La Boheme, Salisburgo

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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda Ebestignani » sab 18 ago 2012, 16:58

Si',sicuramente. E sarebbe meglio di quanto prodotto dalla signora Machaidze.
Stanotte mi sono sentita la registrazione della Radio Canadese, abbandonata finora per colpa dei salmonidi che mi e' toccato rincorrere assieme alle mie amicizie.
Il solo audio,pero',e siamo alle solite,mi fa essere abbastanza in disaccordo col tono generale del thread.
Forse Marco e' stato piu' fortunato,si e' beccato Kaufmann e una compagnia forse in forma migliore. Questa mia registrazione si riferisce proprio alla Prima. Ragazzi,io mi scuso umilmente . Mi sforzo di entrare in sintonia col vostro pensiero, non parlo per fare la Bastiana Contraria,ma poi non posso neppure fare torti cosi' gravi alle mie orecchie.
E allora: al di la' dei dieci minuti di applausi finali,che forse la pudica radio Canada ha pure un po' tagliato,io ho sentito
una direzione assolutamente normale e dei cantanti sui generis. Mi viene da salvare proprio il tenore polacco che e' stato sostituito, almeno nelle intenzioni. Mi dispiace invece che quella sera non fosse stato necessario chiamare a Salzburg la Freni ottantenne o la Harwood che non so quante primavere abbia. Perche' quello che hanno cantato la signora Netrebko e la signora Machaidze ( e un po' il nostro caro diplomatico Tucidide lo fa trasparire tra le righe,se non ho capito male) e' tutto meno che la Bohème. Della seconda non voglio parlare nemmeno: a tempo suo avrebbe potuto cantare allo Zecchino d'Oro,alla Corrida,al Cantagiro,dove vi pare,non in quella sede.
E invece la signora Netrebko ha fatto quello che fa da un bel pezzo. E' un mantice ? sara' allora un mantice con l'asma.Le sue rumorosita' inspiratorie arrivavano fino qua,sul fiume san Lorenzo. E' una voce sontuosa? Puo' darsi,ma solo in quelle tre o
quattro note centrali,e nemmeno sempre. Mi pare sia proprio tutto quello che resta,assieme alla sua intelligenza nell'evitare le stecche complete e senza rimedio,che nei passi di vocalita' tesa ( mi viene in mente soprattutto la scena della Barriera d'Enfer) sembrano sempre dietro l'angolo. I punti in cui l'intonazione e' tenuta in riga con l'UHU (come nel Don Giovanni,come nella Bolena) ormai non si contano piu'. E poi alla Tebaldi dicevamo "matronale",ma lei cosa e'? E non lo volevo dire,mannaggia,ma ci vogliono un milione di Netrebko per fare mezza Tebaldi giovane,almeno in Mimi'.....
Se qualcuno voleva fare felice i sofisti che parlano ogni cinque minuti della presunta dittatura dello Star System,davvero non poteva fare di meglio.
Questo alla prima,ovviamente. Forse dopo le cose saranno andate meglio.almeno me lo auguro.Per quello che ho sentito io erano meglio i salmoni!

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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda mattioli » mar 21 ago 2012, 12:10

Cara Ebe,

Ti prego, la dittatura dello star system no! Almeno qui, risparmiaci lo strapotere delle agenzie, le centrali del consenso, il complotto demo-pluto-giudaico-massonico e le spiegazioni di chi non ha spiegazioni ne' gli strumenti per darsene...
Poi va bene tutto. Anzi, no. Discutiamo finche' vuoi sulla Netrebko (pero' una che fa quell'ultimo quadro di Boheme cosi', impressionante per adesione, emozione, rigore e, insomma, verita', non credo possa essere liquidata in due battute perche' alla radio respira forte), sulla Machaidze (che a me non e' piaciuta), sul resto della banda (pero' mi permetto di segnalarvi il tizio che faceva Schaunard, tale Arduini - o almeno credo, non ho il programma di sala sottomano - che e' uno dei talenti piu' rilevanti in cui mi sia imbattuto di recente), sulla regia, sul sesso degli angeli. Pero' definire ordinaria quella direzione proprio non ci sta. Potremo dibatterne all'infinito, dire che e' eccessiva, ostentatoria, esibizionista, magari perfino narcisista; ma ordinaria, no.
Allora davvero meglio i salmoni.
Scusa scusa (anche per gli accenti sballati, ho una tastiera tedesca e non sai che fatica faccio).
Ossequi a tutti

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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda MatMarazzi » mar 21 ago 2012, 14:03

piccolo OT
Ho appena visto una Bohème talmente sensazionale e incredibile (a livello registico) che il povero Micheletto fa davvero la figura, al confronto, di uno zeffirellino rivestito in foggia carseniana.
E' la Bohème di Herheim al Norske Oper.
Un capolavoro di regia di quelle che si vedono raramente, di una profondità e di un virtuosismo spettacolari.
C'è solo un aspetto in cui l'italiano se la cava meglio: il dettaglio sugli attori e sulla recitazione.
Micheletto è più "carsenianamente" curato: conquista anche per questo! Perché ogni gesto o espressione funzionano efficacemente come in un buon film domenicale americano, tanto che non ti accorgi nemmeno che - come mi ha fatto notare un amico - alla fine Mimì e Rodolfo assumono la solita, classica posizione "operistica" (lei semisdraiata morente, l'occhio perso lontano, e lui dietro che la stringe per le spalle) che hai sempre visto in tutte le Bohème della tua vita, Freni e Paperotti compresi.
Herheim in questo è invece piuttosto trascurato: tutte le sue regie, almeno fra quelle che ho visto (persino le più fantastiche: Salome, Rusalka e questa Bohème), buttano un po' via questo aspetto "videabile", oggi importantissimo, del dettaglio mimico, della modernità e scioltezza del gesto.
Sul campo lungo te ne accorgi di meno, ma con i primi piani la cosa diventa flagrante.
Peccato perché una Bohème favolosa e profondissima come la sua straccia ogni possibile confronto con altri registi odierni (eccezion fatta, forse, per Jones).

Scusate l'OT e salutoni a tutti (specialmente a chi sta fondendo nei teatri senza aria condizionata)! ;)
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda Tucidide » mar 21 ago 2012, 18:16

MatMarazzi ha scritto:piccolo OT
Ho appena visto una Bohème talmente sensazionale e incredibile (a livello registico) che il povero Micheletto fa davvero la figura, al confronto, di uno zeffirellino rivestito in foggia carseniana.
E' la Bohème di Herheim al Norske Oper.
Un capolavoro di regia di quelle che si vedono raramente, di una profondità e di un virtuosismo spettacolari.
C'è solo un aspetto in cui l'italiano se la cava meglio: il dettaglio sugli attori e sulla recitazione.
Micheletto è più "carsenianamente" curato: conquista anche per questo! Perché ogni gesto o espressione funzionano efficacemente come in un buon film domenicale americano, tanto che non ti accorgi nemmeno che - come mi ha fatto notare un amico - alla fine Mimì e Rodolfo assumono la solita, classica posizione "operistica" (lei semisdraiata morente, l'occhio perso lontano, e lui dietro che la stringe per le spalle) che hai sempre visto in tutte le Bohème della tua vita, Freni e Paperotti compresi.
Herheim in questo è invece piuttosto trascurato: tutte le sue regie, almeno fra quelle che ho visto (persino le più fantastiche: Salome, Rusalka e questa Bohème), buttano un po' via questo aspetto "videabile", oggi importantissimo, del dettaglio mimico, della modernità e scioltezza del gesto.
Sul campo lungo te ne accorgi di meno, ma con i primi piani la cosa diventa flagrante.
Peccato perché una Bohème favolosa e profondissima come la sua straccia ogni possibile confronto con altri registi odierni (eccezion fatta, forse, per Jones).

Scusate l'OT e salutoni a tutti (specialmente a chi sta fondendo nei teatri senza aria condizionata)! ;)
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Interessante. Quel che dici di Michieletto è verissimo e l'ho notato anche io. Alla luce di quel che dici si potrebbe dire che Michieletto è un regista di grande tecnica ma contenuti variabili, mentre Herheim sia più orientato sui contenuti, ma lasci a desiderare dal punto di vista tecnico? Oppure è un aspetto che non gli interessa, quindi non lo cura?
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda Maugham » mer 22 ago 2012, 11:36

mattioli ha scritto:Poi va bene tutto. Anzi, no. Discutiamo finche' vuoi sulla Netrebko (pero' una che fa quell'ultimo quadro di Boheme cosi', impressionante per adesione, emozione, rigore e, insomma, verita', non credo possa essere liquidata in due battute perche' alla radio respira forte), sulla Machaidze (che a me non e' piaciuta), sul resto della banda (pero' mi permetto di segnalarvi il tizio che faceva Schaunard, tale Arduini - o almeno credo, non ho il programma di sala sottomano - che e' uno dei talenti piu' rilevanti in cui mi sia imbattuto di recente), sulla regia, sul sesso degli angeli.


Come ti avevo già anticipato anch'io ho trovato molto interessante questo Schaunard.
Per il resto -e qui rispondo sia a Tuc che alla nostra amica canadese :wink: - possiamo dire tutto sulla Netrebko ma non che abbia dei fiati notevoli. Basta sentire come affronta "ma quando vien lo sgelo" (e su quei tempi) per fugare ogni dubbio in proposito. E se vogliamo uscire dal seminato invito a riascoltare la Netrebko nel "notturno" del Trovatore da Berlino.

Pero' definire ordinaria quella direzione proprio non ci sta. Potremo dibatterne all'infinito, dire che e' eccessiva, ostentatoria, esibizionista, magari perfino narcisista; ma ordinaria, no.


Gatti si comporta con Puccini come tutti i direttori che bazzicano il repertorio "colto e difficile". Per paura di passare per accompagnatori vogliono trasformare una margherita in un'orchidea. E incappano in errori di valutazione che nessun direttore abituato al palcoscenico farebbe. Dimmi tu che senso ha, con una Machaidze sottomano, staccare nel valzer un tempo ancora più lento di quello scelto da Karajan per la Harwood, tra l'altro in studio. Molti parlano di "rubati" riguardo a questa direzione. A me sono sembrati semplicissimi allargamenti di tempo in alcuni casi, ad esempio in molti punti del quarto atto in odore di sfilacciamento. Lo diceva anche Falstaff: "rubar con arte e a tempo. Siete dei rozzi artisti!" :)
Dovresti ascoltare la direzione di Eivind Gullberg Jensen (per me sconosciuto) che ha firmato quella bellissima Bohème con la regia di Herheim di cui parla Mat qui sotto e che abbiamo visto un paio di sere fa.
L'ho trovato una direzione precisa, raffinata, con un passo teatrale perfetto. E non aveva sotto di lui i filarmonici viennesi.

E a Beirut come si sta? E' caldo?

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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda MatMarazzi » mer 22 ago 2012, 15:06

Tucidide ha scritto:Interessante. Quel che dici di Michieletto è verissimo e l'ho notato anche io. Alla luce di quel che dici si potrebbe dire che Michieletto è un regista di grande tecnica ma contenuti variabili, mentre Herheim sia più orientato sui contenuti, ma lasci a desiderare dal punto di vista tecnico? Oppure è un aspetto che non gli interessa, quindi non lo cura?


Be' Tuc non ho detto proprio così.
Da un lato, concordo che sul piano dei contenuti un confronto fra Herheim e Michieletto è semplicemente improponibile.
I pazzeschi edifici simbolici che Herheim elabora nelle sue regie sono un caso unico fra i registi attuali.
Il simbolo in lui diventa un delirio visionario ma con ambizioni "algebriche"... una folie organisée a cui spesso è difficile stare dietro.
Non dico che questo sia sempre un pregio
Intanto perché un simile approccio risulta spesso troppo intellettualistico. E il pubblico di oggi (cosa che i tedeschi e i nordici faticano a capire) non ama più gli approcci troppo intellettualistici.
E poi perché non di rado (persino nel Parsifal tanto amato da Mattioli) il regista stesso ne resta vittima e l'ossessione di far quadrare il cerchio lo spinge ad avvitamenti che sono troppo abili (se va bene) per essere persuasivi.
Di tutte le regie di Herheim che ho visto, solo una volta ho avuto la sensazione che davvero tutto quadrasse in modo perfetto: nella Salome a Salisburgo.
In tutti gli altri casi mi è capitato a tratti di pensare che il troppo stroppiasse... e che alla fine lo sforzo di far star tutto dentro l'assunto superasse il piacere del risultato.

Anche con queste riserve... siamo comunque anni luce (contenutisticamente parlando) dai piacevoli e semplici prodotti di Michieletto, che stanno a Herheim come Muccino sta a Bergman.
Le storie di Michieletto sono facili, alla portata di tutti, così come i valori innocui e condivisi che portano avanti. Gli americani direbbero "familiar". :)
Intendiamoci: nulla di male in questo! Purché funzioni, uno spettacolo non deve essere per forza un trattato di filosofia per essere bello.
E tuttavia ribadisco che un confronto tra i contenuti di Michieletto e quelli di Herheim è improponibile.

La superiorità contenutistica non ci autorizza però - almeno per me - a sottoscrivere la tesi che tra i due si crei come una compensazione ...chiasmatica, ossia che:
Michieletto è un regista di grande tecnica ma contenuti variabili, mentre Herheim sia più orientato sui contenuti, ma lasci a desiderare dal punto di vista tecnico?


Se il dislivello contenutistico è enorme, non minore è quello tecnico, e ancora tutto a vantaggio di Herheim.
Tecnicamente parlando, Herheim è uno dei più incredibili virtuosi che conosca!
Il pubblico finisce per amare anche i suoi polpettoni vetero-filosofici anni '70 proprio grazie all'incredibile impatto della gestione visiva e visivo-musicale.
Esclusi i soliti Carsen e Jones, pochissimi sanno usare il palcoscenico e la scenografia in modo tanto immaginifico! Meno ancora riescono a illuminare la relazione musica-gesto con tanta perfezione.
Il prodigioso vocabolario tecnico di cui dispone... conquista anche lo spettatore che, magari, non ha capito nulla dei contenuti!
Ne ho avuto la prova con la sua Salome: fra gli entusiasti ce n'erano molti che pure non ne avevano afferrato gli innumerevoli simboli.

Anche da un punto di vista tecnico, sarebbe ingiusto paragonargli un buon artigiano (ed è già qualcosa) come Michieletto.
Tanti segnali (a voler essere un po' troppo occhiuti) ci confermano anche in questa Bohème come la sua tecnica è buona, promettente, ma ancora molto perfettibile.
Come dice Maugham, al secondo atto Michieletto va in crisi proprio nell'aspetto chiave - per un regista - che è la differenziazione dei registri musicali. Uno sguardo alla Bohème di Jones ci fa capire bene a quali livelli possa giungere - in questo atto - un regista davvero dotato di tecnica.
E' poi vero che Michieletto è capace di ricontestualizzare con una certa proprietà (anche se ormai la formuletta del giovanilismo cinematografico è un po' abusata) ma talvolta non riesce ad andare al fondo delle sue scelte; ad esempio il primo obbligo di un ricontestualizzatore è conferire un nuovo senso a oggetti simbolici che nel contesto originale avevano un forte signigicato. Tanto per dire, non ti aspetteresti cuffiette e manicotti fra coattoni metropolitani e prostitute; qui invece ricompaiono come niente fosse. Inoltre c'è sempre qualcosa di tirato via anche nell'elaborazione del contesto, come se - una volta che il pubblico ha capito dove siamo - non ci fosse bisogno d'altro; eh no! Il contesto va tenuto vivo sempre, affinché la storia funzioni.
Il solito Maugahm notava che se in scena metti uno in T-shirt, un'altra in pelliccia, un altro con la giacca di pelle e un'altra ancora con un maglione di lana (usando i costumi per differenziare i caratteri, vecchia scappatoia), come minimo non farai capire al pubblico se ...è freddo o caldo! E nella Bohème non è un problema da poco....
Personalmente poi ho riscontrato limiti anche nella gestione narrativa, i cui snodi (temporali, spaziali, logici) non sono sempre chiari e illuminanti (la Gazza Ladra funzionava meglio). Infine i momenti "topici" della musica (e qui ce ne sono da impazzire, Puccini è un mostro) non sono sfruttati come farebbe un regista veramente "tecnico": Herheim ad esempio non si fa scappare la minima modulazione, il minimo indugio ritmico, la minima allusione melodica. A tratti (penso all'incredibile finale secondo) tirandone fuori cose allucinanti.

Con tutto questo, non direi che la Bohème di Michieletto è malvagia: è uno prodotto di buon livello, di uno standard abbastanza alto, specie per Salisurgo.
Dico solo che non è tecnicamente paragonabile né a Herheim, né ai veri virtuosi di oggi.

L'unico aspetto su cui mi pare funzioni meglio (rispetto a Herheim) è quello del dettaglio della recitazione.
Il "fucking genius" norvegese non considera abbastanza l'importanza del cantante-attore.
Lo usa come un semplice strumento necessario (come un motore della scenografia o un faro) alla sua architettura.
Una volta che fa tutti i gesti "giusti"... non si aspetta altro da lui; e che al posto della Magee ci sia la Denoke o che invece di un tenore bello e giovane ce ne sia uno brutto e vecchio... per Herheim è irrilevante.
E qui secondo me sbaglia.
Questa è una vecchia mentalità da "intellettuali tedeschi" (il cantante? ma per carità... roba da cassetta).
Il cantante-attore nell'opera non è solo uno strumento; è il centro gravitazionale dello spettacolo.
Il pubblico ha bisogno di credergli, di riconoscercisi. La sua individualità va scoperta e scatenata dal regista e dal direttore, e non piegata a principi preconcetti.

Se così non è (specialmente in video) lo spettatore non si lascia coinvolgere.
Era quello che diceva Mylady a proposito del Parsifal: la capisco benissimo se, dopo aver visto un tenore grasso e cinquantenne vestito da bambino con pantaloncini e casacca da marinaretto, le passa la voglia di andare avanti! E' esattamente così!
Ecco: quello che Herheim deve capire è che il cantante (parlo proprio di lui, dell'artista) non è solo "un personaggio", ma anche il veicolo per arrivare al cuore dello spettatore.
Dovrebbe cominciare a lavorare di più sulla recitazione, sulla mimica, sulla naturalezza del gesto.
La grande lezione di Carsen è stata questa. Oggi è la grande lezione di Mc Vicar (ma anche di un Cherniakov).
Michieletto, pur senza essere un genio, l'ha capito! E infatti i suoi spettacoli sono tanto piacevoli e popolari anche perché si crede ai suoi personaggi, più che al rigore dell'allestimento (quando non esagara col macchietismo modernista).
E' solo in questa aspetto che ho rilevato una certa "superiorità".

Scusate l'ennesima lenzuolata.
Mat
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda mattioli » mer 22 ago 2012, 15:37

Ohilà, maxirispostone generale:

A Marazzi:

alla fine Mimì e Rodolfo assumono la solita, classica posizione "operistica" (lei semisdraiata morente, l'occhio perso lontano, e lui dietro che la stringe per le spalle) che hai sempre visto in tutte le Bohème della tua vita, Freni e Paperotti compresi.


Beh, questo non è vero. Non per difendere Michieletto la cui Bohème mi ha un po' deluso, ma proprio perché non è così. Lei muore a sinistra, Rodolfo è a destra. E aggiungo che il finale, grazie a una gestione millimetrica dello spazio e all'eccellente recitazione di tutti, è il momento migliore dello spettacolo!

A Maugham:

Per il resto -e qui rispondo sia a Tuc che alla nostra amica canadese - possiamo dire tutto sulla Netrebko ma non che abbia dei fiati notevoli. Basta sentire come affronta "ma quando vien lo sgelo" (e su quei tempi) per fugare ogni dubbio in proposito.


Mi stupisci. Non sai che la Netrebko è una cagna incapace di cantare anche solo "Quel mazzolin di fiori" e che dovrebbe tornare a fare quel che faceva prima che il complotto pluto-giudaico-massonico delle agenzie avide e delle centrali del consenso prezzolate e del pubblico sordo e cretino la elevasse al rango di primadonna più amata del mondo, cioè la (prima)donna delle pulizie? Suvvia, aggiornati. Il mondo in generale e quello dell'opera in particolare è governato da quelle che Peppone chiamava FODRIA, Forze Oscure Della Reazione In Agguato. Anche Guareschi faceva ridere, ma lui almeno intenzionalmente...

Gatti si comporta con Puccini come tutti i direttori che bazzicano il repertorio "colto e difficile". Per paura di passare per accompagnatori vogliono trasformare una margherita in un'orchidea. E incappano in errori di valutazione che nessun direttore abituato al palcoscenico farebbe. Dimmi tu che senso ha, con una Machaidze sottomano, staccare nel valzer un tempo ancora più lento di quello scelto da Karajan per la Harwood, tra l'altro in studio. Molti parlano di "rubati" riguardo a questa direzione. A me sono sembrati semplicissimi allargamenti di tempo in alcuni casi, ad esempio in molti punti del quarto atto in odore di sfilacciamento.


Boh. No, non scherzo né ironizzo. Sono sincero: boh. A tutti quelli che l'hanno sentita live, me compreso, questa Bohème è parsa eccezionalmente bella, con scelte musicali magari estremistiche ma sempre coerenti (e sempre con ottimi risultati, anche teatrali). A quelli che l'hanno sentita per radio o in tivù non è piaciuta, parlo anche di gente degna di fede tipo te. Non so cosa pensare, cioè, resto della mia idea, però davvero non capisco. Come non capisco perché Gatti, a lungo direttore musicale a Bologna e poi a Zurigo, uno che l'opera l'ha sempre diretta e diretta molto, non sia un direttore abituato al palcoscenico...

Dovresti ascoltare la direzione di Eivind Gullberg Jensen (per me sconosciuto)


Male. E' uno che ha diretto anche in Italia, credo di ricordare del giro Abbado. E credo anche di ricordare di averlo sentito e averlo trovato ottimo.

E a Beirut come si sta? E' caldo?


Da morire. Aggiungi le sedie senza braccioli né imbottitura, le opere lunghette, l'assenza dell'aria condizionata. Altro che Beirut, signore mio... Comunque adesso sono di nuovo a Salisburgo, stasera decima opera in nove giorni. Si vede la luce, là in fondo...

Ancora Marazzi:

E poi perché non di rado (persino nel Parsifal tanto amato da Mattioli) il regista stesso ne resta vittima e l'ossessione di far quadrare il cerchio lo spinge ad avvitamenti che sono troppo abili (se va bene) per essere persuasivi.


D'accordo su Herheim. Però in quel Parsifal proprio l'eccesso contenutistico di carne al fuoco rendeva alcuni passaggi incoerenti e/o incomprensibili. Detto questo, tu e l'Altro : Love : avete intenzione o no di venire a vedere la sua Manon Lescaut? Che non vi stanchiate troppo, poverini...

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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda MatMarazzi » mer 22 ago 2012, 15:42

mattioli ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:alla fine Mimì e Rodolfo assumono la solita, classica posizione "operistica" (lei semisdraiata morente, l'occhio perso lontano, e lui dietro che la stringe per le spalle) che hai sempre visto in tutte le Bohème della tua vita, Freni e Paperotti compresi.


Beh, questo non è vero. Non per difendere Michieletto la cui Bohème mi ha un po' deluso, ma proprio perché non è così. Lei muore a sinistra, Rodolfo è a destra. E aggiungo che il finale, grazie a una gestione millimetrica dello spazio e all'eccellente recitazione di tutti, è il momento migliore dello spettacolo!


Mi sono espresso male: non parlavo del momento preciso in cui lei muore. E' evidente che in quel punto sono distanti (sarebbe stato un po' difficile far quadrare la sorpresa di lui: "che vuol dire" ecc... se lei fosse morta fra le sue braccia).
Mi riferivo a pochi minuti prima, quando lei sta farneticando le sue ultime parole. La telecamera sta fissa su loro in questa posizione per almeno cinque minuti.

Detto questo, tu e l'Altro : Love : avete intenzione o no di venire a vedere la sua Manon Lescaut? Che non vi stanchiate troppo, poverini...


Sono molto, molto tentato...
Ma parlare di viaggi mentre qua ci sono 42 gradi... mi risulta difficile! :(
Divertiti maledetto! Ti invidio da morire nonostante la canicola!!!

Salutoni,
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda mattioli » mer 22 ago 2012, 15:50

Dresda... la collezione dei gioielli, quella di quadri del Duca di Modena, la Semperoper...
E poi, per vedere Herheim, obbligato ad ascoltare Quello che proprio non sopporti...
Sarebbe divertente. Comunque c'è ancora un sacco di tempo.

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PS: intanto potresti alzare il sederone, collocarlo davanti a un volante e venire dopodomani a sentire Il Paride... Per Innsbruck è tutta autostrada. O adesso o mai più.
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda Maugham » gio 23 ago 2012, 9:43

mattioli ha scritto: Come non capisco perché Gatti, a lungo direttore musicale a Bologna e poi a Zurigo, uno che l'opera l'ha sempre diretta e diretta molto, non sia un direttore abituato al palcoscenico...


Sai, la velocità di scrittura a volte mi porta a sintesi non molto chiare.
Ho usato un temine (abituato) a sproposito.
Non volevo dire che Gatti "ha diretto poche opere"; la mia intenzione era quella di distinguerlo dai direttori -tipo Luisi- che portano avanti la tradizione dei vari Serafin, Cleva, Votto, Capuana, Perlea, De Fabritiis, Molinari-Pradelli, Levine. Quasi tutti considerati a torto dei semplici accompagnatori di cantanti e invece -pur con tutte le differenze caso per caso- concreti e duttili conoscitori del palcoscenico, del repertorio e delle esigenze (ho detto esigenze e non capricci) dei cantanti.
Gatti ha diretto molte opere? Certo, a Bologna ho sentito praticamente tutto quello che ha diretto e certi titoli più volte. Ti dirò, i limiti che ho trovato in questa Bohéme sono gli stessi che, ormai da vent'anni, noto in molte sue esecuzioni. Tendenza ai tempi lenti (così, come dice Mat, i dettagli dell'orchestrazione saltano fuori con maggiore evidenza), dinamiche orchestrali strane e a volte eccessive rispetto al palcoscenico (ricordo una Tosca dove per quattro quinti dell'opera le voci erano coperte), tanta sapienza nello scovare il dettaglio affascinante ma scarsa capacità nell' incastrarlo in una sintesi architettonica coerente.
Ovviamente stiamo parlando... di uno "bravo". 8) Ho assistito di straforo ad alcune prove del Wozzeck e ti assicuro che si tratta di un musicista preparatissimo e scrupoloso.
Sai, alla mia veneranda età appartengo alla vecchia scuola :(
Quello che chiedo a un direttore d'opera è principalmente quello di valorizzare e sostenere il "passo" teatrale di un lavoro. Il direttore che mi offre una meravigliosa analisi strutturale -anche originale, non lo nego- della partitura ma poi mi "sgonfia" il palcoscenico, passati i primi minuti di meraviglia, dopo un po' mi annoia.

IMHO, naturalmente.

WSM

P.S. Mentre tu sguazzi nella sudarella operistica io, nel pomeriggio, mi dedicherò ad andare su è giù per i rollecoaster di un mega parco di divertimenti. L'unica cosa, per me, più emozionante del teatro. : WohoW :
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda mattioli » gio 23 ago 2012, 10:55

Bene. Ma proprio l'estrema cura dei dettagli e la novità dell'approccio conferivano a questa Bohème, sempre beninteso IMHO, un'estrema forza teatrale, molto dura, scabra, per nulla consolatoria. In un'opera che, Lei m'insegna : King : , è sempre sbrigata dai direttori impugnando o la vanga o il fazzoletto umido di lacrime.
Vabbé. Comunque il caldo è finito. Ieri temporalone durante "Die Soldaten", ampiamente coperto dall'orchestrazione di Zimmermann (mamma mia, comunque bellissimo, da non perdere alla Scala, anche se a Milano insistono a coprodurre spettacoli della Felsenreitschule che fuori di lì non hanno molto senso); stamattina, diluvio per prepararci alla divina apparizione di Santa Cecilia nostra affiancata dalla trinità controtenorile. Amen.
Divertiti sulle montagne russe.

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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda vivelaboheme » gio 23 ago 2012, 14:09

La discussione è coerente.
Io sono decisamente estimatore di Daniele Gatti (sulla Boheme di Salisburgo concordo in pieno con Mattioli, compreso tutto il bene sulla direzione, la stima per la Netrebko e le riserve su certi aspetti della - peraltro complessivamente apprezzabile - messa in scena di Michieletto) anche per i motivi per cui non lo sono della "stirpe" dei Serafin, Votto (qui parlo per ascolti discografici), De Fabritiis, Molinari Pradelli (ascoltati dal vivo con nessun diletto: ritengo una fortuna storica che "sull'opera" siano planati Toscanini e Karajan, e relativi successori). In generale non amo i direttori, anche quelli di mestiere, che "vanno al traino" dei cantanti e De Fabritiss e Molinari erano, all'ascolto, francamente catatonici. Nelle loro mani, l'orchestra era semplicemente un entità atta ad accompagnare (spesso male) i cantanti. Aggiungo, ci sono rimaste testimonianze-Callas con alcuni di questi direttori, alcui ascolto si rileva che, fortunatamente, lei aveva senso più "direttoriale" del fraseggio e del dramma rispetto a questi "posapiano" della direzione. Non l.i ho mai amati e sono ben contento che la direzione d'orchestra (e d'opera) si sia evoluta altrimenti.

Invece, non mi sembra che Levine possa essere "catalogato" in quel "gruppo". Discutibile talora per il gusto tendenzialmente "fracassone", ma signorissimo direttore: direi che quanto ci ha lasciato, soprattutto in certo Verdi (a partire dalla famosa Giovanna d'Arco discografica) ha niente a che fare, per fortuna, con le ansimanti locomotive a vapore ciuf ciuf tipo Molinari Pradelli o De Fabritiis.



marco vizzardelli
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda vivelaboheme » gio 23 ago 2012, 14:13

Chiedo scusa per i soliti refusi. Tecnologicamente, sono una locomotiva a vapore ciuf ciuf

m.viz
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda Maugham » ven 24 ago 2012, 9:23

vivelaboheme ha scritto:La discussione è coerente.


Ti ringrazio. Però non trovo molto "coerente" la tua... risposta. :wink:
Non ho mai detto che un direttore debba essere un ossequioso bidello delle voci. Infatti ho distinto tra "necessità" e " capricci".
Nemmeno ho detto banalità del tipo "si stava meglio se Toscanini e Karajan non fossero mai esistiti" :D
Mi premeva solo sottolineare che l'effettistica -per quanto suggestiva e originale- quasi mai è sufficiente per giustificare la grandezza di un'interpretazione.
O meglio, l'arte del dirigere non si dovrebbe esaurire in quello. Cosa a cui sembra tendere Daniele Gatti.
Che poi tu possa liquidare un gigante come Serafin come uno che andava al traino dei cantanti rende inutile qualsiasi discussione. No?
Con simpatia

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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda MatMarazzi » ven 24 ago 2012, 15:05

Maugham ha scritto:
vivelaboheme ha scritto:La discussione è coerente.


Ti ringrazio. Però non trovo molto "coerente" la tua... risposta. :wink:
Non ho mai detto che un direttore debba essere un ossequioso bidello delle voci. Infatti ho distinto tra "necessità" e " capricci".
Nemmeno ho detto banalità del tipo "si stava meglio se Toscanini e Karajan non fossero mai esistiti" :D
Mi premeva solo sottolineare che l'effettistica -per quanto suggestiva e originale- quasi mai è sufficiente per giustificare la grandezza di un'interpretazione.
O meglio, l'arte del dirigere non si dovrebbe esaurire in quello. Cosa a cui sembra tendere Daniele Gatti.
Che poi tu possa liquidare un gigante come Serafin come uno che andava al traino dei cantanti rende inutile qualsiasi discussione. No?
Con simpatia

WSM


Devo dire che concordo con Maugham...
Ci sono direzioni di Serafin e di Votto che io ritengo francamente superiori, sia a livello tecnico, sia a livello interpretativo, alle corrispettive di Karajan (non parliamo di Gatti).
Proprio la Bohème non mi pare abbia ricevuto da Karajan e dal recente Gatti contributi tali da ribaltare, come ho spesso letto, le prospettive tradizionali.
Ma naturalmente stiamo parlando di gusti e tutti i gusti sono per principio validi.

salutoni,
Mat
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