quali saranno quelle dei prossimi vent'anni?
Come sapete, su Operadisc abbiamo ...se non introdotto (credo), almeno approfondito un tema.
Le opere nel momento in cui sono scritte (come ogni forma d'arte) esprimono il loro presente: al diavolo i sogni romantici e idealisti di "immortalità" dell'arte.
Ammettiamo invece che l'oggetto artistico nasce in un contesto ben preciso con l'intento di rivolgersi a una comunità ben precisa (magari anche solo per sfidarla o criticarla) e secondo i canoni linguistici condivisi fra quella comunità (magari anche solo per tradirli).
E non solo: è la stessa comunità - alla fin fine - a decidere se un oggetto qualsiasi è "arte"; se io faccio uno scarabocchio, anche di ottima fattura, ho un bel da dire che sono un "artista" ma finché non ci sarà una comunità che (hic et nunc) la considererà tale, non sarà arte.
L'arte non è universale ma contestualizzata. E' un dialogo serrato fra un oggetto (badate bene: non un autore, ma ciò che egli fa) e una comunità disposta ad attribuirgli valore artistico.
Di conseguenza l'arte non prescinde mai dal pubblico, dalla comunità, dalla società! Possiamo persino dire che è la società a fare l'arte, selezionando fra gli infiniti oggetti che gli aspiranti artisti producono. De-contestualizzare l'arte, volerla vedere come qualcosa di trascendente e universale è la peggiore ingenuità, il più patetico dei lasciti delle estetiche romantiche.
Il divertente (ciò che noi operomani vediamo tutti i giorni) sta quando la "comunità" (la Società) non si rivolge agli artisti di oggi, ma agli oggetti prodotti decenni se non secoli or sono.
Qui la cosa si fa divertentissima.
Perché la comunità (magari senza rendersene conto) opera le sue scelte, così in pittura, così in letteratura, così in musica.
Può scegliere se un titolo gli va a genio o no (e in questo caso lo fa cadere nel dimenticatoio o negli scantinati degli accademici) ma può anche scegliere in che modo "stravolgerlo" ossia rappresentarlo in modo che si adegui allo spirito del tempo.
Quello che voglio dire è che se negli anni 10 si eseguiva poco il Don Giovanni (rispetto a oggi) non è perché fossero tutti stupidi mentre noi siamo intelligenti.
Evidentemente c'era qualcosa nella poetica, nella weltanschauung dell'epoca che non funzionava a contatto col Don Giovanni.
E se negli anni 50-60 (sul modello viennese) Mozart era spiritualizzato all'eccesso, scrostato di impurità, problematicità, sessualità, non era perché i viennesi erano tutti stupidi mentre noi siamo intelligenti.
Era solo perché in quegli anni a quello Mozart serviva, di quell'aspetto di Mozart si aveva bisogno.
E se dalla contestazione in poi Mozart è diventato il simbolo della rivolta giovanile, percorso da fremiti punk e sessualità scatenata, non è perché siamo diventati tutti pazzi, ma perché la nostra società è sempre padrona di cercare nell'arte (anche quella dei secoli passati) ciò che ...le serve! ciò di cui ha bisogno! ciò in cui crede!
Fatta questa premessa, noi potremmo trovare una risposta a tutti i rivolgimenti di repertorio operatisi nel '900.
C'è una ragione per cui, fra gli anni 50 e 60, esplose la Donizetti Renaissance: non fu un caso.
C'è una ragione per cui, dopo gli anni 70, Monteverdi e Handel sono tornati a vivere e con linguaggi tanto diversi.
C'è una ragione per cui, negli anni '90, Puccini e Strauss hanno dovuto cedere tanto terreno a Janacek.
E c'è una ragione per cui, nella seconda metà del '900, tanto disprezzo, tanta supponenza, tanta sufficienza (ridicola finché volete) è calata su certo repertorio borghese, come quello francese del Grand-Opéra e dell'Opéra-Comique. E c'è persino una ragione sul fatto che tutto questo repertorio stia risorgendo in maniera insospettata, oggi, sotto i nostri occhi!
Ammesso che abbiate tollerato le mie chiacchiere fino a questo punto, ho una proposta da sottoporvi.
Perché, invece di fare gli storici e continuare a riflettere sul passato, non facciamo un po' i profeti?
Ognuno di noi vive questi anni! Possiamo guardare con interesse gli anni 50, 60, 70, 80 ecc....
Ma noi viviamo gli anni 10 del 2000.
Li conosciamo, vi partecipamo e vi contribuiamo, con i nostri gusti, le nostre idee, i film che andiamo a vedere, la musica che ascoltiamo, le discussioni su facebook, il modo in cui viviamo il nostro quotidiano.
Quindi li conosciamo, i nostri anni, dall'interno.
Bene: secondo voi quale è il repertorio in cui la "nostra" comunità, il nostro tempo, potrebbe riconoscersi di più?
In una parola: quali saranno gli autori e le opere più in auge nei prossimi vent'anni? Quali avranno più interpreti adeguati? Su quali direttori e registi si accaniranno maggiormente?
Proviamo a prevedere gli sviluppi di repertorio dei prossimi anni...
Sono curioso di vedere cosa salterà fuori.
Salutoni,
Mat
PS: ci si risente dopo il 18, quando vi relazionerò su Aix.