Carissimo Matteo,
sai che per me è un piacere, oltre che un onore, discutere con te... quindi (come è mia usanza), non mi tirerò indietro nel bel dibattito che si profila innanzi.
Anzi, fin da ora ti chiedo scusa se i miei interventi potranno dare l'impressione di essere "pizzicanti".... ma è il mio modo di scrivere... ergo: lo conosci già!
MatMarazzi ha scritto:CArissimo Lep, [...]
non mi pare che col tuo intervento siamo tornati esattamente al topic!

Infatti più che parlare del Don Giovanni della Scala, hai scelto di riaprire il vecchio problema del "è lecito o non è lecito che un regista crei immagini sganciate dal semplice plot descritto sul libretto?"
Lo stesso discorso lo avresti potuto fare non solo per questo spettacolo, ma per tantissimi altri.
In pratica, invece che commentare questo spettacolo, stai mettendo in dubbio la liceità di una convenzione che, al momento, è in atto da svariati decenni, largamente condivisa, accettata e praticata in tutto il mondo.
E' tuo diritto, intendiamoci! E potrebbe essere interessante parlarne.
Ma forse occorrerebbe aprire un thread apposito in "questioni generali".
Vero, verissimo che avrei potuto farlo affrontando tantissimi altri spettacoli.... non ho motivo di dubitarne.... ma l'occasione (che, come direbbe Rossini, fa il ladro) di questo don Giovanni me ne ha dato lo spunto.
D'altronde Carsen non ha fatto lo stesso: la sua idea messa in scena in occasione di questa rappresentazione del don Giovanni dapontiano/mozartiano non poteva forse essere rappresentata per qualunque altra opera (qualunque opera, infatti, mette in scena, cioè dà vita, a personaggi irreali, che, cioè, non fanno i conti con la morte?).
In qualche modo, dunque, io ho seguito le sue orme... idealmente sono in tema
MatMarazzi ha scritto:In questo thread invece suona un po' come se, in mezzo a un gruppo che sta discutendo sulla Norma della Callas (chi contro, chi a favore), intervenisse qualcuno che, con piglio adirato, si chiedesse "ma mi volete spiegare che senso ha che una sacerdotessa druidica canti invece di parlare?" :O
Forse forse l'esempio non è proprio azzeccatissimo!
Infatti, chi va (o meglio: è andato) a vedere la Norma della Callas lo sa (sapeva) già che una sacerdotessa druida canterà anziché parlare...
Qui il problema è un altro, ed è profondamente diverso; c'è, infatti, uno scollamento assoluto fra ciò che si canta (fra il senso di ciò che si ascolta) e ciò che si vede (il senso dello "sceneggiato", di ciò che si vede)... in altre parole: siamo alla schizofrenia! Ciò che parla alla vista è tutt'altra cosa rispetto a ciò che parla all'udito....
Il problema, a parer mio, è, appunto, ricucire questo strappo, cui Carsen ha contribuito con questo spettacolo (e dunque parliamo anche di questo spettacolo... da spectare... guardare, vedere, osservare)!
Come se uno che mi sta raccontando una barzelletta piangesse rattristatissimo e addoloratissimo: i due registri da lui utilizzati (ossia quello verbale e quello "visivo") stanno all'opposto, "dicono" cose assolutamente diverse e distinte!
MatMarazzi ha scritto:Ma quelli che stavano discutendo sulla Norma della Callas avevano già dato per accettata la convenzione che all'opera si canti!
Appunto!
Chi va a "vedere" il don Giovanni musicato da Mozart si aspetta una vicenda ben determinata....
Chi ama solo la musica di Mozart, a questo punto (lo si potrebbe suggerire a Carsen e a quelli che come lui mettono in scena i massimi sistemi), potrebbe rappresentare ciò che vuole (come appunto ha fatto Carsen) lasciando cantare ai cantanti sulle note mozartiane sillabe incomprensibili oppure semplicemente numeri... come è stato a Catania, in occasione dell'ultima messa in scena di un'opera di Donizetti (Viva la mamma - le convenienze ed inconvenienze teatrali): nel secondo atto hanno inserito un'aria del Barbiere rossiniano (Ah, il piu' lieto, il piu' felice), facendolo cantare ad un soprano senza le sue parole originarie; al posto delle parole c'erano numeri.... del tipo: 1-7-5-10-32-44...
Che male ci sarebbe a fare una cosa del genere per tutta un'opera intera: il registro visivo, quello musicale e quello linguistico (secondo una certa interpretazione che -mi pare di capire- aleggia fra queste pagine web) non sono diversi e distinti?... perché, dunque, tenerli assieme per forza? di fatto, già, quello visivo si è staccato da quello linguistico! ergo, non resta da fare che l'ultimo passo!
MatMarazzi ha scritto:Ormai che tutto questo sia "giusto o no" non se lo chiedono nemmeno.
Ed è male non chiederselo.... prima di Copernico (generalizzo malamente, ma è solo per esemplificare) oramai nessuno più si chiedeva se effettivamente fosse la terra a girare attorno al sole o viceversa.... la teoria aristotelico-tolemaica era accettata... punto!
Meno male che qualcuno ha fatto saltare questa convenzione!
MatMarazzi ha scritto:Questo non significa che tutti siamo "tenuti" ad accettare l'assurdità di una simile convenzione, ma se la respingiamo eviteremo di ascoltare l'opera!
Non direi eviteremo di ascoltare... quanto piuttosto "vedere"!
la distinzione non è peregrina: dalle orecchie mi arrivano segni fonetici, così come dagli occhi segni visivi... questi segni (nell'uno e nell'altro caso) sono gravidi di significato (non sarebbero segni viceversa). Il problema, dunque, è: c'è accordo o distonia fra essi?
MatMarazzi ha scritto:E se uno rigetta l'ormai altrettanto diffusa e condivisa convenzione che le immagini "create" da un regista per uno spettacolo d'opera (perché è lui che le crea; non certo Da Ponte che ha creato parole su un libretto; non certo Mozart che ha creato note su un pentagramma) siano dotate di autonomia creativa... se uno rigetta tutto questo oggi, allora non importa se ha ragione o torto: sempicemente dovrà evitare di andare a teatro e potrà sentire l'opera in disco (o su vecchi video con gli eroi in calzamaglia che si arrampicano sui muretti).
E perché?
Non può andare a teatro è rinfacciare al regista il proprio dissenso? Non può affermare (per tentare di far valere) la legittimità di una assonanza semantica (ossia di significato) fra ciò che si vede e ciò che si ascolta?
MatMarazzi ha scritto:Non mi dispiacerebbe che aprissimo un thread sull'argomento.
Ma se dobbiamo parlare della regia di Carsen del Don Giovanni, allora non possiamo non dare per accettato tutto ciò che le convenzioni attuali non solo lo autorizzano a fare, ma addirittura gli impongono di fare: proprio per le convenzioni vigenti, se Carsen... come dici tu, si limitasse a mettere i muretti dove Da Ponte li annota sul libretto, tu saresti più contento, ma lui farebbe la fame!
Onestamente non sono convinto che sia effettivamente così!
Io, nel mio piccolo mondo, conosco gente che la frattura di cui ho parlato vorrebbe che si ricucisse.... se poi la stragrande maggioranza di chi va a teatro è oramai abituata alla schizofrenia... bhè... contenti loro!
Io mi accontenterò del mio isolamento copernicano.
MatMarazzi ha scritto:Comunque Lep, non c'è nulla di "intellettualistico" nel Don Giovanni di Carsen. E' intenso, profondo, moderno, ma non intellettualistico.
Non scambiamo per intellettualismo la nostra difficoltà a compredere certi simboli...
Se, come affermi tu, quelli di Carsen sono simboli, allora è giocoforza che il suo don Giovanni è intellettualistico.... i simboli, per propria natura, per propria identità, sono ciò che sta per altro (syn-ballo)... ed è da un impegno intellettuale che si si riesce a scorgere, trovare, identificare, ciò per cui qualcosa c'è, ossia il referente del simbolo posto....
Dunque, ribadisco, quello di Carsen è un don Giovanni intellettualistico... non è una storia, ossia una narrazione.
MatMarazzi ha scritto:Sarebbe come se uno che non parla italiano definisse "intellettualistica" Rita Pavone, per il solo fatto di non capire una parola delle sue canzoni.
Anche qui, l'esempio non mi sembra proprio calzante: il registro linguistico va tradotto, non interpretato (anche se qualcuno potrebbe dirmi che ogni traduzione è una interpretazione, secondo il dettato di Gadamer.... ma è una interpretazione diversa da quella che deve effettuarsi in relazione ai simboli).
Cmq., in conclusione, pur restando della mia opinione, credo che questo sia il luogo adatto per parlare di questo argomento da me puntualizzato.
Infatti, proprio all'inizio di questo thread si parla di un altro don Giovanni, anch'esso, poverino, ridotto alla schizofrenia... ergo: non solo di Carsen si parla qui, ma delle regie del don Giovanni che dicono cose diverse rispetto al libretto... io ho posto solo una questione di fondamento, non di liceità (ab esse ad posse valet illatio)... non mi accontento dei dati di fatto!
Saluti.
Gaetano T.