Caro Riccardo,
dire che la penso in modo molto diverso da te è, probabilmente, poco interessante.
Ognuno di noi è libero di coltivare i suoi gusti e di giudicare gli artisti a modo suo.
Io ho per Denise Duval un'ammirazione sconfinata e non mi riconosco affatto nel tuo giudizio, ma soprattutto non credo che la tua valutazione extra-musicale sia del tutto condivisibile.
Riccardo ha scritto:Denise Duval, cantante così vicina a Polulenc, da lui stimata, per cui ha scritto le sue tre opere.
Per la precisioni, non mi pare che Poulenc abbia scritto le Mammelle di Tiresia per la Duval, anche se è vero che fu lei a crearla.
Lui scelse la Duval solo dopo che l'opera era stata scritta.
Pare anzi che non riuscisse a trovare un'interprete disposta ad affrontare (e capace di affrontare) un personaggio tanto audace, difficile, pazzo e provocatorio.
Nella Duval, che nemmeno conosceva, trovò finalmente un'artista talmente matta, originale, giovane e fantasiosa da poter incarnare all'Opera (ed eravamo nel 1947!!) una suffragetta androgina che si trasforma da femminista furiosa in ...maschio a tutti gli effetti... e che sa ridere come in una soirée "noire" al caffé chantant!
Prova a chiederlo alla Callas tutto questo!
Cantante tanto famosa per questo, quanto direi piuttosto ininfluente come interprete di altra musica.
Ma questo non è vero...
All'Opèra e all'Opéra Comique la Duval fu una leggenda; certo, era legata a quei teatri da un vetusto contratto di esclusiva (tipico di Parigi) che la costringeva a spostarsi poco per i grandi teatri, a differenza di quel che accadeva nel resto del mondo, dove i cantanti erano solo "ospiti" e quindi liberi di spostarsi una volta terminata la produzione; questo e, ovviamente, la raffinatezza sofisticata del repertorio impedirono alla Duval di diventare famosa come la Callas e la Tebaldi, nè lo avrebbe voluto, dato che incarnava una sensibilità nuova, cinica ed esistenzialistica, più vicina alle inquietudini della Beat Generation che al Melodramma in abito lungo.
E poi comunque in Francia e negli ambienti più attratti dalla "modernità" il suo nome era famosissimo.
(Per inciso, alla Scala chiamarono la Zeani solo perché lei si rifiutò di cantare la parte in italiano).
Tecnicamente il canto della Duval mescolava le conquiste della scuola novecentesca con le sonorità chansonnières da Folies Bérgéres.
Il suo repertorio era vasto ma raffinato... snobbava un po' le opere "romantiche" e se doveva cimentarvisi stava attenta a scegliere personaggi instabili (Tosca), ribelli (Salome dell'Herodiade o Musetta) o in crisi psicologica (la sua Thais era considerata storica proprio a Parigi; la invitarono in questo ruolo persino in America, nel nuovissio Teatro di Dallas - quello di Rescigno e della Callas - per una produzione famosa con Zeffirelli del 1961).
A parte questo, erano celebri la sua Melisande (portata nientemeno che al festival di Glyndebourne), la sua Rosenn (Le Roi d'Ys), la sua Concepcion (L'ora spagnola, che giunse in studio con Cluytens), la sua Principessa del Marouf.
Di Raynaldo Hann cantò Porzia del Mercante di venezia e soprattutto creò "Le Oui des jeunes filles".
Un'altra opera composta per lei fu "Fatti diversi" di Zbinden, nel 1964 a Ginevra.
Non mi sembra che questa sia la carriera di una che si annulla su Poulenc.
Certo, senza Poulenc la sua storia e la sua fama futura sarebbero state diverse; ma questo vale anche per Giuditta Pasta se non avesse incontrato Bellini e persino per la Colbran (se Rossini non fosse andato a Napoli, parleremo così tanto di lei?).
In fondo che male c'è?
Non mi sembrano Bellini e Rossini tipi da cercare interpreti "pupazzo" o "insignificanti". Prima di eleggere qualcuno a propria musa, ci avranno pensato.
D'altronde lo stesso faremmo noi, se fossimo compositori, e sicuramente lo stesso fece Poulenc.
Non dimentichiamo che ne sarà voluto a rinunciare a una Maria Callas per la creazione della propria "Voce Umana" (sai cosa avrebbe significato, in termini di vendite, se l'incisione EMI del 59 avesse avuto la Callas? E in termini di riprese dell'opera nel mondo?)
E' un fatto che la Callas non sarebbe mai stata accettabile in quell'opera... temo che sarebbe stata lei ad apparire un po' "insulsa!"
Era tecnicamente e culturalmente lontanissima da tutto ciò che Poulenc inseguiva.
Al contrario la Duval rifiutava - anche tecnicamente - il sentimento grandioso e melodrammatico che non solo la Callas (anzi lei meno delle altre), ma tutti i soprani operistici dell'epoca avevano.
La sua tecnica, scolpita coloristicamente e leggerissimamente sulle parole, brillante, ironica, anti-retorica e con sfumature "pop", era quella che ci voleva per la poetica di Poulenc (che infatti in tutta la sua gioventù aveva rifiutato di scrivere per l'opera, forse perché non amava il canto operistico tradizionale e cercava qualcosa di più spoglio e anti-retorico).
Ti chiedo scusa se quoto quello che avevo scritto diverso tempo fa su Operadisc a proposito della Voix Humaine della Migenes.
Penso che possa essere in tema.
Anche in termini strettamente vocali si avverte l’esigenza di un’energia giovane e febbrile: la scrittura è basata su un declamato “di conversazione”, frenetico e turbinoso, impreziosito da delicatezze e smarrimenti romantici e culminante su acuti “pericolosi” (fino al do sopracuto).
Non è un caso che la prima interprete fosse quella stessa Denise Duval per cui Blanche dei Dialoghi delle Carmelitane era stata pensata.
La Duval, che nel 59 aveva 38 anni, esprimeva proprio quella fragilità fervorosa, quel non aver ancora appreso a confrontarsi alla vita, che tanto aveva colpito la fantasia di Poulenc, suo grandissimo amico e ammiratore.
Sentendo la Duval nella miracolosa incisione per la EMI del ’59 (già diretta da Pretre) tutto diventa chiaro: sensuale ma immatura, instabile ma combattiva, per nulla attenta alla propria dignità, ma sensibilissima al proprio orgoglio la donna della Voix Humaine è semplicemente vera; a ferirla, più ancora dell’essere tradita, è la distanza incolmabile che si è aperta fra lei e l’amante, a offenderla è la galanteria raffreddata di lui, le premure ormai praticate solo per senso del dovere.
Considerato quanto il ruolo era stato concepito su di lei, si può capire come non sia stato facile trovare successivamente altre cantanti in grado di porsi sul tracciato fissato dalla Duval, la cui tecnica vocale era anche allora molto particolare: piccola e tagliente, la sua voce si muoveva con destrezza da “dicitrice” in un declamato leggero e penetrante, molto asciutto nel gusto, variegato nei colori e ben poco “operistico” (anzi arricchito da una sfumatura “chansonnière” graditissima a Poulenc).
Persino in Francia, i soprani cimentatisi con la parte (la Sarroca, la Rodhes, per finire con la Pollet) non seppero emanciparsi da un canto “fraseggiato” in modo tradizionale e ostile alla distillazione coloristica. Quanto alle interpreti di repertorio italiano (come la Kabaywanska o la Scotto) o tedesco (come la Jones) o liederistico (come la Normann) l’inadeguatezza della loro tecnica è palese dalle prime note.Salutoni,
Mat