Manon Lescaut - Monaco - 2014

recensioni e commenti di spettacoli visti dal vivo

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Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda Maugham » ven 21 nov 2014, 13:12

Neuenfels non è un regista, ma un mediatore culturale che si occupa di regia. L'approccio alla drammaturgia pucciniana è quindi volutamente critico e dissacrante. Per metà spettacolo siamo stati dalle parti della supercazzola registica. Per il rimanente, in un Manon Lescaut di tradizione.
La superacazzola.
Per Neuenfels, Manon è una sorta di Lulu mediterranea destinata alla morte fin dal suo apparire in scena. Tutto quello che succede (dall'incontro con Des Grieux, alla fuga, a Geronte, alla prigionia, all'implorazione del "pazzo son") altro non sono che espedienti narrativi per salvare dalla morte questo personaggio che un creatore (qui Edmondo nelle vesti di domatore da circo e di creatore con i baffetti di Puccini) ha consegnato alla morte.
"Questa è la fine di tutte le eroine pucciniane, non si scappa" ci dice il grande regista tedesco; grazie della precisazione, non ce n'eravamo accorti. Ovviamente in questo pirandellismo espressionista non poteva mancare il solito carnevale da regiethear con tanto di coro di pagliacci dal trucco straniante, di maestro di ballo travestito da Bigfoot, di cardinali che assistono all'Ora o Tirsi toccandosi il pacco per poi aprire i cassetti del comò e annusare le mutande di Manon, di "belle brune e bionde" in realtà tutte grigie, di slinguazzamenti (testuale!) di caviglie con tanto di laido Geronte che scopa per interposta persona.... 8)
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La tradizione.
Ficcate tutte le carabattole da espressionismo sesattottardo nei cosiddetti riempitivi (con il risultato di farli apparire ancora di più inutili riempitivi, bravo!), Neuenfels ovviamente deve fare i conti con la drammaturgia diretta ed esplicita di questo lavoro soprattutto nelle scene a due. E qui, in un palcoscenico vuoto, con ammirevole parsimonia nell'uso dei gesti, degli spazi e delle luci, il nostro eroe smette i panni del mediatore culturale e diventa un regista che fa... il regista. Certo, con due mostri da palcoscenico come Kaufmann e l'Opolais ha vita facile, ma devo ammettere che il duetto finale, scenicamente e vocalmente, è stato uno dei più intensi, struggenti e appassionanti cui abbia assistito.
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Kaufmann orma conosce il personaggio anche capovolto. Lo padroneggia a tutti i livelli ed è in grado di rendere significante anche la punteggiatura. Prodezze incredibili nel Donna non vidi mai, finalmente non comiziante ma ricondotta, come deve essere, a un sogno ad occhi aperti. Magnifico nel finale secondo, incisivo nel terzo e assolutamente magnetico nelle arsure del deserto della Louisiana.
La Opolais è leggermente più opaca rispetto a Londra, ma anche lei domina il personaggio e ne ha in gola, oltre alle note, anche le motivazioni più profonde.
A partire da Eiche (Lescaut), per finire con Kachurovsky (Capitano) siamo stati dalle parti del comprimariato alla tedesca. E non aggiungo altro.
Ha diretto Altinoglu in puro stile Daniele Gatti. Certe soluzioni azzeccate (intermezzo e concertato del terzo, per dirne due) alternate ad altri passaggi tirati via, con pesanti scollamenti col palcoscenico (in due occasioni Kaufmann era fuori e non certo per colpa sua) e tempi cervellotici e slentati.
Pubblico bavarese urlante e gongolante.

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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda vivelaboheme1 » ven 21 nov 2014, 14:30

No. Daniele Gatti non "tira via" mai e proprio mai! Può piacere o non piacere, ma semmai per l'esatto contrario, ovvero l'attenzione continua al particolare che a qualcuno può risultare faticosa all'ascolto (a me è gradita). Lui stesso dice di sé che da giovane era troppo attento ai particolari. Ma la definizione e il paragone così proposti sono totalmente improprii ed estranei ed opposti alla fisionomia d'esecutore e interprete di Gatti. Di lui si può dir tutto salvo che questo. E' l'esatto opposto.


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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda Maugham » ven 21 nov 2014, 15:19

vivelaboheme1 ha scritto:No. Daniele Gatti non "tira via" mai e proprio mai!


Va bene. "Tirati via" no. O meglio, Gatti non tira via. Perdonami la fretta.
Il resto però -parlo del paragone con il Gatti style- ci sta tutto. E se vuoi aprire un thread sull'argomento sono disposto a seguirti. (Senza fanatismi, però) :wink:

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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda dollarius@libero.it » ven 21 nov 2014, 16:18

Ringrazio Maugham di cuore. Per chi, come me, avrebbe tanto voluto esserci ma non ha potuto, queste cronache sono come acqua fresca. Attraverso queste righe, associandole alla registrazione radio, ho ricostruito quanto ho potuto. Grazie!
Irina
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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda vivelaboheme1 » ven 21 nov 2014, 21:22

Per Maugham.
Prontissimo a parlarne senza fanatismi. Ti dirò che io penso d'esser soltanto la seconda persona al mondo, fra coloro cui Daniele Gatti è direttore gradito, a ritenere che la sua modalità d'interprete possa non piacere a tutti o non sempre: perché la prima persona che lo dice è... Daniele Gatti! Anche per questo sarebbe interessante parlarne.
Ti ho replicato perché la tua affermazione così come l'avevi proposta era come se... metti che stessimo discutendo delle esecuzioni di Riccardo Muti da giovane e io me ne fossi uscito con: "Sai a me Muti da giovane in Verdi non piaceva perché i suoi tempi erano sempre così lenti!". Mi avresti giustamente dato del folle!
Ciao

marco vizzardelli

P.S. Comunque mi unisco al ringraziamento per il resoconto di Manon che mi sarebbe piaciuto ascoltare (per il cast vocale), e anche vedere!
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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda dollarius@libero.it » ven 21 nov 2014, 21:59

vivelaboheme1 ha scritto:
P.S. Comunque mi unisco al ringraziamento per il resoconto di Manon che mi sarebbe piaciuto ascoltare (per il cast vocale), e anche vedere!


Se ti interessa e se hai tempo sul sito di BR Klassik si trova ancora per intero.
Ciao
Irina
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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda DottorMalatesta » ven 21 nov 2014, 22:08

dollarius@libero.it ha scritto:
vivelaboheme1 ha scritto:
P.S. Comunque mi unisco al ringraziamento per il resoconto di Manon che mi sarebbe piaciuto ascoltare (per il cast vocale), e anche vedere!


Se ti interessa e se hai tempo sul sito di BR Klassik si trova ancora per intero.
Ciao
Irina


Eccolo qui:

http://www.br.de/radio/br-klassik/sendu ... k-100.html

Ciao!

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P.S.: telegraficamente: VIVA IL DIVINO! : Thumbup :
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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda pbagnoli » ven 21 nov 2014, 22:14

Io ringrazio l'amico per questo bellissimo resoconto.
Ma perché Neuenfels ha bisogno di spostare sempre l'asse dell'attenzione, come se la drammaturgia non bastasse a riempire il palcoscenico?
Ratti, api, adesso donne senza volto...
E i prelati eccitati dalla biancheria intima non sono affatto una novità in quest'opera.

Credo che la drammaturgia di quest'opera sia una faccenda brada, violenta, a pelle. Lo dicevamo ieri pomeriggio: non c'entra niente con Prévost. E' lo straripamento inventivo di pancia, di un autore che non sarà più così istintivo nei lavori a seguire.
Non mi meraviglia che le cose venute meglio siano quelle in cui dici che si è affidato alla pura drammaturgia dell'opera.
Ma la Opolais, ormai sempre più MILFona, è credibile come Manon?...
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda Maugham » sab 22 nov 2014, 9:03

pbagnoli ha scritto:Io ringrazio l'amico per questo bellissimo resoconto.
Ma perché Neuenfels ha bisogno di spostare sempre l'asse dell'attenzione, come se la drammaturgia non bastasse a riempire il palcoscenico?


In realtà Neuenfels non sposta l'asse dell'attenzione. Quello che lui sottolinea "è" -per lui- l'asse dell'attenzione. Il resto c'è, ma ha un significato relativo. Oppure è solo una conseguenza del konzept.
Come ho scritto, il ruolo del mediatore culturare è determinante nella formazione di quasi tutti (diciamo pure tutti) i registi di area tedesca e dell'Europa centrale. Basta considerare che anche due campioni del borderline (ovvero vicini per certi aspetti alla scuola registico-narrativa anglosassone) come Guth ed Herheim non riescono a sottrarsi a questo ruolo. Soprattutto quando affrontano il repertorio italiano.
Repertorio che, come sottolinei, ha in molti casi un passo teatrale e narrativo diretto, preciso e fulminante.
Con autori invece che già per primi si erano vestiti del ruolo di mediatori culturali (Wagner per tutti) il gioco può funzionare. Oppure, se va male, c'è solo una fastidiosa sovrabbondanza di simboli come nel Lohengrin di Bayreuth (che solo Malatesta sa dipanare) o nei Meistersinger della Wagner (che ho dipanato anch'io con fatica).
L'asino casca in Verdi e Puccini. Compositori noti per stare molto sul pezzo e con fini precisi.
Prendiamo Puccini, visto che stiamo parlando di questo.
L'obbiettivo del compositore è quello di "commuovere". Non si scappa. Puoi girarlo, voltarlo, ribaltarlo... Puccini a quello mira e quello ottiene.
Attenzione però, quando parlo di "commozione" non intendo il pianto della nonna o del nonno di fronte alle sventurate vicende della protagonista. Quello, sono capaci tutti, anche Zeffirelli nel Campione... :D , quella non è commozione, è solo pornografia della lacrima. Puccini non tratta quella roba. :)
Puccini usa il termine commozione in un senso più sottile. Per lui la commozione è la partecipazione, l'empatia, il comune sentire che ti prende quando sei a teatro e vedi/senti un suo spettacolo. Per lui la commozione è provare, seppure per un attimo, gli stessi sentimenti che provano i personaggi sul palcoscenico.
Quando muore Mimì, non piangiamo perchè muore una dolce e civettuola fanciulla a cui ci eravamo affezionati. Con la morte di Mimì (diro una cosa banale perdonatemi) noi sentiamo lo struggente rimpianto per la morte di una fase della vita; l'adolescenza o la prima maturità, chiamatela come volete. La morte di Mimì (ma anche di Manon, ma meno) fa risuonare dentro di noi il campanello che possiamo chiamare "momento della verità" con cui tutti facciamo i conti. E proviamo, altre allo sgomento, anche un senso di paura. Come lo provano Schaunard, Colline e Marcello che si ritraggono spaventati di fronte a questa resa dei conti. E si ritrae anche la musica.
L'arrivo della morte in quella gelida soffitta di Parigi non è poi così lontano, nella sua terribilità, dall'arrivo della Morte Rossa nella reggia di Prospero. Anche lì, Poe come Puccini, hanno lavorato spietatamente sul "momento della verità".
Per questo analizzare Puccini con occhio oggettivo, o ancora peggio critico, come fanno molti esponenti del regietheater (in buona fede, non lo nego e con intenti tutt'altro che dissacratori ma anzi con velleità di nobilitare qualcosa che per me è già nobilissimo) mi fa morire dal ridere. E forse farebbe ridere anche lui.

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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda mattioli » sab 22 nov 2014, 11:23

Su Gatti, sono d'accordo con il Viz.
Su Neuenfels, con Maugham. Anche nel famigerato Lohengrin, usciti finalmente da topi e altre stronzate, il duetto del terz'atto era la dimostrazione che, volendo, costui il regista d'opera saprebbe pure farlo.
In ogni caso la vera notizia e che è tornato Maugham!

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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda DottorMalatesta » sab 22 nov 2014, 12:31

Maugham ha scritto:Come ho scritto, il ruolo del mediatore culturare è determinante nella formazione di quasi tutti (diciamo pure tutti) i registi di area tedesca e dell'Europa centrale. Basta considerare che anche due campioni del borderline (ovvero vicini per certi aspetti alla scuola registico-narrativa anglosassone) come Guth ed Herheim non riescono a sottrarsi a questo ruolo. Soprattutto quando affrontano il repertorio italiano.
Repertorio che, come sottolinei, ha in molti casi un passo teatrale e narrativo diretto, preciso e fulminante.


Sono d'accordo. Eppure, sebbene riconosca di essere un fottuto razionalista :mrgreen: , ammetto di essere rimasto folgorato dall'approccio "di testa", razionale, intellettuale (e con questo non intendo l'algido intellettualismo ermetico di Neuenfels) al repertorio italiano da parte di gente come Herheim (nella Boheme), Guth (nella trilogia dapontiana), Cerniakov (Trovatore-Traviata-Macbeth-DG), o l'ultimo Carsen (DG, Rigoletto).
Questi registi hanno realizzato spettacoli che, pur nella loro complessità, avevano un'immediatezza emotiva straordinaria,e questo a dispetto di una impalcatura concettuale fortissima. Il Trovatore di Cerniakov o la Boheme di Herheim possono non essere "compresi" razionalmente, ma sono spettacoli che comunque "passano". E passano indipendentemente dall'età dello spettatore, delle sue conoscenze, del suo "background" esperienziale, culturale o sociale. Prova ne sia l'intensità dei giudizi e delle reazioni che, nel bene o nel male, questi spettacoli suscitano. Prova ne sia l'intensità della concentrazione con cui gli spettatori (anche i detrattori) seguono questi spettacoli. In questo trovo che questi spettacoli siano pienamente funzionali ad un repertorio caratterizzato da una drammaturgia che, come sottolinevi tu e Pietro, è caratterizzata da un "passo teatrale e narrativo diretto, preciso e fulminante".
In fin dei conti, sono spettacoli "globali" nel loro rivolgersi alla totalità delle componenti percetttive, recettive ed interpretative della persona-spettatore: percezione sensoriale (si tratta di spettacoli visivamente "forti"), razionalità ed emotività. Le regie di Jones sono "riuscite" perché "solleticano" lo spettatore nella sua globalità anche se con un (apparente?) minor grado di complessità concettuale rispetto ai cugini di area tedesca e nord-europea.
Qualora si privilegi una componente a scapito delle altre due il tavolo non sta in piedi. Ecco perché, in fondo, uno spettacolo di Neuenfels non regge, così come non regge uno spettacolo high-tech della Fura, così come non regge più la pornografia della lacrima (sei geniale, come al solito!) di Zeffirelli.
Così almeno per come la penso io.

mattioli ha scritto:In ogni caso la vera notizia e che è tornato Maugham!


Vero. Ci sei mancato!

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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda DocFlipperino » sab 22 nov 2014, 13:16

Che meraviglia leggere il divino!!
Una impressione personale. Sentita in radio mi sembra che la Poppolais le note di Manon le abbia più nelle tette che in gola.... se mi spiego.... :)
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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda DottorMalatesta » sab 22 nov 2014, 14:12

DocFlipperino ha scritto:Una impressione personale. Sentita in radio mi sembra che la Poppolais le note di Manon le abbia più nelle tette che in gola.... se mi spiego.... :)


Indiscutibilmente il registro di petto è un punto di forza del canto della Opolais. I vociologi direbbero che la suprema padronanza del registro di petto le consente di ottenere suoni pieni, rotondi, sodi e sostenuti. Inoltre, come dicono i vociologi di cui sopra, l'ascolto solo radiofonico risulta estremamente penalizzante per una voce che può essere apprezzata appieno solo dal vivo.

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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda DocFlipperino » sab 22 nov 2014, 14:36

Ma per.... tette caro Francesco intendevo altro.... Cioè più un discorso interpretativo basato sull'avvenenza fisica.
La Opolais l'ho sentita dal vivo al Met e quindi ho una idea di come "suoni" dal vivo.
Lungi da me fare un discorso da vociologo :oops:

Ehm.... Ancora niente da comunicarci?
Un abbraccio
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Re: Manon Lescaut - Monaco - 2014

Messaggioda dollarius@libero.it » sab 22 nov 2014, 14:54

Maugham ha scritto:L'asino casca in Verdi e Puccini. Compositori noti per stare molto sul pezzo e con fini precisi.
Prendiamo Puccini, visto che stiamo parlando di questo.
L'obbiettivo del compositore è quello di "commuovere". Non si scappa. Puoi girarlo, voltarlo, ribaltarlo... Puccini a quello mira e quello ottiene.
Attenzione però, quando parlo di "commozione" non intendo il pianto della nonna o del nonno di fronte alle sventurate vicende della protagonista. Quello, sono capaci tutti, anche Zeffirelli nel Campione... :D , quella non è commozione, è solo pornografia della lacrima. Puccini non tratta quella roba. :)
Puccini usa il termine commozione in un senso più sottile. Per lui la commozione è la partecipazione, l'empatia, il comune sentire che ti prende quando sei a teatro e vedi/senti un suo spettacolo. Per lui la commozione è provare, seppure per un attimo, gli stessi sentimenti che provano i personaggi sul palcoscenico.
Quando muore Mimì, non piangiamo perchè muore una dolce e civettuola fanciulla a cui ci eravamo affezionati. Con la morte di Mimì (diro una cosa banale perdonatemi) noi sentiamo lo struggente rimpianto per la morte di una fase della vita; l'adolescenza o la prima maturità, chiamatela come volete. La morte di Mimì (ma anche di Manon, ma meno) fa risuonare dentro di noi il campanello che possiamo chiamare "momento della verità" con cui tutti facciamo i conti. E proviamo, altre allo sgomento, anche un senso di paura. Come lo provano Schaunard, Colline e Marcello che si ritraggono spaventati di fronte a questa resa dei conti. E si ritrae anche la musica.
L'arrivo della morte in quella gelida soffitta di Parigi non è poi così lontano, nella sua terribilità, dall'arrivo della Morte Rossa nella reggia di Prospero. Anche lì, Poe come Puccini, hanno lavorato spietatamente sul "momento della verità".
Per questo analizzare Puccini con occhio oggettivo, o ancora peggio critico, come fanno molti esponenti del regietheater (in buona fede, non lo nego e con intenti tutt'altro che dissacratori ma anzi con velleità di nobilitare qualcosa che per me è già nobilissimo) mi fa morire dal ridere. E forse farebbe ridere anche lui.

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Che dire? Nel giro di due giorni mi ritrovo ancora a ringraziarLa. Certo Lei si esprime molto meglio di me, ma sono anni che lotto per difendere Puccini da tutte quelle persone che, in maniera certamente superficiale, lo definiscono un compositore di musichette per signore, oppure ne parlano come di un maschilista che odiava le donne, o che dicono che le sue eroine sono tutte deboli sfigate. Purtroppo in teatro mi capita spesso. Io ho un bel ritratto in salotto del Puccini, credo di non essermi mai sentita compresa, capita, in quanto donna, come da Lui. La sua potenza teatrale e' fortissima, quando e' ben recitato, eseguito e cantato mi porta davvero alla commozione profonda, mi sento accarezzata nel mio io piu' profondo, difficile da spiegare a parole. Era un musicista molto attento anche a tutto cio' che gli accadeva intorno; il modo in cui ha creato un ponte tra l'opera italiana e Wagner e' insuperabile. Egli ha un solo difetto; la produzione e' piuttosto limitata, ma solo perche' sorella morte se lo e' preso troppo presto!
Ad ogni modo, grazie ancora : Thumbup :
Irina
p.s. Proprio di recente ho scoperto che Puccini, a New York per la Fanciulla, ebbe modo di assistere a Konigskinder di Humperdinck e ne resto' totalmente affascinato. Lui era troppo avanti. Mi sarebbe strapiaciuto essere la sua segretaria/assistente.
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