da Maurizio Dania » mer 01 ott 2008, 20:07
Venezia, grande successo. Ottimo Furlanetto. Ma l'opera non è facile. Torniamo al Boris. Se non si parte dalla psicologia e dal modo di essere musicista di Musorgskij, difficilmente potranno avere mai, i nostri amici dell'Opera, una visione delle varie edizioni e delle libertà che si sono assunti i direttori d'orchestra che han voluto affrontare il lavoro, che certamente è un capolavoro, ma che per paradosso, potrebbe esere considerato il capolavoro della scuola operistica russa, più che non esclusivamente quello di Musorgskij.
C'è nella musica dell'Autore quel tanto di religiosità e di iniziazione all'essenza di quella ecclesiastica sia graca che ortodossa, quindi cattolica e protestante luterana, che può confondere gli stessi esegeti russi, ovviamente custodi del "sapere". Musorgskij incontra Borodin, Dargomyzskij, Balakirev, Stakov, Rimskij-Korsakov, alcuni studiosi della letteratura classica e romantica occidentale sotto l'influenza di Balakirev o addirittura sotto la "protezione intellettuale" dello stesso Korsakov. Insomma, tutto ciò che è prodotto da Musorgskij, specie nel Boris, appartiene al frutto di una specie di work in progress, al quale le tentazioni di variazioni e la possibilità per i direttori d'orchestra di intervenire a loro piacimento, pur nello spirito e nell'alveo dei binari tracciati dall'originale, permette qualsiasi soluzione.
La verità musicale nell'autore è una ricerca continua. Molti hanno giudicato tutto il suo lavoro, come se fosse quello di un acuto, intelligente, geniale allievo, ma di Maestri, sia musicali che del pensiero, che, per essere capiti e tradotti in sentimenti ed in note musicali, avevano comunque la necessità che fossero fruttificati dalla potenza di un genio. Come si sa benissimo, il Boris, nasce dal lavoro che lo induceva a musicare Victor Hugo. Han d'Islande. E, andando molto a braccio, nasce la questione dei cori. Edipo re fu un'altra tentazione. Non era la tragedia di Sofocle, ma un dramma di Ozerov. Un coro delle musiche preparate per quest'opera fu utilizzato a San Pietroburgo. Qualche mese dopo Musorgskij aveva già composto altri due cori. Sono presenti in Salammbò. I primi due cori di questo lavoro, furono utilizzati nel Boris. Salammbò in effetti doveva chiamarsi Il Libico. Ne son rimaste 5 scene incomplete. La maggior parte furono immesse nel Boris. Nonostante tutto questo andare e venire, a cui non sono estranei le influenze romantiche europee o mittle europee, il carattere letterario di Hugo e Flaubert, l'amicizia con Balakirev, l'Autore nel 1866 comincia a dedicarsi seriamente dell'opera di Puskin. Musorgskij non è portato per il mondo fantastico e il suo interesse lo porta esclusivamente o quasi sulle parti corali. Come in Salammbò. Ho trovato le parole di Leonard:" I frammenti che rimangono dimostrano che il vero intertesse del giovane compositore è per le grandi scene d'assieme e per gli effetti corali di massa. E' chiaro che stava cercando la strada per una nuova concezione del coro d'opera: come un protagonista indipendente e possentemente drammatico". Stakov aveva detto:"....-vengono descritte- grandi masse di popolo in movimenti di eccitazione emotiva, le scene tra i personaggi sono meno importanti".
Musorgskij abbandonò più volte le opere che componeva. Di Zenitba ad esempio compose solo il primo atto.
Riassumendo, tornando al Boris, opera completa, ne esistono 3 versioni. Serie, cioè nell'alveo dello spirito. Due di Musorgskij, le cui partiture non hanno bisogno di tagli, e così dovrebbero essere presentate, e quella di Korsakov che fece e costruì di fatto un'altra opera. Quindi il discorso critico sul Boris, per me, dovrebbe fermarsi alle prime due versioni. Korsakov, e qui la politica a cui s'alludeva c'entra, più della musica, di fatto imborghesisce il Boris e tradisce lo spettacolo popolare, di partecipazione delle masse sulla scena e fuori scena che risiedeva nella volontà di Musorgskij.
Se qualche orchestratore e direttore d'orchestra, modifica una delle due partiture dell'Autore, prima di farlo, dovrebbe riuscire a leggere l'edizione, se esiste ancora, che Pavel Lamm presentò a Leningrado negli Anni Venti.
Non voglio essere "definitivo", ma come scrive Vlad, Musorgskij dà al suo lavoro una certa struttura più per "giustapposizioni che per concatenazioni che presuppone la conoscenza dei fatti (della trama e del canovaccio), da parte degli spettatori". Ma anche dei critici e dei musicologi, sovente improvvisati. "C'è un senso di opera aperta, afferma Vlad, e modestamente condivido, prendendo lo spunto ad esempio dal finale: il canto dell'Innocente nella seconda versione. Musorgskij continua l'operazione musicale e culturale di Glinka. Chiunque lo rappresenti, duplicando cori, inserendo parti della prima stesura ed integrandoli con la seconda, lasciando stare Korsakov, deve tenere conto come il popolo è rappresentazione teatrale autentica, che si ritrova soprattutto nelle masse orchestrali, protagonista in prima persona, "secondo l'anima profondamente rappresentativa delle sue cerimonie popolari, cerimonie contadine immutabili nel tempo e nello spazio", anche se cambiano i protagonisti. Vorrei tanto conoscere ciò che si compone oggi in Russia, sotto il pugno di ferro del nuovo czar Putin. Da qui mi pare eterna la vicenda del Boris, dal pianto alla rivolta, dalla povertà, alle oggi ricchezze di pochi gerarchi, pur in presenza di una forza popolare intensa, vitale, capace di vivere e nonostante tutto, capace di cogliere ogni novità che riesce a superare le varie cortine di ferro, rigettando o rifiutando tutto ciò che è estraneo, artificioso, non in sintonia con i suoi sentimenti ed ai suoi caratteri nazionali, chiunque sia czar, Boris o il falso Dimitrij.
Gergeev presenta un'edizione che seppur coerente, è pur sempre una sua interpretazione spartitica. Se mi passi il termine, invero terribile. Ovviamente gioca sul fatto che pochissimi conoscono la genesi e lo sviluppo del lavoro anche intellettuale di Musorgskij. La comparazione tra i due spartiti non è facilissima: intanto occorrerebbe leggere i due originali, con la certezza che lo siano, e ad esempio non ho trovato traccia del discorso dei Boiari e lo spartito Bussel del 1874, sarà pure vicino all'originale ma fu quella adottata al Marijnskij di Pietroburgo sotto la direzione di Napravnik, il 27 gennaio e segue quella che venne definita la dissoluzione della fedeltà ai principi comuni, tanto cari all'Autore.
Non sono estranei dalla critica le astiosità dei "nemici" di Musorgskij che controbilanciano le esaltazioni degli amici, quali Korsakov e Stasov.
Sui materiali d'archivio cala l'ombra del mistero. Un poco se lo consenti come il ritrovamento dell'originale della Lucia ad opera di Cobos.
In fondo, per terminare questo lungo scritto, credo che nessuno abbia tradito Musorgskij, se ha diretto una delle due prime stesure, ma che certamente molti abbiano preferito la versione Korsakov, più romantica ed occidentale, altri abbiano diretto dei prelibati risotti, applauditissimi, a volte dimenticando ciò che lo stesso autore scrisse al termine della seconda stesura del Boris:" Scoprire i tratti intimi della natura umana individuale e collettiva, scrutare queste regioni inesplorate, individuarle, riesumarle e cogliere i tesori: questa è la missione dell'artista".
Direi anche del concertatore e direttore d'orchestra che affronti il Boris. Due o tre sono le edizioni critiche.
L'edizione critica di Pavel Lamm non mi pare discutibile, anche se i due non si conobbero: non so se i rapporti con l'Autore sarebbero stati idilliaci, in ogni caso stimolanti si, però per la Khovanscina, il lavoro di Lamm non è mai stato portato in scena.
Bessel compose anche una versione per pianoforte, con aggiunte e lavorando su manoscritti; non vanno dimenticate le orchestrazioni di Dmitrij Dmitrievič Šostakovič e quella di Rathaus, ma queste sono altre storie. Poi, quanti manoscritti ci sono? Ma non li ho letti tutti.
Oggi esistono 12 versioni del Boris. Io ripeto, preferisco la versione ultima quella con la partitura e spartito delle prime due versioni dell'Autore. Anche se viene rappresentata sovente quella tratta dalla revisione critica del 1979 curata da David Lloyd-Jones basata sulla combinazione delle nove scene della seconda versione del 1872 con in aggiunta la scena della Cattedrale di San Basilio dalla prima versione del 1869. Affascinante comunque.
Libertà va cercando ch'è si cara come sa chi per lei vita rifiuta