Meistersinger Salzsburg Herheim

recensioni e commenti di spettacoli visti dal vivo

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Meistersinger Salzsburg Herheim

Messaggioda pbagnoli » mar 27 ago 2013, 15:20

Come molti altri, mi sono dovuto accontentare della visione di un ottimo HD dell'evento salisburghese.
Dico subito che sono rimasto favorevolmente colpito dall'aspetto formale dello spettacolo di Herheim - "bello" nella più comune accezione del termine - ma piuttosto deluso dai contenuti.

Accontento i musicologi che vengono a leggerci quotidianamente per vedere se è proprio vero che ci occupiamo solo di regie e dico subito che, nell'ordine:
:arrow: ho apprezzato molto la direzione serena, equilibrata e a puntasecca di Gatti, ormai il più mitteleuropeo dei nostri direttori, e veramente padrone della materia wagneriana in cui spesso lo apprezzo
:arrow: ho ammirato notevolmente Volle, che però preferisco come Beckmesser; e Werba, davvero bravo
:arrow: ho ammirato molto meno - ma non del tutto disprezzato - la Gabler
:arrow: ho ripudiato Saccà, fra i peggiori Walther in cui mi sia mai imbattuto
Complessivamente un'edizione dignitosa dal POV musicale; si è sentito di molto meglio.
Continuo a pensare che chi è paradigmatico in un ruolo difficilmente avrà la stessa resa in un altro; ma è una mia opinione e come tale ve la vendo

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Dal POV teatrale, invece, ho più di una perplessità.
Certo, lo spettacolo è molto "bello" con la sua cornice Biedermeier che - non diversamente dallo spettacolo di McVicar - rassicura lo spettatore che ha avuto difficoltà a rapportarsi al ben altrimenti complesso spettacolo di Katharina Wagner (Bayreuth 2008 e segg) che mi sembra il più interessante termine di paragone.
Questo di Herheim mi sembra invece uno spettacolo discretamente ruffiano.
C'è la cornice onirica, molto comoda per spiegare qualunque cosa; anche il fatto - molto discutibile - che Sachs e Beck siano due facce della stessa medaglia. Il presupposto wagneriano era ben diverso, e puntava nel dualismo Sachs/Walther.
C'è il recupero dei "padri della patria culturali" (fratelli Grimm, Goethe, Beethoven), idea non del tutto nuova: nelle danze del terzo atto dello spettacolo di Bayreuth di Katharina comparivano in guida di pupazzoni e assistevano al rogo dei libri, come succedeva in ben altre e tristi epoche storiche tedesche. Qui il konzept è molto più rassicurante e sfumato.
C'è il ricordo dei tempi che furono, affidato ai giocattoli dei bambini coperti da teli contro la polvere; altra idea non del tutto nuova, visto che fu sviluppata con ben altro rigore da Richard Jones.
C'è la ben nota passioncella senile di Sachs per Eva, idea suggerita dallo stesso Wagner sull'onda della musica del "Tristan und Isolde"; qui è veramente poco credibile, se si considera che l'avversario di Sachs è... Saccà.
C'è - questa è forse la vera novità - l'idea che Sachs e Beck siano due facce della stessa medaglia, ma sappiamo che il confronto ipotizzato da Wagner dovrebbe essere fra i limiti di un artista che si sente libero di natura (Walther) e uno che la libertà l'ha conquistata attraverso le regole (Sachs); in mezzo... Hanslick.
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Ecco, nello spettacolo formalmente più "brutto" ma ben altrimenti coinvolgente di Bayreuth, Katharina esplorava con molto acume il vero problema proposto da questa meravigliosa partitura: i limiti della libertà dell'Artista
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Nella parallela involuzione di Sachs, da libero pensatore a artista di regime; di Walther, da scapestrato artista underground senza regole a cantante confidenziale; e di Beck, da odioso burocrate a simpatico artista pop; ci stanno tutti gli estremi dei margini di azione di un artista, oggi e sempre.
La mia sensazione è che lo spettacolo di Herheim faccia un netto passo indietro rispetto a questa presa di posizione.
Vorrei sapere il parere di qualcun altro che ha visto questa realizzazione
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Meistersinger Salzsburg Herheim

Messaggioda DottorMalatesta » mer 28 ago 2013, 14:58

Rientro ora da Salisburgo dove ho assistito al concerto diretto da Rattle con i Berliner e a questi Meistersinger. E provo a dire la mia.
Si è trattato di uno spettacolo eccellente sotto il profilo tecnico (con dei cambi di scena silenziosissimi e davvero impressionanti) e musicale.
Non direi che questa è una regia ruffiana che annacqua la vicenda in una cornice onirica buona per tutti gli usi. Non mi sembra affatto così. La componente del sogno/realtà è elemento intrinseco dell’opera. Il Wagner dei Meistersinger aveva per sogno la creazione dell’opera d’arte tedesca (non a caso nella regia di Herheim la tenzone di Walther e il suo Preislied si confondono di continuo con la figura di Wagner e con l’opera stessa dei Maestri Cantori). Nel corso di tutta l’opera vi è un continuo confronto/scontro tra realtà e sogno (la notte di San Giovanni in cui, secondo la tradizione, dominavano gli spiriti maligni –nella regia di Herheim i persoanggi delle fiabe dei Grimm-, poi sconfitti dalla luce del giorno; tutto il primo quadro del III atto con Sachs messo duramente a confronto con la realtà così lontana dal sogno, ma anche la gestazione del Morgenlied da parte di Walther e Sachs, che si confondono e fondono nell’atto creativo). Ora, mi sembra che tutto questo sia stato reso da Herheim come meglio non si potrebbe. Sachs e Beckmesser come facce della stessa medaglia? Non direi. Invece mi sembra piuttosto che nella regia di Herheim siano Sachs e Walther ad essere facce della stessa medaglia (ed entrambi una proiezione dello stesso Wagner: guardate come i due cantano insieme, compartecipi dell’atto creativo, il secondo bar del Morgenlied).
In questa regia Beckmesser non è altro che uno strumento nelle mani del creatore Hans, il supremo creatore, il regista della vicenda (ambientata nella casa di Sachs, o forse nella sua stessa mente): Sachs ne controlla i movimenti, ne conosce e guida pensieri e parole. A proposito della prima regia dei Meistersinger di Wieland Wagner (1956), Nike Wagner scrive: “Sachs era uno psicanalista che intento a dirigere questo gioco di sottointesi psicologici, incanalando le tensioni erotiche di Eva e Walther nel matrimonio, e le forze distruttive dei cittadini in eccessi innocenti”. Mi sembra che questo sia esattamente quello che Herheim realizza in scena alla fine del II atto, e nel corso dell’intera opera.
E’ una regressione rispetto ai Meistersinger di Katharina? Non so. A me sembra che le due regie percorrano strade molto diverse: quella del Kozept (nella più classica accezione del Regietheater tedesco) in Katharina, quella del “realismo psicologico” erede di Felsenstein in McVicar, quella del “realismo magico” in Herheim. Tre spettacoli splendidi, coesi, di grande forza nei contenuti e nella forma.
I Meisteringer sono un’opera che a Bayreuth più di qualunque altra è “proprietà Wagner” se si considera che, con l’eccezione della prima edizione del 1951 con la regia di Hartmann, tutte le successive sono state di membri della famiglia Wagner: Wieland, Wolfgang, Katharina. E qui Katharina ci è andata giù duro, ha afferrato il coro per le corna, e con estrema lucidità e coerenza ha messo a nudo gli aspetti anche più politicamente scottanti di quest’opera. Ne è uscita una lettura che, pur sconvolgendo in molti aspetti la drammatugia originaria, si è dimostrata lucida, lineare (quasi scolastica a paragone di altre regie “concettuali”), provocatoria, intelligentissima. Pensata come una bomba, ha avuto l’effetto di una bomba. Hai ricordato gli aspetti salienti di quella regia. Mi permetto di aggiungere il rilievo dato alla figura di Beckmesser (nel capolavoro di Volle!!) che nel finale diventa un artista outsider, contro ogni schema, contro ogni regola: la sua esibizione è la traduzione visiva di quell’autentico poema dadaista (il primo del suo genere; Wagner inventore del Dada?! Ebbene sì! 8) ) che è il Preislied storpiato. Non so se qualcun altro abbia visto questa regia, né so che valutazione ne abbia dato l’amico Marazzi (so che Mattioli non ne fu entusiasta). Vabbè, caro Pietro, vorrà dire che al mondo solo tu ed io l’abbiamo apprezzata: ce ne faremo una ragione (magari andandocene a Bayreuth per il Tristan che la pronipote Wagner allestirà nel 2015! :mrgreen: ).
Ma, tornando ai Meistersinger visti a Salisburgo, anche Herheim ha dimostrato di aver riflettuto (e quanto, e con che risultati!) su quest’opera, sui suoi presupposti, sul suo contesto. Un solo esempio (se ne potrebbero fare mille). Il momento in cui nel II atto Eva sta per fuggire con Walther, e i due scoprono che la via di fuga è sbarrata da Sachs. Nella regia di Herheim, si apre l’anta dell’armadio-laboratorio del ciabattino, e l’oscurità della scena è annullata dalla luce violenta che proviene dalla gigaantesca lampada ad olio di Sachs: un chiarissimo, bellissimo riferimento al secondo atto del Tristan und Isolde nella sua dialettica buio/luce, notte/giorno. Non l’avevo mai notato: il Tristan und Isolde è anche qui, non solo nel celeberrimo Tristan-Akkord citato nel III atto. E quante se ne potrebbero dire, su quel telo bianco che copre e lascia scoperto (cos’è realtà? Cosa desiderio? Cosa sogno? Cosa follia?), proprio come il velo di Maya dello Schopenhauer letto e ammirato da Wagner.
Tutto questo per dire che, dietro la cornice apparentemente buona per tutti gli usi e ruffiana, in questi Meistersinger si nasconde un tesoro.
Musicalmente lo spettacolo è stato letteralmente dominato da Volle, già incomparabile Beckmesser (con Lehnhoff al fianco di Van Dam e con Katharina Wagner), ora gigantesco Sachs. Una mimica e una gestualità incredibili, una dizione perfetta, un’infinità di colori e di inflessioni, con una nota di angoscia, di rabbiosa, violenta disperazione che mai prima d’ora avevo sentito. Un artista immenso. Immenso. Eccellente, anche se molto più ordinario, Werba che nella regia di Herheim riprende alcuni aspetti più caricaturali o comici (ma sarebbe più corretto definirli surreali) di Beckmesser. Anonima la Gabler. Pessimo Saccà (duro, affaticato, incolore, nel quintetto ha pure rischiato la stecca). Una delizia per le orecchie la voce fresca di Zeppenfeld (per una volta si ascolta un Pogner che non è uno strazio!!) e comprimari ottimi. Orchestra e coro sublimi diretti da un Gatti che ha concertato l’opera dandone una lettura tersa, lineare, attenta ai rilievi timbrici, sebbene non sempre curata nel rapporto voci-orchestra (il finale del I atto e, ancor più, del II atto erano prossimi alla poltiglia sonora in cui ogni voce perdeva identità: in tutta onestà non penso fosse l'effetto voluto da Wagner). Gatti non è (ancora) il direttore che mi porterei sull’isola deserta. Però potrebbe diventarlo.

Un caro saluto,
DM

P.S.: anche il Divino ha visto questi Maestri Cantori :roll: ...
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Re: Meistersinger Salzsburg Herheim

Messaggioda pbagnoli » mer 28 ago 2013, 16:27

Ne parlavo con lui poc'anzi: sta lavorando, non ha ancora visto il tuo contributo, anch'esso secondo me molto, molto bello, e di cui ti ringrazio!
Devo dire che quello che dici mi ha chiarito alcuni aspetti interessanti sui quali avevo sorvolato.
Quanto a Katharina, la apprezzò moltissimo anche Matteo; qualche simbolo (tipo il cervo finale) mi rimane ancora di difficile decifrazione, ma mi sembra che approfondisse molto di più e meglio proprio quello che dicevo, e cioè quell'ambito meraviglioso costituito dalla libertà dell'artista e dai vincoli che gli vengono imposti da convenzioni e tradizioni.
E' sempre tutto lecito per l'Artista?
E' autorizzato a rompere qualunque convenzione?
Questi erano i (palpitanti!) interrogativi che si poneva Katharina e che ancora adesso per me sono assolutamente paradigmatici, specialmente in un'opera come questa.

Volle fu straordinario.
Ricordo l'emozione di vederlo (e sentirlo) in scena fu per me il miglior condimento dell'esperienza bayreuthiana. Non potevo andare al Colle senza vedere un Grandissimo. Posso dire di aver avuto quel privilegio
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Re: Meistersinger Salzsburg Herheim

Messaggioda DottorMalatesta » mer 28 ago 2013, 17:48

Ciao Pietro,
secondo me il cervo d´oro della regia della Wagner era un po´come il vitello d´oro dell´Esodo (l´arte come potenziale espressione di libertá che diventa sterile idolo da venerare).
DM

P.S.: a fine spettacolo mi sono fermato un attimo a parlare con Volle e gli ho chiesto un autografo (perchè é un grandissimo : CoolGun : ). E sai che gli ho detto? Che é un grandissimo Beckmesser e un Sachs altrettanto grande, e che di questi personaggi ha scritto una grande pagina nella storia dell´interpretazione. E l´ho detto perchè lo penso e ne sono convinto.

P.P.S.: figurati che al termine del concerto di Rattle lunedí sera c´erano Hamspon, Finley e Volle :shock: . Mancava solo Terfel per completare la mia tetrade di baritoni del cuore : Love : !
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