Visto (finalmente) prologo, I e II atto di questo Rigoletto. Conto di completare la visione questa sera, emicrania e lavoro permettendo. Spettacolo geniale. Senza se e senza ma (con buona pace di chi odia i dogmatici! ).
Capisco peró che un´impostazione come quella di Carsen possa ingenerare parecchio sconcerto. Di Carsen ho visto dal vivo 7 spettacoli, e ho praticamente tutte le sue regie disponibili in DVD, quindi è un regista che conosco, che ho seguito nel tempo, e la cui “linea interpretativa” degli ultimi anni mi sembra piuttosto chiara.
Ma mettiamoci nei panni di chi pensa che Carsen sia la marca di una birra e che vada a vedere il Rigoletto aspettandosi di vedere rappresentata una storia che “accade”.
In fin dei conti, perché non dovrebbe essere cosí? Rigoletto é sempre stato rappresentato in modo “narrativo”, come una vicenda, come una storia. E lo stesso Verdi, da ruspante uomo di teatro qual era, puntava all´immediatezza, alla concisione, al plot, non certo alla rappresentazione simbolica, o al "concetto". E invece di una regia "narrativa", che si trova davanti il nostro spettatore capitato per caso ad Aix-en-Provence? Una regia fortemente simbolica, complessa, anche se lineare, perfettamente costruita e gestita dal punto di vista "tecnico" (a patto, naturalmente, di saperla „leggere“ e interpretare in maniera corretta). Per comprendere e poter valutare tale regia (potendo quindi esprimere un giudizio di merito) è infatti fondamentale cogliere il significato simbolico ad essa sottesa.
A questo proposito mi sembra rivelatoria la scena iniziale, con Rigoletto (che ha in mano una bambola gonfiabile nuda) che si confronta con il cadavere nudo della figlia di Monterone. Tutto questo Rigoletto è quindi pensato e realizzato come uno scontro tra realtá e finzione.
Il problema è che se non si coglie la giusta chiave interpretativa si rischia di non capire un tubo dell´intero spettacolo, che potrebbe quindi apparire irritante nel suo svolgimento (cosa mai significheranno tutte quelle maschere e quei travestimenti, potrebbe domandarsi il nostro spettatore)… E una regia davvero geniale e rivoluzionaria (nella concezione e nello svolgimento "tecnico) rischierebbe cosí di essere vista e interpretata come... "la solita regia moderna piena di provocazioni gratuite".
Certamente una regia di impianto cosí fortemente simbolico richiede allo spettatore uno sforzo ben maggiore rispetto ad una lettura "narrativa", non fosse altro che per la necessitá di decodificare la simbologia sottesa. E il problema è che non siamo abituati a regie fortemente costruite sul "simbolo" in opere presentate da sempre come delle "storie", delle "vicende" (si vedano le medesime perplessitá suscitate dalla regia di Carsen del Don Giovanni). Il massimo é vedere qualche regia di taglio sostanzialmente narrativo, con qualche simbolino stupido piazzato qua che fa molto intellettuale chic (chessó qualche croce che fa molto morte, etc.). Ma una vera REGIA, condotta con rigore e linearitá su un concetto di fondo "non narrativo" ben definito è cosa estremamente rara. E quando capita di vederne una (cosí gli spettacolo dell´ultimo Carsen) spesso i giudizi sono contrastati.
Chiudo con un aneddoto che forse c´entra o forse no. Ieri sera mi guardo questo Rigoletto. Seduta sul divano accanto a me c´é mia moglie (che non ama l´opera, ma conosce Rigoletto). Appena parte il filmato, mi dice: "Lo sai che a me non piacciono le regie moderne". Quando compare Rigoletto, mi dice: "E che c´entra il Pagliaccio? E´Rigoletto, non Pagliacci. " Nel vedere le donnine nude: "Ora capisco perché ti piace tanto l´opera! "
DM