Vittorio, con tutto il rispetto dovuto alla tua persona e alla tua cultura: confermo quello che ho detto su questa - a mio modesto e discutibilissimo avviso - pessima regia, in cui viene spostata l'attenzione dalle vicende dei protagonisti a quella della massa.
Questa era l'impressione che ne avevo avuto vedendola in DVD; questa è l'impressione che ne ho avuta vedendola dal vivo.
Ti ha disturbato il riferimento all'ideologia? Me ne scuso con te, ovviamente: non era mia intenzione offenderti.
Ma secondo me questo era un pessimo spettacolo, di una bruttezza formale agghiacciante, di un cattivo gusto inqualificabile, in cui i siparietti dei ratti introducono note di comicità non so quanto involontarie, ma che come
comici sono stati interpretati dai 2000 astanti che si sono fatti grosse risate nel vederli. E comunque niente rispetto al pupone finale che si strappa il cordone ombelicale e lo getta in pasto ai ratti.
Analoga impressione l'ho avuta coi siparietti del Nabucco nell'alveare.
E comunque, I'm sorry: questa tecnica registica non l'ho percepita quasi mai, ma in particolare nella scena intorno al talamo in cui i due protagonisti non davano mai l'impressione di sapere cosa fare.
Ora, probabilmente sbaglio io, ma questa è un'impressione che non ho mai con regie di Richard Jones, di Robert Carsen o di Klaus Guth.
Non l'ho avuta nemmeno con il
Tristan di Marthaler o con il
Parsifal di Herheim, tanto per citare altri spettacoli molto discussi.
Non ho avuto questa impressione nemmeno con i
Meistersinger di Katharina Wagner, non meno Regientheater di Neuenfels, che però raccontavano una storia con un'attenzione profonda al significato dell'opera, che è quello del ruolo dell'Artista nella società.
Non mi disturbano i ratti in quanto tali; mi disturba il fatto che questo artifizio per me volutamente disturbante sposti l'attenzione dello spettatore dal nulla che circonda le vicende dei protagonisti.
Questo - per me, per il mio modesto e discutibilissimo parere - è barare con lo spettatore; e lo trovo francamente imperdonabile.
Mi capita raramente di irritarmi per uno spettacolo; ma con questo mi è successo.
Il motivo per cui ne abbiamo parlato?
Ci siamo stati di persona.
Era l'ultima recita di questo ciclo.
Non basta?
Secondo me sì.
Mi spiace che siamo arrivati buoni ultimi rispetto al resto del mondo, ma meritava parlarne, come normalmente merita parlare di tutto ciò che esce da quel teatro.
Desideravamo farlo, l'abbiamo fatto. Punto.
In ultimo, e chiudo anch'io, vorrei citare la frase di Francesco, nella quale mi riconosco completamente:
Trovo ideologico e polveroso un regista che, pur disponendo di varie frecce al proprio arco, da vent´anni e più si sia isterilito sulla formula post-sessantottina dell´”épater le bourgeois”. Non che non sia legittimo, per carità: a teatro io sono per la libertà assoluta. Non che non funzioni. Solo che alla fine sono spettacoli che irritano e scandalizzano (ma chi, poi?) senza sollecitare una vera riflessione critica. La Verfremdung brechtiana è lontana. La provocazione (ammesso che qualcuno, ancora, possa andare a teatro e sentirsi “provocato”) diventa ostacolo, non viatico alla comprensione. Ed è un vero peccato.
Non ce l'ho con il Regientheater in quanto tale: l'ho scritto sopra, lo ribadisco: Regientheater per Regientheater, i Meistersinger di Katharina mi sono arrivati come una freccia, senza bisogno di interpretazioni.
Ce l'ho invece con questo tipo di spettacolo, perché l'impressione che mi fa è quello di una comoda provocazione per evitare i veri problemi dell'opera.
La prova del nove è stata per me proprio la scena del talamo, a mio modestissimo avviso pessimamente gestita: la Haller e Vogt non sapevano fare altro che rifugiarsi nei soliti gesti da scena d'amore tenore-soprano.
Ma se dovessi dirti che ho capito perché Elsa non deve chiedere a Lohengrin il suo nome, sarei bugiardo.
Nemmeno chi era con me l'ha capito.
Che dirti?
Data l'attività lavorativa comune, sarà che i medici sono duri di comprendonio.
Grazie degli spunti di riflessione e ancora scusa per averti involontariamente offeso con il riferimento ideologico.
L'offesa a te non era ovviamente voluta