il rapporto fra spartito e interpretazione

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

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Messaggioda Domenico Donzelli » gio 11 ott 2007, 11:33

i problemi mi paiono due i tagli e la lingua da utilizzare per l'esecuzione delle opere.

tralascio per un momento il primo, quanto al secondo credo che, se non la storia, i precedenti abbiano un larghissimo senso e debbano farci riflettere.
Ne cito alcuni:
a) i musicisti francesi di opera comique e lirique sapevano che le loro opere quando andavano fuori di Francia ( Covent Garden in primis) passavano ad esecutori di un certo tipo ossia i grandi cantanti (la divisione fra cantante della salle Favart e di Palais Garnier è sempre stata incolmabile) e quindi era d'obbligo la traduzione e l'inserimenti di altri e più complessi numeri vocali.
Il make up fu riservato a Carmen che la protagonista (Galli-Marié) cantò tradotta in Italiano nei teatri italiani
b) per contro ogni opera, che approdasse all'Operà doveva essere eseguita in francese e se possibile trasformata in grand-operà.
Basti pensare che il trattamento fu riservato a Tannahauser, per mano dello stesso autore, ed a Semiramide nel 1859 niente meno che con le sorelle Marchisio e con tanto di entusiastico commento dell'autore. Eppure al des Italiens l'anno successivo le stesse sorelle cantarono Semiramide in italiano.
c) Strauss assistette alle prime italiane di Salomè (che sia a Torino che a Milano vennero rappresentate in italiano) che di Elettra e, se non mi sbaglio, alla prima di Chicago del Rosen Claudia Muzio ed Amelita Galli-Curci furono nell'italico idioma Marescialla e Sofia ( e sempre se non sbaglio la Supervia era Oktavian). Nessuna parlava una parola di tedesco e fu presente Strauss.
d) i grandi cantanti wagneriani che praticavano i teatri italiani, spagnoli e sud americani conoscevano le opere di Wagner in tedesco ed in italiano. Se volevi cantare al Colon o al Real era quella la regola e sul podio ci stavano direttori o tedeschi o italiani. Questi ultimi se poi dirigevano in paesi di lingua tedesca dirigevano in tedesco. Vedi Toscanini e De Sabata (ma questo era nato suddito dell'imperial regio governo).
Ci sono cast favolosi con un meraviglioso mix di cantanti vedi il Tannahauser scaligero 1904 con Russ, Slezak.
e) tralasciamo e qui dissento l'abitudine di una babele linguistica come i cilindri Mapleson testimoniano con riferimento alle esecuzioni del grand-operà dove avevi una Valentina, che cantava in italiano ed un Raoul che cantava in italiano il duettone (con Valentina appunto) ed in italiano o francese il duetto con Margherita a seconda che la regina di Navarra fosse Nellie Melba o Marcella Sembrich.

credo che fra un Lohengrin che strilla con suono stimbrato (tipo Peter Hoffmann) le arie del protagonista ed uno che mette in scena la raffigurazione di un eroe (Pertile) o di un semidio (Fleta) siccome siamo all'opera e non alla prosa (idea che spesso vedo obliata) non ho dubbi su chi sentire.
E la assolutezza della lingua originale spesso è un rimedio ben peggiore del male perchè su quest'altare ( e magari anche su quello della poca dimestichezza dei cantanti con le lingue straniere) ci siamo persi magari un Lohegrin Freni/Caballe, Bergonzi/Aragall, Cossotto/Dimitrova, Cappuccilli/Milnes.
Domenico Donzelli
 
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Messaggioda teo.emme » gio 11 ott 2007, 14:50

Vedo che il discorso si è ampliato e tra tagli, versioni alternative, aggiunte, spostamenti, traduzioni, rielaborazioni, si sta complicando sempre di più.

Torno sul discorso delle traduzioni, ed in particolare alla mia frase su Lohengrin. Innanzitutto sono completamente d'accordo con DDonzelli. Le traduzioni hanno svolto un ruolo fondamentale nella fruizione dell'opera. E su questo siam tutti concordi. La cosa si complica in merito alla legittimità. Premetto che oggi è inattuale e insensato porsi il problema delle traduzioni ritmiche, tuttavia non mi scandalizzano (il perchè l'ho già spiegato). In fondo gli stessi autori non solo le tolleravano, ma le auspicavano (quando stretto è il legame tra testo e musica, laddove è necessario capire quel che si sente: penso ovviamente a Wagner). Su Wagner e sul Lohengrin mi voglio soffermare. Per spiegare la mia affermazione. Innanzitutto per dire che mi riferivo esclusivamente a Lohengrin che è opera particolare nel catalogo wagneriano, essa è molto legata ad un modello di cantabilità latina, mediterranea, in essa sono ancora evidenti le divisioni dei numeri chiusi, si ravvisano arie, concertati, recitativi etc... In ciò è meno progredita di Tannhauser o dell'Olandese Volante, pur precedenti. La ritengo, ma magari mi sbaglio, l'opera più "italiana" di Wagner. Ecco perchè non trovo che stoni la traduzione nella nostra lingua.
Poi è ovvio che l'originale è altro, ma mentre trovo difficile da sopportare un Tristan tradotto, o un Parsifal, non posso dire altrettanto per Lohengrin. Anzi, l'opera assume un colore del tutto nuovo e diverso, solare, luminoso, del tutto legittimo e coerente con la vicenda narrata (che assomiglia ad un poema cavalleresco rinascimentale).

Poi, ripeto, oggi non si può più porre il problema, ma nemmeno è il caso di misconoscere il valore di questa operazione. Nei fatti poi, molti cantanti, grandi cantanti, hanno potuto dare una loro interpretazione wagneriana grazie alle traduzioni ritmiche. E tanto mi basta per salvarle. Penso a cosa sarebbe potuto essere un Ring italiano con De Sabata alla bacchetta e il meglio delle voci italiane nel cast... Una cosa diversa, certo, ma splendida...

E comunque, torno a ripetere, Wagner stesso auspicava la traduzione: per lui era necessario che si capisse il testo, visto il legame strettissimo tra alcuni concetti e tematiche e frasi musicali e Leitmotive, legame che si disperde se non si ha padronanza della lingua.
teo.emme
 

Messaggioda teo.emme » gio 11 ott 2007, 15:23

Per i tagli invece, il discorso è diverso.

Pur nel relativizzare la prassi storicamente, ritengo che oggi, sia doveroso eseguire l'opera integralmente. O meglio, oggi non vi sono scusanti che possano giustificare un taglio. Pertanto sarebbe opportuno non eliminare scene e numeri interi, così come i da capo, le code, e le cabalette.

Eseguire integralmente non significa rinunciare all'interpretazione, tutt'altro. E' proprio nel rendere il testo integrale, senza la scappatoia dell'adattamento che si rivela la grandezza dell'interprete (direttore, cantante o regista).

Sui tagli e gli adattamenti di regia è giòà stato detto tutto: resto contrarissimo. Il regista non deve permettersi di intervenire in un ambito che non gli compete, ossia la musica (tra l'altro molti registi neppure hanno letto il libretto nè conoscono l'opera, eppure si permettono di "stuprarla" per presunte esigenze drammatiche) e questo vale per tutti i registi, Carsen compreso (a proposito, io non lo ritengo così geniale come viene strombazzato, anzi, trovo che riconduca ogni titolo all'ambito del dramma/commedia borghese di fine '800, sia che la vicenda abbia aspetti realistici, naturalistici, fiabeschi, epici: Carsen fa tabula rasa e omologa tutto. All'inizio è interessante, poi, quando il giochetto continua a ripetersi, stufa e diviene banale e scontato. Discorso a parte per il Candide, e le libertà testuali che si è preso: l'ho trovata una pessima regia, di una banalità sconfortante, con messaggi triti e ritriti, conformismo, politicamente corretto, mancanza di incisività, assenza di satira, ideologia a fiumi, antiamericanismo anni '60 e noia... segno che di Voltaire, Bernstein e Candide, Carsen non ha capito assolutamente nulla, forse troppo preso a propagandare i suoi "messaggi").

Discorso diverso ancora per le varianti d'autore, che, ahimè, oggi vengono bellamente ignorate. Si parlava del Trovatore senza cabaletta per Parigi. Quella è una variante che ha senso nell'ambito della riscrittura dell'opera per i palcoscenici francesi, con tanto di balletto e modifiche. Sarebbe bello, ogni tanto, che i teatri utilizzassero queste varianti per rendere più interessanti e stimolanti opere di stra repertorio: mi piacerebbe sentire l'aria per Maddalena nel Rigoletto, o la versione alternativa di "Una furtiva lacrima", o il finale riscritto da Donizetti dell'Elisir d'Amore, o le modifiche apportate da Verdi per le rappresentazioni parigine di Traviata etc....

Si potrebbe poi parlare delle rielaborazioni di altri compositori (l'adattamento di Berlioz alle opere di Gluck, il Mozart rivisto da Strauss, Mahler che completa Weber, Rimsky-Korsakov e il Boris...), ma su questo si potrebbe aprire una discussione apposita.
Ultima modifica di teo.emme il gio 11 ott 2007, 18:27, modificato 2 volte in totale.
teo.emme
 

Messaggioda MatMarazzi » gio 11 ott 2007, 16:05

Riccardo ha scritto:Esiste un Matteo (quello della prima frase) che parla da storico, estraneo alla realtà: lui valuta, relativizza tutto ed ha quasi sempre ragione, perché in una dimensione di analisi razionale è insuperabile.
Il secondo è un Matteo che si posiziona nel presente secondo la propria personale soggettività, ma proprio per questo, qui, non è necessariamente nel "giusto"!


Mi piace questo parlare di "Matteo" alla terza persona! :)
Mi sento quasi Giulio Cesare.

Scherzi a parte, Ric, mi riconosco perfettamente nella tua descrizione.
Non riesco però a capire dove sia l'incoerenza.
Se studi la seconda guerra mondiale (a settan'anni di distanza) la vivi in un modo distaccato: e ti puoi permettere di relativizzare, di cercare di capire tutte le parti in causa, di storicizzare certe situazioni.
Ma se ti ci trovi dentro, devi combattere: e del relativismo non te ne fai nulla! :)

Io ho detto chiaramente che, quando guardo al passato, non discuto ma cerco di capire.
Ma poiché vivo anche il presente (e l'opera è oggi vivissima) mi si richiede di intervenire - come tutti gli altri appassionati - con le mie idee (personali e soggettive) che entreranno anche loro nel grande calderone delle "correnti attuali".
Le mie idee non hanno valore assoluto, ma hanno quell'infinitesima parte di valore che passerà... solo se tanti altri la pensano come me.
E' come il voto alle elezioni (IN TEORIA... ;) )


Ecco che, per logica, il fatto che oggi si debba modificare il testo o no è del tutto opinabile, perché dipende da come noi singoli vogliamo influenzare la convenzione.


Perfetto! :)
Io ho sempre paura di non spiegarmi chiaramente e invece tu comprendi perfettamente tutto e lo riesponi meglio di come abbia fatto io! :D
Allora... dov'è il problema? :(

Ma questo tuo arroccarti su questa convenzione è del tutto arbitrario... E non puoi giustificare la tua posizione dicendo che è tendenza generale!

CErto che è arbitrario!!!!
Ognuno di noi, con le sue personali tendenze e asprirazioni, lo è.
Però se in tanti la pensiamo allo stesso modo e desideriamo dall'opera le stesse cose, allora avremmo costituito una corrente che... NOTA BENE... non sarà obbligatorio seguire.
Gli artisti spesso vanno contro le convenzioni!


Secondo me se non si valuta la riuscita di fatto dell'operazione è impossibile portare un'argomentazione a priori sfavorevole o meno alla modifica del testo. Eccetto quella dipendente dal gusto personale!


Ma anche questo l'ho detto fin dall'inizio!!!!
Ognuno ha le sue idee, ma alla fine nè le idee, nè le convenzioni sono "arte".
E se uno mi cambia tutto il dialogo parlato (come Pelly nella GrandDuchesse a Parigi) ma fa una cosa di valore artistico io sarò il primo a riconoscerlo.
Poi... se io e te parliamo di "come si dovrebbe fare l'opera oggi" io tornerò a dire che per me NON SI DEVONO CAMBIARE I DIALOGHI!!

Ma davvero ci vedi un'incoerenza in questo discorso?

Il fatto è che rinunciando al relativismo, divento più relativo io di te che relativizzando arrivi al dogma di non modificare il testo..


Il mio non è un dogma. E' solo un personale desiderio, che vorrei talmente condiviso da vederlo trasformato in convenzione! :)

Il discorso è veramente affascinantissimo!
Salutoni
Matteo
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Messaggioda Domenico Donzelli » gio 11 ott 2007, 16:58

adesso penso un attimo ai tagli
sono nato e cresciuto in un'epoca in cui si tagliava e pesantemente, anche se per la verità la prima opera che ho visto (Assedio in Sclaa) è il trionfo dell'auto e (discograficamente) eteroimpresto.
Per quello che abbiamo la possibilità di sapere gli autori talvolta si lamentavano al tra sopportavano altra plaudivano a tagli aggiunte proprie od altrui.
Paradigmatico e pragmatico Rossini che amava il Tancredi di Giuditta Pasta, che con il ricorso a tutte le prassi del tempo del Tancredi di venezia febbraio 1813, credo non cantasse una nota.
Eppure Giuditta Pasta è passata alla storia come il più grande Tancredi.

In linea di principio i tagli non mi piacciono soprattutto non mi piacciono nelle opere di belcanto quando ledono quel meraviglioso principio della variazione dell'esecutore ogni volta che ricompaia il medesimo tema e che costitusce una delle fonti di sogno e fantasmagoria uniche del belcanto.
Chi volese capire quel che dico per non tirare in ballo le solite dive della Rossini renaissance può sentire su you tube le variazioni di Maria Malibran per la cavatina di Arsace.

Però sempre prendendo l'esempio dai compositori del bel canto fra una esecuzione integrale e di cattiva qualità ed una coi tagli ma di elevata qualità nonho dubbi che scegliere
Altrimenti se applicasse ad oltranza il principio dell'integralità dovrei rifiutare topoi esecutivi assoluti come la Norma della Callas o la Stuarda della Gencer.

Quanto alle versioni alternative le trovo sante e giuste e da eseguirsi assolutamente anche quando materialmente non esistano se non in parte.
Mi riferisco ad esempio al Tancredi di Giuditta Pasta, piuttosto che alla Norma delle sorelle Garcia, che avrebbe consentito alla Verrett alla Bumbry e forse alla Horne di essere grandissime protagoniste del capolavoro belliniano.

Un giorno mi auguro di poter accedere al fondo Mario per capire che mai facesse la più diabolica coppia operistica dell'800 in opere come Profeta ed Ugonotti.

Credo che sia immensamente più rispettoso dell'autore, ove per autore si intenda la poetica dell'autore ed il carattere del personaggio disporre di aggiusti, trasporti e ritocchi piuttosto che strangolare il cantante, che costringerlo a cantare qualche cosa che non è consono alla sua voce.
Violare questo principio è violare un legge non scritta, ma indiscutibile dell'opera in generale. Persino Giordano ritoccò Fedora per Gianna Pederzini, per offrire ad una grande cantante attrice di portare in scena il personaggio per il quale era adattissima.

Credo, anche che il solo limite sia appunto quello del carattere del personaggio.
Per esemplificare anni fa per esempio venne malamente tradito dai rappezzi e dall'interprete il personaggio di Corinna nel Viaggio.
La musa della poesia, la cantatrice del bello quale era in scena la Pasta che a questo stilema riconduceva i suoi personaggi venne ridotta ad una bambinetta curiosa ed impicciona con una vocina bianca e pigolante che non era neppure lontanamente idonea a nessuno dei ruoli che furono della grande Pasta.
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Messaggioda MatMarazzi » gio 11 ott 2007, 18:44

beckmesser ha scritto:O forse ancora (ed è la mia personale opinione) Verdi sapeva benissimo che quello era un tipico pezzo ad uso di un cantante


Caro Beck
Queste considerazioni sul perché Verdi ha tolto o ha aggiunto sono molto importanti e condivisibili, ma attengono alla sfere delle volontà dell'autore.
Mentre io e te siamo d'accordo che la volontà dell'autore possa anche essere ridimensionata in sede interpretativa.

Quando affermo che preferirei che si prendesse l'integralità di una versione non è perché la ritenga l'unica praticabile, ma perchè piacerebbe a me ...e mi piacerebbe proprio (come ho scritto più volte) per misurare la bravura di un interprete.
Si vuole fare la versione di Parigi: la si faccia tutta, senza la cabaletta, ok, ma con i balletti (che siano questi ad aver sbilanciato l'opera e aver richiesto dei tagli?) e col vero finale.
E naturalmente in francese.
:)


Io credo che ancora una volta sia il risultato complessivo quello che conta…

Certo! Proprio come dicevo diversi post fa: "le convenzioni non sono arte".
E' la prima volta che riesco a condividere un pensiero di questo tipo (che difendo da anni) trovando interlocutori che non si mettano a urlare (e pontificare) sul "povero Verdi" ma che accettino una prospettiva relativista... :D
Sono davvero contento e fiero di Operadisc.


Un salutone ;)
Mat
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Messaggioda teo.emme » gio 11 ott 2007, 20:18

MatMarazzi ha scritto: Quando affermo che preferirei che si prendesse l'integralità di una versione non è perché la ritenga l'unica praticabile, ma perchè piacerebbe a me ...e mi piacerebbe proprio (come ho scritto più volte) per misurare la bravura di un interprete.
Si vuole fare la versione di Parigi: la si faccia tutta, senza la cabaletta, ok, ma con i balletti (che siano questi ad aver sbilanciato l'opera e aver richiesto dei tagli?) e col vero finale.
E naturalmente in francese.


Giustissimo! Piacerebbe molto anche a me poter ascoltare le varianti d'autore nel loro ambito corretto e completo: la versione francese del Trovatore (tutto, con i balletti) e così pure Traviata e Rigoletto. E pure le varie edizioni delle opere rossiniane, con le loro tante versioni.
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Messaggioda MatMarazzi » ven 12 ott 2007, 2:38

teo.emme ha scritto:Giustissimo! Piacerebbe molto anche a me poter ascoltare le varianti d'autore nel loro ambito corretto e completo: la versione francese del Trovatore (tutto, con i balletti) e così pure Traviata e Rigoletto. E pure le varie edizioni delle opere rossiniane, con le loro tante versioni.


Sapessi Teo.Emme, :)
Io arriverei a perversioni che nemmeno ti immagini! :)
Persino le edizioni della censura vorrei esplorare.
Ti immagini una bella "Giovanna di Guzman" o (meglio ancora) un Buondelmonte di Donizetti?

Vedi Beck,
il gioco è questo per me! :)
Chiamare gli Hermann, dare loro lo spartito della ...Giovanna di Guzman, sopportare le loro (più che legittime) rimostranze e infine dire loro: questo è il testo. punto e basta. studiatelo, lavorateci, pensateci e... che alla fine esca un qualcosa che sia emozionante come fu la Traviata.
Non ritieni anche tu che in questi termini la sfida interpretativa sia più eccitante?
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Messaggioda Riccardo » mar 16 ott 2007, 19:25

MatMarazzi ha scritto:
Ecco che, per logica, il fatto che oggi si debba modificare il testo o no è del tutto opinabile, perché dipende da come noi singoli vogliamo influenzare la convenzione.


Perfetto! :)
Io ho sempre paura di non spiegarmi chiaramente e invece tu comprendi perfettamente tutto e lo riesponi meglio di come abbia fatto io! :D
Allora... dov'è il problema? :(

:D
Ma nulla, è solo che se una cosa è del tutto opinabile non è più discutibile! Perché le sensazioni e preferenze personali sono personali e basta, non le si può giustificare storicamente!

E se uno mi cambia tutto il dialogo parlato (come Pelly nella GrandDuchesse a Parigi) ma fa una cosa di valore artistico io sarò il primo a riconoscerlo.
Poi... se io e te parliamo di "come si dovrebbe fare l'opera oggi" io tornerò a dire che per me NON SI DEVONO CAMBIARE I DIALOGHI!!

Ma davvero ci vedi un'incoerenza in questo discorso?

Ma no, questo va benissimo, certo!

Il fatto è che rinunciando al relativismo, divento più relativo io di te che relativizzando arrivi al dogma di non modificare il testo..

Il mio non è un dogma. E' solo un personale desiderio, che vorrei talmente condiviso da vederlo trasformato in convenzione! :)

Ecco però! Come giustifichi questo tuo personale desiderio, che è anche il mio? Storicamente è impossibile purtroppo...
E dunque?

Salutoni!
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Messaggioda MatMarazzi » gio 18 ott 2007, 23:09

Riccardo ha scritto: solo che se una cosa è del tutto opinabile non è più discutibile! Perché le sensazioni e preferenze personali sono personali e basta, non le si può giustificare storicamente!


Eh no! :)
Una cosa opinabile è giustificabilissima nella storia.
Come ho scritto nel thread sulla soggettività, ci sono vie di mezzo fra il niente e il tutto.
L'avevano già scoperto i greci tanto, tanto tempo fa.
Oltre all'essere e il non essere, c'è il divenire (Eraclito).

Negli anni '50 la gente amava le cantanti stilizzate e sublimate in Mozart.
Niente sesso, niente politica, niente corrosività, solo tanta "divina armonia".
Nessuno gliel'aveva ordinato. La gente amava questo tipo di Mozart e basta.
Però (che strano!) quelli erano anche gli anni del dopo guerra: si cercava purezza, astrazione, fuga dalla violenza, dalla retorica, dalla magniloquenza.
Invece negli anni '70 si cominciò a volere un Mozart più carnale, sensuale, politicamente scorretto, mordace, allusivo.
Anche qui... nessuno lo aveva ordinato. Chi andava a teatro esprimeva semplicemente suoi gusti...
Però (che strano!) quelli erano gli anni della contestazione.

Le cose "opinabili" sono proprio quelle che vanno analizzate storicamente.
Le cose "assolute" no! Esse sono fuori dalla storia!

Ecco però! Come giustifichi questo tuo personale desiderio, che è anche il mio? Storicamente è impossibile purtroppo...


Lo dici tu!
Ci sono costanti che io e te condividiamo.
Se prendiamo queste costanti (trascendendo da noi individualmente) e le consideriamo alla luce della storia, troveremo tante interessantissime "giustificazioni".

salutoni,
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Arie d'Opera

Messaggioda Saba » lun 01 mar 2010, 9:24

Sarebbe interessante aprire un nuovo thread in cui poter esaminare le arie d'opera utilizzando due elementi:
1) Registrazione dell'esecuzione (ovvio)
2) Spartito (eventualmente da downlodare dal forum o perlomeno linkabile, in modo tale da permettere a chiunque di prenderne visione)

e vedere quali siano le esecuzioni che rispettano di più le volontà dell'autore,(visto che la moggior parte dei compositori se non tutti, scrivono cosa vogliono direttamente sullo spartito) con il massimo rendimento sonoro
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Re: Arie d'Opera

Messaggioda pbagnoli » mar 02 mar 2010, 23:02

Dici che sarebbe veramente interessante una cosa del genere?
Perché lo pensi?
Ti butto lì una piccola provocazione: la storia dell'interpretazione ha avuto le sue sterzate spesso decisive quando gli interpreti si sono discostati dalla volontà dell'autore, o dalle consuetudini esecutive maturate intorno a quello che a lungo si è ritenuta la volontà esecutiva dell'autore.
Il guizzo dell'interprete di rango che entra in un repertorio non suo e si appropria di un ruolo che gli sarebbe precluso: cosa ne dici?
Il primo esempio che mi viene in mente: il Riccardo di Gedda.
Oppure la Marescialla della Scotto.

Questo per me sarebbe interessante!
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Arie d'Opera

Messaggioda VGobbi » mar 02 mar 2010, 23:51

Io non ho mai sopportato i recitals ... piuttosto meglio una sola incisione completa dell'opera di un interprete, piuttosto che svariati recitals. Proprio perche' a mio modestissimo avviso, l'opera non e' solo una sfilza di arie una dietra l'altra ... e poi perche' non rende appieno l'idea delle caratteristice, piu' che vocali, interpretativi del cantante.
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Arie d'Opera

Messaggioda Saba » mer 03 mar 2010, 13:41

perchè penso che eseguendo la partitura alla lettera si può dare un interpretazione ottimale, ad esempio uno dei più grandi don josè della storia e cioè Gedda, nella canzone del fiore, fa tutto ciò che scrive Bizet, è fantastico, rende il personaggio in tutte le sue sfumature, poi come diceva il grande Lauri volpi, basta leggere ciò che stai cantando e capisci subito come devi cantarlo..ed infatti gli autori non sono mica stupidi, con la musica danno significato al testo, basta vedere la Callas, puoi ascoltarla con lo spartito sotto e vedrai che non lascia nulla al caso
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Re: Arie d'Opera

Messaggioda Milady » mer 03 mar 2010, 16:46

Carissimo Saba,
di per sé eseguire alla lettera una partitura con tutti i segni d'espressione voluti dall'autore parrebbe un sicuro principio capace di garantire l' oggettività esecutiva.
indubbiamente è un criterio sano e corretto: troppe volte ascoltiamo agilità spianate , tonalità accomodate un po' troppo alla vocalità del cantante di turno, ossia i cosiddetti "trasporti",cancellature alla Vasari dei vari segni e via dicendo
Ma questa lodevole fedeltà allo spartito , può garantire solo una esecuzione corretta. E ,comunque sia, ogni interprete di rango dà la sua zampata del leone e dà la sua personale interpretazione delle indicazioni fornite dall'autore : la mezzavoce di Caruso nel finale della romanza del fiore è, tautologicamente solo la mezzavoce seocndo Caruso.
Kraus , come maestro di canto, pubblicò una sua intervista in cui raccomandava ai giovani cantanti di impostare la voce sulla "i" e tenendo le costole immobili il più possibile. Non sono precisa perché non è il mio campo e perché ho letto questo testo molti anni fa. Ricordo però la reazione veramente viperina di Celletti, che, invece, patrocinava una vocalizzazione sulla "a".
Il fatto è che per Kraus questo metodo era quello ottimale : ha infatti mantenuto fino alla fine un registro acuto invidiabile, mentre il centro si era un po' affievolito. Su youtube si può vedere Kraus che, a voce fredda , davanti ad un allievo , emette un magnifico acuto lucente e fermissimo sulla nota finale di Celeste Aida: e non era più un giovincello, anzi...
Gedda canta benissimo la romanza del fiore dal te citata, ma una rondine non fa primavera. Nel resto dell'opera Gedda è piuttosto palllidino.Nessuno vuole un Don Josè vociferante, ma virile e appassionato sì, lo vuole anche lo stesso Bizet : si pensi allo scontro finale Carmen-Don Josè.
Un interprete di rango pone al servizio della pagina musicale non solo la sua tecnica e l'osservanza dello spartito, ma anche la sua personale fantasia innovatrice, sia pure in un contesto consono allo stile della specifica opera. Sempre per restare nell'argomento da te prescelto , sappiamo ed abbiamo testimonianze sonore del Don josè ideale di Bizet, o meglio, quello che era ideale per lui? E la sua vocalità sarebbe oggi riproponibile , visto che c'è stata anche una sorta di evoluzione genetica delle voci?
Naturalmente un ricco apparato tecnico consente all'interprete autentico di dare vita a tutte le "nuances" - in senso lato- che egli ritiene di dover fornire ai fini della sua definizione di un determinato personaggio.
Quanto alla volontà dell'autore , ti faccio un esempio tratto dalla musica classica. Dopo tante spagnolerie raffinate o d'accatto , sentii in disco un magnifico Bolero, diretto da Ravel stesso.La sua idea era che l'ossessivo ritorno del tema principale in crescendo fosse il corrispettivo musicale dell'uomo stritolato dall'incombente predominio delle macchine . E ci fu chi ebbe da ridire.La Cavalleria diretta da Mascagni è una meraviglia quanto a lirismo e tempi "lenti" rispetto alla prassi esecutiva dell'epoca. E anche in questo caso non è che l'interpretazione di Mascagni sia stata considerata Vangelo.
La volontà dell'autore resta sempre affidata in gran parte ai suoi interpreti.
Possiamo considerarla, come in campo umanistico, una marcia di avvicinamento all'originale,ma non identificarla con l'originale, che resta sempre una entità sfuggente. E, soprattutto nel caso di perdita degli autografi , possiamo affidarci ad un severo criterio storicizzante , ma tendiamo ad una meta, senza sapere se l'abbiamo realmente raggiunta o no.
La vera volontà dell'autore è poi soggetta al mutare del gusto, delle tecniche , dei tempi.
Grazie a Dio resta anch'essa una entità sfuggente, altrimenti , ferma restando la doverosa fedeltà ai segni, tutto sarebbe stato detto o cantato.
La storia va avanti."Stat rosa pristina nomine , nomina nuda tenemus" (U. Eco)
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