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Quelle che mattioli giustamente chiama convenzioni, proprio in quanto tali, sono relative, soggette a mutamenti del gusto e allo scorrere del tempo.
non sarebbe saggio eliminare troppe colonne...
Se questo Tell monacense fosse stato un capolavoro, non avrei battuto ciglio nel vedere l'ouverture utilizzata come colonna sonora per una pantomima in apertura della seconda parte.
DottorMalatesta ha scritto:Ci sono alcuni autori le cui opere si situano al di fuori delle convenzioni consuete, opere caratterizzate da un senso di ineluttabilità ed immutabilità (chiaramente il pensiero va a Wagner e al suo Parsifal, anche se distinguerei tra testo del Parsifal e sua realizzazione: neppure il grande Vecchio sarebbe stato contento di vedere mummificata l'edizione bayreuthiana del 1882). Parlando per metafora, Wagner parlava una lingua che non prevedeva l'utilizzo di sinonimi né la possibilità di una "traduzione in lingua corrente". La lingua di Rossini invece prevedeva espressamente la possibilità di sinonimi e di traduzioni (fuor di metafora: trasposizioni, tagli aggiustamenti vari, etc etc).
mattioli ha scritto:non sarebbe saggio eliminare troppe colonne...
Vuoi condannare Pizzi alla disoccupazione?
Se questo Tell monacense fosse stato un capolavoro, non avrei battuto ciglio nel vedere l'ouverture utilizzata come colonna sonora per una pantomima in apertura della seconda parte.
DottorMalatesta ha scritto:opere caratterizzate da un senso di ineluttabilità ed immutabilità (chiaramente il pensiero va a Wagner
teo.emme ha scritto:Il fatto che si dica: con Wagner non si può è, forse, frutto di un pregiudizio e di un'attribuzione di superiorità di un genere più che ad un altro.
DottorMalatesta ha scritto:[...] certo, Wagner nell'Olandese accettò di abbassare di un tono la ballata di Senta per non far soccombere la Schroeder-Devrient. E nel Parsifal fece musicare ad Humperdinck qualche battuta di musica aggiuntiva per consentire che il cambio di scena dalla foresta del Graal all'interno del tempio si svolgesse senza intoppi... E si potrebbe continuare a lungo. Si torna a quanto proponevo... nulla è così assolutamente "definitivo" sulle tavole del palcoscenico!
DottorMalatesta ha scritto:Però Wagner ha anche creato una grammatica nuova, una lingua nuova, in contrapposizione con le convenzioni dell'epoca, l'architettura teatrale (buio in sala, golfo mistico, struttura anfiteatrale), lo stile di canto (Schnorr von Carolsfeldd morì di tristanite!) e le abitudini compositive (tanto per dire, è uno dei primi a comporre indipendentemente dal cantante che si trova davanti). Il preludio del Parsifal non è convenzione, è colonna portante! Esattamente come la sinfonia del Tell, che è - obiettivamente -qualcosa di nuovo. [...]
DottorMalatesta ha scritto:Il solo punto sul quale volevo insistere è quello per cui in un testo teatrale la maggior o minore compiutezza deve necessariamente fare i conti con la prassi. Prassi che era ed è, nei confronti del testo teatrale, più o meno elastica (e che dipendeva dalle convenzioni, dal pubblico, dalle volontà dell´autore, dall´hic et nunc della rappresentazione). Mi domando se la prassi di oggi, nella riproposizione attuale di un testo del passato, possa/debba tener conto della prassi del passato. Esemplificando, se in epoca barocca le convenzioni prevedevano più possibilità o comunque maggiori libertà esecutive, forse questo potrebbe comportare maggiori libertà anche agli interpreti di oggi.
DottorMalatesta ha scritto:Qualche anno fa al ROF Dario Fo riscrisse per la Gazetta dei dialoghi completamente nuovi (penso fosse per colmare una lacuna dovuta alla mancanza di alcuni numeri della partitura, or non ricordo bene): la cosa poteva avere un senso? Forse sì, bisognerebbe valutare. La “riscrittura” del Viaggio a Reims da parte dello stesso Dario Fo poteva avere senso? Gossett ne parla a lungo nel suo libro, insieme con altri esempi, e giustifica tale soluzione in una prospettiva di pratica teatrale (avrei bisogno di rileggermelo).
DottorMalatesta ha scritto:Non si può non tenere conto del qui ed ora, nella riproposizione sul palcoscenico di un testo teatrale.
DottorMalatesta ha scritto:Il Verdi tagliuzzato di Gavazzeni era il Verdi ritenuto "giusto" allora. Ma non è il Verdi ritenuto "giusto" oggi. E probabilmente non è neppure il Verdi nel quale si riconoscerebbe Verdi stesso!
DottorMalatesta ha scritto:[...]oggi nessuno si sdegna nel sentire Casta Diva o la Ballata di Senta abbassata di un tono [...]
DottorMalatesta ha scritto: [...] nessuno sbuca dal nulla. Anche il fulmine di Rossini non è un fulmine a ciel sereno. Ma, anche se rischia di far dimenticare che il cielo è pieno di nuvole, un fulmine resta sempre un fulmine!
il Viaggio a Reims è anche una sottile, ma spietata satira sulla restaurazione
mattioli ha scritto:il Viaggio a Reims è anche una sottile, ma spietata satira sulla restaurazione
?!
teo.emme ha scritto:mattioli ha scritto:il Viaggio a Reims è anche una sottile, ma spietata satira sulla restaurazione
?!
Sarà una mia opinione, ma il gioco rossiniano di amori, corteggiamenti, intrighi (che personificano la Polonia contesa tra le grandi potenze) o la caratterizzazione delle diverse nazioni (dipinte in modo cialtronesco da Don Profondo), il non sense delle situazioni, l'assurda complessità del grande concertato (e i futili motivi ce lo giustificano), mi pare un ritratto piuttosto disilluso della restaurazione e dell'illusorio ripristino della legittimità. Nulla di rivoluzionario ovviamente, ma un atteggiamento distaccato che tradisce la formazione sostanzialmente illuminista del buon Rossini.
mattioli ha scritto:Evidentemente, e' proprio impossibile ammettere che un grande artista possa essere, politicamente, un reazionario. Rossini poi non era nemmeno tale: era il solito intellettuale italiano tradizionale affatto privo di una coscienza politica e sempre pronto, come fece, a prestarsi alla propaganda napoleonica, a quella della Restaurazione, a Gioachino Murat, ai Borbone di Napoli, a quelli di Francia, alla Santa Alleanza, a Pio IX, a Napoleone III e a Vittorio Emanuele II. Semmai ebbe un sentimento "politico", fu quello, comune alla maggioranza degli stranieri, della stanchezza, dopo vent'anni che avevano sconvolto l'Europa più che i venti secoli precedenti. E "le repos de l'Europe" è appunto la formula più tipica di tutta la propaganda antinapoleonica e della Restaurazione.
Il Viaggio a Reims doveva semplicemente essere la pendant brillante all'eroico Pharamond. Quella della Polonia e' l'ennesima palla, perché il problema polacco, che aveva condotto dieci anni prima i vincitori di Napoleone sull'orlo di una guerra, nel 1824 era regolato da un pezzo con generale soddisfazione. Infatti Balocchi, proprio per evitare ogni sospetto satirico, fa contendere al russo la polacca dallo spagnolo, cioè dal Paese che era stato il meno interessato alla querelle . E le rare volte che il libretto abbandona il suo tono da commedia sofisticata e' per lanciarsi nell'esaltazione degli ideali della Restaurazione, non ultimo il riscoperto sentimento religioso.
Per questo l'opera e', ANCHE, un manifesto politico. È la riscrittura di Dario Fo un doppi tradimento, oltre che una vaccata perché Balocchi era molto più spiritoso...
se proprio re deve essere, allora... Luigi XIV!!!
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