Guillaume Tell (Rossini)

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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda beckmesser » ven 17 ott 2014, 14:20

Speravo onestamente che la riproposizione bolognese, col suo ambiente più raccolto e (probabilmente) il maggior numero di prove potesse sanare alcune delle magagne che questo allestimento aveva evidenziato a Pesaro, ma direi che le speranze sono andate abbastanza deluse.
Continuo a non capire la presunta grandezza dello spettacolo di Vick. Sarà che per natura preferisco l’understatement e detesto le sottolineature, ma continuo a ritenere che, per esprimere il sadismo prevaricante di un regime su un popolo oppresso, ci siano mezzi più efficaci di venti minuti di pedate sul sedere (come giustamente ricordato dal bravo DottorMalatesta, la Salomè di McVicar docet…); o che, per rendere l’ottusità mentale di un despota sadico, non sia necessario farlo continuamente sganasciare dal ridere con tanto di schiena arcuata all’indietro e braccia spalancate; e che, infine, se nella gestione del coro si ricorre ad originali equazione tipo: sdegno=pugni alzati e gioia=girotondo, allora non capisco più cosa rimproveriamo a Pizzi… Per riprendere i:

DottorMalatesta ha scritto:Perché?


del dottore, la risposta mi sembra in verità semplice: Vick non ha, e non ha mai avuto, la coerenza di pensiero e la profondità di fantasia necessarie a gestire operazioni di questo tipo. È un buon professionista che ottiene buoni risultati finché rimane attaccato al testo così com’è; quando si avventura in orizzonti astratti, simbolici, destrutturanti (dal cubo del Macbeth scaligero a questo Tell), diventa impacciato, superficiale e sopra le righe.

Per la parte musicale, Mariotti si conferma autore di una bella lettura, ben diretta, ben suonata, ed essere venuto a capo più che onorevolmente di una partitura come questa è già risultato encomiabile. Continua però a sembrarmi un’interpretazione appena embrionale, con alcuni spunti interessanti alternati ad altri tirati via ed appena abbozzati. Ma soprattutto, problema non piccolo in un’opera come questa, mancava un’ampiezza di prospettiva che rendesse ben chiaro dove si stava andando: ogni brano succedeva al precedente in modo un filo meccanico ed uniforme. In altre parole, cosa sia il Tell per Mariotti, al di là ovviamente di una miniera di musica sublime, non l’ho capito.

Dal cast, sulla carta, mi aspettavo di più. Alvarez è senz’altro meglio dell’Alaimo di Pesaro, ma ancora una volta la parte di Guillaume, senza un vero fuoriclasse, tende a passare in seconda linea. Discreta anche la Ayuanet, ma la grande aria del terz’atto la spinge pericolosamente vicino al limite. Terribile Spyres, e ne sono sorpreso. Al di là del disastro della cabaletta, persino peggiore di quella di Florez (ma poi dico: se stecchi tutti i do scritti da Rossini, perché aggiungerne un altro alla fine, solo per steccare anche quello?), tutto il personaggio è stato tirato via in modo grossolano e muscolare, senza un briciolo della complessità psicologica ed emotiva che un ruolo come questo reclama. Spero si sia trattato solo di una serata infelice, ma il risultato è stato veramente modesto.

In altre parole, una buona serata in compagnia di una buona esecuzione di un capolavoro che è sempre una gioia sentire dal vivo. Per la storia dell’interpretazione, come già diceva il buon Maugham a proposito degli spettacoli a Pesaro, per il momento restiamo fermi a Muti…

Saluti,

Beck
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 17 ott 2014, 14:43

Grazie a Beck per il suo intervento! 8)

Sarà che avevo sofferto assai ascoltando l´Arnold di Hymel a Monaco, ma almeno nella recita di sabato Spyres mi è sembrato più che buono in una parte più che difficile. Certo, Merritt resta ineguagliato, ma mi sembra che - almeno nella gestione del registro di testa - Spyres dia dei punti a Hymel e allo stesso Osborne. Poi, certo, la voce è piccolina e negli acuti estremi ti fa restare col fiato sospeso: lo prenderà? non lo prenderà? steccherà? non steccherà?
Io ho comunque l´impressione che alla fin fine il personaggio di Arnold vada valutato più per quello che canta nel resto dell´opera che non per come se la cava nella cabaletta. Anzi, ho l´impressione (confermata leggendo uno dei saggi nel libretto di sala) che qui Rossini si sia fatto prendere un po´ troppo la mano e abbia scritto un brano forse troppo pesante per la vocalità dello stesso Nourritt (il quale sembra tagliasse in qualche occasione questo brano) e incongruo per la psicologia del personaggio (elegiaco, nostalgico, sognante, e bloccato in amletiana indecisione sino ad un attimo prima). Insomma, a mio modo di vedere un vero Arnold lo si valuta più da come canta l´ "asil del pianto" che dal grado di resistenza/sopravvivenza alla cabaletta successiva. Che poi Spyres abbia rischiato lo scrocco (alla mia recita) e abbia stonato (alla recita cui hai assistito tu) l´ultimo do non scritto (!!!) che dire se non che se l´è proprio cercata? :mrgreen:

Quanto a Vick… facendo un po´ di mente locale penso che questo Tell fosse il suo decimo spettacolo che vedevo. Fatta eccezione per la Traviata all´Arena di Verona (forse l´unico spettacolo davvero degno visto nell´anfiteatro romano), non ne ricordo uno che davvero mi abbia convinto senza riserve. Ma aspetto di vedere il suo Don Giovanni.

DM

P.S.: condivido l´ammirazione per la direzione scaligera di Muti, forse la sua prova operistica più convincente e rivelatrice. Quanto al giovane Mariotti lasciamolo crescere. Chi vivrà vedrà (o sentirà!)
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda beckmesser » sab 18 ott 2014, 19:45

DottorMalatesta ha scritto:Io ho comunque l´impressione che alla fin fine il personaggio di Arnold vada valutato più per quello che canta nel resto dell´opera che non per come se la cava nella cabaletta.


Ovviamente sono d'accordo, ma è altrettanto vero che in qualche modo dalla cabaletta bisogna pure uscire decorosamente, e l'altra sera Spyres non c'è riuscito. Ma il problema vero che, per quanto mi riguarda, i problemi veri erano stati prima: non tanto vocalmente, ma per un'emissione sempre stentorea, un accento sempre superficiale, una totale mancanza di approfondimento (per tacere del gioco scenico imbarazzante...). Spero si sia trattato solo di una serata storta, ma il risultato è stato veramente modesto...

DottorMalatesta ha scritto:Anzi, ho l´impressione (confermata leggendo uno dei saggi nel libretto di sala) che qui Rossini si sia fatto prendere un po´ troppo la mano e abbia scritto un brano forse troppo pesante per la vocalità dello stesso Nourritt (il quale sembra tagliasse in qualche occasione questo brano)


Se è per questo, è certo che Nourrit non canto mai la scena del IV atto integrale: anche alla prima la cabaletta venne cantata senza il da capo (anzi, si eseguì solo il da capo, per tenere gli interventi del coro). Nel seguito delle recite a volte omise anche del tutto recitativo e aria (cantando solo la cabaletta senza da capo). Fu solo con Duprez che si sentì per la prima volta la scena completa (ossia con ripetizione della cabaletta), per quanto nella versione in tre atti (a volte all'inizio del nuovo terzo e ultimo atto; a volte, addirittura, come conclusione dell'opera... :shock: ).

Questo tanto per inquadrare il problema di questa parte: nemmeno il cantante per cui Rossini la scrisse riuscì a venirne a capo...

Saluti,

Beck
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda vivelaboheme1 » dom 19 ott 2014, 9:17

Condivido con entusiasmo l'apprezzamento per il travolgente Guglielmo Tell di Muti... di Firenze, da giovane! Era il frutto meraviglioso d'un talento spontaneo. Non per quello neoclassicheggiante, pomposo, pedante, barboso e plantigrado dello stesso Muti alla Scala, oltretutto affetto da una regia di rara noia, peraltro coerente con la direzione. A quest'ultimo nettamente preferisco tanto Mariotti quanto Vick.
Il "mio" Guglielmo Tell" di Muti resta Firenze e solo Firenze (pur con un cast discontinuo, Muti era trascinante. e soprattutto era se stesso, senza la successiva sovrastruttura intellettuale posticcia, che non gli appartiene). Per riascoltarlo eseguire il Rossini serio ad altissimo livello ho dovuto attendere la sua magnifica (quella sì!) lettura del Moise a Roma (gli strappai a viva voce, io proprio io, il bis dello Stellato Soglio)


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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda pbagnoli » dom 19 ott 2014, 22:05

vivelaboheme1 ha scritto:Condivido con entusiasmo l'apprezzamento per il travolgente Guglielmo Tell di Muti... di Firenze, da giovane! Era il frutto meraviglioso d'un talento spontaneo. Non per quello neoclassicheggiante, pomposo, pedante, barboso e plantigrado dello stesso Muti alla Scala

Devo dire che raramente mi sono trovato così in disaccordo con un'affermazione.
Conosco il Tell di Firenze solo attraverso il disco. Lo trovo arruffato, simpatico, guascone e con un cast che - a parte Gedda (peraltro un po' invecchiato) - non potrebbe essere meno adeguato di così. Mittelmann, Marton... stiamo scherzando?
Buona direzione, ovviamente: Muti era già Muti all'epoca, e aveva un feeling straordinario con quest'opera.
A Milano, tutt'altra direzione.
Pomposa?
Pedante?
Marco, siamo sicuri che stiamo parlando della stessa performance?
D'accordo sulla non-regia; ma eravamo tutti - dico: tutti, non solo il buon vecchio Lucio Peres e la claque di Muti - inchiodati dall'emozione per la lettura profondamente compenetrata nella natura che ci faceva ascoltare Muti, con un'orchestra favolosa e un coro non da meno.
Ancora oggi, anche i più riluttanti detrattori del Cigno di Molfetta gli riconoscono quel ciclo di recite come uno degli esiti più alti raggiunti in una carriera che - piaccia o no - è stata straordinaria. Io ci aggiungerei anche le recite dei Dialogues des Carmelites, ma non voglio andare OT.
Gli rimprovero solo la scelta - sbagliatissima - della lingua italiana; ma è l'unico neo.
Il cast, poi, era infinitamente meglio che a Firenze.
Zancanaro non sarà stato un mostro di fantasia, ma da lì in avanti - a parte la luminosa eccezione di Finley - non ho più sentito un Guglielmo in grado di tenere una parte così declamatoria con pari autorità.
La Studer rispetto alla Bylstrom di Roma, o alla stessa Marton di Firenze, aveva un senso del ritmo, della parola che era infinitamente superiore.
E poi c'era lui, Chris Merritt da Oklahoma City.
Già bastava la sua prosodia per farti sentire il vero accento di Nourrit.
Nel secondo atto fu un'iradiddio.
Nel quarto fu immenso; la sua cabaletta, con la scansione tellurica di Muti (plantigrado?...), ci fece uscire tutti di testa.

I gusti sono gusti, e li rispetto.
E' il massimo che posso dire, di fronte ad affermazioni come le tue... : Doctor :
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda Tucidide » dom 19 ott 2014, 23:53

Ero presente ieri all'ultima recita di questo "Guillaume Tell" bolognese. Avevo già visto la regia di Vick a Pesaro e come allora ne ho riportato l'impressione di uno spettacolo che voleva essere politico/politicizzato riuscendo invece per lo più innocuo. Ho letto le note di Mattioli sul programma di sala e ammiro l'abnegazione con cui vuole dimostrare (con argomenti a volte convincenti) che questa realizzazione sia una grande regia: io non avevo pensato tutte quelle cose lì, e forse nemmeno le condivido del tutto, devo dire. Se quella è la chiave per capire questa regia di Vick, allora Vick non è decisamente pane per i miei denti: trovo che possano esserci altri modi per risolvere i nodi tematici dell'opera.
Personalmente trovo Michele Mariotti un simpatico ragazzaccio della bacchetta: ha talento e fantasia, ma anche tanta foga non sempre contenuta. Spesso fa un gran casino coprendo le voci, a volte se le perde per strada o si perde in sottolineature anche preziose, perdendo però di vista il contenuto essenziale e l'unità. A me è piaciuto molto nell'Ouverture, perché lì non cantano e le mende della concertazione non affiorano; ha introdotto molto bene l'aria di Arnold, ma non ha aiutato il tenore nella cabaletta (anche se c'era poco da aiutare, purtroppo... : Hurted : ); nel finale si è fatto prendere la mano, partendo fin da subito con troppo suono e crescendo fino ad un clangore che ha deliziato i fan dei decibel a tutto busso, meno chi cerca da questo pezzo il placido e solenne riemergere della natura oppressa.
Sufficienza per la Auyanet (ma quanto strilla nel III atto!); ottimo giudizio per Alvarez, impressionante per colore e volume, ogni tanto un po' Escamillo, ma capace di declamare con proprietà negli assieme.
Spyres: luci ed ombre, per me. Non condivido l'impressione di Beckmesser sulla muscolarità della sua interpretazione: l'ho trovato capace, nel II atto, di cesellare con la giusta emissione il duetto con Mathilde come quasi nessuno ho mai sentito; i suoi acuti erano davvero di testa pura, morbidi e luminosi e, liberi com'erano da ogni tensione, puri e proiettatissimi: il duetto è stato un momento magico e davvero, quando l'ho sentito cantare "Doux aveu", ho pensato: "Cazzo! Ecco come va cantato Arnold!", e di colpo tutti gli altri (tranne Merritt) mi sono sembrati sbagliati, inadeguati, persino Gedda! Laddove, invece, Arnodl declama o si trasforma in guerriero, sono cominciati i dolori. Primo atto anonimo e preoccupato (probabile che abbia giocato al risparmio per non arrotarsi la voce prima della fine), terzettone con qualche tensione di troppo, aria del IV atto divisa fra un buon cantabile (anche se mi aspettavo di più) e una cabaletta con acuti praticamente inesistenti (il che non sarà un dramma in assoluto, ma lascia l'amaro in bocca, altroché se lo lascia!). Bilancio: con Spyres si ha davvero, talora, l'idea di come dovrebbe essere la vera voce di Arnold: brunita, capace di espandersi nei centri e di cantare con dolcezza e tutto di testa nelle zone alte della tessitura; poi, però, la magia si dissolve quando Arnold deve tirare fuori un po' di polpa.
A margine, generalizzando, devo dire che sono un po' preoccupato per la carriera di questo artista da me assai amato fino allo scorso anno: io lo sentii anni fa nella stessa sala bolognese in una Cenerentola nella quale, pur penando un po' in alto, non scompariva mai e dava al massimo l'idea di un po' di tensione. Da quest'estate invece ho percepito, sia nell'Aureliano di Pesaro sia ieri, un consistente affievolimento dei già non sfolgoranti acuti. Se va avanti così, fra due anni arriva al la e basta! Credo che Spyres farebbe bene a ripensare un po' la propria organizzazione vocale: non farà mai un reale salto di qualità se non metterà a posto gli acuti una volta per tutte, e si sa che il firmamento operistico, oggi come ieri, è popolato di qualche stella fissa e di tante, troppe meteore, il cui illusorio brillio rende ancor più doloroso lo spegnersi.
E con questa lenzuolatina vi do la buonanotte. : Love :
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda Tucidide » dom 19 ott 2014, 23:58

P.S.: Concordo con il buon Pietrone il giudizio entusiastico sul Guglielmo Tell della Scala del 1988: Muti, l'orchestra e il coro e, soprattutto, Chris Merritt, valgono da soli l'acquisto (del biglietto allora, del CD/DVD adesso). E comunque anche gli altri del cast non furono affatto male.
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda Tucidide » lun 20 ott 2014, 14:37



Per chi volesse farsi un'idea dell'Arnoldo di Spyres nel II atto, questo è l'estratto della recita cui ho assistito anch'io.
Per me qui è spettacolare. Mi sembra che abbia fatto tesoro della lezione del grande Merritt.
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda DottorMalatesta » lun 20 ott 2014, 15:53

Tucidide ha scritto:Per me qui è spettacolare. Mi sembra che abbia fatto tesoro della lezione del grande Merritt.


Soprattutto nella gestione del registro di testa. Sono molto d´accordo. Ma, nel complesso, anche nel tono elegiaco, sfumato, poetico e nella padronanza della prosodia francese. Quello che, rispetto a Merritt, manca a Spyres è forse la brunitura del registro medio-grave e la sicurezza spavalda degli acuti.
Grazie dell´ascolto e dei commenti!!!

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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda mattioli » lun 20 ott 2014, 17:07

Quello che, rispetto a Merritt, manca a Spyres è forse la brunitura del registro medio-grave e la sicurezza spavalda degli acuti.


... però è più intonato :twisted:

AM
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda pbagnoli » mar 21 ott 2014, 13:49

vittoriomascherpa ha scritto:In anni recenti, parlo sempre per me, vi fu l'epifania Pappano-Osborn. Fu forse una fortuna che fosse oratoriale?

L'ho sentita solo in disco.
La direzione di Pappano non mi sembra così eccitante come quella di Muti; e non sto parlando di effetti. Sensazioni epidermiche, me ne rendo conto; però... alla fine mi è venuta voglia di riascoltare il Muti della Scala che non si stava auto-mitizzando (o autoMutizzando?...), semplicemente perché già si sentiva parte del Mito!
Osborne, in disco, proprio non m'è piaciuto; nessun vero rimando a quel mito di Nourrit che invece Merritt celebrava eccome!
Malyn Bylstrom mi è sembrato né più né meno un disastro.
Alla fine, l'unico elemento di interesse, peraltro molto rilveante, è Finley che col suo canto declamatorio centra perfettamente la cifra stilistica di questo personaggio.
Ovviamente, per come capisco io il Tell
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda DottorMalatesta » mar 21 ott 2014, 14:55

Gli unici due aspetti della direzione del Muti scaligero che non mi convincono del tutto sono la tendenza a una certa “rigidità” nella scansione ritmica e la scelta di tempi forse eccessivamente veloci. Il punto di forza di questa direzione sta nell´aver compreso che Guillaume Tell è opera in equilibrio perfetto tra quanto la precede e quanto la segue. Equilibrio che tuttavia è difficile da cogliere e realizzare (il rischio è perlopiù quello di farne una sorta di opera pre-verdiana, barricadera, “dupreziana” :mrgreen: , come nella bruciante direzione fiorentina del giovane Muti). Purtroppo la scelta dell´edizione in italiano per un pelo non distrugge questo equilibrio miracolosamente conquistato.
Il mio “Tell” di riferimento è Finley. Miracoloso nel suo declamato morbido e ricchissimo di colori. Trovo invece Zancanaro piuttosto noiosetto e a senso unico…

DM

P.S.: e pazienza se Merritt stonacchia!
:P
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda Tucidide » mar 21 ott 2014, 15:47

Muti alla Scala nel 1988 corre, eccome se corre! Però con Merritt se lo può permettere, perché in lui trova un tenore con l'emissione sciolta e l'agilità vocale necessarie per passeggiare con facilità quasi irrisoria su e giù per il pentagramma. Con un cantante simile, sarebbe un delitto la catatonia! Quanto alla rigidità ritmica, per la prima fase della carriera di Muti parlerei più di rigore ritmico, tratto distintivo dei suoi primi anni, che gli rendeva ottimi risultati alle prese con il primo Verdi; proprio sul principio del decennio successivo a questo Tell, con l'Attila della Scala, mi pare che Muti abbia via via abbandonato questo rigore, che appunto stava irrancidendosi in rigidità, aprendosi ad una maggiore "riflessività" ritmica. Una specie di Omero secondo l'opinione dell'Anonimo del Sublime, irruento e passionale, forse un po' naïf da giovane, più meditabondo e riflessivo da anziano.
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda DottorMalatesta » mar 21 ott 2014, 15:57

Tucidide ha scritto:Muti alla Scala nel 1988 corre, eccome se corre! Però con Merritt se lo può permettere, perché in lui trova un tenore con l'emissione sciolta e l'agilità vocale necessarie per passeggiare con facilità quasi irrisoria su e giù per il pentagramma.


Però in alcuni momenti Muti corre talmente tanto che la lingua del povero Merritt si attorciglia su se stessa (vedi la stretta del terzetto)! Il problema è proprio l´articolazione delle parole, non le agilità.

Rigore ritmico è un termine che si addice alla perfezione (impossibile non pensare al grande predecessore, Toscanini). E sono d´accordo nel dire che, rispetto all´edizione fiorentina, qui si avverte una flessibilità nel ritmo molto maggiore (a mio gusto sempre un po´ eccessiva ma chissene…).

DM

P.S.: qualcuno sa se Merritt abbia mai cantato Arnold in francese (e, nel caso, se esiste documentazione audio)?
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Re: Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda vivelaboheme1 » mar 21 ott 2014, 18:35

"L'unico Tell scenico che ho visto resta quello, per me noioso, del 1988 alla Scala, con forse il peggior Ronconi che ricordi (leggo che le diapositve della "bella Svizzera" hanno purtroppo fatto scuola, come sempre la moneta scadente!) e un Muti che, nemmeno cinquantenne, mi sembrò avviato a volersi automitizzare. Operazione che al momento ebbe senza dubbio un successo da non credersi.
In anni recenti, parlo sempre per me, vi fu l'epifania Pappano-Osborn. Fu forse una fortuna che fosse oratoriale?
Per quel che vale l'esperienza fuori dal teatro, sentendola in disco quasi quarant'anni fa l'opera m'era infatti sembrata un capolavoro assoluto; alla Scala s'era invece fatto strada il sospetto che, in confronto con le altre dell'ultimo Rossini, paghi un certo scotto all'accademismo. Pappano me la rivalutò una volta per tutte".


Sottoscrivo Mascherpa in toto e controfirmo

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infatti, l'ACCADEMISMO non era del Tell ma di tutta quella lettura scaligera, regia e podio.
e aggiungo, di mio: Mariotti rispetto al favoloso Pappano mi ha dato ulteriore materia di riflessione
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