La morte d'Ophelie (Belioz)

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La morte d'Ophelie (Belioz)

Messaggioda MatMarazzi » lun 22 feb 2010, 16:51

Guerra di coloriste!

Sentiamo nella stessa pagina, la splendida versione per voce e pianoforte, due coloriste rivoluzionarie ma completamente diverse.
La Von Otter, come al solito, è più radicale nei colori e più sottile nella gestione complessiva del brano, la Bartoli è più esplicita, più effettistica, però mette in campo incantevoli chiaroscuri e certe straniate leggerezze che sono tipiche del suo stile.
L'una e l'altra sono molto incisive. Ma anche molto diverse.
Tuttavia, nè l'una, nè l'altra (almeno pare a me) esaltano in pieno la poesia di questo brano meraviglioso.

Mi piacerebbe sentire le vostre opinioni.

Questa la Bartoli


Questa la Von Otter
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Re: La morte d'Ophelie (Belioz)

Messaggioda Triboulet » mer 24 feb 2010, 19:38

Dirò la verità, adoro la von Otter, specie nella musica da camera (non solo la scuola tedesca, ma pure tutti gli autori scandinavi noti e non che lei ha inciso meravigliosamente). Quando canta in francese, non so bene perchè, mi manca qualcosa. Il suo Werther è interessantissimo ma, a mio gusto, non pienamente persuasivo. La sua Carmen è strepitosa e controcorrente, estremamente analitica, ma a tratti carente di una certa spontanea verità che una Ewing riesce a ricreare. Nel complesso la von Otter mi continua a piacere di più della Bartoli anche in questo brano, di cui dà lettura più coerente e unitaria, segue di più la linea.
Non è soggiogante, forse perchè non riesce ad ottenere quella fluidità, quel legato, quella morbidezza e quei suggestivi chiaroscuri (specie in alto) che ottiene la Bartoli. Ciò che mi irrita della Bartoli, di contro, è che sembra non avere un disegno preciso. Non si sà dove vuole andare a parare, è molto impressionista e, talvolta, esagera con gli effetti (vedi i tanto famosi sospiretti che, personalmente, non riesco a digerire).
Non so se è corretto, ma volendo fare un paragone "d'approccio" (ma badate bene non vocale/interpretativo!), la von Otter è più callasiana, mentre la Bartoli è più genceriana. Ma magari ho detto una cavolata colossale....
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Re: La morte d'Ophelie (Belioz)

Messaggioda pbagnoli » mer 24 feb 2010, 21:45

Non conosco per niente il brano per cui ti ringrazio di averlo proposto all'attenzione di tutti.
La mia preferenza va alla von Otter anche se - concordo con te - Cecilia mette in campo effetti di una bellezza molto particolare. La von Otter fa vedere la dolcezza lancinante della psicosi delirante: sembra di vedere una schizofrenica che guarda la pioggia alla finestra, parlando fra sé.
I colori sono splendidi in entrambe le cantanti, così come la musicalità.
Eccellente in entrambe il dominio della prosodia francese. E - mi sembra giusto sottolinearlo - eccellente per entrambe l'accompagnamento.
Brano splendido, concordo con te. Sono contento di averlo conosciuto.
Chi altri lo potrebbe fare?
La Kozena?
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(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: La morte d'Ophelie (Belioz)

Messaggioda MatMarazzi » mer 03 mar 2010, 17:15

Cari Triboulet e Pietro
sono d'accordo con voi.
L'una e l'altra non sembrano arrivare al punto in cui questa musica (che per me è sublime, così come i versi) ci possa davvero ferire al cuore.
Però anche secondo me la Von Otter la vince (parlo di emozione, non di bellezza tecnica).

trovo molto interessante ciò che ha scritto Triboulet a proposito della Von Otter in francese.

Quando canta in francese, non so bene perchè, mi manca qualcosa. Il suo Werther è interessantissimo ma, a mio gusto, non pienamente persuasivo. La sua Carmen è strepitosa e controcorrente, estremamente analitica, ma a tratti carente di una certa spontanea verità che una Ewing riesce a ricreare. Nel complesso la von Otter mi continua a piacere di più della Bartoli anche in questo brano, di cui dà lettura più coerente e unitaria, segue di più la linea.


concordo in pieno sulle perplessità legate a Charlotte e Carmen. Anche a me in questi ruoli la Von Otter non convince.
Ma non credo sia un problema di repertorio e di lingua, quanto di personaggi.
Sono personaggi che erompono sentimentalmente o intellettualmente, o meglio: personaggi che amano, soffrono, vivono e muoiono (nel caso di Carmen) per il loro credo.
Insomma sono personaggi reattivi ed eruttivi.
La Von Otter è sempre in difficoltà quando deve "rivelarsi". E' intelligente, acuta, raffinata, profonda, ma psicologicamente pudica.
Funziona (anche teatralmente) quando deve astrarsi, quando può nascondersi dietro a un velo "formale".
Allora è capace anche di dimenarsi e sculettare sensualissima come Marilyn Monroe (le ho sentito fare in scena un "diamonds" assolutamente strepitoso), perché anche lì deve "fare" la sensualona, ben "sapendo" che il pubblico "sa" che si tratta solo di un gioco meta-culturale.

E' per questo che in questo brano funziona meglio della Bartoli.
Perchè in fondo questa morte di Ophelia è solo un "racconto" (c'è un filtro, il filtro della narrazione della regina Gertrude che narra la sciagura della ragazza).
E lei si estranea... come sa fare. Si nasconde dietro a chi una storia non la vive, ma la partecipa, con emozioni che sono a loro volta stilemi espressivi, filtri psicologici.
La voce assume un colore distante, una tristezza di riflesso.
L'errore della Bartoli - secondo me, ma mi pare che voi la pensiate allo stesso modo - è quello di peccare di ingenuità: ossia tentare di "vivere", di interpretare in modo diretto, la sciagura di Ophélie, senza la sublime distanza della Von Otter.

Poi, certo, c'è il vocalizzo-refrain, quell'incredibile "strana musica", in cui la Von Otter, pur con miracoli di malinconia e colori straniati, ci pare - lì sì - un po' troppo lontana...

Salutoni,
Mat

Per Pietro.
La Kozena? interessante...
Non so se ha mai cantato questa pagina. Ma ne caverebbe certo qualcosa di suggestivo.
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Re: La morte d'Ophelie (Belioz)

Messaggioda Aristecmo » ven 01 ott 2010, 22:50

Vorrei timidamente aggiungere che, oltre alle diverse personalità dei suoi esecutori, il carattere di un brano è definito anche da scelte musicali basiche, quali il tempo e la tonalità. L'Ophélie bartoliana viene eseguita nella tonalità originale di Si bemolle e dura sette minuti ; quella della Von Otter è nella tonalità di La bemolle (propria del rifacimento per canto e orchestra) e di minuti ne dura più di otto. Queste due diverse impostazioni sarebbero sufficienti a far risuonare in maniera diversa l'interpretazione di un medesimo artista!

La Bartoli, tra le due, mi sembra quella più autenticamente berlioziana, nel senso deteriore del termine, e sicuramente non a motivo della tono originale rispettato (anche se la tonalità di Si bemolle s'attaglia forse meglio al genere della ballata), ma per tutto l'apparato retorico salottiero che sa esprimere.

La Von Otter spinge Berlioz oltre il suo mondo un po' borghesuccio, in cui ogni tanto si possono lasciare spalancate le finestre dell'abisso, ma per non più d'un istante. Ecco, la Von Otter, complice una voce piuttosto ectoplasmatica, le sfonda senza troppi scrupoli, quelle finestre. E così quello che ritengo essere il momento topico di questo brano "laissant à peine commencée sa mélodieuse chanson", con cadenza sulla sopradominante risolta dalla dominante in modo minore, e che rimanda alle spaventose rievocazioni di una "Morte amoureuse" di Théophile Gautier più che alle follie elisabettiane, trova nella Von Otter la giusta colorazione spettrale e scansione ritmica tutta accenti e morsi, disegnata dalle crome slegate, messe ancora in maggior rilievo dal moto sincopato e legatissmo del refrain vocalizzato.
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Re: La morte d'Ophelie (Belioz)

Messaggioda MatMarazzi » sab 02 ott 2010, 8:40

Aristecmo ha scritto: Queste due diverse impostazioni sarebbero sufficienti a far risuonare in maniera diversa l'interpretazione di un medesimo artista!


Certo, in addizione a tutti gli altri elementi.
Anche perché sono anch'esse frutto di una scelta interpretativa dell'artista, come tutti gli altri effetti vocali-musicali. E questo vale anche per la tonalità (la von Otter non avrebbe avuto difficoltà a cantare il brano nel tono sopranile; né la Bartoli ad eseguirlo in la bemolle, come avrebbe fatto ogni mezzosprano non ossessionato dalla volontà di dimostrare di poter far tutto).
Concordo sulla vicinanza tra la Otter "spettrale" e il mondo di Gautier, anzi considero molto stimolanti e persuasive le tue parole; tutt'al più non sono tanto convinto che questa visione implichi uno "sfondamento" delle finestre di Berlioz. A me pare che tali finestre siano già terribilmente aperte (e non solo questo brano) verso abissi e inquietudini sconcertanti che l'apparato salottiero non arriva a motivare.
Io credo che in Berlioz, dietro l'apparenza o, se vuoi, l'appartenenza linguistico/emotiva alle pulsazioni retoriche della sua epoca (che non definirei "borghesuccie" ma semplicemente e gloriosamente borghesi), vi sia molto di più. Forse siamo troppo condizionati dall'immagine che in epoca post-romantica gli si è voluto cucire addosso.
NOn è un caso che, sia pure declinato secondo la sensibilità ottocentesca, l'universo shakespeariano abbia trovato in lui (assai più, assai prima e forse assai meglio che in Verdi) il proprio traduttore romantico-musicale.

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Re: La morte d'Ophelie (Belioz)

Messaggioda Aristecmo » sab 02 ott 2010, 11:06

MatMarazzi ha scritto:
Aristecmo ha scritto: Queste due diverse impostazioni sarebbero sufficienti a far risuonare in maniera diversa l'interpretazione di un medesimo artista!


Certo, in addizione a tutti gli altri elementi.
Anche perché sono anch'esse frutto di una scelta interpretativa dell'artista, come tutti gli altri effetti vocali-musicali. E questo vale anche per la tonalità (la von Otter non avrebbe avuto difficoltà a cantare il brano nel tono sopranile; né la Bartoli ad eseguirlo in la bemolle, come avrebbe fatto ogni mezzosprano non ossessionato dalla volontà di dimostrare di poter far tutto).
Concordo sulla vicinanza tra la Otter "spettrale" e il mondo di Gautier, anzi considero molto stimolanti e persuasive le tue parole; tutt'al più non sono tanto convinto che questa visione implichi uno "sfondamento" delle finestre di Berlioz. A me pare che tali finestre siano già terribilmente aperte (e non solo questo brano) verso abissi e inquietudini sconcertanti che l'apparato salottiero non arriva a motivare.
Io credo che in Berlioz, dietro l'apparenza o, se vuoi, l'appartenenza linguistico/emotiva alle pulsazioni retoriche della sua epoca (che non definirei "borghesuccie" ma semplicemente e gloriosamente borghesi), vi sia molto di più. Forse siamo troppo condizionati dall'immagine che in epoca post-romantica gli si è voluto cucire addosso.
NOn è un caso che, sia pure declinato secondo la sensibilità ottocentesca, l'universo shakespeariano abbia trovato in lui (assai più, assai prima e forse assai meglio che in Verdi) il proprio traduttore romantico-musicale.

Mat


Ciao Mat... sai, le definisco borghesuccie perché sono cresciuto nella stessa regione dove è nato Berlioz (nativo della Côte-Saint-André), il Delfinato, altrimenti detto le trou- du-cul de la France e ritrovo nella sua musica alcuni tratti caratteriali tipici di quella regione. Anche la sua Cleopatra (composta a 25 anni appena arrivato dall'Isère) mi sembra più, nei modi, una possidente terriera, magari ricchissima, che si preoccupa della prossima riunione parrocchiale e del giudizio dei vecchi del paese, che una regina ridotta in schiavitù.
Aristecmo
 
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Re: La morte d'Ophelie (Belioz)

Messaggioda MatMarazzi » sab 02 ott 2010, 11:35

Aristecmo ha scritto:
Ciao Mat... sai, le definisco borghesuccie perché sono cresciuto nella stessa regione dove è nato Berlioz (nativo della Côte-Saint-André), il Delfinato, altrimenti detto le trou- du-cul de la France e ritrovo nella sua musica alcuni tratti caratteriali tipici di quella regione. Anche la sua Cleopatra (composta a 25 anni appena arrivato dall'Isère) mi sembra più, nei modi, una possidente terriera, magari ricchissima, che si preoccupa della prossima riunione parrocchiale e del giudizio dei vecchi del paese, che una regina ridotta in schiavitù.

:D :D :D :D :D :D :D :D

Capisco! :)
E su Cleopatra (come su tante altre "berliozate") non si può non darti ragione! :)
Ma ci sono alcuni affondi lirici nella sua musica (lasciamo perdere il Berlioz pompier) che ti feriscono a tradimento, senza capire bene perché: io ci sento un'inquietudine che va talmente al di là delle note e delle parole...
Anche in questa Morte di Ofelia... (parlo per me ovviamente)
Anche nelle Nuits d'été ce n'è una che, tra ironie disarmanti e mormorii gotici, mi turba invariabilmente: Au Cimitière.
C'è un fondo di paura, di solitudine, di consapevolezza della fine che solo Berlioz sa comunicare...
Così come mi turbano certe modulazioni intime di Didone, certe nostalgia impreviste nel Béatrice et Benedict.
Pensa che nella Damnation non è la pomposa e sentimentalona "D'amour l'ardente flamme" a colpirmi, ma la ganzone gaelica, così spoglia e silenziosa nel suo tormento.. (conosci l'incisione della Rubio diretta da Markevitch?)
NOn so cos'é... forse un esporsi del compositore, un rivelare i suoi ansiosi turbamenti. Io in queste pagine sento il brivido segreto di tutta un'epoca.

Salutoni,
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