il tenore romantico e gli interpreti odierni

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Messaggioda MatMarazzi » ven 21 set 2007, 20:47

PQYD ha scritto:Secondo me invece Florez fa benissimo a tenersi a distanza dalla parte


ehehe... me lo sentivo! :)

che è lunga,

Be' hai ragione, ma ce n'è di più lunghe... E Florez ne ha cantate di più lunghe.

di massacrante estensione (fin dalla sortita, che orbita sul medio-grave ma prevede anche degli acuti)

Ecco, qui avrei posto la cosa all'opposto di come dici!
Cioè che la tessitura di Percy è molto acuta (in perfetta aderenza al modello rubiniano) ma con alcuni passaggi centralizzanti.
Questo perché Donizetti (sia pure il giovane Donizetti) era forse meno portato per le ascensioni stellari di quanto non fosse Bellini (e non parlo solo di estensione, ma di gestione melodica della frase).
Considerato il tipo di vocalità e di scrittura, non credo che Florez - da questo punto di vista - andrebbe male.

Poi se la mettiamo dal punti di vista espressivo... :)

e soprattutto esige corpo di voce (bella voce) e accento maestoso, qualità che il gentile tenore peruviano non possiede, come peraltro dimostra il disco di recente uscita, in cui, tanto per dirne una, l'aria del Pirata assume contorni alla Gilbert & Sullivan.


Non ti dò torto! C'è del vero nelle tue osservazioni.
Però Percy è personaggio inattivo e (come ho detto) più simbolico che drammatico. Io tanta "maestosità" non ce la vedo... :)
Si fa manipolare dal re, casca nella rete, si fa decapitare... :)
E' l'immagine di lui (filtrata dalla sensibilità di Anna) che ci interessa.
Quindi mi pare che i limiti da te messi in evidenza nell'aria di Gualtiero (che invece è personaggio anche drammaticamente aggettante) risulterebbero meno vistosi in Percy.
Io ribadisco che mi piacerebbe sentirlo in questo ruolo! :)


Come Percy mi pare che nessuno abbia ancora citato Chris Merritt, che, al pari di Blake, non ha il timbro angelico, ma, sempre al pari di Blake, ha (ben) altre frecce al suo arco.


E' vero, ho dimenticato.
Però anche su Merrit (che ammetto essere strutturalmente più portato di Blake ai ruoli Rubini) ho reticenze simili: ossia che il tipo di accento, di canto, di elaborazione della frase musicale ha quel qualcosa di spezzato, di febbrile che limita la semplice progressione della linea, la capacità di illuminazione poetica del puro fraseggio (intendendo con questo il puro rapporto dinamica-ritmo nella frase musicale).
Gli scarsi risultati riportati da Merritt nei ruoli schiettamente romantici (da Cellini a Pollione a Vespri e vorrei aggiungere - per molti versi - lo stesso Arnoldo) così come l'impressionante abilità rivelata successivamente nei suoi "mostri" ell'espressionismo novecentesco (Erode, Mefistofele, il lebbroso) avvallerebbero la tesi di un'emissione più predisposta allo scarto bruciante e alla contrapposizione cromatica piuttosto che alla linearità cantabile, strumentale e intensamente romantica del repertorio rubiniano.
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Messaggioda MatMarazzi » ven 21 set 2007, 21:01

Domenico Donzelli ha scritto:certo che arrivare da Otello di Rossini al Percy di Bolena è lunga


Piaccia o non piaccia, Florez ha già in repertorio sia Puritani, sia Sonnambula, quindi la pur lunghissima strada (ripeto: piaccia o non piaccia) l'ha già percorsa!

Una cosa è certa che Rubini disponesse non solo di una estensione fenomenale, m anche di una voce al centro che se non era amplissima non soffriva i grandi spazi come David jr.

E secondo te la voce di Blake correva di più di quella di Florez?
A me pare esattamente il contrario.
Anche se Blake è sempre stato uno dei miei idoli (mentre Florez non lo è) trovo che il naturale squillo, lo scintillio argentino di Florez si senta molto di più di quanto non si sentisse Blake.

Quindi dubito che Percy competa ad un tenore come Florez il cui rapporto con le opere italiane dell'800 post Rossini dovrebbe essere cautissimo

Sarebbe dovuto esserlo anche quello del mio amato Blake.
Raramente ricordo prestazioni tanto imbarazzanti come il Faliero veneziano. E anche i Puritani parigini (da me ascoltati negli anni d'oro di Blake) mi risultarono abbastanza terribili.

perchè la tavolozza di colori che Florez non è affatto illimitata. Anzi
.
Se c'è qualcosa che a mio parare non è richiesto agli interpreti dei ruoli Rubini è proprio la varietà della tavolozza coloristica.
Proprio come i ruoli di Giuditta Pasta, sono addirittura esaltati dall'omogeneità coloristica, che ne accentua l'aulicità e l'idealizzazione sub-lime.
Ne è riprova la Sutherland, che di colori ne aveva davvero pochini, ma che era specialissima (forse anche per questo) nei ruoli Pasta.
Né Kraus, nè Gedda erano "coloristi" di prima categoria, però il senso della linea, della strumentalità del fraseggio, dell'esaltazione della frase musicale in quanto tale... ce l'avevano.
E questo li rendeva grandi nel repertorio rubiniano (quel poco che hanno fatto).
Certo, Gedda aveva anche altri pregi...


Quindi è certo che Blake non avesse la voce dolce, malinconica, angelica di Rubini, che fosse più l'erede di David Jr che non di Rubini, però la facilità con cui regge le tessiture, dipana il virtuosismo ed esibisce una dinamica sfumata e colori, ripeto con il limite di una voce ingrata non hanno paragoni.


Certo, ma io non rimproveravo a Blake la voce ingrata: il lato edonistico è l'ultimo che mi interessa.
Io gli rimproveravo uno stile e una tecnica di canto ribelle alla linearità sublimante che a me pare congenita ai ruoli rubini (e che invece non avrebbe avuto senso nei ruoli David).

Saluti,
Matteo
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Messaggioda PQYD » sab 22 set 2007, 2:23

Io invece spero che prima di prodursi come Percy, parte in cui farà valere le naturali qualità della sua voce (posto che si riesca a udirla, in quella tessitura e inserita in un'architettura orchestrale e vocale che non è esattamente quella del Matrimonio segreto o del Signor Bruschino), il signor Florez ci regali qualche opera rossiniana che ancora manca al suo repertorio... Turco in Italia (peraltro in cartellone a Trieste nella stagione 2007-8 8) ), Pietra del paragone, Gazza ladra... Ma pare che anche per la prossima stagione dovremo accontentarci di Barbiere, Italiana e Cenerentola (yawn).

Aggiungo che un conto è avere un titolo come Puritani in repertorio, altro è averlo cantato due volte e avere vaga intenzione di riprenderlo.

Quanto al paragone con la Sutherland, direi che la scarsità di colori è il minore dei meriti della Stupenda alle prese con i ruoli Pasta... anche perché in questo caso, e seguendo il ragionamento, la vera erede di Giuditta Pasta sarebbe la signora Bartoli :roll:
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Messaggioda MatMarazzi » sab 22 set 2007, 12:08

PQYD ha scritto:Ma pare che anche per la prossima stagione dovremo accontentarci di Barbiere, Italiana e Cenerentola (yawn).

:) Condivido pienamente il tuo sbadiglio, ma mi chiedo quanti dei grandi teatri internazionali (in cui ormai - Pesaro a parte - Florez canta) siano disposti a mettere in scena una gazza ladra...
Noi, in questo forum, parliamo tantissimo, anche troppo, di belcanto, ma non consideriamo che nel mondo i grandi teatri sono poco propensi a uscire dai sentieri battuti, ed è un vero peccato...
Sono certo che se il Metropolitan o l'Opéra di Parigi (e non ovviamente il Verdi di Trieste) offrisse a Florez una Gazza Ladra, lui accetterebbe con entusiasmo.

Aggiungo che un conto è avere un titolo come Puritani in repertorio, altro è averlo cantato due volte e avere vaga intenzione di riprenderlo.


La Callas cantò Nabucco e Macbeth una volta sola! :)
E quanto volte la Sutherland cantò Beatrice di Tenda?
Quante volte la Gencer cantò il Roberto Devereux?
Dai... non siamo esagerati, pqyd (a proposito, non hai un nome più facile da scrivere?) :)


Quanto al paragone con la Sutherland, direi che la scarsità di colori è il minore dei meriti della Stupenda alle prese con i ruoli Pasta...

Già, ma quelli che tu consideri i "maggiori meriti" (l'emissione perfetta, il virtuosismo travolgente, gli acuti "mai sparati" ...ecc...) non hanno permesso alla Sutherland di essere altrettanto convincente in Violetta, Marguerite del Faust o Leonora del Trovatore...
Mentre lo fu (incommensurabilmente di più) nella Beatrice, nella Norma, nella Sonnambula. Come mai?
Forse perché l'emissione così immascherata, monocromatica, talmente straniante da risultare irreale la predisponeva a ruoli monumentali e stratosferici come questi.
Certo, c'era anche il fraseggio lutulento, diabolicamente screziato di rubati, fluido e lineare come una colata d'argento (tutto ciò che a mio sentire manca in Blake).

anche perché in questo caso, e seguendo il ragionamento, la vera erede di Giuditta Pasta sarebbe la signora Bartoli :roll:

Non vedo come, seguendo il ragionamento, si possa arrivare alla Bartoli.
La Bartoli (che io trovo esagerato citare come esempio di tutti i mali) è un'ottima "colorista".
E' talmente brava nel giocare coi colori che alle volte (molto spesso, quasi sempre) esagera, fino a diventare stucchevole e irritante; fino a dare l'idea, qualunque cosa faccia, di cantare stornelli trasteverini.
Il suo canto "sovra-colorato" è per me l'opposto di quello della Sutherland e soprattutto, stando alla mia tesi, è l'opposto di quello che io auspico per i ruoli Pasta.
Naturalmente è anche questione di personalità: la Bartoli deborda di personalità (io l'ho sentita dal vivo diverse volte a Zurigo e ti assicuro che se anche la voce è minuscola lei tiene il pubblico in pugno, lo strega come vuole) ma è una personalità che non ha nulla di aulico e sublimante, anzi è popolana e ruspante fino alla trivialità (ti dirò che è proprio questo che ha reso così particolare e affascinante la sua Cleopatra o la sua Semele).

Mentre Dame Joan, che nella definizione psicologica dei suoi personaggi era rigida come uno stoccafisso, aveva però un innato senso del "sublime", dell'astrazione metafisica.
Ed è proprio questo a renderla, nei ruoli Pasta, l'unica alternativa possibile alla Callas (ovviamente a mio gusto, come tutto quel che ho scritto).
L'unica che sappia ammantare questi ruoli di bagliori ultraterreni.

Scusa la lunghezza e ciao!
Mat
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Messaggioda MatMarazzi » sab 22 set 2007, 12:21

VGobbi ha scritto:E Pavarotti nel ruolo di Percy?


Ti dirò....
forse quello giovane giovane... non sarebbe stato un fulmine di guerra, ma non avrebbe sfigurato! Almeno credo...

salutoni,
Mat
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Messaggioda giulia grisi » sab 22 set 2007, 12:49

io credo che si debba fare un distinguo fra il modo di colorire, di sfumare e di accentare del belcantista e del cantante che belcantista non è ma è legato a gusto e stilemi maturati fra Verdi ed i musicisti successivi.
Essere un belcantista non signifca eseguire alla perfezione passi acrobatici, perchè quando ci si sono messe cantanti come Olivero, Kabaiwanska e Steber se la sono cavata anche egregiamente, ma non erano belcantiste.
Il belcantista parte esclusivamente dalla tecnica di canto che è mezzo espressivo essa stessa. Mi spiego la regola del bel canto che note di una certa lunghezza non potevano essere eseguite con la stessa intensità, che gli acuti estremi andavano attaccati piano e, poi, rinforzati, che la stessa frase non può essere mai ripetuta identica ne per note nè per dinamica sono al di là della natura di prescrizione tecnica e di prassi esecutive modalità espressive, per tacere del fatto che il tempo è una indicazione , ma non una prescrizione dell'autore .
Chi ascolta i cimeli di una Patti di una Sembrich, di Maurel ( che propriamente belcantista non lo fu) di Plancon di Battistini o di Checco Marconi (questi ultimi più cantanti da Donizetti che da belcanto) per arrivare alla Sutherland troverà applicate queste regole.
Non troverà mai la kilometrica smorzatura alla Olivero o alla Fleta, il singhiozzo gigliano, utilissimo per attacare gli acuti (l'idea però è un retaggio belacantistico, pare lo applicasse anche Rubini), la filatura alla Caballè. Bellissime, splendide, ma rilevanti se applicate a Verdi a Puccini etc.

Quanto al volume diBlake e di Florez neppure confronto il Blake di donna del Lago in Scala soverchiava ( nonostante Muti) il Florez di Fille ( con orchestrina da vaudeville o da Salle Favart)

Quanto alla Sutherland se deve avere un precedente '800 non credo sia la Pasta (le cui parti sono sempre state troppo centrali per dame Joan),ma Giulia Grisi o Eugenia Tadolini.
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Messaggioda PQYD » sab 22 set 2007, 13:05

Per quanto riguarda le opere di Rossini che i grandi teatri non hanno il coraggio di mettere in scena, il Turco sarà presentato l'anno prossimo a Berlino (Don Narciso sarà John Osborn). La Pietra è andata recentemente in scena a Parigi e a Madrid (nel ruolo di Giocondo, José Manuel Zapata e Raul Giménez - dall'ospizio con furore -). Tutte piazze che mi sembrano non indegne di Florez (il quale, del resto, canta opere anche a Colonia e Dresda, quindi non solo all'Opéra o al Met).
Tutto questo senza considerare che un tenore come Florez, leggasi un DIVO, certe opere potrebbe anche imporle, come impone, che ne so, un Rigoletto... una Donna del lago... e così via.

Inoltre: una cosa è avere un'opera in repertorio (e di questo si stava parlando, mi pare), altra è cantarla poche volte ma lasciare il segno (come le tre signore che hai citato). Vorrei invece che mi/ci illuminassi circa la grandezza dell'Arturo di Florez, grandezza che al momento mi sfugge. Ecco due clip, per memoria:

http://www.youtube.com/watch?v=7OfGhIbyEa4

http://www.youtube.com/watch?v=45rvkv4af28

Circa i colori della Bartoli, direi che è impossibile "colorare" il canto quando la voce è tutta in gola. Non confonderei i colori con le smorfie (da trivio, come noti giustamente). Il colore della Bartoli è uno solo, per quanti miracoli si possano compiere in sala d'incisione, e delle Maestre del colore - con buona pace dei suoi scaltri curatori d'immagine - l'insigne studiosa di Salieri può avere solo... i cimeli!
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Messaggioda MatMarazzi » sab 22 set 2007, 17:19

giulia grisi ha scritto:Il belcantista parte esclusivamente dalla tecnica di canto che è mezzo espressivo essa stessa.


Per come la vedo io, questa frase vale per ogni stile di canto (non solo per quello belcantista) e allo stesso tempo non vale per nessuno.
Mi spiego meglio.
Esattamente come il belcantista, anche il declamatore, anche il barocchista (e anche il jazzista, lo chansonnier, lo stregone delle tribù africane) si ispira a un insieme di suoni convenzionali e significanti (quelli specifici del repertorio che affronta) e di una tecnica di emissione codificata che gli serve da supporto e punto di partenza.
Però, anche ammesso che quei suoni e quelle emissioni siano già portatrici di un significato codificato e convenzionale (come le parole di una lingua) non bastano per esprimere qualcosa.
L'intervento "espressivo" resta del cantante, che - quale che sia la tecnica o lo stile a cui si ispira - deve saper gestire quei suoni a fini espressivi.

Affermare che una tecnica sia "già di per se stessa espressiva" equivarrebbe a dire che la lingua italiana è già di per se stessa espressiva.
Eh, no! Noi tutti sappiamo l'italiano, ma nessuno di noi è Leopardi.


Chi ascolta i cimeli di una Patti di una Sembrich, di Maurel ( che propriamente belcantista non lo fu) di Plancon di Battistini o di Checco Marconi (questi ultimi più cantanti da Donizetti che da belcanto) per arrivare alla Sutherland troverà applicate queste regole.


Io non credo proprio che una Patti, un Battistini o un Marconi possano in alcun modo darci l'immagine di quello che doveva essere lo stile degli anni di cui parliamo.
Il loro era un arieggiare il belcanto, imitarlo secondo un gusto già radicalmente mutato. Ai loro anni il belcanto non c'era più; c'erano solo cantanti (specializzati in anticaglie :)) che si erano inventati una tecnica idonea e coerente rispetto alle opere "vecchie".
Lo stesso che avrebbe fatto la Callas o la Sutherland, che infatti non sono "belcantiste" ma "neo-belcantiste novcentesche".

Quanto a Plançon, a me pare lontanissimo dal belcanto, non meno di Maurel (entrambi figli del gusto sfumato, lyrique, certo... virtuoso, ma irrimediabilmente "secondo ottocento" di quel grande modello che fu Faure).
La Sembrich poi era legata a una tradizione talmente lontana da quella belcantista (il virtuosismo liberty tedesco) che non capisco cosa possa insegnarci in merito.
Grande artista, certo... e quindi (a parte tutto) grazie per averla citata!
Io sono un vero amante dei cantanti di quell'epoca e sono felice di aver incontrato tanti altri cultori in questo forum! :)

Tornando al discorso, però, qui non si stava cercando una proprietà "stilistica" tout-court per l'esecuzione del repertorio belcantista(chimera che credevo estinta dopo il tramonto del cellettismo).
Quello di cui si discorreva era solo la capacità di un interprete di adeguarsi a certi "modelli" vocali-tecnici-drammaturgici, pur a tanti anni di distanza.

Hai ragione quando affermi che (in termini strettamente "fisiologici") la vocalità della Sutlerland era più vicina alla Grisi, alla Lind e alla Tadolini che non alla Pasta e alla Colbran.
Ma non era nemmeno di questo che stavamo parlando.

Ci si chiedeva "perché" nei ruoli Pasta (visto che sono quelli che ha cantato di più) la Sutherland risulta tanto convincente?
Quali elementi tecnici-fonici-poetici da lei messi in campo hanno sposato questi ruoli più di altri del suo repertorio?
In cosa consiste la formula "Sutherland" al repertorio "Pasta"?
Questo era il punto.

Quanto al volume diBlake e di Florez neppure confronto il Blake di donna del Lago in Scala soverchiava ( nonostante Muti) il Florez di Fille ( con orchestrina da vaudeville o da Salle Favart)


E' davvero sorprendente come alle volte divergano i ricordi! :)
C'ero anche io a quella Donna del Lago scaligera (pare che ci fossimo tutti di questo forum).
E ricordo chiaramente la piccolezza della voce di Blake e la fatica a passare nel vasto spazio della Scala (nonostante l'indiscutbile bravura). In quanto "fan" di Blake, ricordo persino l'agitazione, i sudori freddi... al timore che il pubblico scaligero restasse sgomentato proprio dalla limitateza del volume.
Per fortuna non fu così! :) La bravura conta sempre più di un timbro "grande".
Ricordo altrettanto bene, al contrario, la facilità con cui la voce di Florez passava trionfalmente (Italiana in Algeri) nel ben più vasto e insidioso spazio degli Arcimboldi.

Certo, nè l'uno nè l'altro sono esempi di voce "assordante".
Appunto per questo mi sembra assurdo inneggiare al Percy (in studio) di Blake e scandalizzarsi all'ipotesi di Florez.
Ho quasi la sensazione che si voglia ridimensionare con tale accanimento il fenomeno Florez da voler far passare Blake quasi per un Caruso! :)

Salutoni,
Mat
Ultima modifica di MatMarazzi il dom 23 set 2007, 2:33, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda MatMarazzi » sab 22 set 2007, 17:38

A pqyd.

Ma io non devo illuminarti/vi sulla bravura di Florez nei Puritani.
Solo che mi piace puntualizzare: non si può assumere ad argomento delle proprie tesi il fatto che non fa Puritani ogni settimana.
E' semmai un segno di intelligenza da parte sua.
Non di meno ha in repertorio uno dei più mostruosi ruoli Rubini che esitano.
Secondo me, ma giuro che non lo dirò più :), Percy gli verrebbe bene, meglio di Arturo.
Cmq non voglio insistere, nè annoiare, nè convincere.
Dico solo che se lo farà, io andrò a sentirlo! :)


PQYD ha scritto:Circa i colori della Bartoli, direi che è impossibile "colorare" il canto quando la voce è tutta in gola. !


Qui il discorso sarebbe lungo. E troppo complesso, anche perché ho scoperto su altri forum che parlare di "colori" con amanti del repertorio belcantista è molto difficile! :)

Comunque, a proposito della Bartoli, ti assicuro che il disco non le regala o toglie nulla; lei è esattamente così anche dal vivo.
L'ho sentita spesso, anche in Donna Elvira e Fiordiligi.
L'unica cosa in cui il disco l'aiuta è in termini di proporzioni: la voce a teatro è piccola, molto più di quanto non sembri in disco.
Per il resto, piacciano o non piacciano, i cromatismi caleidoscopici e le agilità a caffettiera (che però fanno il loro porco effetto) sono esattamente quelli che senti in disco.

:)
Un salutone.
Mat

PS: va be' ok... in quei video Florez non è stratosferico. Ma nemmeno osceno, via! :)
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Messaggioda PQYD » sab 22 set 2007, 19:07

Si vede che abbiamo concezioni diverse del termine "repertorio"... non dico cantarli tutte le settimane e nemmeno tutti i mesi, ma almeno una volta all'anno (come del resto mi risulta Florez faccia con Barbiere, Fille, Sonnambula, Cenerentola)... giusto per mantenere l'esercizio! :wink: Che il problema sia la mancanza di un'adeguata Elvira? :roll: Mettiamoci la Bartoli! 8)
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Messaggioda MatMarazzi » dom 23 set 2007, 0:11

PQYD ha scritto: Che il problema sia la mancanza di un'adeguata Elvira? :roll: Mettiamoci la Bartoli! 8)


:) No, propongo la Massis!
Lei sì che ha una grande, grande voce!
Certo, bisognerà dirle di non fare capriole in scena! :)
E soprattutto di non commettere l'errore imperdonabile di diventare famosa! :)

Salutoni
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Messaggioda PQYD » dom 23 set 2007, 8:35

MatMarazzi ha scritto:
PQYD ha scritto: Che il problema sia la mancanza di un'adeguata Elvira? :roll: Mettiamoci la Bartoli! 8)


:) No, propongo la Massis!
Lei sì che ha una grande, grande voce!
Certo, bisognerà dirle di non fare capriole in scena! :)
E soprattutto di non commettere l'errore imperdonabile di diventare famosa! :)

Salutoni
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Musicalmente può anche funzionare... malgrado l'esilità dei mezzi vocali della signora... ma scenicamente avremmo dei Puritani di stampo un po' troppo edipico :twisted:
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Messaggioda Riccardo » dom 23 set 2007, 22:56

Caro Matteo,
rispondo in ritardissimo, sperando di non perdere nessun pezzo della ricca discussione che è venuta fuori!

MatMarazzi ha scritto:Tu difendi a spada tratta il Percy cantato da Blake.
Ma secondo me lo difendi più per la proprietà tecnica e la spettacolarità vocalistica che per l'efficienza poetica e drammaturgica.
[...]
E so già cosa mi risponderai: che in fondo Percy è interessante solo perché deve cantare cose difficilissime...
Che in realtà come personaggio non fa niente, non combina niente, non serve a niente.
Anzi, in fondo fa la figura del cretino, è all'ombra della primadonna.

Non ti rispondo affatto questo! Sei tu invece che lo pensi, dal momento che lo vuoi vedere soltanto in funzione di Anna affinché tornino i conti della tua tesi :D

MatMarazzi ha scritto:Per capire cosa dovrebbe essere l'interprete di Percy (e quali emozioni evocare) io ti consiglierei di ascoltare la musica della pazzia (il recitativo), dopo che Anna dice "che Percy non lo sappia... il re l'impose".
Basta un rapido volo della mente di Anna a Percy ...e Donizetti lascia filtrare dall'orchestra un canto struggente, nostalgico, cullante, infantile e lamentoso, che pare farsi largo, come una lama, nel cinismo vanitoso della "seconda" Anna, che crede di vestirsi il giorno delle regali nozze.
Sono poche note... una pennellata appena, ma in quelle note c'è tutto un mondo di sogni e rimpianti ... proprio quel mondo che il tenore, con l'ascensione vertiginosa del suo canto, dovrebbe comunicarci.

Ho risentito il passo che citi e devo dire che la tua descrizione è incredibilmente aderente.
Però conferma, e sei coerentissimo, che Percy secondo te esiste soltanto come rappresentazione di Anna e null'altro.

Ma perché invece non potrebbe esistere anche con maggiore impulso amoroso e di accensione emotiva nella realtà dei suoi pezzi e poi essere evocato da Anna come figura nostalgica, idealizzata come appunto avviene secondo la scrittura di Donizetti?
Perché devi renderlo già proiezione di Anna quando esiste di par suo? Non vuoi proprio dargli nessun peso autonomo a questo Percy? :wink:

Trovo comunque estremamente interessanti le tue tesi, perché condivido l'impostazione relativistica alla base dei tuoi ragionamenti.

Tuttavia, mettendomi nei tuoi panni: Blake non sarà l'ideale come personalità per questo ruolo, ma pensi che i tuoi ideali Kraus e Gedda sarebbero usciti vivi dalla scrittura delle cabalette? Quasi tutti vanno giù di forbici...

Tu dicevi in altro thread che se un interpretazione sembra così riuscita ancora a distanza di anni, non è tanto merito suo, quanto più demerito di chi è venuto dopo che non è riuscito a superarla.
Beh, sulla base di questo penso si possa dire che Blake sia stato il miglior Percy mai sentito finora, e non solo perché per primo ne ha evidenziato i tratti di amoroso "esitente" e non di banale comprimario...
Quel registro acuto sfolgorante, quella dizione scolpita delle consonanti, quel fiato sempre lunghissimo anche nelle zone più impervie della tessitura secondo me rende a meraviglia quel "Di quei dolci bei momenti, Ciel pietoso, un sol mi rendi, poi la vita mi riprendi perché io mora di piacer!".

Volendo però c'è forse un nome in linea con le tue ipotesi Kraus/Gedda che il ruolo l'ha cantato, ed è Gregory Kunde. Credo che lui fosse notevole nei ruoli Rubini.
Nel suo sito c'è un po' del suo Percy.
Ho sentito di recente il suo disco di Bianca e Fernando. Anche se il ruolo dovrebbe essere stato scritto per David, mi sembra molto rubiniano (fu Rubini il primo interprete a Napoli, nella versione precedente a Genova) e perfettamente calzante per Kunde. Può essere che il David del 1828 fosse diverso da quello "usato" da Rossini...
Che ne pensi?

Io ho comunque ho qualche dubbio, Matteo, sul fatto che i ruoli per Rubini scritti da Donizetti possano essere associati a quelli che su di lui plasma Bellini.
Prendi la cabaletta della prima aria di Percy "Ah così nei dì ridenti": è zeppa di trilli; il più mosso conclusivo poi è un vorticoso saliscendi di quartine e salti d'ottava.
La presenza di tutto questo virtuosismo di coloratura (anche in Marin Faliero del '35) non c'è nel Rubini di Bellini, ed è uno stilema che smuove il carattere, gli dà una sensibilità più mossa, meno rigidamente stellare, eterea, idealizzata come la descrivi tu. Certo meno rispetto ai ruoli David di Rossini, ma più di Elvino o Arturo.

Ho come l'impressione che l'idea di tenore astrale, etereo e angelicato fosse una peculiarità belliniana più che non rubiniana. Che poi Bellini abbia trovato nel tenore bergamasco la miglior rappresentazione del suo ideale è un altro discorso. Ed ecco forse spiegato il perché di quel Fernando di Bellini scritto per David, ma che sembra invece avere tutte quelle caratteristiche che tu attribuisci ai ruoli Rubini.

Sarebbe stato bello sapere come avrebbe scritto Rossini per Rubini. Sta di fatto che per lui il pesarese inserì la davidiana cabaletta di Oreste a Rodrigo di Dhu, il che dà da pensare... :)

E' un po' come se ogni compositore scrivesse secondo il proprio stile indipendentemente dal fatto che avesse sotto mano il cantante a cui quello stile meglio si confaceva. Ecco che Bellini scriveva anche per David ruoli angelicati ed eterei; Rossini scriveva per chiunque i ruoli da secondo tenore in stile David, anche quando aveva Rubini o Garcia (Norfolk)...

Sarei curioso di sentire com'è Leicester del Castello di Kenilworth che Donizetti scrisse per David! Chissà che non assomigli a Percy e a Fernando del Marin Faliero... :wink:

Teoria bislacca?

Un caro saluto,
Riccardo
Ultima modifica di Riccardo il mar 25 set 2007, 11:37, modificato 17 volte in totale.
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Messaggioda Riccardo » dom 23 set 2007, 23:03

MatMarazzi ha scritto:C'ero anche io a quella Donna del Lago scaligera (pare che ci fossimo tutti di questo forum).
E ricordo chiaramente la piccolezza della voce di Blake e la fatica a passare nel vasto spazio della Scala (nonostante l'indiscutbile bravura). In quanto "fan" di Blake, ricordo persino l'agitazione, i sudori freddi... al timore che il pubblico scaligero restasse sgomentato proprio dalla limitateza del volume.
Per fortuna non fu così! :) La bravura conta sempre più di un timbro "grande".
Ricordo altrettanto bene, al contrario, la facilità con cui la voce di Florez passava trionfalmente (Italiana in Algeri) nel ben più vasto e insidioso spazio degli Arcimboldi.

Io ovviamente non c'ero alla Scala nel '92, ma avendo sentito entrambi di recente sono della stessa idea di Matteo.
Florez non ha nessunissimo problema a farsi sentire, in virtù di una voce argentina che arriva dappertutto. Blake, con voce più modulata e modulabile, faceva minor presa. Arrivava lo stesso, ma come di riflesso, magistralmente proiettata, ma proprio per questo forse non in modo così immediato, pregnante e ad alto volume.
Ovvio che la bravura non si giudica dalle mere caratteristiche vocali.

Per quanto riguarda Florez nei ruoli Rubini: mah...pensavo anch'io potesse essere una bella idea, prima però di sentire la sua cavatina del Marin Faliero, dove per la prima volta l'ho sentito arrancare in modo imbarazzante. E vi assicuro che sentirlo in difficoltà, lui sempre così preciso, "studiato" e misurato, fa uno strano effetto!
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Messaggioda Domenico Donzelli » lun 24 set 2007, 0:04

io credo si debba fare un po' di ordine e credo che vadano chiariti concetti ed epoche.
Il termine liberty (in italiano) art noveau (in francia) si afferma a far data da 1890 sino al 1915 e parte dall'oggettistica e dalle arti applicate per passare, poi, a scultura ed archittettura.
Quindi credo sia assolutamente improprio riferito ad una cantante come la Sembrich debuttante nel 1878 e stabile al Met e nei teatri russi dal 1883 sino al 1909. In più la Sembrich aveva studiato a Milano con Lamperti. Era quindi una cantante di scuola e gusto italiano.
Devo poi fare un'altra premessa per chiarire il malinteso sulla scuola tedesca o austro ungarica.
Nel 1822 arrivò a Vienna Rossini con le sue opere e la declinante Colbran, poco dopo intorno al 1824 le opere di Rossini vennero rappresentate a Parigi in edizioni vocalmente soddisfacenti (cosa non avvenuta durante la gestione di Paer, direttore del teatro degli Italiani).
Ed a Vienna sino agli anni 50 dell'800 il teatro di porta Carinzia venne gestito da impresari ( Barbaja in primis e poi credo Marelli) che scritturavano solo cantanti italiani o di scuola italiana. Che era poi la sola ed unica scola di canto e di interpretazione, come insegna Stendhal.
In poche parole il gusto e la tecnica rossiniana si diffusero per tutta l'Europa in breve tempo e predominarono almeno per 50 anni.
Non solo, ma come accade in tutte le arti i luoghi lontani dalla produzione operistica ed artistica rimanevano lontani o in ritardo rispetto ai luoghi di produzione artistica.
L'esempio più significativo è lo stile ed il gusto di Jadlowker ed anche di Jacques Urlus raffrontati ai Caruso, ai Bassi agli Schivazzi, loro coetanei di formazione italiana.
Ma basta confrontare l'esecuzione dell'aria di Almaviva di Jadlowker e di Edmond Clement per dimostrare che la lontanza dai luoghi di produzione operistica era garanzia di uno stile e di una tecnica più antica e forse più aderente al'autore.
Ancora la scarsa simpatia che Verdi aveva per Battistini, il baritono più famoso dei suoi tempi, derivava dal gusto di Battistini, riferibile ad una poetica ed una estetica della generazione pre verdiana . A riprova quando Battistini esegue (cabaletta di RIccardo dai Puritani)ha un mordente ed una precisione a piena voce, che sembrano corrispondere alla descrizione che Scudo fa dei vari Tamburini e Lablache. Ossia i belcantisti
Se poi andiamo a leggere un volumetto di Hermann Klein " the belcanto, with particularly reference to the singing of Mozart" leggiamo il pensiero del pianista della famosa tourneé di Da Ponte negli stati uniti.
Non sipuò , penso, affarmare che non esistano prima della Callas o della Sutherland modelli di esecuzione e di gusto belcantistico.
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