I ruoli Colbran

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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda MatMarazzi » mer 03 set 2008, 14:10

Riccardo ha scritto:Dici che avrebbe perso tanto in forma concertante? Certo, con un grande regista...
Sarà che dell'Elisabetta ho il terribile ricordo dello spettacolo pesarese di Daniele Abbado!


Anche io l'ho visto, nella ripresa a Bologna.
Una regia semplicemente schifosa, infarcita di ovvietà e dilettantismo. Come tutte quelle che ho visto di Daniele Abbado.
Sono rimasto trasecolato a leggere gli elogi di Maugham ed altri super-esperti di regia per l'Ermione pesarese.
Evidentemente l'opera lo ha stimolato a riflessioni e impegno più profondi.
Per quanto riguarda l'Elisabetta, io trovo che sia un'opera di teatralità talmente dirompente che non potrei sopportare di vederla in forma di concerto.
Posso confidartelo? Di tutto il Rossini Napoletano, Elisabetta è l'opera che mi fa più impazzire.

Purtroppo l'Antonacci mi ha molto deluso nella Stuarda... E sì che doveva fronteggiare la Devia, per di più clamorosamente fuori parte.


La parte di Elisabetta (Donizetti) è molto più acuta e sopranile di quel che si pensa. Oddio... anche Elisabetta (Rossini) a dire il vero! :)
Però tre anni fa ho sentito la Medea della Antonacci dal vivo a Toulouse (e anche quella parte come acuti non scherza): ogni si naturale era uno strazio dell'anima, ma lei è stata talmente sublime che una Medea così non la sentirò mai più.


Beh, non starai mica dicendo che non ti piace la Sills come Pamira? :shock: :(
Io la trovo fantasmagorica...una delle più emozionanti testimonianze rossiniane in assoluto!


Uffa... tu e la tua Sills! :)
Allora, ok: spettacolare, spettacolarissima (anche se alle volte mi aspetto che esca uscita da Majorette e balli il can can)
Interprete di carisma ed evidenza comunicativa fuori dal comune; un travolgente talento (anche se alle volte mi sembra che stia interpretando un fotoromanzo o un commedia di holliwood anni '40).
Insomma, se proprio devo individuare un limite - a mio umile gusto - è l'estremizzazione dell'esteriorità emotiva, la semplificazione di sentimenti (buoni o cattivi) che a mio parere mal si concilia con l'estetica ambigua e geometrica del neoclassicismo.
Però hai ragione: ci sono personaggi Colbran in cui sarebbe stato un lusso poterla sentire.
Forse proprio Ermione, magari - se fossero stati gli anni - in una rilettura Holliwoodiana! :) una Jennifer Jones isterica e incavolatissima! :D

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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda Riccardo » mer 03 set 2008, 15:00

MatMarazzi ha scritto:Una regia semplicemente schifosa, infarcita di ovvietà e dilettantismo. Come tutte quelle che ho visto di Daniele Abbado.
Sono rimasto trasecolato a leggere gli elogi di Maugham ed altri super-esperti di regia per l'Ermione pesarese.
Evidentemente l'opera lo ha stimolato a riflessioni e impegno più profondi.

Un momento... Secondo me la valutazione positiva vale soprattutto in relazione allo standard medio delle regie di Abbado, che esattamente quello che hai splendidamente tratteggiato tu qui sopra.
Tra uno spettacolo funzionale, con anche qualche idea carina, come questa Ermione e una regia profonda e rivoluzionaria passa comunque un abisso!

Posso confidartelo? Di tutto il Rossini Napoletano, Elisabetta è l'opera che mi fa più impazzire.

Puoi dirlo forte! La adoro anch'io. Non so se è la mia preferita perché non mi so mai decidere, ma è un capolavoro incredibile.

Però tre anni fa ho sentito la Medea della Antonacci dal vivo a Toulouse (e anche quella parte come acuti non scherza): ogni si naturale era uno strazio dell'anima, ma lei è stata talmente sublime che una Medea così non la sentirò mai più.

Ne parleremo dopo l'inaugurazione torinese :wink:

Allora, ok: spettacolare, spettacolarissima (anche se alle volte mi aspetto che esca uscita da Majorette e balli il can can)
Interprete di carisma ed evidenza comunicativa fuori dal comune; un travolgente talento (anche se alle volte mi sembra che stia interpretando un fotoromanzo o un commedia di holliwood anni '40).

Dai che tanto non ci riesci nemmeno un po', a far finta che la Sills ti piaccia :D
Sta di fatto che hai come sempre trovato le parole giuste... E' proprio la sua evidenza comunicativa che io trovo straordinaria e pari a quella di quasi nessun altro.
Sono d'accordo che un temperamento vulcanico e barocco come il suo non si accorda bene con l'estetica neoclassica. Ma tu vedi i ruoli Colbran in una luce così "pasteggiante"? :D
Pensa che io, nonostante le tue interessantissime spiagazioni, continuo a sentire poco etereo e sublimato anche il personaggio di Norma... Ma qui dovremmo riaprire il vecchio thread in cui già discutevamo di Sills e Sutherland.

la semplificazione di sentimenti (buoni o cattivi) che a mio parere mal si concilia con l'estetica ambigua e geometrica del neoclassicismo.

Ero d'accordo con l'evidenza, non con la semplificazione... anche se devo ammettere che alcune registrazioni dal vivo della Sills peccano di gusto veramente hollywodiano, decisamente sopra le righe.
Ma quando si trovava in sala d'incisione o in generale in circostanze favorevoli con chi sapeva convogliarne le capacità nella giusta direzione, davvero si compiva il miracolo!

Ma ti immagini che cosa sarebbe potuta essere la gran scena di Ermione in gola sua? Un trionfo di sofferenza, disperazione ed indemoniata esaltazione...proprio un pot-pourri di tutto quello che le riusciva meglio!


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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda Maugham » mer 03 set 2008, 16:57

MatMarazzi ha scritto:
Sono rimasto trasecolato a leggere gli elogi di Maugham ed altri super-esperti di regia per l'Ermione pesarese.


Gli elogi si riferivano esclusivamente al fatto che.. era una regia. :)
Discutibile. Banalotta. A volte schematica.
Mica la rivoluzione!
Ma almeno, come ho scritto, non era il solito Rossini-serio opera concerto mascherata da regia solo perchè dentro una scenografia.
L'Ermione di Pizzi, quella sì, era irritante.
Il suo Maometto II veneziano amcora peggio.
La Donna del lago di Herzog era orribile!
In questa Ermione c'erano idee, alcune mi sono piaciute, altre meno. Ma c'erano.
Senza dubbio posso assicurarti che non era male.
Anche un neofita avrebbe capito qual'era l'argomento del contendere.
Nel Maometto II no.
Se hai voglia ti vedrai il dvd.

Ciao
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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda MatMarazzi » gio 04 set 2008, 23:09

Riccardo ha scritto:Ma tu vedi i ruoli Colbran in una luce così "pasteggiante"? :D
Pensa che io, nonostante le tue interessantissime spiagazioni, continuo a sentire poco etereo e sublimato anche il personaggio di Norma... Ma qui dovremmo riaprire il vecchio thread in cui già discutevamo di Sills e Sutherland.


Tu affronti sempre questioni così complesse...
Mi viene in mente il dibattito sui ruoli Rubini e i ruoli David! :)
Provo a spiegare il mio pensiero, anche se non è facile. Poi tu mi dirai il tuo.

Io non credo che i ruoli Colbran siano "pasteggianti".
Se ti ho fatto credere questo evidentemente non mi sono spiegato bene.

Il Rossini napoletano (e di conseguenza i ruoli Colbran) appoggia i suoi basamenti su una cultura ancora illuminista. Vi è il rigore di una drammaturgia strutturata con solidità architettonica ma non priva di esuberanza nella cornice post-barocca.
Dell'illuminismo, oltre al culto della forma, trovi anche il distacco morale, cinico, disinibito e, al posto di buoni sentimenti (ridotti a moncherini), si insinuano la pazzia e la spregiudicatezza.

Tutto il contrario di Romani, di Bellini e della Pasta.
Lì siamo già nel romanticismo; la metafisica, cacciata dalla porta, è rientrata dalla finestra.
Le strutture si aprono, si dilatano e gli sguardi puntano lontano, ben oltre le contraddizioni grottesche e ironiche dell'umanità (che tanto piacevano a Rossini); oltre persino la materia: ora si guarda verso l'assoluto, verso il noumeno.
Siamo ancora lontani, è vero, dal Romanticismo malato e rabbioso di Donizetti, Cammarano e la Ronzi.
Quello di Romani-Bellini-Pasta-Rubini è un romanticismo ancora "classicheggiante", dalle atmosfere notturne e vibratili, in cui la Natura (assente in Rossini) partecipa col suo respiro di boschi e antiche rovine, e in cui un superiore disegno Morale (assente in Rossini) palpita insieme alla storia e ai personaggi.
E' un romanticismo che aspira all'altezza, e spinge le voci verso i misteriorsi confini del "sub-lime".
(Donizetti, Cammarano e la Ronzi, al contrario, puntavano al basso, a inabissarsi fra gli orrori inconfessabili dell'anima).

Date queste premesse, non potrei mai considerare "pasteggianti" i ruoli Colbran.
Ora tocca a te! Come vedi i ruoli Colbran, in rapporto ai ruoli Pasta?

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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda Riccardo » ven 05 set 2008, 0:34

MatMarazzi ha scritto:Il Rossini napoletano (e di conseguenza i ruoli Colbran) appoggia i suoi basamenti su una cultura ancora illuminista. Vi è il rigore di una drammaturgia strutturata con solidità architettonica ma non priva di esuberanza nella cornice post-barocca.
Dell'illuminismo, oltre al culto della forma, trovi anche il distacco morale, cinico, disinibito e, al posto di buoni sentimenti (ridotti a moncherini), si insinuano la pazzia e la spregiudicatezza.[...]
Quello di Romani-Bellini-Pasta-Rubini è un romanticismo ancora "classicheggiante", dalle atmosfere notturne e vibratili, in cui la Natura (assente in Rossini) partecipa col suo respiro di boschi e antiche rovine, e in cui un superiore disegno Morale (assente in Rossini) palpita insieme alla storia e ai personaggi.

Pensi che tutto questo valga anche per la Donna del lago?

Date queste premesse, non potrei mai considerare "pasteggianti" i ruoli Colbran.

Ho usato il termine "pasteggianti" in antitesi alla lettura barocca e caricata che avrebbe potuto dare la Sills dei ruoli Colbran e per la quale tu hai storto il naso in quanto inadeguata all'estetica neoclassica. Ora mi è chiaro il tuo pensiero :wink:

Io però, ti confesso, non riesco bene a mettere a fuoco i ruoli Colbran secondo una prospettiva univoca. Mi sembrano così diversi, a volte antitetici. Che cos'hanno in comune Ermione ed Elena? Elisabetta e Desdemona?

La Donna del lago fa proprio caso a sé (e il fatto che non sia l'ultima opera napoletana mi fa sempre arrabbiare). Anche la parte di Giacomo, creata da David, ha peculiarità molto diverse dalle altre parti scritte per lui - e su questo avrei delle riflessioni da sottoporti, ma è da farsi in altro thread -.

Ho l'impressione che questa doppiezza dei ruoli Colbran sia esplicitazione dell'ambiguità stessa dell'estetica neoclassica, che coniuga sensibilità diverse in equilibrio tra di loro.
Elena e Desdemona come progenitrici dei ruoli Pasta; Ermione ed Elisabetta dei Ronzi. Tra di loro sta Semiramide, in perfetto - e neoclassico - equilibrio.
Non è infatti Semiramide, anche se non napoletano, il ruolo Colbran per antonomasia?

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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda MatMarazzi » ven 05 set 2008, 16:32

Riccardo ha scritto:Pensi che tutto questo valga anche per la Donna del lago?


La donna del Lago è un'opera estremamente particolare e suggestiva, hai perfettamente ragione: è possibile percepirvi sfumature e premonizioni dello spirito pre-romantico.
E tuttavia, sul fronte che mi interessa - ossia quello della definizione etico-psicologica, il personaggio di Elena non mi pare così diverso dagli altri.
Nel precedente post ho usato un immagine "direzionale".
Ho detto che la Pasta punta all'alto, mentre la Ronzi al basso.
L'una e l'altra incarnano la dimensione morale del Romanticismo: è questa dimensione a imporre loro una "direzione".
I Colbran, per restare nella metafora, tengono una direzione orizzontale.
Il bene e il male, in un'ottica materialistica, non esistono in assoluto. I personaggi sono architettonici e psicologici, non orientati a superiori concetti di Bene o Male.

Io però, ti confesso, non riesco bene a mettere a fuoco i ruoli Colbran secondo una prospettiva univoca. Mi sembrano così diversi, a volte antitetici. Che cos'hanno in comune Ermione ed Elena? Elisabetta e Desdemona?

Be' è verissimo. Ma allora trovi che Amina sia uguale a Norma?
Il fatto che i personaggi siano diversi (psicologie diverse applicate a situazioni diverse) non toglie che vi possano essere affinità nel pensiero drammaturgico che li ha prodotti.
Io volevo solo sottolineare la natura ancora razionalistica la della drammaturgia napoletana, che riflette una realtà semplicemente fenomenica, non mediata da intenti edificanti.

La Donna del lago fa proprio caso a sé (e il fatto che non sia l'ultima opera napoletana mi fa sempre arrabbiare). Anche la parte di Giacomo, creata da David, ha peculiarità molto diverse dalle altre parti scritte per lui - e su questo avrei delle riflessioni da sottoporti, ma è da farsi in altro thread -.


Be' che problema c'è? :) Possiamo riaprire il thread dei ruoli David! :)
Mi farebbe moltissimo piacere sentire le tue opinioni in merito.

Ho l'impressione che questa doppiezza dei ruoli Colbran sia esplicitazione dell'ambiguità stessa dell'estetica neoclassica, che coniuga sensibilità diverse in equilibrio tra di loro.
Elena e Desdemona come progenitrici dei ruoli Pasta; Ermione ed Elisabetta dei Ronzi. Tra di loro sta Semiramide, in perfetto - e neoclassico - equilibrio.
Non è infatti Semiramide, anche se non napoletano, il ruolo Colbran per antonomasia?


Posso chiedertelo?
Non è che la tua ripartizione sia tale solo in funzione della "vicenda"? I personaggi fanno così e così... quindi...
Ermione ed Elisabetta sono agitate e fiere e quindi Ronzi; Elena e Desdemona più meditative e languide quindi Pasta....
Ma io parlavo di drammaturgia, non di vicenda, non di situazioni narrative e psicologiche.

Dimmi Ric.
Tu, ascoltando Elisabetta, che pure è personaggio tragico e dispotico, avverti - come in certo Donizetti - la presenza di qualcosa di putrido e innominabile, nascosto nell'angolo buio di una prigione o intento a far capolino dal trono? Lo avverti l'alito della colpa, della paura, della pazzia che scava nella testa...? Io no.
Nel Rossini napoletano ho sempre la sensazione che si parta dal personaggio per arrivare alle sue reazioni; è una logica "psicologista" (scusa l'anacronismo).
con Cammarano e Donizetti, invece, ho la sensazione che si parta dal "Male" per arrivare al personaggio.
La Callas diceva che Lucia era pazza da prima ancora di apparire in scena...
è vero: i fantasmi li vede già! Sono dentro di lei.
Diresti la stessa cosa di Elisabetta o Ermione?

Insomma, a costo di ripetermi, trovo che ci sia il sole del razionalismo in Rossini, anche quando dipinge i furori e le disperazioni; mentre c'è la notte romantica in Bellini e Donizetti (lunare nel primo caso, tempestosa nel secondo).

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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda Riccardo » ven 05 set 2008, 17:03

MatMarazzi ha scritto:imporre loro una "direzione".
I Colbran, per restare nella metafora, tengono una direzione orizzontale.
Il bene e il male, in un'ottica materialistica, non esistono in assoluto. I personaggi sono architettonici e psicologici, non orientati a superiori concetti di Bene o Male.

Trovi che nella Donna del lago non si avverta il concetto di Bene? Nemmeno nella rinuncia di Giacomo? (Qui si aggancerebbe il discorso sul ruolo David).

Be' è verissimo. Ma allora trovi che Amina sia uguale a Norma?

No, per nulla infatti! Anzi, mi pare proprio che non c'entrino nulla l'una con l'altra!

Tu, ascoltando Elisabetta, che pure è personaggio tragico e dispotico, avverti - come in certo Donizetti - la presenza di qualcosa di putrido e innominabile, nascosto nell'angolo buio di una prigione o intento a far capolino dal trono? Lo avverti l'alito della colpa, della paura, della pazzia che scava nella testa...? Io no.
Nel Rossini napoletano ho sempre la sensazione che si parta dal personaggio per arrivare alle sue reazioni; è una logica "psicologista" (scusa l'anacronismo).
con Cammarano e Donizetti, invece, ho la sensazione che si parta dal "Male" per arrivare al personaggio.
La Callas diceva che Lucia era pazza da prima ancora di apparire in scena...
è vero: i fantasmi li vede già! Sono dentro di lei.
Diresti la stessa cosa di Elisabetta o Ermione?

No, certo. Ma infatti io ho detto progenitrici...non che fossero la stessa cosa.
La scena di Norfolc di Elisabetta non trovi che dipinga atmosfere musicali che già profumano di romanticismo? Io un po' di putrido da prigione già lo sento...certo non ai livelli di certo Donizetti.
Idem sento negli afflati di O fiamma soave qualcosa dal sapore decisamente belliniano...

Insomma, a costo di ripetermi, trovo che ci sia il sole del razionalismo in Rossini, anche quando dipinge i furori e le disperazioni; mentre c'è la notte romantica in Bellini e Donizetti (lunare nel primo caso, tempestosa nel secondo).

Più che il razionalismo settecentesco (che a me fa pensare piuttosto a certo Mozart), trovo più evidente in Rossini veramente l'ambivalenza e o i chiaroscuri del trapasso neoclassico.

Ad esempio, i ruoli David ti sembrano una manifestazione del razionalismo solare rossiniano?

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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda beckmesser » ven 05 set 2008, 18:27

Questo discorso mi sembra estremamente interessante. Credo di aver già fatto capire in altre discussioni che sono abbastanza restio ad enfatizzare il ruolo dei primi interpreti nella definizione dei personaggi (non della loro scrittura vocale, ovviamente), ma mentre in altri casi mi sembra che una simile indagine (per quanto non esaustiva) sia comunque utile e porti a risultati notevoli, con la Colbran proprio non ci riesco. Voglio dire: proprio non riesco a vedere quale sia il filo conduttore, la liaison, la “tinta” (direbbe Verdi) che lega i suoi personaggi.

L’esempio di Norma e Amina mi sembra significativo: per quanto diversi, io una tinta comune ce la sento. E la prova, per quanto empirica, che qualcosa ci sia può essere il fatto che diverse interpreti sono riuscite ad essere ugualmente grandi (o, in certi casi, ugualmente anonime…) in entrambi i ruoli, rendendoli magari in modi opposti. Con i ruoli Colbran, non mi sembra. Del resto, il teatro di Rossini non è teatro di psicologie, ma di situazioni, in cui, data appunto una situazione, il compositore la osserva e la ricopre di una struttura musicale che riesce ad esprimerne il contenuto, con un alto grado di indifferenza (e qui sta il punto) alla parola.

Voglio dire: se prendiamo gli altri esempi tipici di “team” operistici ottocenteschi, mi sembra che in tutti gli altri casi la funzione del librettista sia fondamentale. Abbiamo Donizetti-Cammarano-Ronzi e Bellini-Romani-Pasta, e mi riesce impossibile immaginare una musica di Bellini scritta per la Pasta su parole di Cammarano, e anche la prospettiva del compositore a fronte di situazioni non dissimili cambiava completamente a fronte di “parole” diverse. Voglio dire: stando alle situazioni, anche Anna Bolena avrebbe potuto causare quell’odore di umida prigione e di follia latente con cui Matteo ha efficacemente riassunto le opere di Cammarano (e sì, ok, Ronzi…), ma i versi di Romani non lo consentivano. In Donizetti, le forme musicali sono sempre abbastanza simili e mai particolarmente originali, mentre il modo di usare le parole dei suoi librettisti non lo è mai.
Semplificando: in Donizetti le situazioni possono essere simili e interscambiabili, dato che è il connubio di parola e musica che crea la specificità di un’opera. In Rossini è l’opposto: le parole sono interscambiabili (come i librettisti che le producono) mentre a situazione diversa corrisponde forma musicale diversa, e il connubio situazione-forma produce la specificità di un’opera rispetto ad un’altra. In questo sistema, anche il ruolo dei primi interpreti mi sembra meno essenziale e di conseguenza la “Colbran” si frantuma in caratteri (non direi psicologie) completamente eterogenei, cosa che non mi sembra si verifichi con la Ronzi o la Pasta.

Rileggendo il tutto, non mi sembra di essere stato chiarissimo… Magari proverò a tornarci sopra…

Saluti.
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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda MatMarazzi » sab 06 set 2008, 0:06

Riccardo ha scritto:Trovi che nella Donna del lago non si avverta il concetto di Bene? Nemmeno nella rinuncia di Giacomo? (Qui si aggancerebbe il discorso sul ruolo David).


Caro Ric,
in attesa delle tue considerazioni su David (che mi incuriosiscono molto), ti dirò che ...no! :)
In teoria nemmeno sulla rinuncia di Giacomo!
E' quasi la stessa di Elisabetta!
Il re decide di consacrarsi alla missione della regalità (Rossini era pur sempre un codino!) perchè questo è il suo compito.
E' una rinuncia su cui, scusa se insisto, splende comuque il sole.

Be' è verissimo. Ma allora trovi che Amina sia uguale a Norma?

No, per nulla infatti! Anzi, mi pare proprio che non c'entrino nulla l'una con l'altra!


Gasp! :shock:
Questa proprio non me l'aspettavo!
Il fatto che siano state scritte dallo stesso Romani, su musica della stesso Bellini, per la stessa Pasta dovrebbe da solo persuaderci che in qualcosa... devono pur "entraci" l'una con l'altra. :D

Sono sempre più convinto del perchè su questo frangente pare che ci intendiamo poco! :)
Secondo me tu, per valutare le affinità fra ruoli, ti fondi (e per certi versi giustamente) sulla "vicenda", sulle situazioni, sulla stessa natura "psicologica". Io invece, almeno in questa sede, cercavo di parlare di altre cose, come la mente creatrice che si estende su varie opere; o l'epoca, il contesto, la situazione generale...

Dal tuo punto di vista, per forza Amina e Norma non c'entrano nulla l'una con l'altra.
Amina è una ragazzina di paese; Norma è una grandiosa sacerdotessa gallica.
Ma io ti rispondo che è simile la costruzione drammatica, è simile la visone etica, è simile il linguaggio, la poetica, la vocalità. Sono simile le articolazioni drammatiche, sono simili i loro tempi, sono simili le meditazioni melodiche, sono simili le reazioni di fronte alla notte.
Il mondo di Norma è il mondo di Amina.
Poi saranno pure diverse fra loro, ma vivono nello stesso mondo; mondo da cui invece è esclusa, che so io?, la Dafne di Strauss o la Poppea di Monteverdi.


Non so se sono riuscito a spiegarmi, forse no.
Per me Elcia, Armida, Elena, Elisabetta, Zelmira, ecc... sono tutte sorelle.
Diverse tra loro quanto a storie e personalità, ma geneticamente simili.
Simili come visione del mondo e come espressione teatral-musicale.

La scena di Norfolc di Elisabetta non trovi che dipinga atmosfere musicali che già profumano di romanticismo? Io un po' di putrido da prigione già lo sento...certo non ai livelli di certo Donizetti.

Io vedo un politico corrotto, cattivo e doppio fino al midollo.
Non vedo nè ambiguità nè contorcimento.
Diverso, è vero, il respiro vastissimo di "o fiamma soave".
Sono sempre più curioso di leggere cosa stai macinando in merito! :)

Un salutone
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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda Riccardo » sab 06 set 2008, 1:25

MatMarazzi ha scritto:Dal tuo punto di vista, per forza Amina e Norma non c'entrano nulla l'una con l'altra.
Amina è una ragazzina di paese; Norma è una grandiosa sacerdotessa gallica.

E' esattamente questo che intendo...forse banalmente...
Ma io ti rispondo che è simile la costruzione drammatica, è simile la visone etica, è simile il linguaggio, la poetica, la vocalità. Sono simile le articolazioni drammatiche, sono simili i loro tempi, sono simili le meditazioni melodiche, sono simili le reazioni di fronte alla notte.
Il mondo di Norma è il mondo di Amina.
Poi saranno pure diverse fra loro, ma vivono nello stesso mondo; mondo da cui invece è esclusa, che so io?, la Dafne di Strauss o la Poppea di Monteverdi.

Ma siamo sicuri che questo non dipenda più dal denominatore comune Bellini che non da quello Pasta? Per te Anna Bolena è sorella di Norma e Amina?

C'è una cosa di cui credo che anche tu sia convinto, ossia che le opere una volta nate poi attraversano i secoli con le proprie gambe. E allora, per la sensibilità odierna, non ti sembra che Amina abbia poco a che spartire con Norma? Capisco il tuo ragionamento, ma mi sembra artificioso perché attuato a posteriori...

E' tanto bello dividere i ruoli in Pasta, Ronzi, Colbran. Però poi secondo me la storia interpretativa di oggi tradisce un po' queste classificazioni del passato.
Sulla solita Sills tu non concorderai, ma io la trovo tanto pertinente nei Pasta come nei Ronzi, in quanto abilissima nel passare dalle vette agli abissi dell'espressione musicale.
La Sutherland che tu reputi reincarnazione della Pasta io la vedo ipotetica Colbran, perché mi piace abbastanza in Semiramide, non mi entusiasma in Norma né tantomeno Bolena, ma non la immaginerei mai come Ermione...

Insomma, i conti non mi tornano come dovrebbero :( L'unica ipotesi, se la verità è la tua, è che io non capisca a fondo queste opere...

Salutoni,
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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda MatMarazzi » sab 06 set 2008, 12:06

Riccardo ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:Dal tuo punto di vista, per forza Amina e Norma non c'entrano nulla l'una con l'altra.
Amina è una ragazzina di paese; Norma è una grandiosa sacerdotessa gallica.

E' esattamente questo che intendo...forse banalmente...


Caro Ric,
or tutto è chiaro.
Io è te, nella definizione dei personaggi operistici, parliamo lingue diverse! :)
E questo spiega perché è così difficile intendersi! :)
Non è affatto questione di "banalità" (sai bene di non essere mai banale), ma se tu parli francese e io ti rispondo in inglese abbiamo poco da (come si suol dire) sfogliar verze: non ci intenderemo!

La definizione di un ruolo è cosa molto importante.
Essa consiste nel determinare affinità e differenze con gli altri ruoli.
Sulla base delle "affinità e differenze", infatti, si costruiscono i repertori dei cantanti.
Tu sei un soprano di tipo A e canterai i ruoli di tipo A (una volta stabiliti quali sono i ruoli di tipo A).
Sei un soprano di tipo B e canterai i ruoli di tipo B.

Tu ammetti di considerare un ruolo sulla base delle caratteristiche psicologiche del ruolo (psicologiche, comportamentali, narrative... insomma sul personaggio).
Per questo affermi che Amina e Norma (per tua stessa ammissione) non hanno nulla a che spartire.
In pratica...
Sei una ragazza semplice e paesana? sei un "tipo a".
Sei una sacerdotessa druidica? allora sei un "tipo b"

Ora, anche se tu dirai che non è vero :), questo è il ragionamento che ha dominato per molti anni, specialmente negli anni interbellici.
Norma è grande, anche Turandot è grande, anche Bruennhilde è grande.
Quindi soprani di tipo A.
Sonnambula è piccola e tenera ('), anche Gilda lo è, anche Mimi, anche Susanna.
Tutti soprani di tipo B.

Certo, dirai tu, ma io parlavo solo di ruoli proto-romantici... lo so che Turandot e Norma sono diversi... ecc...
Ok, ma usando questo criterio, Ric, è là che si arriva!
E' per questo che - se parliamo di DEFINIZIONE dei ruoli - l'aspetto psicologico e narrativo secondo me vanno lasciati perdere.
Bisogna puntare solo sul linguaggio tecnico-formale (teatral musicale) per scogliere tra le note, sopra e sotto le note, le caratteristiche che ci permettono di unificare diversi personaggi in un'unica famiglia.
Questo ovviamente per me.


Per te Anna Bolena è sorella di Norma e Amina?


Assolutamente sì.

E allora, per la sensibilità odierna, non ti sembra che Amina abbia poco a che spartire con Norma?

Assolutamente no! :)
Il novecento non ha capito nulla di Amina, nè di Norma... ma proprio nulla, finché non è saltata fuori una certa cantante che le ha cantate entrambe.
Solo allora tutto è stato chiaro!

E' tanto bello dividere i ruoli in Pasta, Ronzi, Colbran. Però poi secondo me la storia interpretativa di oggi tradisce un po' queste classificazioni del passato.
[/quote][/quote]

E invece noi abbiamo un disperato bisogno di queste classificazioni proprio per capire i personaggi.
L'esempio che ti faccio è sempre lo stesso.
Tu sei un compositore, io sono un librettista.
Un teatro ci scrittura per un'opera nuova: il Macbeth tratto da Shakespeare.
Bene: la condizione è che lady Macbeth sia la diva del posto, ossia Sumi Jo.
Io e te non abbiamo altro scopo che di ottenere successo, quindi non potremo scrivere quel che ci pare.
Dovremo scrivere in modo e maniera che Sumi Jo ottenga un grandissimo successo.
E quindi tutti i nostri sforzi saranno orientati a far sì che l'atrocità di lady Macbeth possa esprimersi perfettamente attraverso la vocalità piccolina e brillante della Jo e attraverso la sua personalità da "giocattolino".
E' semplicemente normale.
Ovviamente se fra trent'anni qualcuno dovesse riallestire il nostro Macbeth e (fondandosi sul fatto che Lady Macbeth è grande e cattiva) interpellasse un sopranone drammatico e carismatico, l'opposto di Sumi Jo, semplicemente distruggerebbe la nostra opera.

Naturalmente l'esempio sarebbe ancora più significativo se Sumi Jo, invece di essere semplicemente imposta a noi dal teatro, fosse anche una nostra carissima amica, una donna che amiamo e che conosciamo in ogni intimo dettaglio (come era il caso della Colbran e della Pasta per Rossini e Bellini).
Il discorso diventa ancora più affascinante e complesso, perché (fra le note, sopra e sotto le note) vi saranno ben altre "specificità" che gli autori ricavano su di lei.
Sono queste le specificità che ricorrono di personaggio in personaggio e legano fra loro i ruoli pasta, i ruoli rubini, i ruoli colbran, i ruoli Maurel di Verdi, i ruoli Sanderson di Massenet o - per venire a tempi più recenti - i ruoli pears di Benjamin Britten.
Anche lì, tra i ruoli Pears, ci trovi il marinaio emarginato, l'aristocratico capitano della flotta britannica, il ragazzino di paese timido e schiacciato, lo spudorato favorito della regina, l'astratto "coro" da tragedia, l'intellettuale decadente ecc..
Britten avrebbe potuto fargli fare anche l'orso Yogi nel parko di Yellonstone, non importa.
Le affinità dei ruoli Pears sarebbero emerse anche lì, come in tutti gli altri personaggi che ha creato su misura per lui.

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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda Riccardo » sab 06 set 2008, 13:14

E' tanto bello dividere i ruoli in Pasta, Ronzi, Colbran. Però poi secondo me la storia interpretativa di oggi tradisce un po' queste classificazioni del passato.

E invece noi abbiamo un disperato bisogno di queste classificazioni proprio per capire i personaggi.
L'esempio che ti faccio è sempre lo stesso.
Tu sei un compositore, io sono un librettista.[...]

Ma Matteo, a volte fatico con te a esprimere concetti mediani, evidentemente sono troppo brusco e sintetico. Il fatto che io avanzi dei dubbi sulla perfetta funzionalità della classificazione per creatori dei ruoli, non significa per nulla che discuta alla base questo tipo di approccio... Tantomeno questo sarebbe possibile dopo che in altro thread ti ho appena ribadito l'interesse che mi suscita capire per chi è stato pensato un determinato personaggio e le associazioni che ne derivano.

MatMarazzi ha scritto:
Per te Anna Bolena è sorella di Norma e Amina?

Assolutamente sì.

Ma perché sai che le ha create entrambe la Pasta o perché trovi che ci siano davvero dei fili che le collegano? Ma devono essere fili che vanno oltre i caratteri generali del Romanticismo...Non c'è bisogno di sapere che sono ruoli Pasta per capire il contesto culturale in cui sono nate; basta sapere un po' di storia e sentire com'è diversa la musica di Bellini rispetto a quella di Rossini o Strauss.
Poi però all'interno del mondo belliniano ti accorgi che per Amina e per Norma lui utilizza formule espressive diverse...un po' come fa Rossini per Giacomo V ed Oreste. E qui come la mettiamo?

La Sills, per prendere un nome a caso, ha cantato molto Norma e Anna Bolena. Ma ha saggiamente evitato per tutta la carriera di cantare Sonnambula...

Antonino Siragusa è stato un valido Oreste quest’estate a Pesaro. Mentre Giacomo V non è per nulla un ruolo adatto a lui.

Non credi dunque che con l’avvicendarsi delle epoche storiche vengano a crearsi nuove categorizzazioni da sovrapporre e far interagire con quelle originarie dei creatori?

Oggi non nascono personalità parallele a quelle della Pasta di David o della Sucher. Nascono nuove personalità che possono avere un po’ dell’una e un po’ dell’altra rispetto a quelle storiche.
Per cui non è detto che la Sutherland, grande Norma, avrebbe fatto altrettanto bene Bolena (in giovane età) solo perché a priori è giusto così in quanto le due parti sono consorelle. Ci sono altre variabili da valutare...

Pensi che la Callas sarebbe stata la Corinna del secolo?
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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda Pruun » sab 06 set 2008, 18:02

Però, caro Mat, io non sono completamente d'accordo sulla solarità di Rossini.

Non credi che una personalità complicata e, perché no?, complessata come la sua si senta ogni tanto, anche nei ruoli Colbran?
Penso ai famosi accenti nascosti...
Non so se sei d'accordo ma, tanto per prendere una sola opera "in esame", si fa per dire, (la tua amata Elisabetta :wink: ), non ti pare denso di inquietudine il 'Bell'alme generose', con quella coloratura così liquida, eterea, quasi un cupio dissolvi e la cabaletta, fulminea, velocissima, 'Fuggi amor', come se Elisabetta cercasse di convincere se stessa di essere in grado di rinunciare a un amore così bruciante?

Io, personalmente, troverei molto più stimolante la ricerca di questi sottesi, non scritti, a volte tragici, che mi presentano il Rossini serio in una luce molto meno "rassicurante" (passami il termine) di come ne parli tu.
Tu che ne pensi?
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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda MatMarazzi » lun 08 set 2008, 14:04

Carissimi,
con qualche giorno di ritardo tenterò una risposta cumulativa a Ric e Pruun.
Inizio da quest'ultimo.

Vedi, Pruun,
io fin dall'inizio di questo thread avevo espresso la sensazione di non spiegarmi bene: era come se le parole non prendessero mai la forma del mio pensiero.
Il termine "solare" è quello che evidentemente si presta ai maggiori fraintendimenti, ne sono consapevole.
Solitamente infatti si usa per indicare qualcosa di positivo, di sorridente, di pulito, di chiaro e semplice.
Io invece avevo usato questo termine solo per contrasto col termine "notturno" e in una chiave più ampia.
Il "solare" del razionalismo permette la visione delle cose e dei loro confini.
Quindi la consapevolezza, tipica dell'illuminismo, che il mondo si circoscrive a quel che vedi.
Senza andare oltre alle cose visibili, senza bisogno di spingerti alle profonde ragioni morali, il Bene e il Male, ecc...
Al contrario della notte (romantica), in cui le cose che vedi hanno meno importanza, anzi... ne apprezzi proprio le oscurità e i buchi d'ombra, perchè quello che cerchi è oltre: oltre alla vita, oltra alla materia, ecc...

Questo ovviamente non vuol dire che la drammaturgia "solare" di Rossini non preveda personaggi cattivi, reazioni contraddittorie... e che tutto sia una favoletta semplice.
Anzi: è proprio il contrario.

Pruun ha scritto:Però, caro Mat, io non sono completamente d'accordo sulla solarità di Rossini.
Non credi che una personalità complicata e, perché no?, complessata come la sua si senta ogni tanto, anche nei ruoli Colbran?


Vedi, questo è esattamente quello che penso io.
Lui i personaggi li guarda con razionalistico distacco: non li vede in relazione al Bene o al Male; li vede nella loro complessità e contraddizione tipicamente umana e materiale.
Più un drammaturgo (sia pure musicale) osserva i personaggi fuori dalle sovrastrutture morali o ultra-umane, più li potrà analizzare nella loro vera e contraddittoria psicologia.
Tu scrivi:

non ti pare denso di inquietudine il 'Bell'alme generose', con quella coloratura così liquida, eterea, quasi un cupio dissolvi e la cabaletta, fulminea, velocissima, 'Fuggi amor', come se Elisabetta cercasse di convincere se stessa di essere in grado di rinunciare a un amore così bruciante?


Certo che sì. Ottimo esempio della libertà psicologica di Rossini, della sua capacità di analizzare le tipiche contraddizioni dell'anima senza applicarvi sovrastrutture metaficisiche, etiche e romantiche.
Prova a vedere quanto avevo scritto nei precedenti post, e vedrai che avevo tentato di dire proprio quello che tu dici

Dell'illuminismo, oltre al culto della forma, trovi anche il distacco morale, cinico, disinibito e, al posto di buoni sentimenti (ridotti a moncherini), si insinuano la pazzia e la spregiudicatezza.

Altrove dicevo:
I Colbran, per restare nella metafora, tengono una direzione orizzontale.
Il bene e il male, in un'ottica materialistica, non esistono in assoluto. I personaggi sono architettonici e psicologici, non orientati a superiori concetti di Bene o Male.


Ma soprattutto ho scritto:
Nel Rossini napoletano ho sempre la sensazione che si parta dal personaggio per arrivare alle sue reazioni; è una logica "psicologista" (scusa l'anacronismo).

Come vedi il tuo esempio di Elisabetta si adatta perfettamente a tutto quello che avevo sritto io.
I personaggi sono analizzati e presentati solo in qualità di "psicologie" che possono anche contorcersi e contraddirsi (la pazzia e la spregiudicatezza) perché così è l'uomo, visto con spirito razionalista e materialista.

Io, personalmente, troverei molto più stimolante la ricerca di questi sottesi, non scritti, a volte tragici, che mi presentano il Rossini serio in una luce molto meno "rassicurante" (passami il termine) di come ne parli tu.


Vedi che non hai capito quel che non sono stato in grado di spiegare?
Ti pare "rassicurante" una fredda visione del mondo senza finalismi? Senza bene e senza male?
Ne parlavamo a proposito del Don Giovanni: rassicurante era per i Romantici tagliare il sestetto finale!
Il cattivo va all'inferno: questo è rassicurante.
Norma arde sul rogo la sua colpa; sublima sul rogo il suo amore.
Questo è rassicurante.
Se amo il materialismo rossiniano è proprio perché rassicurante non è mai (tranne, un po', quello francese).

Veniamo a Ric


Riccardo ha scritto:Ma Matteo, a volte fatico con te a esprimere concetti mediani, evidentemente sono troppo brusco e sintetico. Il fatto che io avanzi dei dubbi sulla perfetta funzionalità della classificazione per creatori dei ruoli, non significa per nulla che discuta alla base questo tipo di approccio... Tantomeno questo sarebbe possibile dopo che in altro thread ti ho appena ribadito l'interesse che mi suscita capire per chi è stato pensato un determinato personaggio e le associazioni che ne derivano.


Il problema di questi dibattiti è proprio questo (anche per me, non solo per te).
Si sposano delle tesi e, a causa della difficoltà di sostenerle dialetticamente, si estremizzano.
Ma come dicono i miei idoli di South Park "una verità da sola non è mai la sola verità" (per inciso questa frase è anche quella che vorrò incisa sulla mia lapide!) :)

Torniamo entrambi da capo e cerchiamo di riprendere le fila del discorso.
Tutti i ruoli sono diversi fra loro.
Mimì non è Liù, Semiramide non è Alcina, Norma non è Amina, Maria Stuarda non è Fuasta.
Non mi sono mai permesso di negarlo.
anche gli animali sono tutti diversi tra loro: un gatto non è una lince, la lince non è uno scorfano.
Inoltre non c'è un gatto che sia uguale a un altro gatto (e tutti i gattari del forum, come me, non potranno che sottoscrivere).
si può continuare così all'infinito e avremmo ragione: il principio di identità è un po' un'utopia in tutte le cose.
Però il nostro metodo conoscitivo ci impone di operare sintesi e classificazioni, senza le quali non ci sarebbe conoscenza.
Siamo noi (arbitrariamente) a decidere il concetto di "gatto", fondandoci su affinità (tra i gatti) e differenze (gli altri animali).
Nel caso dei "repertori" è la stessa cosa.
Noi abbiamo bisogno di classificare i personaggi, perchè in questo modo possiamo non solo studiare i personaggi stessi (sulla base delle loro caratteristiche, delle loro affinità esplicite o nascoste), ma soprattutto orientare i cantanti su un certo tipo di ruolo.
Tutto sta nel decidere sulla base di quali elementi (quali affinità e differenze) distingueremo le nostre "specie".

Tanti anni fa (a partire dalla prima guerra mondiale e talvolta fino a oggi) la regola erano le caratteristiche narrative e psicologiche di un personaggio.
Ad ogni tipo di carattere si dava un tipo di voce.
Mimì, sei buona e tenera? Hai una voce chiara e delicata.
Lady Macbeth, sei cattiva e ambiziosa? Hai una voce grande, possente e scura (magari anche grave e mezzosopranile).
Otello, sei un guerriero e un uxoricida? Hai una voce cupa, possente, tragica.
Egardo, sei un amante romantico? Hai una voce chiara, flessibile, delicata.

I limiti di questo sistema (le cui fondamenta sono ravvisabili anche nella posizione da te espressa: Amina e Norma sono incompatibili) sono sotto gli occhi di tutti.
Mimì è stata ridotta a una sciacquetta al mascarpone.
Lady macbeth è stata per decenni sbraitata e devastata da sopranoni e wagneriane.
La vocalità aulica, cavalleresca e meyerberiana di Otello è divenuta terreno di conquista di declamatori e boxeurs destinati a sgolarsi perché fuori parte.
Edgardo - che sarebbe il ruolo più "malato" e tormentoso che Donizetti e Cammarano abbiano dedicato a un Duprez, il simbolo del "grido di disperazione" del nuovo eroe romantico - è stato affidato alle buone maniere di stilizzatissimi signori "di una volta".

io credo che sia sbagliato procedere in questo modo.
Per creare le nostre classificazioni sarebbe meglio evitare la natura psicologica di un ruolo (l'esempio che di facevo della "nostra" Lady Macbeth alla Sumi Jo) e imparare a leggere di più le note... con lo stesso stistema selettivo (affinità e differnze) che si usa per classificare le specie animali.
Anche per "sintetizzare" l'indoeuropeo (sto banalizzando) gli studiosi inventarono la "linguistica comparata".
Ossia hanno preso tutte le lingue derivate dall'indoeuropeo e ne hanno evidenziato gli elementi ricorrenti.
Quegli elementi comuni (le affinità) erano indoeuropei.
Eh certo, Ric, che c'erano anche le differenze! Ovvio! Ma sono le affinità che contano per definire una classificazione.

Lo stesso dovremmo fare noi per le nostre classificazioni.
Pure nelle loro differenze, Amina e Norma NON POSSONO CHE avere elementi comuni (il mondo del librettista, il mondo del compositore, il mondo del creatore) e sono proprio quelli che dobbiamo "stanare" per arrivare a concepire la nostra "sintesi", anzi la nostra "specie": IL RUOLO PASTA.
Poi è chiaro che ci sono anche delle differenze (il principio di identità è utopico; un gatto non è un altro gatto; Amina non è Norma), ma se vogliamo capire come si canta un ruolo Pasta (e come lo si dovrebbe proporre al pubblico) dobbiamo riflettere sulle "radici indoeuropee".
Una volta trovati i punti di contatto, l'interprete di oggi potrà darvi anche la sua personale realizzazione; ma deve essere valida ogni qual volta quei punti di contatto si ripresentano, di ruolo in ruolo.

La Sutherland, ad esempio, è stata, dopo la Callas, la maggiore "pastiana" del nostro secolo.
Però della Pasta non aveva probabilmente nè la voce, nè la personalità. Io credo nemmeno la tecnica (una Pasta così monocromatica non me la vedo).
Però la sua "risposta" ai ruoli pasta (ossia alle caratteristiche che legano i ruoli pasta) è stata convincente, tanto che le potè riproporla per Norma, Beatrice e Sonnambula.
Bolena? Se l'avesse fatta al punto giusto sarebbe stata - secondo me - grandiosa.
Mentre Stuarda....avrebbe fatto bene a evitarla(e scusate la mia eresia: anche Lucia!)
Ovviamente secondo me... e nei limiti di una (sono perfettamente d'accordo con te) semplificazione del problema.

Ric ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:
Per te Anna Bolena è sorella di Norma e Amina?

Assolutamente sì.

Ma perché sai che le ha create entrambe la Pasta o perché trovi che ci siano davvero dei fili che le collegano? Ma devono essere fili che vanno oltre i caratteri generali del Romanticismo...Non c'è bisogno di sapere che sono ruoli Pasta per capire il contesto culturale in cui sono nate; basta sapere un po' di storia e sentire com'è diversa la musica di Bellini rispetto a quella di Rossini o Strauss.


Elisabetta e Maria Stuarda, ma anche Gemma di Vergy e Fausta, sono vittime e artefici del male in cui si avvoltolano, si tendono e si contraggono nella vergona e nell'odio. Il loro canto è contraddittorio, alterna l'impotenza attonita e con la rabbia e la paura.
Anna Bolena (pur altrettanto dissociata) non subisce e non reagisce. L'unica sua reazione consiste nell'astrarsi e nel sublimarsi fino alla sua "negazione del mondo".
La voce la porta lontano...
In "Alfin sei mio" hai i brividi... In "Non vi sia chi dica in terra" hai i brividi...
mentre in "Al dolce guidami" e in "Ah non credea" provi come un senso di pace, sei cullato da un canto che si disperde nell'orizzonte.
La dimensione in cui si muove Anna Bolena non è quella della furente e disperata regina del dolore.
E' una vocazione di astrazione, di abbandono, di transumanazione nel sogno e nel delirio, alla ricerca di un'altra realtà.
Questo (più che il vocalismo) è l'unico punto sul quale uno schopenaueriano come Wagner può essere rimasto colpito da Bellini.
"Ah non credea" "Qual cor tradisti" "Al dolce guidami" e tutto il finale di Beatrice sono - a modo loro - dei piccoli Liebestod.
I ruoli Ronzi non c'entrano molto, mi pare.

Pensi che la Callas sarebbe stata la Corinna del secolo?


ASSOLUTAMENTE SIIIIIIIII!
E pure la Sutherland.
La Gasdia (bravina e simpatica fin che vuoi) ha tradito completamente la dimensione del personaggio, quell'anelito estetico-metafisico che dovrebbe caratterizzarlo, quella natura di simbolica e romanticissima "musa dell'arte" che Rossini (non si sa fino a che punto ironicamente) le aveva cucito addosso.
Più elevato, più sublimante di così!!!!
Chiudi gli occhi e immaginati la Callas entrare in scena avvolta da un peplo e con una ghirlanda di alloro.
Oppure prova a sognare i flussi sonori smaterializzati della Sutherland nella grande aria.

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Re: I ruoli Colbran

Messaggioda Pruun » lun 08 set 2008, 15:48

Allora vuol dire che non ti avevo capito bene e avevo letto di fretta, Mat, per cui scusami, son contento che la pensiamo più o meno allo stesso modo.

Il problema dei ruoli Colbran lo trovo molto stimolante: Mat, se vuoi toglierti la curiosità sulle pioniere puoi trovare su OS sia la Zelmira che la Desdemona della Zeani: a parte qualche limite nella vocalizzazione, che è comunque molto fluida, le trovo due caratterizzazioni molto interessanti. Desdemona, in particolare, ha un'intensa pateticità davvero suggestiva!

E per chi vuole ecco Nelly Miricioiu nella Gran Scena d'Ermione al II atto:
http://rapidshare.com/files/143612161/E ... u.mp3.html
Nelly Miricioiu - Ermione
Chorus and Orchestra of the Chelsea Opera Group
Dominic Wheeler
London, Queen Elizabeth Hall, 29.02.2004

Personalmente la trovo una caraterizzazione davvero coinvolgente: vocalmente sta messa abbastanza peggio della Ganassi pesarese, anche perché la Nelly non è proprio di primo pelo (e non lo era nel 2004) e una cantante 'ordinata' e 'pulita' (come la Devia, per capirci :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: ) non lo è stata mai, a dirla tutta, ma l'accento, il piglio furioso nella coloratura, il fraseggio sono assolutamente brucianti e, a farla breve, mi piace davvero assai!
Molto più, personalmente palando, della scialba Ganassi di poche settimane fa, perché trovo che l'esecuzione e la caratterizzazione siano decisamente più personali e penetranti.
Voi che ne dite?
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