli della versione originale francese. Sono tremendi: pomposi, aulici, piatti. Quelli riscritti, oltre a essere molto più sintetici (la brevità, gran pregio), mi sembra riassumano in maniera efficace e, diciamo così, concentrata quello che è disperso in decine di versi d'insulsa retorica. E non sono così sicuro che, anche da un punto di vista, diciamo così, della prassi esecutiva originale, l'opéra-comique non tollerasse inserzioni, adattamenti, sintesi o addirittura improvvisazoni (quanto al Sessantotto, nessuno lo detesta più di me, ma davvero non capisco cosa c'entri con la battuta incriminata di Medea, che non sarà elegante, ma efficace sì);

2) la regia. L'idea di fondo di W. è stata riassunta benissimo da Beckmesser. Medea è la star, mezza maga e mezza matta, che ha provato a vivere una vita normale con un matrimonio normale e una famiglia normale (i video ci parlano appunto di una perduta felicità borghese, fatta di bimbi biondi che giocano sul pratino all'inglese mentre il bravo maritino lo annaffia e la brava mogliettina fa da mangiare in cucina, in attesa di ricevere la visita domenicale dei suoceri e del parroco, insomma un sogno - o un incubo - formato Happy Days) ma non ce l'ha fatta per colpa dell'infedeltà di Giasone e della propria incapacità a essere normale. Quindi è geniale l'idea di vestirla all'inizio da Amy Winehouse, con la cofana in testa, i tatuaggi, il trucco folle e il tubino di pelle nera: non serve solo a far parlare i giornali (compreso il mio, lo ammetto) ma a definire subito, per il pubblico, il personaggio. Medea non si rassegna, Medea rivuole quella felicità perduta per la quale però non è attrezzata (e infatti sarebbe così semplice, in fondo: perso un Giasone se ne trova un altro), quindi non può che fallire. Benché sia disposta a tutto: a sedurre il suocero, orrendo uomo di successo che va in palestra perché-così-piaccio-ancora-alle-donne (e infatti), a rifarsi il look (a un certo punto si mette una parrucca bionda), a umiliarsi di fronte a Giasone.
Ora, questa impostazione può piacere o non piacere. Ma in sede critica conta non solo COSA si fa, ma COME. E qui, caro Beckmesser, ho trovato la regia di Warlikowski di un'efficacia, una forza, un rigore unici. Bisogna smettere di giudicare i registi solo dall'idea che hanno di un'opera. Allo stesso modo di un direttore d'orchestra, non basta "pensare" la partitura, bisogna avere anche la capacità tecnica per trasformare in esecuzione il pensiero. E Warlikowski, scusatemi, l'ha: è uno spettacolo tecnicamente perfetto (basta vedere come recitano TUTTI, fino all'ultimo corista, o come sono usate le luci) al servizio di un'idea per me giustissima. Il finale con lei che, DOPO L'ULTIMO ACCORDO, piega i pigiamini insanguinati dei bimbi, è tutt'altro che pretestuoso e comunque è fortissimo: io, per esempio, mi sono commosso. E non ero l'unico.
La Medea "di Cherubini" non esiste, o meglio esiste un insieme di fogli pentagrammati. Poi ci sono tante Medee quante sono le epoche, i momenti storici, le sensibilità sociali o personali, insomma quanti sono i Presenti che si leggono, come in uno specchio, in quel Passato. Ecco, io oggi, per la Medea del 2011, non riesco a immaginare una visione più coerente, più efficace, più forte e più disturbante (eh, sì, perché non possiamo uscire da Medea dicendo: è stato un bel pomeriggio. Medea non deve farci dormire la notte, esattamente com'è capitato a me) di quella di Warlikowski.

3) Rousset. Secondo me è la dimostrazione di come si possa "sgrassare" una partitura stilisticamente travisata senza ridurne l'efficacia. D'accordo sul finale del secondo atto, un po' piatto, non assolutamente su quello del terzo, che ho trovato efficacissimo: però, diciamolo, i musicisti sempre uomini sono, e le loro prestazioni possono cambiare da una recita all'altra. L'aspetto stimolante e anche affascinante di questa direzione, secondo me, è però un altro. Paradossalmente, l'uso di sonorità secche e taglienti, il legato non romantico, l'intensità fatta più di fraseggio che di "peso" orchestrale, insomma l'identità "baroccara", per parlare in cretinese, danno all'orchestra così segmentata ed espressionista di Cherubini un sapore nuovo e davvero anticipatore. Insomma, si capisce perché l'Ottocento (e anche più in là) abbia tanto amato questa partitura e se ne sia ispirato molto più ascoltando sonorità "antiche" di questo genere che ricercando un turgore romantico o addirittura imponendolo con le trascrizioni e gli adattamenti (e qui sono d'accordo con il GM, Lachner non è né buono né cattivo: semplicemente leggeva Medea con la sua sensibilità, quella di uomo di metà Ottocento. Oggi noi non siamo uomini di metà Ottocento, quindi non ha senso usare Lachner);

4) la Michael. Secondo me ha fatto una grande interpretazione. Vocalmente, non la censuro per gli acuti gridacchiati, che sono poi gli acuti gridacchiati di tutte le Medee che io ho sentito in vita mia, né per non cantare come la Scio, perché come cantasse la Scio non lo sappiamo né lo sapremo mai. Il limite della Michael è, stranamente, la sua incapacità di cantare sulla parola: non perché il suo francese sia cattivo (è più che accettabile), ma perché non ha capito che in quest'opera è la parola che modella il fraseggio musicale e non viceversa. Detto questo, posto che la Michael non è la Callas, cioè non è in grado di fare Medea da sola, senza nessuno intorno o magari contro quelli che ha intorno, le va dato atto di essersi inserita in un'interpretazione geniale e di averla portata a casa con autorevolezza ed efficacia;

5) Streit. La grande sorpresa. Intanto perché Warlikoski riesce a caratterizzare il personaggio, altrimenti scipito, come non era mai riuscito a nessuno. Qui Giasone è un tamarro rockettaro pentito che, dopo la grande storia con Medea, ha deciso di inserirsi nel tranquillizzante mondo borghese di Dircé and family. Resta un boro: capelli rasta, orecchini e piercing vari, stivali (orrore!) sotto lo smoking. Però riesce a fare quello che Medea non può fare: approdare (o almeno provarci, ci pensa lei a mandargliela in fumo, ah ah ah) a una felicità forse mediocre, ma "normale" (e tuttavia che la vita e il sesso con Medea fossero un'altra cosa rispetto a quella noiosa di Dircé è chiarissimo dai loro duetti). A Streit questa caratterizzazione riesce perfettamente, perché è un grande attore o almeno un attore in grado di farsi guidare. E vocalmente funziona: intanto perché la voce si è ispessita, poi perché riesce a risolvere con un decente uso del registro di testa le inaspettate fiondate sull'acuto che Cherubini chiede al suo tenore (e, francamente, meglio questi suoni che le urla dei Giasoni standard) e infine perché riesce, lui sì, a costruire la frase musicale partendo dalla parola.

Sono stato troppo lungo. Chiedo scusa a tutti. Ma lo spettacolo mi è piaciuto davvero molto e, beh, mi faceva piacere parlarvene. Sicuro, come al solito, di essere forse contestato, ma sicuramente capito.
Miao
AM
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Messaggioda pbagnoli » sab 17 set 2011, 16:48

mattioli ha scritto:
Sono stato troppo lungo. Chiedo scusa a tutti. Ma lo spettacolo mi è piaciuto davvero molto e, beh, mi faceva piacere parlarvene. Sicuro, come al solito, di essere forse contestato, ma sicuramente capito.


Visto da destra, visto da sinistra.
Lo spettacolo comunque non lascia indifferenti.
Una domanda: secondo te, la vocalità di Medea a chi si attaglierebbe meglio oggi?
La Michael è una grande artista ma probabilmente a malpartito in un contesto di questo tipo. E quindi, chi altri?
Fino a poco fa avevamo l'eccellente compromesso di Anna Caterina Antonacci, ma adesso?...
La DiDonato?...
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Messaggioda mattioli » sab 17 set 2011, 18:33

Beh, non capisco perché non avremmo più l'Antonacci.
Nel 2008 - credo - fece Medea a Torino e, benché in un contesto provincialissimo (versione spuria, italiano, regia di De Ana) la fece molto bene.
Sono passati tre anni e Anna Caterina è in ottima forma.
La DiDonato è un'ipotesi affascinante e, a differenza di quel che molti credono, è anche un'interprete, non solo una gioiosa macchina da canto (la più perfetta - scusate - che ci sia in circolazione oggi). Temo però che, da vocalista scafatissima, sia riluttante a gettare la voce oltre l'ostacolo come talvolta Medea deve fare.
La Delunsch proposta qualche post sopra dal GM (bella roba: mi invoglia a intervenire e poi sparisce) è un'altra ipotesi interessante. In effetti, l'avevo sentita la sera prima di quella matinée di Medea fare Ifigenia in Tauride ad Amsterdam (dopo quella in Aulide, nella stessa sera, della Gens) e credevo che, dopo alcune scelte scriteriate di repertorio, fosse molto deteriorata. Invece l'ho trovata vocalmente in forma (dell'interprete non parlo nemmeno), anche se credo che qualche acuto non sarebbe una festa per le orecchie...
Ciao

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Messaggioda pbagnoli » sab 17 set 2011, 18:48

mattioli ha scritto:Beh, non capisco perché non avremmo più l'Antonacci. Nel 2008 - credo - fece Medea a Torino e, benché in un contesto provincialissimo (versione spuria, italiano, regia di De Ana) la fece molto bene. Sono passati tre anni e Anna Caterina è in ottima forma.

Giusto, ma AC è del 1961, il che fa 50 primavere.
Va benissimo: è una splendida artista ed è anche una donna meravigliosa, io la adoro, ma cominciamo a essere un po' ai limiti per certi ruoli.
Credo che sia il momento di cominciare a guardarsi un po' in giro e di vedere se c'è qualche alternativa praticabile.
La DiDonato per me è un passaggio quasi obbligato, oggi come oggi: è - come dici tu - una gioiosa macchina da canto (per me è, per esempio, l'unica possibile interprete dei ruoli Colbran) ed è anche un'interprete di altissimo livello: un'equazione praticamente perfetta per Medea.

Concludo con un commento a una tua chiosa:
Mattioli ha scritto:La Delunsch proposta qualche post sopra dal GM (bella roba: mi invoglia a intervenire e poi sparisce) è un'altra ipotesi interessante

Sulla Delunsch sono un po' meno d'accordo, anche se è una cantante che adoro.
Sul Lardone invece sono perfettamente d'accordo: getta le bombe e scompare.
Ma sai, sta lavorando... noi invece ci si gratta...
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Messaggioda mattioli » sab 17 set 2011, 19:00

Ma sai, sta lavorando... noi invece ci si gratta...


Lo Stakanov di Ferrara : Love : ha il monopolio del sudore...
Strano silenzio, comunque, credevo di stanarlo con Medea... Almeno per proporci qualche mummia tedesca della sua scuderia di vecchie urlone...
:twisted:
Ossequi

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Re: Medea (Cherubini)

Messaggioda pbagnoli » sab 17 set 2011, 19:27

mattioli ha scritto:Lo Stakanov di Ferrara : Love : ha il monopolio del sudore...
Strano silenzio, comunque, credevo di stanarlo con Medea... Almeno per proporci qualche mummia tedesca della sua scuderia di vecchie urlone...
:twisted:
Ossequi

AM

Magari sta andando verso la perfida Albione: non ha mica in programma il Trittico Pappano-Jones, o riguarda solo il Divino e Beck?
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Messaggioda mattioli » dom 18 set 2011, 14:56

Il Divino : Love : sicuramente sì, perché me lo disse Egli stesso...
Io ci sto facendo un pensierino, anche perché attaccato c'è la ripresa del Faust di McVicar...
Intanto noi in Italia (scusa: voi in Italia : Nar : ) vi baloccate con Pier'Alli e Ronconi... Da segnalare, per la serie "il massimo del minimo", l'intervista di Zeffirelli (sì, è vivo) oggi al Corriere.
Il prossimo che mi dice che sono esterofilo lo abbraccio.
Ciao ciao

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Messaggioda pbagnoli » dom 18 set 2011, 15:11

mattioli ha scritto:
Intanto noi in Italia (scusa: voi in Italia : Nar : ) vi baloccate con Pier'Alli e Ronconi... Da segnalare, per la serie "il massimo del minimo", l'intervista di Zeffirelli (sì, è vivo) oggi al Corriere.
Il prossimo che mi dice che sono esterofilo lo abbraccio.
Ciao ciao

Personalmente non mi becco nessun Ronconi né Pier'alli: lascio queste robe a chi ci tiene.
Quanto a Zeffirelli, temo che qualcuno gli voglia affidare una nuova produzione: è un'ipotesi da non escludere per niente, ahimè :cry:
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Messaggioda Rodrigo » lun 19 set 2011, 12:54

beckmesser ha scritto:
Ormai ci stiamo arrivando. Alla vera Médée, intendo. Ormai sappiamo che quella che viene normalmente rappresentata come “Medea”, con Cherubini ha ben poco a che fare; ora disponiamo di una partitura in edizione critica che consente esecuzioni corrette, eppure si continua ad allestire (quelle poche volte che lo si fa) l’impresentabile spartito Ricordi, che non si sa nemmeno bene da chi è stato assemblato.


Confesso che il "restauro" fatto a Bruxelles della vera Médée mi lascia con non poche domande.
Anzitutto mi pare che, per quanto riguarda il testo musicale di Cherubini, una restituzione affidabile sia già da tempo disponibile, forse addirittura dallo spettacolo di Martina Franca del 1995. Se non erro l'edizione a stampa della partitura segnala anche i passi che lo stesso Cherubini decise di omettere in occasione di una ripresa viennese e riporta sia il testo del libretto in francese sia la corrente traduzione italiana. In sostanza la versione utilizzata da Pidò per gli allestimenti con l'Antonacci era altrettanto corretta da un punto di vista musicale "cherubiniano". Certo restavano i due aspetti non di poco conto rappresentati dai recitativi di Lachner e dalla traduzione.
Sul problema delle traduzioni d'opera e della loro liceità o meno si è detto moltissimo. Perlomeno da Stendhal in poi (un letterato e non un musicista significativamente) che osservava l'insostituibilità di "mi rivedrai ti rivedrò" con una frase in francese - e fosse pure una perfetta traduzione - pena un impoverimento della melodia stessa. Che l'osservazione riguardasse uno dei campioni assoluti - Rossini - del riadattamento di musiche presistenti a nuovi versi e di un uso genialmente astratto delle parole è una delle tante ironie della storia. Ormai, al di là della qualità letteraria di una versione ritmica, è comunemente ritenuto doveroso rifarsi al testo originale. Questo naturalmente in teoria, perché nella prassi teatrale sussistono ancora vistose eccezioni: titoli come Favorite, Vêpres siciliennes e per l'appunto Médèe è molto più facile sentirli in italiano anziché nel testo originale. Per mio conto ritengo che in linea di principio le traduzioni andrebbero ormai abbandonate anche a teatro, penso tuttavia che quando la versione ritmica sia stata approvata dall'autore e si accompagni a sostanziali interventi sulla partitura sia lecito che le due "partiture-sorelle" abbiano vita parallela (es. Mosé-Moise, Trovatore-Trouvère, Don Carlos-Don Carlo). Non di traduzione di tratta ma di nuova versione a tutti gli effetti.


Mi è difficile parlare della messinscena di Warlikowski, che è uomo di teatro originale, a tratti geniale (anche se non sempre coerente), ma che stavolta, per me, non è stato alle regole del gioco: per far tornare i conti della sua idea drammaturgica, non ha esitato a riscrivere del tutto i dialoghi, ad inserire registrazioni di canzonette anni ’50, a prevedere passi essenziali dell’azione fuori dalla musica (persino alla fine, a musica finita, l’azione proseguiva per diversi minuti nel silenzio e nell’imbarazzo generali). Sarà un problema mio, ma per me questo è barare. Sono disposto a concedere totale libertà ad un regista per quanto riguarda la ricontestualizzazione della drammaturgia di un’opera. Per me Warlikowski avrebbe potuto anche presentare una Médée lesbica che si accoppia con Dircé sotto gli occhi lubrichi di Jason e Créon: mi sarei limitato a valutare come una soluzione del genere veniva resa; ma tutto deve essere fatto col e sul testo che viene dato, altrimenti non vale, altrimenti si rischia veramente di cadere nella vuota autoreferenzialità della mattane di questo o quel regista. Il disappunto è maggiore considerando che l’idea di fondo era notevole e avrebbe funzionato benissimo anche col testo originale (anzi, avrebbe funzionato meglio; se c’è una cosa che ho imparato è che queste manipolazioni portano inevitabilmente a soluzioni banali, troppo facili e scontate, laddove un rigoroso lavoro sui testi dati e sui vincoli che presentano porta, con un regista di razza, a soluzioni ben più meditate e coerenti).


Médée nasce come rappresentazione alternata di parti cantate e parti recitate (piuttosto estese tra l'altro). Dunque l'intervento di Lacher che ha sostituito queste ultime con recitativi viene generalmente reputato come un "tradimento" o quanto meno una indebita incursione si un corpo estraneo nell'opera di Cherubini. Nè più nè meno insomma di quanto si dice per i recitativi in Carmen.
Eppure...
a)non adottiamo lo stesso metro di giudizio per le frequenti riscritture dei dialoghi. Per coerenza dovremmo giudicare gli interventi sulle parti recitate altrettanto illegittimi dei rimaneggiamenti sulle parti musicali. Tanto più che le musiche dei Médeée (o di Fidelio o del Ratto) sono state scritte pensando ad un certo rapporto (di significato o anche di equilibrio) con quelle specifiche parti recitate. Rapporto che va inevitabilmente modificato con la riscrittura dei dialoghi (o anche solo coi tagli).
b) eppure il Novecento ci ha insegnato - o meglio ha riscoperto - il valore della c.d. musica al quadrato. Nessuno oserebbe giudicare come vergognosi snaturamenti i Quadri orchestrati da Ravel, il Pulcinella di Stravinskj o le Antiche arie e danze di Respighi. Nè d'altro canto ci si sogna di bandire i concerti di Vivaldi trascritti da J. S. Bach o il Bach trascitto da Busoni. D'altra parte negli ultimi anni assistiamo a riproposizioni qualificate di rielaborazioni analoghe anche in campo lirito, penso ad es. all'Orfeo gluckiano rivisitato da Berlioz. E non per il loro valore di soluzioni di comodo, ma proprio per valutarne il valore intrinseco.
c) fermo il principio che in fondo si tratta di convenzioni, l'unico criterio di giudizio mi pare il valore intrinseco di questi interventi. Se il Gluck à la Berlioz piace, molto meno ci piacciono gli interventi su Carmen o che so il Monteverdi riorchestrato da Orff (che peraltro almeno per curiosità vorrei ascoltare).
Detto questo a me i recitativi di Lachner non paiono affatto privi di valore, saranno certo snaturanti (come il Boris di Rimskj,ma molto meno della Beatrice di... Gui), sicuramente fuorvianti per la collocazione storica di Médée (come l'Orfeo rivisitato) ma hanno una loro dignità musicale e una indubbia stringatezza drammaturgia, molto superiore ai recitativi di Carmen tanto per dire.

E dunque?
Beh io penso che, salvo il ripristino del libretto francese, forse non sarebbe uno scandalo se Médeée circolasse nelle due versioni, quella con i passi recitati e quella con i recitativi musicati.
Saluti.
Ultima modifica di Rodrigo il lun 19 set 2011, 17:18, modificato 1 volta in totale.
Rodrigo
 
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Messaggioda beckmesser » lun 19 set 2011, 15:12

In realtà, l’edizione che era stata usata a Martina Franca era una prima ricostruzione del testo effettuata in modo tutt’altro che critico, ma, soprattutto, non era mai stata pubblicata (almeno a quel che mi risulta): era un’edizione nata espressamente per uso teatrale, che si poteva solo noleggiare in blocco per esecuzioni specifiche. La storia insegna che, in questi casi, non basta… Il caso del Boris, che citi, è emblematico. Com’è ben noto, la prima edizione della versione originale venne pubblicata negli ’20 (credo fosse il 1928) in Russia: poche copie, che si sparsero qua e là nel mondo, cui pochissimi avevano accesso, che fecero nascere un qualche interesse, ma non smossero più di tanto la situazione. Le cose cambiarono solo con l’edizione della Oxford negli anni ’60: da quel momento in molti poterono avere fra le mani il testo originale e capirne il valore; da quel momento le esecuzioni cominciarono ad aumentare fino a ribaltare la situazione. Adesso che la situazione è chiara e che sappiamo esattamente cosa è l’originale di Mussorgsky e cosa è la versione di Rimsky, si può scegliere; e se un teatro decidesse di mettere in scena in modo ben fatto la seconda (che, per inciso, a me piace moltissimo) correrei a sentirla. Ma, appunto, questa situazione è il risultato di decenni in cui i più grandi artisti si sono dedicati a scandagliare tutte le potenzialità dell’originale.

Il caso di Orfeo non è molto diverso: adesso che sappiamo cos’è l’originale, possiamo tranquillamente rivalutare la versione di Berlioz (che, per inciso, è splendida), ma appunto perché sappiamo cos’è l’originale, non solo in linea teorica, ma grazie a decenni di esecuzioni.

Per la Médée di Cherubini siamo alla fase iniziale del processo: una vera edizione critica è appena stata ultimata e sarà pubblicata fra poco. Perché si possa arrivare ad una piena comprensione di quel testo, occorreranno anni di esecuzioni di alto livello che consentano di capirne tutte le implicazione e le potenzialità. Un’esecuzione raccogliticcia a Martina Franca serve a ben poco. Quella di Bruxelles già ha cominciato a smuovere un po’ le acque: spero solo che altri seguano…

Quanto alla versione di Lachner, non sono affatto pregiudizialmente contrario, purché siano ben chiari i termini della questione e, soprattutto, si esegua la versione originale di Lachner, non il pasticcio che si era approntato in Italia negli anni ’50… Solo, credo che a questo punto si sia in una fase in cui è più opportuno concentrare gli sforzi sull’originale: una volta che questo si sarà affermato e se ne saranno capite tutte le implicazioni si potrà tornare a rivalutare la rielaborazione, esattamente come accaduto con il Boris e con orfeo.

Saluti,

Beck
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Messaggioda pbagnoli » lun 19 set 2011, 15:13

Rodrigo ha scritto:
Confesso che il "restauro" fatto a Bruxelles della vera Médée mi lascia con non poche domande.

Ciao Rodrigo, e bentornato su queste pagine.
Le tue osservazioni sono interessanti e più che giuste.
Provo a risponderti.
:arrow: la questione "recitativi" non è un problema da poco. I dialoghi parlati richiedono una proiezione di voce da attore di prosa e credo che questo sia difficile da ottenere per un artista lirico abituato a cantare. Al di fuori del disco - la sala di registrazione ti permette maggior tranquillità e una fonazione microfonata che rende l'articolazione della parola simile a quella della conversazione normale - i dialoghi parlati suonano sempre altisonanti, tronfi, "recitati". Inoltre il recitativo ha una sua storia, una sua verità e, perché no?, anche una miglior riproducibilità nel contesto di una recita. Non sono particolarmente ferrato nella storia di Medèe, ma non è un mistero che la preparazione dei recitativi iniziò praticamente contestualmente all'elaborazione di Carmen. Perché? Perché era più comodo per tutti: cantanti, che vi si trovavano a maggior agio, e pubblico che riusciva a capire bene sino alle ultime file. E' vero che oggi come oggi, con una storia molto più lunga, ascoltare una Carmen coi recitativi ci darebbe fastidio: ma è solo perché è da molti più anni che Carmen ha usufruito di revisione critica
:arrow: la questione lingua. Qui sono categorico: la lingua originale è indispensabile. La traduzione era accettabile sino a un po' di anni fa per quei cantanti di cui era indispensabile fissare l'interpretazione, ma adesso basta. Ci sono ragioni ben precise di prosodia, di "suono" della parola e anche di aderenza filologica. Non storco il naso a sentire Jadlowker cantare il repertorio italiano in tedesco: mi fa molto più ridere sentir cantare Piccaver in italiano. Ma adesso pensare che un tenore canti "A voi lontano" anziché "Im fernen Land" mi genererebbe solo irritazione o ilarità, a seconda degli stati d'animo. E anche per le revisioni in italiano fatte dall'Autore stesso ci andrei molto cauto: lo stesso Don Carlo in italiano suona spesso ridicolo ("Ed ora si sospetta/l'onor di Elisabetta", che sembra una filastrocca per rintronati) ed è talvolta un alibi per proporre un'opera molto diversa da quella che fu originariamente concepita da Verdi. Per carità, non da sbatter via: ha una sua logica drammatica, fila bene, ha anche una storia esecutiva importante, ma adesso basta! Ce la siamo menata un sacco di anni con gli autori del periodo Barocco: oggi nessuno eseguirebbe più Haendel con orchestre grosse e con cantanti di un certo tipo, e questo perché abbiamo riscoperto un linguaggio, oppure ne abbiamo codificato uno nuovo, poco conta, ma di fatto nessuno tornerebbe indietro, no?

Nel dubbio, io preferisco sempre la versione originale.
Grazie del - come al solito - preziosissimo contributo,
Pietro
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Messaggioda Rodrigo » lun 19 set 2011, 17:56

pbagnoli ha scritto: E anche per le revisioni in italiano fatte dall'Autore stesso ci andrei molto cauto: lo stesso Don Carlo in italiano suona spesso ridicolo ("Ed ora si sospetta/l'onor di Elisabetta", che sembra una filastrocca per rintronati) ed è talvolta un alibi per proporre un'opera molto diversa da quella che fu originariamente concepita da Verdi. Per carità, non da sbatter via: ha una sua logica drammatica, fila bene, ha anche una storia esecutiva importante, ma adesso basta! Ce la siamo menata un sacco di anni con gli autori del periodo Barocco: oggi nessuno eseguirebbe più Haendel con orchestre grosse e con cantanti di un certo tipo, e questo perché abbiamo riscoperto un linguaggio, oppure ne abbiamo codificato uno nuovo, poco conta, ma di fatto nessuno tornerebbe indietro, no?

Nel dubbio, io preferisco sempre la versione originale.
Grazie del - come al solito - preziosissimo contributo,
Pietro


Eppure Pietro proprio la questione della "versione originale" - ce lo insegnano gli studi sul barocco - rischia di diventare un po' la storia dell'araba fenice. Nel Settecento (e oltre) per i titoli di maggior successo ogni ripresa a teatro significava nuovi interventi sulla partitura; talvolta erano approntati dallo stesso compositore, altre volte da altri maestri. E tutto ciò senza contare l'apporto dei cantanti in sede di riprese variate, cadenze, puntature, riaggiusti di tessitura ecc. ecc. Quanti Messiah autenticamente handeliani esistono? Praticamente tanti quante furono le esecuzioni dalla prima di Dublino alle ultime esecuzioni londinesi fatte Handel vivente! Fra arie alternative e finali diversi quanti Tancredi rossininani esistono? E come consideriamo, per esempio, le variazioni approntante da Rossini stesso per la Pasta su un'aria non sua ma che la grande cantante era solita inserire nelle proprie esecuzioni dell'opera, è una pagina spuria o autografa?
E' giocoforza ammettere - avendo a che fare con musiche che erano quotidianamente messe alla prova in teatri grandi e piccoli e alle prese con cantani eccelsi e mediocri - che l'interprete moderno non può aspettarsi dalla filologia la partitura autografa. Il musicologo non è paragonabile al restauratore di un affresco che rimuove lo sporco, i rifacimenti spuri e ci dà l'immagine genuina voluta dal pittore; il più delle volte egli non può far altro che fornire un "inventario dei materiali" che tenga conto del succedersi delle versioni, dei tagli, delle aggiunte, magari delle fioriture più autorevoli (anche se non autografe). All'esecutore l'onere di scegliere tra tante opzioni possibili una ipotesi esecutiva musicalmente e drammaturgicamente plausibile.
Venendo alle traduzioni resto dell'opinione che talvolta non è proprio possibile liquidarle come un mero oltraggio al testo originale. Se un direttore non bara e vuole rappresentare il Macbeth definitivo dovrebbe giocoforza dirigerlo in francese; allo stesso modo - con buona pace del nostro palato - la messa in scena del Don Carlo di Modena "obbliga" a sorbirsi il testo italiano con tanto di "O don fatale" o di "Sire egli è tempo ch'io viva". In compenso, tanto per dire, veniamo risarciti dal sublime preludio dell'atto III (assente nella versione parigina).
Ogni scelta, mi pare pacifico, porta con se delle perdite e dei guadagni. Non ci trovo nulla di scandaloso esattamente come non trovo scandaloso che un interprete del barocco opti per alcune varianti anziché per altre.
Se proprio c'è un malcostume che non condivido è semmai, per il don Carlo o per altre opere , l'arbitrario innesto di pagine prese da una o dall'altra versione.
Saluti
Rodrigo
 
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Messaggioda teo.emme » mar 20 set 2011, 10:23

beckmesser ha scritto:In realtà, l’edizione che era stata usata a Martina Franca era una prima ricostruzione del testo effettuata in modo tutt’altro che critico, ma, soprattutto, non era mai stata pubblicata (almeno a quel che mi risulta): era un’edizione nata espressamente per uso teatrale, che si poteva solo noleggiare in blocco per esecuzioni specifiche. La storia insegna che, in questi casi, non basta…

Beh, in realtà non è che prima di Roussett vi fosse il nulla: già nel 1976 Ricordi ha pubblicato un'edizione bilingue (Médée/Medea), a cura di Flavio Testi, revisionata su materiale autografo e fonti coeve (comprendente anche - ma ben evidenziati - i recitativi di Lachner). Questa edizione - attendibile storicamente e filologicamente - presenta un testo molto vicino all'originale del 1797 (e lascia all'esecutore la scelta di includere o meno i recitativi spuri). A Martina Franca nel '95, lavorano su questa edizione (non è che raffazzonano un testo a caso, lo affidano a un musicologo) e la confrontano con l'autografo in modo da correggere gli errori presenti nella revisione di Testi. Ora ben venga l'edizione critica e ben vengano rappresentazioni nella vera lingua del capolavoro di Cherubini (atteso che la traduzione oltre ad avere i difetti di tutte le versioni ritmiche è anche particolarmente brutta), ma non si dovrebbe cadere nell'equivoco per cui sino ad ora sarebbe stato eseguito il vecchio spartito Ricordi (1909) e suggerire che prima di Roussett soltanto rozzi incompetenti si siano accostati a Médée senza porsi alcun porblema testuale.
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Messaggioda teo.emme » mar 20 set 2011, 15:33

pbagnoli ha scritto:...lo stesso Don Carlo in italiano suona spesso ridicolo ("Ed ora si sospetta/l'onor di Elisabetta", che sembra una filastrocca per rintronati) ed è talvolta un alibi per proporre un'opera molto diversa da quella che fu originariamente concepita da Verdi. Per carità, non da sbatter via: ha una sua logica drammatica, fila bene, ha anche una storia esecutiva importante, ma adesso basta!

Però, Pietro, il Don Carlo è opera scientemente diversa dal Don Carlos: ed è stato Verdi a riprenderla e rivederla. Non si può parlare di scelta di retrovia o di errore... Verdi concepì il Don Carlos nel '66, ma il Don Carlo non è un ripiego o una costrizione (anzi, musicalmente è più evoluto e meditato) ed è ESATTAMENTE quello che Verdi concepì nell'82. Uno può preferire la versione che vuole (anche se è dura rinunciare ai tanti miglioramenti della versione in 4 atti), ma non si può dire che una è "autentica" e l'altra è un "ripiego".
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