MatMarazzi ha scritto:Nemmeno io sono contento del fatto che si amplifichi il cantante all'opera. Specie perché lo si fa, in genere, molto male.
E tuttavia inutile mettersi di traverso ai cambiamenti.
Questo è vero. Si tratta di una fatica inutile; siamo impotenti di fronte alla marea del "nuovo" che impera e che passa per progresso. Il silenzio, per esempio, è stato abolito dalle nostre vite. Come protestare? Impossibile, ma è inutile metteri di traverso ai cambiamenti ed esigere il silenzio è pura follia.
E soprattutto non credo che l'introduzione dell'amplificazione in certi teatri possa modificare così sostanzialmente il nostro modo di ascoltare l'opera (che già si fonda per il 90% su incisioni e registrazioni, effettuate - come dice Enrico - con gli stessi strumenti dell'amplificazione).
Verissimo. Infatti il canto dal vivo secondo un dettato più vicino possibile ad una dimensione naturale di rapporto tra emittente (voce o strumento) e ricevente (orecchio) oggi risulta incomprensibile ai più. Bell'affare.
Coloro che si scandalizzano per l'amplificazione elettrica di un teatro, dovrebbero scandalizzarsi allo stesso modo per i dischi della Stignani, che li incideva a dieci centimetri dal microfono.
Il concetto di incisione, al tempo, era radicalmente diverso da quello che si è sviluppato a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Quindi non si può imputare nulla agli interpreti di allora. Incidere, all'epoca, era artisticamente del tutto secondario rispetto alle recite dal vivo. Caso mai è l'atteggiamento odierno rispetto a quelle incisioni che deve essere calibrato. Rimandano un mondo esecutivo distorto dai meccanismi di registrazione, certo, ma molto meno truffaldino.
In fondo, se ci pensiamo, anche i teatri storici sei-settecenteschi erano concepiti come "amplificazione" del suono.
La forma, i materiali, la dimensioni, persino le scenografie... tutto concorreva ad "amplificare" i divi canori.
Anche allora doveva essere ben diverso sentire un cantate in un teatro "fatto apposta per amplificarlo" piuttosto che sentirlo in piazza.
I teatri sono IL LUOGO in cui si fa l'opera, la cornice sorta e cresciuta intorno al canto, alla musica e al gesto per esltare il rapporto armonico fra queste tre componenti che si relazionavano DIRETTAMENTE con le orecchie e gli occhi degli spettatori.
In effetti mi chiedo che differenza ci sia tra ascoltare un cantante "amplificato" elettronicamente o ...acusticamente. Una differenza solo "etica".
Hai detto nulla!!! Se la differenza fosse solo etica sarebbe già abbastanza. Ma non è solo quello il problema; il problema sta nel fatto che nel nostro mondo siamo ormai talmente lontani da qualsiasi relazione naturale che abbiamo bisogno, necssità impellente continua, di qualcosa che "migliori" ciò che andrebbe gustato com'è. A scuola ho fatto venire un mio amico vilinista che ha suonato, per i bambini a cui insegno, un brano di Ravel. Si sono lamentati perché suonava troppo piano. A 9 anni hanno già l'udito drogato. Bell'affare.
Dal mio punto di vista, è molto più dissacrante far cantare all'Arena di Verona l'Aida (opera che fu scritta per un teatro al chiuso, con un'acustica radicalmente diversa). Vorrei sentirci qualche divo settecentesco, qualche mirabolante castrato, o persino la Pasta e la Malibran a cantare all'Arena di Verona...
Il canto di forza (quella che sopravvive all'arena) è un'invenzione novecentesca e, per me, non la più interessante.
Qui sono talmente d'accordo con te che, a mio modesto avviso, i teatri all'aperto dovrebbero chiudere. Io non vorrei per nulla sentirci la Malibran o il Senesino; ci mancherebbe!!!
L'ideale dell'amplificazione oggi dovrebbe essere quello di ricostruire un suono simile a quello dei vecchi teatri: non disturbato dalle vibrazioni, non disperso in spazi troppo vasti.
Scusa tanto, ma perché "ricostruire" un suono simile a quello dei vecchi teatri se potremmo averlo semplicemente andando nei vecchi teatri o immaginando di edificare teatri perché si possa sentire in modo naturale?
Il problema si pone giustamente per quei teatri (e oggi sono il 90%) che per dimensioni e struttura sacrificano una parte degli armonici e dei colori di una voce. Nè si può pensare che oggi, in un momento in cui l'Opera rischia di soffocare sotto il peso dei propri costi, si edifichino teatri per poche centinaia di persone.
Appunto. A me tutto questo sembra una perversione.
E poi diciamo la verità... in che modo un'amplificazione potrebbe davvero considerarsi una "frode"?
Solo in termini di "volume" del cantante... Ma è un valore così fondamentale?
Lo è sempre stato. Oggi perversamente più di ieri, infatti si amplifica apposta.
In compenso mette in evidenza problemi musicali, ritmici e di intonazione, errori di pronuncia, monotonia di colori che, senza amplificazione, si noterebbero molto di meno.
Provate a sentire la Dimitrova in disco... Potete credere a chi l'ha sentita tante volte dal vivo (anche all'arena di Verona) che senza microfono era una cosa sconvolgente... Sentirla dopo in disco è stato molto deludente, perché il microfono evidenziava grossolanità, pesantezze, errori e durezze che in teatro non si notavano affatto. Lo spazio aiutava la sua grande voce, nascondendo cose che il microfono non nasconde.
Persino il timbro sembra, in disco, più brutto.
Tutti motivi per NON desiderare la presenza di amplificazione.
Caro Mat, come farei senza di te?
Un cordiale saluto. FRITZ