Die Mesitersinger von Nuernberg (Wagner)

recensioni e commenti di spettacoli visti dal vivo

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Die Mesitersinger von Nuernberg (Wagner)

Messaggioda Maugham » lun 21 giu 2010, 21:59

Mesitersinger Cardiff - Terfel - Jones - 2010

Prime immagini di questa edizione che si annuncia (dalle recensioni) "storica" dei Meistersinger.
Mat e io la vedremo martedì sera. : WohoW :
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Ne parleremo.
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Re: Mesitersinger Cardiff - Terfel - Jones - 2010

Messaggioda pbagnoli » mer 23 giu 2010, 15:04

Credo anch'io, date le personalità messe in campo.
Beati voi che ci andate... :(
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Re: Mesitersinger Cardiff - Terfel - Jones - 2010

Messaggioda Maugham » gio 01 lug 2010, 19:22

pbagnoli ha scritto:Credo anch'io, date le personalità messe in campo.
Beati voi che ci andate... :(


Eh già, questa volta hai ragione. Lo so che è un atteggiamento un po' antipatico e me ne scuso ma si è trattato di un evento davvero emozionante. Non a caso tutta la stampa mondiale si è trasferita a Cardiff -quella che conta, ovviamente- e, caso raro, si è espressa all'unanimità definendo questo spettacolo uno degli eventi di maggior rilievo mella recente storia del teatro d'opera. Addirittura un testata piuttosto prudente come il Wall Street Journal ha definito questi Meister come "the hottest tickets in summer", facendo implicitamente retrocedere in graduatoria gli spettacoli futuri di Salisburgo o di Bayreuth.
E' terribilmente difficile raccontare i capolavori.
E' molto più facile fare il rendiconto di serate insulse; in quel caso le parole corrono alla svelta, senza ripensamenti. Raccontando invece le serate eccezionali, direi quasi uniche, si corre il rischio, per quanto ci si sforzi, di banalizzare il tutto e di fare dire a chi ti legge: "be', insomma, tutto qui? Sai che roba". Soprattutto con gli spettacoli di Richard Jones - grazie a Matteo lo conosco da un po' di anni- che sono fatti di continui, costanti e numerosi dettagli scenici, illuminotecnici, scenografici e musicali raccolti poi con straordinaria sintesi in un disegno di sconvolgente ed entusiasmante novità. Troppa roba, insomma, ci vorrebbe un commento audio come nei DvD di cinema, fermare l'immagine, fare un replay.... :)
Vi posso dire che, vedendo questi Meistersinger di Jones, Terfel e Purvis (questa la triade di riferimento sebbene nel complesso gli altri fossero tutt'altro che indecorosi), mi sono trovato a scoprire in un titolo che pensavo di conoscere anche ribaltato nuove chiavi di lettura, valanghe di approfondimenti nella caratterizzazione dei personaggi, sorprendendi amplificazioni di idee musicali riportate sul palcoscenico e poi fatte tornare in orchestra come raramente mi è capitato a teatro.
Mi limiterò solo a raccontarvi una scena. E se non ci riesco pazienza. :(
L'apertura del Terzo Atto.
Com'è noto l'atto comincia con uno dei brani più celebri e, a mio avviso più sofferti, del teatro wagneriano. Dopo la vorticosa fuga in coda al secondo atto -chiusa tra l'altro da Jones con un guardiano notturno di sinistra e luciferina presenza, direi quasi una versione grottesca della morte del Settimo Sigillo ma non per questo meno inquietante- siamo nella casa di Sachs, all'alba della mattina dopo. Anzi, all'alba del gran giorno in cui ci sarà la gara sulla Pegnitz.
Il preludio è semplice nella struttura. E' costruito esclusivamente su due temi giustapposti: quella cosiddetto della rinuncia in sol minore e quello dell'Usignolo di Wittemberg (che verra ripreso nel corale Wach auf!) in sol maggiore.
Cosa vediamo di solito durante questo Vorspiel? O lo si esegue a sipario chiuso e amen, ci pensa l'orchestra e la sensibilità di chi ascolta, oppure vediamo la solita stanza, luci alla Vermeer per caratterizzare l'epoca con al centro Sachs posizionato in pensosa e solitaria meditazione su un volume di cronache. Insomma, ci può essere qualche variante e qualche aggiornamento, ma l'amtosfera è quella. Siamo dalla parti del metafisico e Sachs è una sorta di michelangiolesco Mosè popolano, un burattinaio super partes che riflette sulle sorti del mondo e, quando parte il tema del Corale, saluta -ci dicono i commentatori- la venuta di Lutero come riformatore. Urca, roba grossa! Ma...mi chiedo, ci specchiamo nell'atteggiamento di Sachs? Sentiamo quello che sente lui? Questi Sachs parlano alla nostra contemporaneità? Per quanto mi riguarda no.
Con Jones e con Terfel (non dimentichiamoci di lui, ovviamente) arriviamo su un altro pianeta teatrale.
Innanzitutto il gioco tra i due temi del Preludio, come vedremo, perde ogni cifra sussiegosa e "importante" per arrivare alla pittura di uno stato d'animo e del suo trascolorare nel gioco delle emozioni.
Prima che parta il Preludio si alza il sipario. Vediamo, immersa nel silenzio, la stanza di Sachs avvolta nella penombra di un primo mattino d'estate. La luce filtra a malapena dalle finestre oscurate da tende a soffietto. Vediamo con fatica i dettagli di una scenografia straordinaria. A sinistra dello spettatore un parete con librerie a vista piene di libri tenuti in rigoroso ordine. Sotto, oggetti di uso comune, ripiani con fotografie, una credenza tracimante di oggetti e oggettini, vasi e vasetti di ceramica, di peltro, statuine. Ci insospettisce un orsacchiotto di pezza messo a sedere su una poltrona. Sulle prime pensiamo a una casa di uno scapolo, ma poi ci ricordiamo che Sachs è un vedovo. Ha perso moglie e figli, e questo dolore straziante, sebbene, si presume, antico, ancora non lo abbandona. Quell'orsacchiotto, quegli oggetti disposti con cura, quelle fotografie...lì c'era una mano femminile. Ci sono i ricordi, disposti come su un altare. Dall'altro lato invece vediamo -è sempre lo stesso spazio- il laboratorio di calzolaio. Tutto è perfettamente in ordine, le pareti sono piene di cassettini che contengono, si presume, fibbie, bottoni e utensili. Non solo tutto è perfettamente ordinato, tutto è maniacalmente ordinato nonchè perfettamente pulito. Lì Sachs lavora, riceve i clienti e tiene lezione a David. In alto, in cima agli scaffali, una set completo di valigie. Sono là in alto, fuori portata, si capisce che Sachs non si muove molto. Al centro, una branda di pelle su cui il poeta sta dormendo. Ha infatti ceduto la sua stanza a Walther. Non è ancora cominciata la musica e nella penombra intravediamo il gigantesco corpaccione di Terfel buttato lì, su quella panca, addormentato di un sonno torpido dopo il chiasso della sera prima.
Parte la musica. Entrano violoncelli e contrabbassi. Terfel si alza di scatto e si mette a sedere sul letto con la velocità di un serramanico. Ha la camicia a sbuffo della sera prima, è senza pantaloni e il camicione gli arriva ametà coscia. Per tutta la durata di questo primo tema rimane fermo, in controluce, con lo sguardo fisso su niente. E' il risveglio sofferente del depresso. Di chi ha dentro un vuoto che non riesce a colmare. Sta lì senza sapere se alzarsi, muoversi, tornare a dormire (impossibile!). E intanto gli archi gravi vanno avanti e srotolano il tema che si infila sottopelle e ci trasmette quello che sta provando Sachs. Altro che sorridente e bonario e faceto cibattino di mezza età che con sorniona benevolenza dispensa lezioni di vita e di arte. E' un uomo che ogni mattina fa i conti con se stesso e con quello che gli manca. E la musica, ce ne rendiamo conto grazie a Jones, sembra scritta solo per fotografare questo e nient'altro.
Entra il tema in maggiore, timidamente. In partitura è previsto un piccolo crescendo e poi un diminuento dal "f" al "p". Jones coglie l'occasione di queste due battute di passaggio. Sull'accordo in forte Terfel si alza e si infila pantaloni e bretelle e quando siamo in maggiore alza una tenda della finestra. Entra la luce del mattino, fuori c'è il mondo, il reale. Ma questa luce ci illumina anche tre bottiglie di birra sotto la branda che molto ci dicono con quali mezzi Sachs sia riuscito a prendere sonno. Il tema del corale procede, Sachs sembra fuori dal tunnel ma poi ritorna il tema della rinuncia. E i fantasmi arrivano di nuovo. Non ha senso nemmeno alzare le tende, tutto è inutile, che senso ha discettare di arte e poesia, difendere gli entusiasmi di un giovane aspirante cantore a cui della congrega dei maestri non interessa nulla se non per riuscire a sposare Eva, che senso hanno le regole e la tabulatur, tanto tutto è Wahn, follia, caso... Sachs-Terfel si ferma e si ingobbisce appoggiandosi allo stipite della porta. Ha i capelli lunghi in disordine, la barba incolta, pare schiacciato da un dolore profondo. Il tema sale nelle zono acute degli archi e questo dolore diventa quasi fisico impedendogli di andare avanti. Ma il tema in maggiore ritorna spazzando via le nebbie. Sachs apre anche le altre finestre, la stanza è invasa di luce e il reale dissipa i fantasmi. Il passo diventa più svelto e Sachs prende un libro da uno scaffale e si siede a un tavolino e comincia a leggere. Lo sfoglia, cerca della referenze, capiamo che non è un libro di lettura. Adesso la mente del calzolaio è in moto, scatenata. La sua giornata è partita. Tutti gli spettri sono tornati nella palude, e lì stanno. Per un po'. Forse fino a un'altra notte e un'altro risveglio.
E questi sono solo, circa, sette minuti di uno spettacolo di quesi sei ore.
Giudicate voi se sia possibile raccontarlo.
Ho tralasciato non a caso di parlare della gigantesca, smisurata, immensa, ciclopica personalità vocale di Terfel in questo Sachs.
Lascio la palla a Mat che saprà senza dubbio meglio di me raccontarvi.
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Re: Mesitersinger Cardiff - Terfel - Jones - 2010

Messaggioda pbagnoli » gio 01 lug 2010, 19:49

Che meraviglia, accidenti. Che invidia. Io poi adoro quest'opera: per me è uno dei più grandi capolavori della storia della musica.
Avevo delle perplessità sulla statura di un Hans Sachs affidato a Terfel, ma tu me le hai dissipate; e poi, oggi come oggi, chi altro potrebbe incarnare questo gigantesco personaggio con autorità morale superiore alla sua?
Speriamo che ne tirino fuori un video!
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Re: Mesitersinger Cardiff - Terfel - Jones - 2010

Messaggioda beckmesser » gio 01 lug 2010, 21:26

Ero già curioso, ma ora lo sono ancora di più. Io vedrò la recita di sabato... Ne riparleremo.

Saluti, Beck
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Re: Mesitersinger Cardiff - Terfel - Jones - 2010

Messaggioda Maugham » ven 02 lug 2010, 6:45

beckmesser ha scritto:Ero già curioso, ma ora lo sono ancora di più. Io vedrò la recita di sabato... Ne riparleremo.

Saluti, Beck


Mi auguro tu veda anche Rigoletto. Spettacolo di livello medio basso, ma straordinario Keenlyside. Debutto vampirizzato da quello contemporaneo di Terfel.
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Re: Mesitersinger Cardiff - Terfel - Jones - 2010

Messaggioda beckmesser » ven 02 lug 2010, 8:41

Ovviamente non mi perderei questo debutto di Keenlyside per nulla al mondo... Rigoletto stasera e domenica, passando da Londra, la nuova Manon Netrebko/Pelly. Tre opere in tre giorni, fra cui i Meister, credo sia il mio record personale... Speriamo bene.

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Re: Mesitersinger Cardiff - Terfel - Jones - 2010

Messaggioda MatMarazzi » ven 02 lug 2010, 16:22

Maugham ha scritto:
E' molto più facile fare il rendiconto di serate insulse; in quel caso le parole corrono alla svelta, senza ripensamenti. Raccontando invece le serate eccezionali, direi quasi uniche, si corre il rischio, per quanto ci si sforzi, di banalizzare il tutto e di fare dire a chi ti legge: "be', insomma, tutto qui? Sai che roba". Soprattutto con gli spettacoli di Richard Jones - grazie a Matteo lo conosco da un po' di anni- che sono fatti di continui, costanti e numerosi dettagli scenici, illuminotecnici, scenografici e musicali raccolti poi con straordinaria sintesi in un disegno di sconvolgente ed entusiasmante novità. Troppa roba, insomma, ci vorrebbe un commento audio come nei DvD di cinema, fermare l'immagine, fare un replay.... :)


Ooohhhh. bene.
Qualcuno mi capisce...
Un resoconto di una regia sembra facile, e lo è se parliamo dei registi alla Pizzi e alla Ronconi (quelli che non fanno fare "buuuu" al pubblico).
O se devi raccontare una qualche regia a "ideuzze".
Non ti ci vuol niente: descrivi l'ambientazione, parli dell'ideuzza, e sei a posto.

Ma se devi raccontare una regia di Jones ti senti impotente... perché ogni battuta, ogni suono, ogni secondo di quasi cinque ore di immagini e musica "sono" la sua regia... e perché l'incastro di immagini, suoni ed emozioni fluisce con una tale abbondanza che ti travolge: devi solo vivere quelle emozioni che non potrai ricordati in ogni dettaglio e meno ancora smontarle.
Le parole non bastano mai a rendere conto di tutto questo.

Sono anni che lo dico: Jones è il più grande regista d'opera del nostro tempo e forse di tutti i tempi.
Questo era il tredicesimo suo spettacolo che ho visto dal vivo (dopo Dama di Picche, Angelo di Fuoco, Hansel e Gretel, Cavalleria Rusticana, Pagliacci, Macbeth, Giocatore, Lohengrin, Ora Spagnola, Billy Budd, Gianni Schicchi, Lady Macbeth di Mzensk...) e sicuramente uno dei più incredibili, anche considerata l'enorme difficoltà del testo...
E quando dico che i Meistersinger sono un testo difficile, non mi riferisco solo alla complessità musicale e drammaturgica, ma proprio alle sue lungaggini.
E' un'opera in cui già riuscire a non far addormentare il pubblico (specie al terzo atto) rappresenta per un regista una vittoria.
Con Jones non solo non si dorme, ma si è travolti al punto da provare rabbia quando l'interludio del terzo atto ti annuncia che ci stiamo avvicinando alla conclusione: vorresti - e non è retorica - che la magia di cui sei parte, questo momento prezioso della tua vita, durasse ancora.

I primi due atti (con il sipario pieno di fotografie e raffigurazioni dei più grandi "cervelli" parlanti tedesco... i Maestri "reali" con cui tutti noi facciamo quotidianamente i conti - filosofi, scienziati, poeti, registi, musicisti, attori, anche tre cantanti d'opera: Wunderlich, la Schwarzkopf e naturalmente la Silja) sono corsi via come razzi, alla "Jones", fra intuizioni, geometrie perfette, definizioni psicologiche esaltanti, ironia e senso del gioco che ti sconvolge.
Ma è all'apertura del terzo atto (quella che Maugham ha descritto splendidamente) che resti annichilito.
Davanti ai nostri occhi si apre un esempio così perfetto di cosa sia la "verità teatrale", quando è tanto vera da farti star male.
Il coinvolgimento umano, l'immedesimazione dell'ascoltatore sono tali che si rischia una vertigine da sindrome di Stendhal, e resti lì col fiato sospeso e un'inquietudine che ti scava dentro e ti lascia sbilanciato, in precario equilibrio... finisci per sentirti completamente dentro la storia che stai vedendo o - peggio - sentire che quella storia è dentro di te.

E dire che io odio il terzo atto dei Meistersinger.
Trovo manierata, lunga, verbosa, interminabile, dolciastra la prima parte, e pompieristica, esteriore, ipocrita la seconda.
Colpa mia, lo ammetto... Ma è così.
Con Jones quel terzo atto mi è invece entrato dentro come una spada, anzi come un "sogno mattutino" che, come Walther, si ha paura che possa svanire troppo presto. Ne ho centellinato ogni attimo, delibato ogni suono e ogni immagine.
Lungo? Prolisso? Ma no, per niente...
E' il tempo reale: perché Jones è riuscito (cosa più unica che rara) a dilatare la sua narrazione, a costruire il suo realismo in modo tale che il tempo perdeva gli scatti e le accelerazioni tipici della finzione, ma procedeva lento e implacabile al ritmo del tempo vero, quello della vita, e si riempiva di tutti quei preziosi dettagli che sono quelli della vita: infilarsi i pantaloni lentamente, ancora intorpiditi dal sonno e da un sottile tormento interiore, sbucciare un uovo alla coque, fermarsi a guardare la luce del mattino dalle finestre, imburrare lentamente e con accuratezza il pane o versare una tazza di caffé profumato e fumante a Walther, discutendo di poesia e di sogni, respirando lentamente l'atmosfera di una strana, misteriosa, luminosa mattina, in cui tutto sembra irreale, diverso, malinconico e radioso insieme.

Tu ascoltatore e spettatore ti ritrovi a essere parte di tutto questo e ne provi un piacere così intenso e inquieto che vorresti anche tu, come Sachs e come Walther, che quel tempo non passasse e che quella luce così nitida, fresca e pulita che filtra dalle finestre possa rivelare anche a te le stesse verità semplici e misteriose che sta rivelando ai personaggi... personaggi nei quali ti stai incredibilmente identificando, in quella stanzetta triste e pulita dove, grazie al miracolo di una mattina strana, i sogni diventano poesia.

In una mattina così tutto può succedere... anche che si riveli con la massima semplicitàciò che per anni e anni era rimasto nascosto nel più profondo angolo del cuore di Sachs e di Eva.
Un'impossibile attrazione, inconfessabile anche se forte, un sentimento negato e sopito, ma evoluto negli anni tra la ragazza che incarna tutta la bellezza di un tempo finito per sempre e il grande Maestro, il dolcissimo, forte, profondo vicino di casa, amico del padre, che lei aveva conosciuto bambina nello splendore della sua gioventù, quando lui la teneva sulle ginocchia.
In una mattina così qualsiasi segreto dell'anima può venire alla luce senza che ce ne si renda conto: basta che lei, radiosa nel primo sole, addolcita dal risveglio, si fermi davanti alla porta della bottega, entri, guardi Sachs, perchè ogni verità si faccia strada.
E quando porge a Sachs il piedino, affinché lui possa aggiustarle la scarpa, e si china per indicare il punto in cui le fa male, i loro volti si avvicinano, si sfiorano, si guardano, il tutto con una naturalezza che chiunque abbia assaporato certe strane mattine non può che capire.

E così, quando appare Walther e canta il suo bellissimo "bar", lei lo ascolta rapita, commossa, esaltata, perché in quel canto sente la voce di Sachs, l'uomo che da bambina aveva sognato; l'uomo di cui potrebbe essere "moglie e figlia"; nel pieno dell'esaltazione si volta verso Terfel e lo abbraccia fortissimo, lasciando annichilito il gigante Terfel, reso fragile da quella strana mattina, incapace di rispondere all'abbraccio ma anche di svincolarsi...
il povero Walther retrocede, si siede, capisce.
La verità non si può contrastare... specie in certe mattine, quando certe cose - che dovrebbero restare ben nascoste nel fondo dei nostri segreti - vengono fuori così, senza preavviso, come se la trasparenza dell'aria e il riverbero dei sogni mattutini le rendessero perfettamente giuste e naturali.
E sono naturali anche per noi, che - fortunato pubblico - ne siamo parte.
E' quasi troppo... Troppa verità, troppa bellezza rischiano di fare male.
Quando finalmente, al quintetto, i personaggi si siedono ordinati a guardare un foglio di carta appeso a un filo (la poesia, la finzione, l'arte) con stilizzazione tipicamente simbolica, è come se il pubblico si scuotesse e si ricordasse che siamo a teatro: è come se Jones ci imponesse di tornare alla realtà del teatro, che è e deve essere finta.

Mi piacerebbe dare tutto il merito di questo miracolo a Jones, ma non sarebbe giusto. Perché lo strumento del suo miracolo si chiama Bryn Terfel.
Con nessun altro cantante al mondo il risultato sarebbe stato questo.
Terfel è il Sachs "assoluto", è il punto fermo della storia interpretativa del personaggio.
E' un caso di immedesimazione talmente definitiva da cancellare in un sol colpo tutti i nostri ricordi.
Se si considera che viviamo in un'epoca di "crisi" operistica atroce (come vorrebbero quelli che invece che a Cardiff vanno a Rovigo) dà una certa emozione poter dire... "ho appena sentito e visto uno dei più grandi Sachs della Storia, forse il più grande".

Attendiamo le impressioni di Beck.

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Meistersinger - Glyndebourne streaming

Messaggioda Maugham » lun 27 giu 2011, 18:41

http://glyndebourne.com/livestreaming

Qui per una settimana da oggi.

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Re: Meistersinger - Glyndebourne streaming

Messaggioda pbagnoli » lun 27 giu 2011, 19:20

Ottima idea!
Grazie, chissà se riuscirò a vederne qualche pezzetto...
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Re: Meistersinger - Glyndebourne streaming

Messaggioda Maugham » lun 27 giu 2011, 19:40

pbagnoli ha scritto:Ottima idea!
Grazie, chissà se riuscirò a vederne qualche pezzetto...


Quaranta minuti al giorno.... una settimana... ce la puoi fare. :D
Ti consiglio i momenti topici.
Tutto David. Un fantastico Lehtipuu. La tirata dei toni è da manuale.
Finley. magnifico.
Apertura terzo atto. Praticamente una fotocopia dell'allestimento di Jones. Ero sbattezzato. :shock: Un plagio così evidente da farmi credere sia stata involontario.
Su tutto però, plagio o meno, rifulge la maestria di McVicar nel muovere le persone.
Purtroppo sulla Pegnitz eravamo dalle parti del bozzetto.
Kranzle è un Beckmesser strepitoso vocalmente purtroppo caratterizzato da McVicar con un taglio da villain-buffo alla Dickens.
Jurovski -per quel che si può capire dal suono delle casse del PC- ha firmato un'edizione dei Meistersinger che ha scalato le classifiche.
I miei sono giudizi sommari. Visto di corsa il terz'atto.
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Re: Meistersinger - Glyndebourne streaming

Messaggioda pbagnoli » lun 27 giu 2011, 21:38

Lehtipuu è davvero un grande.
Hai sentito il suo disco di arie di Vivaldi?
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Re: Meistersinger - Glyndebourne streaming

Messaggioda Maugham » mar 28 giu 2011, 11:06

pbagnoli ha scritto:Lehtipuu è davvero un grande.
Hai sentito il suo disco di arie di Vivaldi?


No. Ammetto la mia ignoranza. Lehtipuu l'ho ascoltato con attenzione solo domenica. Mat mi ha ricordato che era anche nel Così di Guth di Salisburgo. Produzione che ho visto in blu-ray solo di sfuggita.
E' bravissimo e intelligente. Purtroppo -tanto per fare il vociomane- mi sembra corto. Le poche frasi davvero acute di David erano difficili.
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Re: Meistersinger - Glyndebourne streaming

Messaggioda MatMarazzi » mar 28 giu 2011, 16:28

Maugham ha scritto:No. Ammetto la mia ignoranza. Lehtipuu l'ho ascoltato con attenzione solo domenica. Mat mi ha ricordato che era anche nel Così di Guth di Salisburgo. Produzione che ho visto in blu-ray solo di sfuggita.
E' bravissimo e intelligente. Purtroppo -tanto per fare il vociomane- mi sembra corto. Le poche frasi davvero acute di David erano difficili.
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Lehtipuu è uno dei massimi artisti di oggi. Il Bostridge giovane (salvo per il settore sopracuto, che Bostridge governa fino al re, come ha dimostrato nel suo sulfureo Calibano).
Mi aspetto che in pochi anni egli conquisti tutti i maggiori ruoli da "colorista" all'inglese, da Handel a Britten.
Era a lui che si sarebbe dovuto dare (se si voleva osare davvero) il Grimes scaligero con Jones.
Quanto a Mc Vicar, Maugham l'ha descritto come meglio non si poteva.
Il regista più anti-intellettuale che esista; quello che più profondamente capisce l'uomo e sa trasformarlo in gesto.
NOn dovrebbe cimentarsi con titoli tanto complessi culturalmente: le ragioni del "plagio" (o per lo meno il debito verso un vero, grande maestro) si spiegano, secondo me, con questo.

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Re: Meistersinger - Glyndebourne streaming

Messaggioda Maugham » mer 29 giu 2011, 10:19

MatMarazzi ha scritto:.
NOn dovrebbe cimentarsi con titoli tanto complessi culturalmente: le ragioni del "plagio" (o per lo meno il debito verso un vero, grande maestro)


Non sono convinto che tra McVicar e Jones ci sia un rapporto di sudditanza artistica tale da spingere l'uno a tributare "omaggi" all'altro.
Forse mi sono espresso male ma molti passaggi di questi Meistersinger sono risolti, teatralmente intendo, meglio di quelli di Jones.
McVicar in alcune scene è imbattibile. Si può parlare davvero di "McVicar's touch", di quel tocco che ad esempio Del Monaco cerca di imitare senza riuscirci. Tutto questo è evidente, oltre che in questi Meistersinger, nelle Nozze, nel Flauto Magico, nell'Adriana di Londra. Ma anche in certe ciambelle senza buco come Il Trovatore del Met.
Sembrano regie "normali", di quelle che ti fanno dire: "Be' cosa ci vuole?" E per alcuni -come ti dicevo a voce- essendo "normali" vengo anche definite "facili". Non capiscono che quella di McVicar -delle giornate buone- è la semplicità dei capolavori, la semplicità della prosa di Kipling o di certo cinema di Cukor. Tutto è così fluido da sembrare che nasca sul momento è non sia frutto di una serie micidiale di prove e controprove.
McVicar secondo me sta lavorando su questo obiettivo. Fondere in maniera completa i codici espressivi del teatro di parola anglosassone (sottolineo anglosassone) con l'Opera. Risolvendone -a volte meglio, a volte peggio- tutte le difficoltà che derivano da tempi teatrali per forza di cose diversi.
Sotto questo aspetto, hai ragione, non è un regista "intellettuale" e non si pone problemi interpretativi alti. E nemmeno riesce a "forzare il blocco" come fanno Carsen, Guth e Jones portandoti da un'altra parte. Lui resta sempre sul pezzo però, quando il pezzo glielo consente, è micidiale.
Certi momenti dell'Adriana, che di primo acchito sembrano banalissimi (lui e lei che si baciano mentre cantano nel primo atto) sono in teatro difficilissimi da realizzare. Non basta dire: "ecco, adesso mentre cantate vi baciate a volte con passione a volte con tenerezza". Bisogna mettersi lì, con lo spartito, con la pazienza, e montare la scena battuta per battuta, segnando i punti dove si vuole che questo avvenga. Poi bisogna provare e riprovare finchè gli artisti abbiano digerito questa serie di inpunt scenici. E con le prove continue si arriva alla naturalezza...infine, vedi Kaufmann e Gheorghiu e... ti sembra che stiano improvvisando.
Purtroppo questa idea di lavoro di McVicar è molto rischiosa: lui ha bisogno -forse più di altri colleghi- di lavorare con artisti duttili e non troppo incrostati. Non può derogare.
Quando hai sottomano Moser, la Zajic, la Borodina più di tanto non puoi fare. E allora -come nel Trovatore del Met- resta solo il decorativismo e le belle luci. Il che, per quel che mi riguarda, è un po' poco.
Forse deve ancora fare il salto -che ad esempio Tcherniakov mi sembra abbia già compiuto- di costruire una regia valorizzando le qualità degli interpreti che hai sottomano. Vedi il Macbeth con la Urmana dove lei sembra una notevole attrice.
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