Il Boris Godunov di Bieito é uno spettacolo di forte impatto teatrale. L´impostazione é realistica, di taglio quasi cinematografico (e pure con qualche nota piú simbolica, come l´abitazione di Boris che ricorda un gigantesco carro-armato o un minaccioso castello d´acciaio impenetrabile con ponti levatoi). Narrazione cruda, ambientazione contemporanea, con un estremo risalto per la violenza che corrode e contamina gli animi in un contesto di povertá economica, squallore e degrado morale.
Molti i momenti di grande intensitá. La scena iniziale, con il popolo costretto ad inneggiare ai grandi della terra innalzando dei manifesti (distribuiti loro dalla polizia) su cui campeggiano le effigi dei potenti (ci sono tutti: Putin, Berlusconi, Monti, Bush…). La scena dell´osteria con l´erotomane Misail che cerca di adescare la bambina figlia dell´ostessa. L´arrivo dell´innocente (un bravissimo Kevin Conners) tormentato da bambini nati e cresciuti in mezzo alla crudeltá, e quindi spietati a loro volta, che rovesciano in testa al povero folle un secchio pieno di escrementi, divertendosi poi a stilettarlo con un coltello e gettandogli addosso palle di sterco. L´ingresso di Boris, che cerca di scacciare le proprie allucinazioni uditive accostandosi dei sonagli alle orecchie. La scena dell´uccisione dell´innocente da parte di una bambina, costretta al gesto da Šujskij che le mette in mano la pistola insegnandole poi ad azionarla (un momento di violenza al limite della sopportazione). Ancora, la scena finale, in cui il consiglio dei boiardi é chiaramente manovrato da Šujskij, eminenza grigia che distribuisce denaro e mazzette (cosí come aveva fatto poco prima con l´anarchico Mitjucha, organizzatore di un attacco con bottiglie Molotov al castello di Boris, un chiaro tentativo di destabilizzazione del potere del neo-Zar orchestrato da Šujskij, ma presentato quasi nascesse dal basso, come una „contestazione no-global“). Pimen é rappresentato come un giornalista anziano che cede la propria documentazione (inclusi certi documenti „scottanti“ sul caso Dimitri) al giovane allievo Grigorij, che si affretta a farne copia fotografica per poi cercare di passare il confine, per poter cosí rivelare all´occidente e al mondo intero le atrocitá commesse dal premier russo.
In definitiva, uno spettacolo efficace, tecnicamente eccellente (sará anche un provocatore spesso fine a se stesso, il buon Bieito, ma non si puó davvero dire che non ci sappia fare), sebbene non particolarmente innovativo. Certo, se uno ha in mente lo spettacolo di Tarkovskj o l´orrore proposto qualche anno fa a Torino (regia di Andrei Konchalovsky), siamo su un altro (alto) livello. Ma, in definitiva, si tratta della solita storia, ambientata ai giorni d´oggi, solo molto meglio raccontata e molto piú „esplicita“ nell´evidenziare la strisciante violenza e lo straziante dolore che permeano quest´opera dalla prima nota all´ultima.
Molto buona la parte musicale, con la tesa, lucidissima direzione di Kent Nagano, alla guida degli splendidi coro e orchestra della Staatsoper. Cast nel complesso piú che soddisfacente, con un unico elemento davvero debole (il pessimo Gerhard Siegel), e due punte di assoluta eccellenza. Alexander Tsymbalyuk é un Boris (finalmente!) lontanissimo dal modello Chaliapine, fresco nella voce, giovanile, quasi trattenuto nelle esplosioni di intima, psicotica allucinazione. Il Pimen del veterano Anatoli Kotscherga é un prodigio: la voce é ampia, sicura negli acuti e nelle mezzevoci, la presenza scenica formidabile (nella scena con Grigorij se ne sta tutto il tempo in piedi, sfogliando il suo dossier, eppure é impossibile staccargli gli occhi di dosso). L´anno prossimo, sempre a Monaco, sará Boris: appuntamento da non mancare!
DM